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ID Canto Line INFERNO Voice
1 1 1 Nel mezzo del cammin di nostra vita  
1 1 2 mi ritrovai per una selva oscura  
1 1 3 ché la diritta via era smarrita.  
1 1 4 Ahi quanto a dir qual era è cosa dura  
1 1 5 esta selva selvaggia e aspra e forte  
1 1 6 che nel pensier rinova la paura!  
1 1 7 Tant'è amara che poco è più morte;  
1 1 8 ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,  
1 1 9 dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.  
1 1 10 Io non so ben ridir com'i' v'intrai,  
1 1 11 tant'era pien di sonno a quel punto  
1 1 12 che la verace via abbandonai.  
1 1 13 Ma poi ch'i' fui al pié d'un colle giunto,  
1 1 14 là dove terminava quella valle  
1 1 15 che m'avea di paura il cor compunto,  
1 1 16 guardai in alto, e vidi le sue spalle  
1 1 17 vestite già de' raggi del pianeta  
1 1 18 che mena dritto altrui per ogne calle.  
1 1 19 Allor fu la paura un poco queta  
1 1 20 che nel lago del cor m'era durata  
1 1 21 la notte ch'i' passai con tanta pieta.  
1 1 22 E come quei che con lena affannata  
1 1 23 uscito fuor del pelago a la riva  
1 1 24 si volge a l'acqua perigliosa e guata,  
1 1 25 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,  
1 1 26 si volse a retro a rimirar lo passo  
1 1 27 che non lasciò già mai persona viva.  
1 1 28 Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,  
1 1 29 ripresi via per la piaggia diserta,  
1 1 30 sì che 'l pié fermo sempre era 'l più basso.  
1 1 31 Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,  
1 1 32 una lonza leggera e presta molto,  
1 1 33 che di pel macolato era coverta;  
1 1 34 e non mi si partia dinanzi al volto,  
1 1 35 anzi 'mpediva tanto il mio cammino,  
1 1 36 ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.  
1 1 37 Temp'era dal principio del mattino,  
1 1 38 e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle  
1 1 39 ch'eran con lui quando l'amor divino  
1 1 40 mosse di prima quelle cose belle;  
1 1 41 sì ch'a bene sperar m'era cagione  
1 1 42 di quella fiera a la gaetta pelle  
1 1 43 l'ora del tempo e la dolce stagione;  
1 1 44 ma non sì che paura non mi desse  
1 1 45 la vista che m'apparve d'un leone.  
1 1 46 Questi parea che contra me venisse  
1 1 47 con la test'alta e con rabbiosa fame,  
1 1 48 sì che parea che l'aere ne tremesse.  
1 1 49 Ed una lupa, che di tutte brame  
1 1 50 sembiava carca ne la sua magrezza,  
1 1 51 e molte genti fé già viver grame,  
1 1 52 questa mi porse tanto di gravezza  
1 1 53 con la paura ch'uscia di sua vista,  
1 1 54 ch'io perdei la speranza de l'altezza.  
1 1 55 E qual è quei che volontieri acquista,  
1 1 56 e giugne 'l tempo che perder lo face,  
1 1 57 che 'n tutt'i suoi pensier piange e s'attrista;  
1 1 58 tal mi fece la bestia sanza pace,  
1 1 59 che, venendomi 'ncontro, a poco a poco  
1 1 60 mi ripigneva là dove 'l sol tace.  
1 1 61 Mentre ch'i' rovinava in basso loco,  
1 1 62 dinanzi a li occhi mi si fu offerto  
1 1 63 chi per lungo silenzio parea fioco.  
1 1 64 Quando vidi costui nel gran diserto,  
1 1 65 «Miserere di me», gridai a lui, Dante Alighieri
1 1 66 «qual che tu sii, od ombra od omo certo!». Dante Alighieri
1 1 67 Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, Virgilio (maestro)
1 1 68 e li parenti miei furon lombardi, Virgilio (maestro)
1 1 69 mantoani per patria ambedui. Virgilio (maestro)
1 1 70 Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, Virgilio (maestro)
1 1 71 e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto Virgilio (maestro)
1 1 72 nel tempo de li déi falsi e bugiardi. Virgilio (maestro)
1 1 73 Poeta fui, e cantai di quel giusto Virgilio (maestro)
1 1 74 figliuol d'Anchise che venne di Troia, Virgilio (maestro)
1 1 75 poi che 'l superbo Ilión fu combusto. Virgilio (maestro)
1 1 76 Ma tu perché ritorni a tanta noia? Virgilio (maestro)
1 1 77 perché non sali il dilettoso monte Virgilio (maestro)
1 1 78 ch'è principio e cagion di tutta gioia?». Virgilio (maestro)
1 1 79 «Or se' tu quel Virgilio e quella fonte Dante Alighieri
1 1 80 che spandi di parlar sì largo fiume?», Dante Alighieri
1 1 81 rispuos'io lui con vergognosa fronte.  
1 1 82 «O de li altri poeti onore e lume Dante Alighieri
1 1 83 vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore Dante Alighieri
1 1 84 che m'ha fatto cercar lo tuo volume. Dante Alighieri
1 1 85 Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore; Dante Alighieri
1 1 86 tu se' solo colui da cu' io tolsi Dante Alighieri
1 1 87 lo bello stilo che m'ha fatto onore. Dante Alighieri
1 1 88 Vedi la bestia per cu' io mi volsi: Dante Alighieri
1 1 89 aiutami da lei, famoso saggio, Dante Alighieri
1 1 90 ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi». Dante Alighieri
1 1 91 «A te convien tenere altro viaggio», Virgilio (maestro)
1 1 92 rispuose poi che lagrimar mi vide,  
1 1 93 «se vuo' campar d'esto loco selvaggio: Virgilio (maestro)
1 1 94 ché questa bestia, per la qual tu gride, Virgilio (maestro)
1 1 95 non lascia altrui passar per la sua via, Virgilio (maestro)
1 1 96 ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; Virgilio (maestro)
1 1 97 e ha natura sì malvagia e ria, Virgilio (maestro)
1 1 98 che mai non empie la bramosa voglia, Virgilio (maestro)
1 1 99 e dopo 'l pasto ha più fame che pria. Virgilio (maestro)
1 1 100 Molti son li animali a cui s'ammoglia, Virgilio (maestro)
1 1 101 e più saranno ancora, infin che 'l veltro Virgilio (maestro)
1 1 102 verrà, che la farà morir con doglia. Virgilio (maestro)
1 1 103 Questi non ciberà terra né peltro, Virgilio (maestro)
1 1 104 ma sapienza, amore e virtute, Virgilio (maestro)
1 1 105 e sua nazion sarà tra feltro e feltro. Virgilio (maestro)
1 1 106 Di quella umile Italia fia salute Virgilio (maestro)
1 1 107 per cui morì la vergine Cammilla, Virgilio (maestro)
1 1 108 Eurialo e Turno e Niso di ferute. Virgilio (maestro)
1 1 109 Questi la caccerà per ogne villa, Virgilio (maestro)
1 1 110 fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, Virgilio (maestro)
1 1 111 là onde 'nvidia prima dipartilla. Virgilio (maestro)
1 1 112 Ond'io per lo tuo me' penso e discerno Virgilio (maestro)
1 1 113 che tu mi segui, e io sarò tua guida, Virgilio (maestro)
1 1 114 e trarrotti di qui per loco etterno, Virgilio (maestro)
1 1 115 ove udirai le disperate strida, Virgilio (maestro)
1 1 116 vedrai li antichi spiriti dolenti, Virgilio (maestro)
1 1 117 ch'a la seconda morte ciascun grida; Virgilio (maestro)
1 1 118 e vederai color che son contenti Virgilio (maestro)
1 1 119 nel foco, perché speran di venire Virgilio (maestro)
1 1 120 quando che sia a le beate genti. Virgilio (maestro)
1 1 121 A le quai poi se tu vorrai salire, Virgilio (maestro)
1 1 122 anima fia a ciò più di me degna: Virgilio (maestro)
1 1 123 con lei ti lascerò nel mio partire; Virgilio (maestro)
1 1 124 ché quello imperador che là sù regna, Virgilio (maestro)
1 1 125 perch'i' fu' ribellante a la sua legge, Virgilio (maestro)
1 1 126 non vuol che 'n sua città per me si vegna. Virgilio (maestro)
1 1 127 In tutte parti impera e quivi regge; Virgilio (maestro)
1 1 128 quivi è la sua città e l'alto seggio: Virgilio (maestro)
1 1 129 oh felice colui cu' ivi elegge!». Virgilio (maestro)
1 1 130 E io a lui: «Poeta, io ti richeggio Dante Alighieri
1 1 131 per quello Dio che tu non conoscesti, Dante Alighieri
1 1 132 acciò ch'io fugga questo male e peggio, Dante Alighieri
1 1 133 che tu mi meni là dov'or dicesti, Dante Alighieri
1 1 134 sì ch'io veggia la porta di san Pietro Dante Alighieri
1 1 135 e color cui tu fai cotanto mesti». Dante Alighieri
1 1 136 Allor si mosse, e io li tenni dietro.  
2 2 1 Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno  
2 2 2 toglieva li animai che sono in terra  
2 2 3 da le fatiche loro; e io sol uno  
2 2 4 m'apparecchiava a sostener la guerra  
2 2 5 sì del cammino e sì de la pietate,  
2 2 6 che ritrarrà la mente che non erra.  
2 2 7 O muse, o alto ingegno, or m'aiutate;  
2 2 8 o mente che scrivesti ciò ch'io vidi,  
2 2 9 qui si parrà la tua nobilitate.  
2 2 10 Io cominciai: «Poeta che mi guidi, Dante Alighieri
2 2 11 guarda la mia virtù s'ell'è possente, Dante Alighieri
2 2 12 prima ch'a l'alto passo tu mi fidi. Dante Alighieri
2 2 13 Tu dici che di Silvio il parente, Dante Alighieri
2 2 14 corruttibile ancora, ad immortale Dante Alighieri
2 2 15 secolo andò, e fu sensibilmente. Dante Alighieri
2 2 16 Però, se l'avversario d'ogne male Dante Alighieri
2 2 17 cortese i fu, pensando l'alto effetto Dante Alighieri
2 2 18 ch'uscir dovea di lui e 'l chi e 'l quale, Dante Alighieri
2 2 19 non pare indegno ad omo d'intelletto; Dante Alighieri
2 2 20 ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero Dante Alighieri
2 2 21 ne l'empireo ciel per padre eletto: Dante Alighieri
2 2 22 la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, Dante Alighieri
2 2 23 fu stabilita per lo loco santo Dante Alighieri
2 2 24 u' siede il successor del maggior Piero. Dante Alighieri
2 2 25 Per quest'andata onde li dai tu vanto, Dante Alighieri
2 2 26 intese cose che furon cagione Dante Alighieri
2 2 27 di sua vittoria e del papale ammanto. Dante Alighieri
2 2 28 Andovvi poi lo Vas d'elezione, Dante Alighieri
2 2 29 per recarne conforto a quella fede Dante Alighieri
2 2 30 ch'è principio a la via di salvazione. Dante Alighieri
2 2 31 Ma io perché venirvi? o chi 'l concede? Dante Alighieri
2 2 32 Io non Enea, io non Paulo sono: Dante Alighieri
2 2 33 me degno a ciò né io né altri 'l crede. Dante Alighieri
2 2 34 Per che, se del venire io m'abbandono, Dante Alighieri
2 2 35 temo che la venuta non sia folle. Dante Alighieri
2 2 36 Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono». Dante Alighieri
2 2 37 E qual è quei che disvuol ciò che volle  
2 2 38 e per novi pensier cangia proposta,  
2 2 39 sì che dal cominciar tutto si tolle,  
2 2 40 tal mi fec'io 'n quella oscura costa,  
2 2 41 perché, pensando, consumai la 'mpresa  
2 2 42 che fu nel cominciar cotanto tosta.  
2 2 43 «S'i' ho ben la parola tua intesa», Virgilio (maestro)
2 2 44 rispuose del magnanimo quell'ombra; Virgilio (maestro)
2 2 45 «l'anima tua è da viltade offesa; Virgilio (maestro)
2 2 46 la qual molte fiate l'omo ingombra Virgilio (maestro)
2 2 47 sì che d'onrata impresa lo rivolve, Virgilio (maestro)
2 2 48 come falso veder bestia quand'ombra. Virgilio (maestro)
2 2 49 Da questa tema acciò che tu ti solve, Virgilio (maestro)
2 2 50 dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi Virgilio (maestro)
2 2 51 nel primo punto che di te mi dolve. Virgilio (maestro)
2 2 52 Io era tra color che son sospesi, Virgilio (maestro)
2 2 53 e donna mi chiamò beata e bella, Virgilio (maestro)
2 2 54 tal che di comandare io la richiesi. Virgilio (maestro)
2 2 55 Lucevan li occhi suoi più che la stella; Virgilio (maestro)
2 2 56 e cominciommi a dir soave e piana, Virgilio (maestro)
2 2 57 con angelica voce, in sua favella: Virgilio (maestro)
2 2 58 O anima cortese mantoana, Beatrice (ammiraglio)
2 2 59 di cui la fama ancor nel mondo dura, Beatrice (ammiraglio)
2 2 60 e durerà quanto 'l mondo lontana, Beatrice (ammiraglio)
2 2 61 l'amico mio, e non de la ventura, Beatrice (ammiraglio)
2 2 62 ne la diserta piaggia è impedito Beatrice (ammiraglio)
2 2 63 sì nel cammin, che volt'è per paura; Beatrice (ammiraglio)
2 2 64 e temo che non sia già sì smarrito, Beatrice (ammiraglio)
2 2 65 ch'io mi sia tardi al soccorso levata, Beatrice (ammiraglio)
2 2 66 per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito. Beatrice (ammiraglio)
2 2 67 Or movi, e con la tua parola ornata Beatrice (ammiraglio)
2 2 68 e con ciò c'ha mestieri al suo campare Beatrice (ammiraglio)
2 2 69 l'aiuta, sì ch'i' ne sia consolata. Beatrice (ammiraglio)
2 2 70 I' son Beatrice che ti faccio andare; Beatrice (ammiraglio)
2 2 71 vegno del loco ove tornar disio; Beatrice (ammiraglio)
2 2 72 amor mi mosse, che mi fa parlare. Beatrice (ammiraglio)
2 2 73 Quando sarò dinanzi al segnor mio, Beatrice (ammiraglio)
2 2 74 di te mi loderò sovente a lui. Beatrice (ammiraglio)
2 2 75 Tacette allora, e poi comincia' io: Virgilio (maestro)
2 2 76 O donna di virtù, sola per cui Virgilio (maestro)
2 2 77 l'umana spezie eccede ogne contento Virgilio (maestro)
2 2 78 di quel ciel c'ha minor li cerchi sui, Virgilio (maestro)
2 2 79 tanto m'aggrada il tuo comandamento, Virgilio (maestro)
2 2 80 che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi; Virgilio (maestro)
2 2 81 più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento. Virgilio (maestro)
2 2 82 Ma dimmi la cagion che non ti guardi Virgilio (maestro)
2 2 83 de lo scender qua giuso in questo centro Virgilio (maestro)
2 2 84 de l'ampio loco ove tornar tu ardi. Virgilio (maestro)
2 2 85 Da che tu vuo' saver cotanto a dentro, Beatrice (ammiraglio)
2 2 86 dirotti brievemente, mi rispuose, Beatrice (ammiraglio)
2 2 87 perch'io non temo di venir qua entro. Beatrice (ammiraglio)
2 2 88 Temer si dee di sole quelle cose Beatrice (ammiraglio)
2 2 89 c'hanno potenza di fare altrui male; Beatrice (ammiraglio)
2 2 90 de l'altre no, ché non son paurose. Beatrice (ammiraglio)
2 2 91 I' son fatta da Dio, sua mercé, tale, Beatrice (ammiraglio)
2 2 92 che la vostra miseria non mi tange, Beatrice (ammiraglio)
2 2 93 né fiamma d'esto incendio non m'assale. Beatrice (ammiraglio)
2 2 94 Donna è gentil nel ciel che si compiange Beatrice (ammiraglio)
2 2 95 di questo 'mpedimento ov'io ti mando, Beatrice (ammiraglio)
2 2 96 sì che duro giudicio là sù frange. Beatrice (ammiraglio)
2 2 97 Questa chiese Lucia in suo dimando Beatrice (ammiraglio)
2 2 98 e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele Beatrice (ammiraglio)
2 2 99 di te, e io a te lo raccomando. Beatrice (ammiraglio)
2 2 100 Lucia, nimica di ciascun crudele, Beatrice (ammiraglio)
2 2 101 si mosse, e venne al loco dov'i' era, Beatrice (ammiraglio)
2 2 102 che mi sedea con l'antica Rachele. Beatrice (ammiraglio)
2 2 103 Disse: - Beatrice, loda di Dio vera, Beatrice (ammiraglio)
2 2 104 ché non soccorri quei che t'amò tanto, Beatrice (ammiraglio)
2 2 105 ch'uscì per te de la volgare schiera? Beatrice (ammiraglio)
2 2 106 non odi tu la pieta del suo pianto? Beatrice (ammiraglio)
2 2 107 non vedi tu la morte che 'l combatte Beatrice (ammiraglio)
2 2 108 su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? Beatrice (ammiraglio)
2 2 109 Al mondo non fur mai persone ratte Beatrice (ammiraglio)
2 2 110 a far lor pro o a fuggir lor danno, Beatrice (ammiraglio)
2 2 111 com'io, dopo cotai parole fatte, Beatrice (ammiraglio)
2 2 112 venni qua giù del mio beato scanno, Beatrice (ammiraglio)
2 2 113 fidandomi del tuo parlare onesto, Beatrice (ammiraglio)
2 2 114 ch'onora te e quei ch'udito l'hanno. Beatrice (ammiraglio)
2 2 115 Poscia che m'ebbe ragionato questo, Virgilio (maestro)
2 2 116 li occhi lucenti lagrimando volse; Virgilio (maestro)
2 2 117 per che mi fece del venir più presto; Virgilio (maestro)
2 2 118 e venni a te così com'ella volse; Virgilio (maestro)
2 2 119 d'inanzi a quella fiera ti levai Virgilio (maestro)
2 2 120 che del bel monte il corto andar ti tolse. Virgilio (maestro)
2 2 121 Dunque: che é? perché, perché restai? Virgilio (maestro)
2 2 122 perché tanta viltà nel core allette? Virgilio (maestro)
2 2 123 perché ardire e franchezza non hai? Virgilio (maestro)
2 2 124 poscia che tai tre donne benedette Virgilio (maestro)
2 2 125 curan di te ne la corte del cielo, Virgilio (maestro)
2 2 126 e 'l mio parlar tanto ben ti promette?». Virgilio (maestro)
2 2 127 Quali fioretti dal notturno gelo  
2 2 128 chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca  
2 2 129 si drizzan tutti aperti in loro stelo,  
2 2 130 tal mi fec'io di mia virtude stanca,  
2 2 131 e tanto buono ardire al cor mi corse,  
2 2 132 ch'i' cominciai come persona franca:  
2 2 133 «Oh pietosa colei che mi soccorse! Dante Alighieri
2 2 134 e te cortese ch'ubidisti tosto Dante Alighieri
2 2 135 a le vere parole che ti porse! Dante Alighieri
2 2 136 Tu m'hai con disiderio il cor disposto Dante Alighieri
2 2 137 sì al venir con le parole tue, Dante Alighieri
2 2 138 ch'i' son tornato nel primo proposto. Dante Alighieri
2 2 139 Or va, ch'un sol volere è d'ambedue: Dante Alighieri
2 2 140 tu duca, tu segnore, e tu maestro». Dante Alighieri
2 2 141 Così li dissi; e poi che mosso fue,  
2 2 142 intrai per lo cammino alto e silvestro.  
3 3 1 PER ME SI VA NE LA CITTÀ DOLENTE, Porta del Inferno
3 3 2 PER ME SI VA NE L'ETTERNO DOLORE, Porta del Inferno
3 3 3 PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE. Porta del Inferno
3 3 4 GIUSTIZIA MOSSE IL MIO ALTO FATTORE: Porta del Inferno
3 3 5 FECEMI LA DIVINA PODESTATE, Porta del Inferno
3 3 6 LA SOMMA SAPIENZA E 'L PRIMO AMORE. Porta del Inferno
3 3 7 DINANZI A ME NON FUOR COSE CREATE Porta del Inferno
3 3 8 SE NON ETTERNE, E IO ETTERNO DURO. Porta del Inferno
3 3 9 LASCIATE OGNE SPERANZA, VOI CH'INTRATE. Porta del Inferno
3 3 10 Queste parole di colore oscuro  
3 3 11 vid'io scritte al sommo d'una porta;  
3 3 12 per ch'io: «Maestro, il senso lor m'è duro». Dante Alighieri
3 3 13 Ed elli a me, come persona accorta:  
3 3 14 «Qui si convien lasciare ogne sospetto; Virgilio (maestro)
3 3 15 ogne viltà convien che qui sia morta. Virgilio (maestro)
3 3 16 Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto Virgilio (maestro)
3 3 17 che tu vedrai le genti dolorose Virgilio (maestro)
3 3 18 c'hanno perduto il ben de l'intelletto». Virgilio (maestro)
3 3 19 E poi che la sua mano a la mia puose  
3 3 20 con lieto volto, ond'io mi confortai,  
3 3 21 mi mise dentro a le segrete cose.  
3 3 22 Quivi sospiri, pianti e alti guai  
3 3 23 risonavan per l'aere sanza stelle,  
3 3 24 per ch'io al cominciar ne lagrimai.  
3 3 25 Diverse lingue, orribili favelle,  
3 3 26 parole di dolore, accenti d'ira,  
3 3 27 voci alte e fioche, e suon di man con elle  
3 3 28 facevano un tumulto, il qual s'aggira  
3 3 29 sempre in quell'aura sanza tempo tinta,  
3 3 30 come la rena quando turbo spira.  
3 3 31 E io ch'avea d'error la testa cinta,  
3 3 32 dissi: «Maestro, che è quel ch'i' odo? Dante Alighieri
3 3 33 e che gent'è che par nel duol sì vinta?». Dante Alighieri
3 3 34 Ed elli a me: «Questo misero modo Virgilio (maestro)
3 3 35 tegnon l'anime triste di coloro Virgilio (maestro)
3 3 36 che visser sanza 'nfamia e sanza lodo. Virgilio (maestro)
3 3 37 Mischiate sono a quel cattivo coro Virgilio (maestro)
3 3 38 de li angeli che non furon ribelli Virgilio (maestro)
3 3 39 né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. Virgilio (maestro)
3 3 40 Caccianli i ciel per non esser men belli, Virgilio (maestro)
3 3 41 né lo profondo inferno li riceve, Virgilio (maestro)
3 3 42 ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli». Virgilio (maestro)
3 3 43 E io: «Maestro, che è tanto greve Dante Alighieri
3 3 44 a lor, che lamentar li fa sì forte?». Dante Alighieri
3 3 45 Rispuose: «Dicerolti molto breve. Virgilio (maestro)
3 3 46 Questi non hanno speranza di morte Virgilio (maestro)
3 3 47 e la lor cieca vita è tanto bassa, Virgilio (maestro)
3 3 48 che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte. Virgilio (maestro)
3 3 49 Fama di loro il mondo esser non lassa; Virgilio (maestro)
3 3 50 misericordia e giustizia li sdegna: Virgilio (maestro)
3 3 51 non ragioniam di lor, ma guarda e passa». Virgilio (maestro)
3 3 52 E io, che riguardai, vidi una 'nsegna  
3 3 53 che girando correva tanto ratta,  
3 3 54 che d'ogne posa mi parea indegna;  
3 3 55 e dietro le venìa sì lunga tratta  
3 3 56 di gente, ch'i' non averei creduto  
3 3 57 che morte tanta n'avesse disfatta.  
3 3 58 Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,  
3 3 59 vidi e conobbi l'ombra di colui  
3 3 60 che fece per viltade il gran rifiuto.  
3 3 61 Incontanente intesi e certo fui  
3 3 62 che questa era la setta d'i cattivi,  
3 3 63 a Dio spiacenti e a' nemici sui.  
3 3 64 Questi sciaurati, che mai non fur vivi,  
3 3 65 erano ignudi e stimolati molto  
3 3 66 da mosconi e da vespe ch'eran ivi.  
3 3 67 Elle rigavan lor di sangue il volto,  
3 3 68 che, mischiato di lagrime, a' lor piedi  
3 3 69 da fastidiosi vermi era ricolto.  
3 3 70 E poi ch'a riguardar oltre mi diedi,  
3 3 71 vidi genti a la riva d'un gran fiume;  
3 3 72 per ch'io dissi: «Maestro, or mi concedi Dante Alighieri
3 3 73 ch'i' sappia quali sono, e qual costume Dante Alighieri
3 3 74 le fa di trapassar parer sì pronte, Dante Alighieri
3 3 75 com'io discerno per lo fioco lume». Dante Alighieri
3 3 76 Ed elli a me: «Le cose ti fier conte Virgilio (maestro)
3 3 77 quando noi fermerem li nostri passi Virgilio (maestro)
3 3 78 su la trista riviera d'Acheronte». Virgilio (maestro)
3 3 79 Allor con li occhi vergognosi e bassi,  
3 3 80 temendo no 'l mio dir li fosse grave,  
3 3 81 infino al fiume del parlar mi trassi.  
3 3 82 Ed ecco verso noi venir per nave  
3 3 83 un vecchio, bianco per antico pelo,  
3 3 84 gridando: «Guai a voi, anime prave! Caronte (mitologia)
3 3 85 Non isperate mai veder lo cielo: Caronte (mitologia)
3 3 86 i' vegno per menarvi a l'altra riva Caronte (mitologia)
3 3 87 ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo. Caronte (mitologia)
3 3 88 E tu che se' costì, anima viva, Caronte (mitologia)
3 3 89 pàrtiti da cotesti che son morti». Caronte (mitologia)
3 3 90 Ma poi che vide ch'io non mi partiva,  
3 3 91 disse: «Per altra via, per altri porti Caronte (mitologia)
3 3 92 verrai a piaggia, non qui, per passare: Caronte (mitologia)
3 3 93 più lieve legno convien che ti porti». Caronte (mitologia)
3 3 94 E 'l duca lui: «Caron, non ti crucciare: Virgilio (maestro)
3 3 95 vuolsi così colà dove si puote Virgilio (maestro)
3 3 96 ciò che si vuole, e più non dimandare». Virgilio (maestro)
3 3 97 Quinci fuor quete le lanose gote  
3 3 98 al nocchier de la livida palude,  
3 3 99 che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote.  
3 3 100 Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude,  
3 3 101 cangiar colore e dibattero i denti,  
3 3 102 ratto che 'nteser le parole crude.  
3 3 103 Bestemmiavano Dio e lor parenti,  
3 3 104 l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme  
3 3 105 di lor semenza e di lor nascimenti.  
3 3 106 Poi si ritrasser tutte quante insieme,  
3 3 107 forte piangendo, a la riva malvagia  
3 3 108 ch'attende ciascun uom che Dio non teme.  
3 3 109 Caron dimonio, con occhi di bragia,  
3 3 110 loro accennando, tutte le raccoglie;  
3 3 111 batte col remo qualunque s'adagia.  
3 3 112 Come d'autunno si levan le foglie  
3 3 113 l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo  
3 3 114 vede a la terra tutte le sue spoglie,  
3 3 115 similemente il mal seme d'Adamo  
3 3 116 gittansi di quel lito ad una ad una,  
3 3 117 per cenni come augel per suo richiamo.  
3 3 118 Così sen vanno su per l'onda bruna,  
3 3 119 e avanti che sien di là discese,  
3 3 120 anche di qua nuova schiera s'auna.  
3 3 121 «Figliuol mio», disse 'l maestro cortese, Virgilio (maestro)
3 3 122 «quelli che muoion ne l'ira di Dio Virgilio (maestro)
3 3 123 tutti convegnon qui d'ogne paese: Virgilio (maestro)
3 3 124 e pronti sono a trapassar lo rio, Virgilio (maestro)
3 3 125 ché la divina giustizia li sprona, Virgilio (maestro)
3 3 126 sì che la tema si volve in disio. Virgilio (maestro)
3 3 127 Quinci non passa mai anima buona; Virgilio (maestro)
3 3 128 e però, se Caron di te si lagna, Virgilio (maestro)
3 3 129 ben puoi sapere omai che 'l suo dir suona». Virgilio (maestro)
3 3 130 Finito questo, la buia campagna  
3 3 131 tremò sì forte, che de lo spavento  
3 3 132 la mente di sudore ancor mi bagna.  
3 3 133 La terra lagrimosa diede vento,  
3 3 134 che balenò una luce vermiglia  
3 3 135 la qual mi vinse ciascun sentimento;  
3 3 136 e caddi come l'uom cui sonno piglia.  
4 4 1 Ruppemi l'alto sonno ne la testa  
4 4 2 un greve truono, sì ch'io mi riscossi  
4 4 3 come persona ch'è per forza desta;  
4 4 4 e l'occhio riposato intorno mossi,  
4 4 5 dritto levato, e fiso riguardai  
4 4 6 per conoscer lo loco dov'io fossi.  
4 4 7 Vero è che 'n su la proda mi trovai  
4 4 8 de la valle d'abisso dolorosa  
4 4 9 che 'ntrono accoglie d'infiniti guai.  
4 4 10 Oscura e profonda era e nebulosa  
4 4 11 tanto che, per ficcar lo viso a fondo,  
4 4 12 io non vi discernea alcuna cosa.  
4 4 13 «Or discendiam qua giù nel cieco mondo», Virgilio (maestro)
4 4 14 cominciò il poeta tutto smorto.  
4 4 15 «Io sarò primo, e tu sarai secondo». Virgilio (maestro)
4 4 16 E io, che del color mi fui accorto,  
4 4 17 dissi: «Come verrò, se tu paventi Dante Alighieri
4 4 18 che suoli al mio dubbiare esser conforto?».  
4 4 19 Ed elli a me: «L'angoscia de le genti Virgilio (maestro)
4 4 20 che son qua giù, nel viso mi dipigne Virgilio (maestro)
4 4 21 quella pietà che tu per tema senti. Virgilio (maestro)
4 4 22 Andiam, ché la via lunga ne sospigne». Virgilio (maestro)
4 4 23 Così si mise e così mi fé intrare  
4 4 24 nel primo cerchio che l'abisso cigne.  
4 4 25 Quivi, secondo che per ascoltare,  
4 4 26 non avea pianto mai che di sospiri,  
4 4 27 che l'aura etterna facevan tremare;  
4 4 28 ciò avvenia di duol sanza martìri  
4 4 29 ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,  
4 4 30 d'infanti e di femmine e di viri.  
4 4 31 Lo buon maestro a me: «Tu non dimandi Virgilio (maestro)
4 4 32 che spiriti son questi che tu vedi? Virgilio (maestro)
4 4 33 Or vo' che sappi, innanzi che più andi, Virgilio (maestro)
4 4 34 ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi, Virgilio (maestro)
4 4 35 non basta, perché non ebber battesmo, Virgilio (maestro)
4 4 36 ch'è porta de la fede che tu credi; Virgilio (maestro)
4 4 37 e s'e' furon dinanzi al cristianesmo, Virgilio (maestro)
4 4 38 non adorar debitamente a Dio: Virgilio (maestro)
4 4 39 e di questi cotai son io medesmo. Virgilio (maestro)
4 4 40 Per tai difetti, non per altro rio, Virgilio (maestro)
4 4 41 semo perduti, e sol di tanto offesi, Virgilio (maestro)
4 4 42 che sanza speme vivemo in disio». Virgilio (maestro)
4 4 43 Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi,  
4 4 44 però che gente di molto valore  
4 4 45 conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.  
4 4 46 «Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore», Dante Alighieri
4 4 47 comincia' io per voler esser certo  
4 4 48 di quella fede che vince ogne errore:  
4 4 49 «uscicci mai alcuno, o per suo merto Dante Alighieri
4 4 50 o per altrui, che poi fosse beato?». Dante Alighieri
4 4 51 E quei che 'ntese il mio parlar coverto,  
4 4 52 rispuose: «Io era nuovo in questo stato, Virgilio (maestro)
4 4 53 quando ci vidi venire un possente, Virgilio (maestro)
4 4 54 con segno di vittoria coronato. Virgilio (maestro)
4 4 55 Trasseci l'ombra del primo parente, Virgilio (maestro)
4 4 56 d'Abél suo figlio e quella di Noé, Virgilio (maestro)
4 4 57 di Moisé legista e ubidente; Virgilio (maestro)
4 4 58 Abraàm patriarca e Davìd re, Virgilio (maestro)
4 4 59 Israél con lo padre e co' suoi nati Virgilio (maestro)
4 4 60 e con Rachele, per cui tanto fé; Virgilio (maestro)
4 4 61 e altri molti, e feceli beati. Virgilio (maestro)
4 4 62 E vo' che sappi che, dinanzi ad essi, Virgilio (maestro)
4 4 63 spiriti umani non eran salvati». Virgilio (maestro)
4 4 64 Non lasciavam l'andar perch'ei dicessi,  
4 4 65 ma passavam la selva tuttavia,  
4 4 66 la selva, dico, di spiriti spessi.  
4 4 67 Non era lunga ancor la nostra via  
4 4 68 di qua dal sonno, quand'io vidi un foco  
4 4 69 ch'emisperio di tenebre vincia.  
4 4 70 Di lungi n'eravamo ancora un poco,  
4 4 71 ma non sì ch'io non discernessi in parte  
4 4 72 ch'orrevol gente possedea quel loco.  
4 4 73 «O tu ch'onori scienzia e arte, Dante Alighieri
4 4 74 questi chi son c'hanno cotanta onranza, Dante Alighieri
4 4 75 che dal modo de li altri li diparte?». Dante Alighieri
4 4 76 E quelli a me: «L'onrata nominanza Virgilio (maestro)
4 4 77 che di lor suona sù ne la tua vita, Virgilio (maestro)
4 4 78 grazia acquista in ciel che sì li avanza». Virgilio (maestro)
4 4 79 Intanto voce fu per me udita:  
4 4 80 «Onorate l'altissimo poeta: Anime Danate
4 4 81 l'ombra sua torna, ch'era dipartita». Anime Danate
4 4 82 Poi che la voce fu restata e queta,  
4 4 83 vidi quattro grand'ombre a noi venire:  
4 4 84 sembianz'avevan né trista né lieta.  
4 4 85 Lo buon maestro cominciò a dire:  
4 4 86 «Mira colui con quella spada in mano, Virgilio (maestro)
4 4 87 che vien dinanzi ai tre sì come sire: Virgilio (maestro)
4 4 88 quelli è Omero poeta sovrano; Virgilio (maestro)
4 4 89 l'altro è Orazio satiro che vene; Virgilio (maestro)
4 4 90 Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano. Virgilio (maestro)
4 4 91 Però che ciascun meco si convene Virgilio (maestro)
4 4 92 nel nome che sonò la voce sola, Virgilio (maestro)
4 4 93 fannomi onore, e di ciò fanno bene». Virgilio (maestro)
4 4 94 Così vid'i' adunar la bella scola  
4 4 95 di quel segnor de l'altissimo canto  
4 4 96 che sovra li altri com'aquila vola.  
4 4 97 Da ch'ebber ragionato insieme alquanto,  
4 4 98 volsersi a me con salutevol cenno,  
4 4 99 e 'l mio maestro sorrise di tanto;  
4 4 100 e più d'onore ancora assai mi fenno,  
4 4 101 ch'e' sì mi fecer de la loro schiera,  
4 4 102 sì ch'io fui sesto tra cotanto senno.  
4 4 103 Così andammo infino a la lumera,  
4 4 104 parlando cose che 'l tacere è bello,  
4 4 105 sì com'era 'l parlar colà dov'era.  
4 4 106 Venimmo al pié d'un nobile castello,  
4 4 107 sette volte cerchiato d'alte mura,  
4 4 108 difeso intorno d'un bel fiumicello.  
4 4 109 Questo passammo come terra dura;  
4 4 110 per sette porte intrai con questi savi:  
4 4 111 giugnemmo in prato di fresca verdura.  
4 4 112 Genti v'eran con occhi tardi e gravi,  
4 4 113 di grande autorità ne' lor sembianti:  
4 4 114 parlavan rado, con voci soavi.  
4 4 115 Traemmoci così da l'un de' canti,  
4 4 116 in loco aperto, luminoso e alto,  
4 4 117 sì che veder si potien tutti quanti.  
4 4 118 Colà diritto, sovra 'l verde smalto,  
4 4 119 mi fuor mostrati li spiriti magni,  
4 4 120 che del vedere in me stesso m'essalto.  
4 4 121 I' vidi Eletra con molti compagni,  
4 4 122 tra ' quai conobbi Ettòr ed Enea,  
4 4 123 Cesare armato con li occhi grifagni.  
4 4 124 Vidi Cammilla e la Pantasilea;  
4 4 125 da l'altra parte, vidi 'l re Latino  
4 4 126 che con Lavina sua figlia sedea.  
4 4 127 Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino,  
4 4 128 Lucrezia, Iulia, Marzia e Corniglia;  
4 4 129 e solo, in parte, vidi 'l Saladino.  
4 4 130 Poi ch'innalzai un poco più le ciglia,  
4 4 131 vidi 'l maestro di color che sanno  
4 4 132 seder tra filosofica famiglia.  
4 4 133 Tutti lo miran, tutti onor li fanno:  
4 4 134 quivi vid'io Socrate e Platone,  
4 4 135 che 'nnanzi a li altri più presso li stanno;  
4 4 136 Democrito, che 'l mondo a caso pone,  
4 4 137 Diogenés, Anassagora e Tale,  
4 4 138 Empedoclés, Eraclito e Zenone;  
4 4 139 e vidi il buono accoglitor del quale,  
4 4 140 Diascoride dico; e vidi Orfeo,  
4 4 141 Tulio e Lino e Seneca morale;  
4 4 142 Euclide geométra e Tolomeo,  
4 4 143 Ipocràte, Avicenna e Galieno,  
4 4 144 Averoìs, che 'l gran comento feo.  
4 4 145 Io non posso ritrar di tutti a pieno,  
4 4 146 però che sì mi caccia il lungo tema,  
4 4 147 che molte volte al fatto il dir vien meno.  
4 4 148 La sesta compagnia in due si scema:  
4 4 149 per altra via mi mena il savio duca,  
4 4 150 fuor de la queta, ne l'aura che trema.  
4 4 151 E vegno in parte ove non è che luca.  
5 5 1 Così discesi del cerchio primaio  
5 5 2 giù nel secondo, che men loco cinghia,  
5 5 3 e tanto più dolor, che punge a guaio.  
5 5 4 Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:  
5 5 5 essamina le colpe ne l'intrata;  
5 5 6 giudica e manda secondo ch'avvinghia.  
5 5 7 Dico che quando l'anima mal nata  
5 5 8 li vien dinanzi, tutta si confessa;  
5 5 9 e quel conoscitor de le peccata  
5 5 10 vede qual loco d'inferno è da essa;  
5 5 11 cignesi con la coda tante volte  
5 5 12 quantunque gradi vuol che giù sia messa.  
5 5 13 Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;  
5 5 14 vanno a vicenda ciascuna al giudizio;  
5 5 15 dicono e odono, e poi son giù volte.  
5 5 16 «O tu che vieni al doloroso ospizio», Minosse
5 5 17 disse Minòs a me quando mi vide,  
5 5 18 lasciando l'atto di cotanto offizio,  
5 5 19 «guarda com'entri e di cui tu ti fide; Minosse
5 5 20 non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!». Minosse
5 5 21 E 'l duca mio a lui: «Perché pur gride? Virgilio (maestro)
5 5 22 Non impedir lo suo fatale andare: Virgilio (maestro)
5 5 23 vuolsi così colà dove si puote Virgilio (maestro)
5 5 24 ciò che si vuole, e più non dimandare». Virgilio (maestro)
5 5 25 Or incomincian le dolenti note  
5 5 26 a farmisi sentire; or son venuto  
5 5 27 là dove molto pianto mi percuote.  
5 5 28 Io venni in loco d'ogne luce muto,  
5 5 29 che mugghia come fa mar per tempesta,  
5 5 30 se da contrari venti è combattuto.  
5 5 31 La bufera infernal, che mai non resta,  
5 5 32 mena li spirti con la sua rapina;  
5 5 33 voltando e percotendo li molesta.  
5 5 34 Quando giungon davanti a la ruina,  
5 5 35 quivi le strida, il compianto, il lamento;  
5 5 36 bestemmian quivi la virtù divina.  
5 5 37 Intesi ch'a così fatto tormento  
5 5 38 enno dannati i peccator carnali,  
5 5 39 che la ragion sommettono al talento.  
5 5 40 E come li stornei ne portan l'ali  
5 5 41 nel freddo tempo, a schiera larga e piena,  
5 5 42 così quel fiato li spiriti mali  
5 5 43 di qua, di là, di giù, di sù li mena;  
5 5 44 nulla speranza li conforta mai,  
5 5 45 non che di posa, ma di minor pena.  
5 5 46 E come i gru van cantando lor lai,  
5 5 47 faccendo in aere di sé lunga riga,  
5 5 48 così vid'io venir, traendo guai,  
5 5 49 ombre portate da la detta briga;  
5 5 50 per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle Dante Alighieri
5 5 51 genti che l'aura nera sì gastiga?». Dante Alighieri
5 5 52 «La prima di color di cui novelle Virgilio (maestro)
5 5 53 tu vuo' saper», mi disse quelli allotta, Virgilio (maestro)
5 5 54 «fu imperadrice di molte favelle. Virgilio (maestro)
5 5 55 A vizio di lussuria fu sì rotta, Virgilio (maestro)
5 5 56 che libito fé licito in sua legge, Virgilio (maestro)
5 5 57 per tòrre il biasmo in che era condotta. Virgilio (maestro)
5 5 58 Ell'è Semiramìs, di cui si legge Virgilio (maestro)
5 5 59 che succedette a Nino e fu sua sposa: Virgilio (maestro)
5 5 60 tenne la terra che 'l Soldan corregge. Virgilio (maestro)
5 5 61 L'altra è colei che s'ancise amorosa, Virgilio (maestro)
5 5 62 e ruppe fede al cener di Sicheo; Virgilio (maestro)
5 5 63 poi è Cleopatràs lussuriosa. Virgilio (maestro)
5 5 64 Elena vedi, per cui tanto reo Virgilio (maestro)
5 5 65 tempo si volse, e vedi 'l grande Achille, Virgilio (maestro)
5 5 66 che con amore al fine combatteo. Virgilio (maestro)
5 5 67 Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille Virgilio (maestro)
5 5 68 ombre mostrommi e nominommi a dito,  
5 5 69 ch'amor di nostra vita dipartille.  
5 5 70 Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito  
5 5 71 nomar le donne antiche e ' cavalieri,  
5 5 72 pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.  
5 5 73 I' cominciai: «Poeta, volontieri Dante Alighieri
5 5 74 parlerei a quei due che 'nsieme vanno, Dante Alighieri
5 5 75 e paion sì al vento esser leggeri». Dante Alighieri
5 5 76 Ed elli a me: «Vedrai quando saranno Virgilio (maestro)
5 5 77 più presso a noi; e tu allor li priega Virgilio (maestro)
5 5 78 per quello amor che i mena, ed ei verranno». Virgilio (maestro)
5 5 79 Sì tosto come il vento a noi li piega,  
5 5 80 mossi la voce: «O anime affannate, Dante Alighieri
5 5 81 venite a noi parlar, s'altri nol niega!». Dante Alighieri
5 5 82 Quali colombe dal disio chiamate  
5 5 83 con l'ali alzate e ferme al dolce nido  
5 5 84 vegnon per l'aere dal voler portate;  
5 5 85 cotali uscir de la schiera ov'è Dido,  
5 5 86 a noi venendo per l'aere maligno,  
5 5 87 sì forte fu l'affettuoso grido.  
5 5 88 «O animal grazioso e benigno Francesca (e Paolo)
5 5 89 che visitando vai per l'aere perso Francesca (e Paolo)
5 5 90 noi che tignemmo il mondo di sanguigno, Francesca (e Paolo)
5 5 91 se fosse amico il re de l'universo, Francesca (e Paolo)
5 5 92 noi pregheremmo lui de la tua pace, Francesca (e Paolo)
5 5 93 poi c'hai pietà del nostro mal perverso. Francesca (e Paolo)
5 5 94 Di quel che udire e che parlar vi piace, Francesca (e Paolo)
5 5 95 noi udiremo e parleremo a voi, Francesca (e Paolo)
5 5 96 mentre che 'l vento, come fa, ci tace. Francesca (e Paolo)
5 5 97 Siede la terra dove nata fui Francesca (e Paolo)
5 5 98 su la marina dove 'l Po discende Francesca (e Paolo)
5 5 99 per aver pace co' seguaci sui. Francesca (e Paolo)
5 5 100 Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende Francesca (e Paolo)
5 5 101 prese costui de la bella persona Francesca (e Paolo)
5 5 102 che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. Francesca (e Paolo)
5 5 103 Amor, ch'a nullo amato amar perdona, Francesca (e Paolo)
5 5 104 mi prese del costui piacer sì forte, Francesca (e Paolo)
5 5 105 che, come vedi, ancor non m'abbandona. Francesca (e Paolo)
5 5 106 Amor condusse noi ad una morte: Francesca (e Paolo)
5 5 107 Caina attende chi a vita ci spense». Francesca (e Paolo)
5 5 108 Queste parole da lor ci fuor porte.  
5 5 109 Quand'io intesi quell'anime offense,  
5 5 110 china' il viso e tanto il tenni basso,  
5 5 111 fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?». Virgilio (maestro)
5 5 112 Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso, Dante Alighieri
5 5 113 quanti dolci pensier, quanto disio Dante Alighieri
5 5 114 menò costoro al doloroso passo!». Dante Alighieri
5 5 115 Poi mi rivolsi a loro e parla' io,  
5 5 116 e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri Dante Alighieri
5 5 117 a lagrimar mi fanno tristo e pio. Dante Alighieri
5 5 118 Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri, Dante Alighieri
5 5 119 a che e come concedette Amore Dante Alighieri
5 5 120 che conosceste i dubbiosi disiri?». Dante Alighieri
5 5 121 E quella a me: «Nessun maggior dolore Francesca (e Paolo)
5 5 122 che ricordarsi del tempo felice Francesca (e Paolo)
5 5 123 ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore. Francesca (e Paolo)
5 5 124 Ma s'a conoscer la prima radice Francesca (e Paolo)
5 5 125 del nostro amor tu hai cotanto affetto, Francesca (e Paolo)
5 5 126 dirò come colui che piange e dice. Francesca (e Paolo)
5 5 127 Noi leggiavamo un giorno per diletto Francesca (e Paolo)
5 5 128 di Lancialotto come amor lo strinse; Francesca (e Paolo)
5 5 129 soli eravamo e sanza alcun sospetto. Francesca (e Paolo)
5 5 130 Per più fiate li occhi ci sospinse Francesca (e Paolo)
5 5 131 quella lettura, e scolorocci il viso; Francesca (e Paolo)
5 5 132 ma solo un punto fu quel che ci vinse. Francesca (e Paolo)
5 5 133 Quando leggemmo il disiato riso Francesca (e Paolo)
5 5 134 esser basciato da cotanto amante, Francesca (e Paolo)
5 5 135 questi, che mai da me non fia diviso, Francesca (e Paolo)
5 5 136 la bocca mi basciò tutto tremante. Francesca (e Paolo)
5 5 137 Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: Francesca (e Paolo)
5 5 138 quel giorno più non vi leggemmo avante». Francesca (e Paolo)
5 5 139 Mentre che l'uno spirto questo disse,  
5 5 140 l'altro piangea; sì che di pietade  
5 5 141 io venni men così com'io morisse.  
5 5 142 E caddi come corpo morto cade.  
6 6 1 Al tornar de la mente, che si chiuse  
6 6 2 dinanzi a la pietà d'i due cognati,  
6 6 3 che di trestizia tutto mi confuse,  
6 6 4 novi tormenti e novi tormentati  
6 6 5 mi veggio intorno, come ch'io mi mova  
6 6 6 e ch'io mi volga, e come che io guati.  
6 6 7 Io sono al terzo cerchio, de la piova  
6 6 8 etterna, maladetta, fredda e greve;  
6 6 9 regola e qualità mai non l'è nova.  
6 6 10 Grandine grossa, acqua tinta e neve  
6 6 11 per l'aere tenebroso si riversa;  
6 6 12 pute la terra che questo riceve.  
6 6 13 Cerbero, fiera crudele e diversa,  
6 6 14 con tre gole caninamente latra  
6 6 15 sovra la gente che quivi è sommersa.  
6 6 16 Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,  
6 6 17 e 'l ventre largo, e unghiate le mani;  
6 6 18 graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.  
6 6 19 Urlar li fa la pioggia come cani;  
6 6 20 de l'un de' lati fanno a l'altro schermo;  
6 6 21 volgonsi spesso i miseri profani.  
6 6 22 Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,  
6 6 23 le bocche aperse e mostrocci le sanne;  
6 6 24 non avea membro che tenesse fermo.  
6 6 25 E 'l duca mio distese le sue spanne,  
6 6 26 prese la terra, e con piene le pugna  
6 6 27 la gittò dentro a le bramose canne.  
6 6 28 Qual è quel cane ch'abbaiando agogna,  
6 6 29 e si racqueta poi che 'l pasto morde,  
6 6 30 ché solo a divorarlo intende e pugna,  
6 6 31 cotai si fecer quelle facce lorde  
6 6 32 de lo demonio Cerbero, che 'ntrona  
6 6 33 l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.  
6 6 34 Noi passavam su per l'ombre che adona  
6 6 35 la greve pioggia, e ponavam le piante  
6 6 36 sovra lor vanità che par persona.  
6 6 37 Elle giacean per terra tutte quante,  
6 6 38 fuor d'una ch'a seder si levò, ratto  
6 6 39 ch'ella ci vide passarsi davante.  
6 6 40 «O tu che se' per questo 'nferno tratto», Ciacco
6 6 41 mi disse, «riconoscimi, se sai: Ciacco
6 6 42 tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto». Ciacco
6 6 43 E io a lui: «L'angoscia che tu hai Dante Alighieri
6 6 44 forse ti tira fuor de la mia mente, Dante Alighieri
6 6 45 sì che non par ch'i' ti vedessi mai. Dante Alighieri
6 6 46 Ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolente Dante Alighieri
6 6 47 loco se' messo e hai sì fatta pena, Dante Alighieri
6 6 48 che, s'altra è maggio, nulla è sì spiacente». Dante Alighieri
6 6 49 Ed elli a me: «La tua città, ch'è piena Ciacco
6 6 50 d'invidia sì che già trabocca il sacco, Ciacco
6 6 51 seco mi tenne in la vita serena. Ciacco
6 6 52 Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: Ciacco
6 6 53 per la dannosa colpa de la gola, Ciacco
6 6 54 come tu vedi, a la pioggia mi fiacco. Ciacco
6 6 55 E io anima trista non son sola, Ciacco
6 6 56 ché tutte queste a simil pena stanno Ciacco
6 6 57 per simil colpa». E più non fé parola. Ciacco
6 6 58 Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno Dante Alighieri
6 6 59 mi pesa sì, ch'a lagrimar mi 'nvita; Dante Alighieri
6 6 60 ma dimmi, se tu sai, a che verranno Dante Alighieri
6 6 61 li cittadin de la città partita; Dante Alighieri
6 6 62 s'alcun v'è giusto; e dimmi la cagione Dante Alighieri
6 6 63 per che l'ha tanta discordia assalita». Dante Alighieri
6 6 64 E quelli a me: «Dopo lunga tencione Ciacco
6 6 65 verranno al sangue, e la parte selvaggia Ciacco
6 6 66 caccerà l'altra con molta offensione. Ciacco
6 6 67 Poi appresso convien che questa caggia Ciacco
6 6 68 infra tre soli, e che l'altra sormonti Ciacco
6 6 69 con la forza di tal che testé piaggia. Ciacco
6 6 70 Alte terrà lungo tempo le fronti, Ciacco
6 6 71 tenendo l'altra sotto gravi pesi, Ciacco
6 6 72 come che di ciò pianga o che n'aonti. Ciacco
6 6 73 Giusti son due, e non vi sono intesi; Ciacco
6 6 74 superbia, invidia e avarizia sono Ciacco
6 6 75 le tre faville c'hanno i cuori accesi». Ciacco
6 6 76 Qui puose fine al lagrimabil suono.  
6 6 77 E io a lui: «Ancor vo' che mi 'nsegni, Dante Alighieri
6 6 78 e che di più parlar mi facci dono. Dante Alighieri
6 6 79 Farinata e 'l Tegghiaio, che fuor sì degni, Dante Alighieri
6 6 80 Iacopo Rusticucci, Arrigo e 'l Mosca Dante Alighieri
6 6 81 e li altri ch'a ben far puoser li 'ngegni, Dante Alighieri
6 6 82 dimmi ove sono e fa ch'io li conosca; Dante Alighieri
6 6 83 ché gran disio mi stringe di savere Dante Alighieri
6 6 84 se 'l ciel li addolcia, o lo 'nferno li attosca». Dante Alighieri
6 6 85 E quelli: «Ei son tra l'anime più nere: Ciacco
6 6 86 diverse colpe giù li grava al fondo: Ciacco
6 6 87 se tanto scendi, là i potrai vedere. Ciacco
6 6 88 Ma quando tu sarai nel dolce mondo, Ciacco
6 6 89 priegoti ch'a la mente altrui mi rechi: Ciacco
6 6 90 più non ti dico e più non ti rispondo». Ciacco
6 6 91 Li diritti occhi torse allora in biechi;  
6 6 92 guardommi un poco, e poi chinò la testa:  
6 6 93 cadde con essa a par de li altri ciechi.  
6 6 94 E 'l duca disse a me: «Più non si desta Virgilio (maestro)
6 6 95 di qua dal suon de l'angelica tromba, Virgilio (maestro)
6 6 96 quando verrà la nimica podesta: Virgilio (maestro)
6 6 97 ciascun rivederà la trista tomba, Virgilio (maestro)
6 6 98 ripiglierà sua carne e sua figura, Virgilio (maestro)
6 6 99 udirà quel ch'in etterno rimbomba». Virgilio (maestro)
6 6 100 Sì trapassammo per sozza mistura  
6 6 101 de l'ombre e de la pioggia, a passi lenti,  
6 6 102 toccando un poco la vita futura;  
6 6 103 per ch'io dissi: «Maestro, esti tormenti Dante Alighieri
6 6 104 crescerann'ei dopo la gran sentenza, Dante Alighieri
6 6 105 o fier minori, o saran sì cocenti?». Dante Alighieri
6 6 106 Ed elli a me: «Ritorna a tua scienza, Virgilio (maestro)
6 6 107 che vuol, quanto la cosa è più perfetta, Virgilio (maestro)
6 6 108 più senta il bene, e così la doglienza. Virgilio (maestro)
6 6 109 Tutto che questa gente maladetta Virgilio (maestro)
6 6 110 in vera perfezion già mai non vada, Virgilio (maestro)
6 6 111 di là più che di qua essere aspetta». Virgilio (maestro)
6 6 112 Noi aggirammo a tondo quella strada,  
6 6 113 parlando più assai ch'i' non ridico;  
6 6 114 venimmo al punto dove si digrada:  
6 6 115 quivi trovammo Pluto, il gran nemico.  
7 7 1 «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», Pluto (mitologia)
7 7 2 cominciò Pluto con la voce chioccia;  
7 7 3 e quel savio gentil, che tutto seppe,  
7 7 4 disse per confortarmi: «Non ti noccia Virgilio (maestro)
7 7 5 la tua paura; ché, poder ch'elli abbia, Virgilio (maestro)
7 7 6 non ci torrà lo scender questa roccia». Virgilio (maestro)
7 7 7 Poi si rivolse a quella 'nfiata labbia,  
7 7 8 e disse: «Taci, maladetto lupo! Virgilio (maestro)
7 7 9 consuma dentro te con la tua rabbia. Virgilio (maestro)
7 7 10 Non è sanza cagion l'andare al cupo: Virgilio (maestro)
7 7 11 vuolsi ne l'alto, là dove Michele Virgilio (maestro)
7 7 12 fé la vendetta del superbo strupo». Virgilio (maestro)
7 7 13 Quali dal vento le gonfiate vele  
7 7 14 caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca,  
7 7 15 tal cadde a terra la fiera crudele.  
7 7 16 Così scendemmo ne la quarta lacca  
7 7 17 pigliando più de la dolente ripa  
7 7 18 che 'l mal de l'universo tutto insacca.  
7 7 19 Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa  
7 7 20 nove travaglie e pene quant'io viddi?  
7 7 21 e perché nostra colpa sì ne scipa?  
7 7 22 Come fa l'onda là sovra Cariddi,  
7 7 23 che si frange con quella in cui s'intoppa,  
7 7 24 così convien che qui la gente riddi.  
7 7 25 Qui vid'i' gente più ch'altrove troppa,  
7 7 26 e d'una parte e d'altra, con grand'urli,  
7 7 27 voltando pesi per forza di poppa.  
7 7 28 Percoteansi 'ncontro; e poscia pur lì  
7 7 29 si rivolgea ciascun, voltando a retro,  
7 7 30 gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?». Anime Danate
7 7 31 Così tornavan per lo cerchio tetro  
7 7 32 da ogne mano a l'opposito punto,  
7 7 33 gridandosi anche loro ontoso metro;  
7 7 34 poi si volgea ciascun, quand'era giunto,  
7 7 35 per lo suo mezzo cerchio a l'altra giostra.  
7 7 36 E io, ch'avea lo cor quasi compunto,  
7 7 37 dissi: «Maestro mio, or mi dimostra Dante Alighieri
7 7 38 che gente è questa, e se tutti fuor cherci Dante Alighieri
7 7 39 questi chercuti a la sinistra nostra». Dante Alighieri
7 7 40 Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci Virgilio (maestro)
7 7 41 sì de la mente in la vita primaia, Virgilio (maestro)
7 7 42 che con misura nullo spendio ferci. Virgilio (maestro)
7 7 43 Assai la voce lor chiaro l'abbaia Virgilio (maestro)
7 7 44 quando vegnono a' due punti del cerchio Virgilio (maestro)
7 7 45 dove colpa contraria li dispaia. Virgilio (maestro)
7 7 46 Questi fuor cherci, che non han coperchio Virgilio (maestro)
7 7 47 piloso al capo, e papi e cardinali, Virgilio (maestro)
7 7 48 in cui usa avarizia il suo soperchio». Virgilio (maestro)
7 7 49 E io: «Maestro, tra questi cotali Dante Alighieri
7 7 50 dovre' io ben riconoscere alcuni Dante Alighieri
7 7 51 che furo immondi di cotesti mali». Dante Alighieri
7 7 52 Ed elli a me: «Vano pensiero aduni: Virgilio (maestro)
7 7 53 la sconoscente vita che i fé sozzi Virgilio (maestro)
7 7 54 ad ogne conoscenza or li fa bruni. Virgilio (maestro)
7 7 55 In etterno verranno a li due cozzi: Virgilio (maestro)
7 7 56 questi resurgeranno del sepulcro Virgilio (maestro)
7 7 57 col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi. Virgilio (maestro)
7 7 58 Mal dare e mal tener lo mondo pulcro Virgilio (maestro)
7 7 59 ha tolto loro, e posti a questa zuffa: Virgilio (maestro)
7 7 60 qual ella sia, parole non ci appulcro. Virgilio (maestro)
7 7 61 Or puoi, figliuol, veder la corta buffa Virgilio (maestro)
7 7 62 d'i ben che son commessi a la fortuna, Virgilio (maestro)
7 7 63 per che l'umana gente si rabbuffa; Virgilio (maestro)
7 7 64 ché tutto l'oro ch'è sotto la luna Virgilio (maestro)
7 7 65 e che già fu, di quest'anime stanche Virgilio (maestro)
7 7 66 non poterebbe farne posare una». Virgilio (maestro)
7 7 67 «Maestro mio», diss'io, «or mi dì anche: Dante Alighieri
7 7 68 questa fortuna di che tu mi tocche, Dante Alighieri
7 7 69 che é, che i ben del mondo ha sì tra branche?». Dante Alighieri
7 7 70 E quelli a me: «Oh creature sciocche, Virgilio (maestro)
7 7 71 quanta ignoranza è quella che v'offende! Virgilio (maestro)
7 7 72 Or vo' che tu mia sentenza ne 'mbocche. Virgilio (maestro)
7 7 73 Colui lo cui saver tutto trascende, Virgilio (maestro)
7 7 74 fece li cieli e dié lor chi conduce Virgilio (maestro)
7 7 75 sì ch'ogne parte ad ogne parte splende, Virgilio (maestro)
7 7 76 distribuendo igualmente la luce. Virgilio (maestro)
7 7 77 Similemente a li splendor mondani Virgilio (maestro)
7 7 78 ordinò general ministra e duce Virgilio (maestro)
7 7 79 che permutasse a tempo li ben vani Virgilio (maestro)
7 7 80 di gente in gente e d'uno in altro sangue, Virgilio (maestro)
7 7 81 oltre la difension d'i senni umani; Virgilio (maestro)
7 7 82 per ch'una gente impera e l'altra langue, Virgilio (maestro)
7 7 83 seguendo lo giudicio di costei, Virgilio (maestro)
7 7 84 che è occulto come in erba l'angue. Virgilio (maestro)
7 7 85 Vostro saver non ha contasto a lei: Virgilio (maestro)
7 7 86 questa provede, giudica, e persegue Virgilio (maestro)
7 7 87 suo regno come il loro li altri déi. Virgilio (maestro)
7 7 88 Le sue permutazion non hanno triegue; Virgilio (maestro)
7 7 89 necessità la fa esser veloce; Virgilio (maestro)
7 7 90 sì spesso vien chi vicenda consegue. Virgilio (maestro)
7 7 91 Quest'è colei ch'è tanto posta in croce Virgilio (maestro)
7 7 92 pur da color che le dovrien dar lode, Virgilio (maestro)
7 7 93 dandole biasmo a torto e mala voce; Virgilio (maestro)
7 7 94 ma ella s'è beata e ciò non ode: Virgilio (maestro)
7 7 95 con l'altre prime creature lieta Virgilio (maestro)
7 7 96 volve sua spera e beata si gode. Virgilio (maestro)
7 7 97 Or discendiamo omai a maggior pieta; Virgilio (maestro)
7 7 98 già ogne stella cade che saliva Virgilio (maestro)
7 7 99 quand'io mi mossi, e 'l troppo star si vieta». Virgilio (maestro)
7 7 100 Noi ricidemmo il cerchio a l'altra riva  
7 7 101 sovr'una fonte che bolle e riversa  
7 7 102 per un fossato che da lei deriva.  
7 7 103 L'acqua era buia assai più che persa;  
7 7 104 e noi, in compagnia de l'onde bige,  
7 7 105 intrammo giù per una via diversa.  
7 7 106 In la palude va c'ha nome Stige  
7 7 107 questo tristo ruscel, quand'è disceso  
7 7 108 al pié de le maligne piagge grige.  
7 7 109 E io, che di mirare stava inteso,  
7 7 110 vidi genti fangose in quel pantano,  
7 7 111 ignude tutte, con sembiante offeso.  
7 7 112 Queste si percotean non pur con mano,  
7 7 113 ma con la testa e col petto e coi piedi,  
7 7 114 troncandosi co' denti a brano a brano.  
7 7 115 Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi Virgilio (maestro)
7 7 116 l'anime di color cui vinse l'ira; Virgilio (maestro)
7 7 117 e anche vo' che tu per certo credi Virgilio (maestro)
7 7 118 che sotto l'acqua è gente che sospira, Virgilio (maestro)
7 7 119 e fanno pullular quest'acqua al summo, Virgilio (maestro)
7 7 120 come l'occhio ti dice, u' che s'aggira. Virgilio (maestro)
7 7 121 Fitti nel limo, dicon: "Tristi fummo Virgilio (maestro)
7 7 122 ne l'aere dolce che dal sol s'allegra, Virgilio (maestro)
7 7 123 portando dentro accidioso fummo: Virgilio (maestro)
7 7 124 or ci attristiam ne la belletta negra". Virgilio (maestro)
7 7 125 Quest'inno si gorgoglian ne la strozza, Virgilio (maestro)
7 7 126 ché dir nol posson con parola integra». Virgilio (maestro)
7 7 127 Così girammo de la lorda pozza  
7 7 128 grand'arco tra la ripa secca e 'l mézzo,  
7 7 129 con li occhi vòlti a chi del fango ingozza.  
7 7 130 Venimmo al pié d'una torre al da sezzo.  
8 8 1 Io dico, seguitando, ch'assai prima  
8 8 2 che noi fossimo al pié de l'alta torre,  
8 8 3 li occhi nostri n'andar suso a la cima  
8 8 4 per due fiammette che i vedemmo porre  
8 8 5 e un'altra da lungi render cenno  
8 8 6 tanto ch'a pena il potea l'occhio tòrre.  
8 8 7 E io mi volsi al mar di tutto 'l senno;  
8 8 8 dissi: «Questo che dice? e che risponde Dante Alighieri
8 8 9 quell'altro foco? e chi son quei che 'l fenno?». Dante Alighieri
8 8 10 Ed elli a me: «Su per le sucide onde Virgilio (maestro)
8 8 11 già scorgere puoi quello che s'aspetta, Virgilio (maestro)
8 8 12 se 'l fummo del pantan nol ti nasconde». Virgilio (maestro)
8 8 13 Corda non pinse mai da sé saetta  
8 8 14 che sì corresse via per l'aere snella,  
8 8 15 com'io vidi una nave piccioletta  
8 8 16 venir per l'acqua verso noi in quella,  
8 8 17 sotto 'l governo d'un sol galeoto,  
8 8 18 che gridava: «Or se' giunta, anima fella!». Flegias
8 8 19 «Flegiàs, Flegiàs, tu gridi a vòto», Virgilio (maestro)
8 8 20 disse lo mio segnore «a questa volta: Virgilio (maestro)
8 8 21 più non ci avrai che sol passando il loto». Virgilio (maestro)
8 8 22 Qual è colui che grande inganno ascolta  
8 8 23 che li sia fatto, e poi se ne rammarca,  
8 8 24 fecesi Flegiàs ne l'ira accolta.  
8 8 25 Lo duca mio discese ne la barca,  
8 8 26 e poi mi fece intrare appresso lui;  
8 8 27 e sol quand'io fui dentro parve carca.  
8 8 28 Tosto che 'l duca e io nel legno fui,  
8 8 29 segando se ne va l'antica prora  
8 8 30 de l'acqua più che non suol con altrui.  
8 8 31 Mentre noi corravam la morta gora,  
8 8 32 dinanzi mi si fece un pien di fango,  
8 8 33 e disse: «Chi se' tu che vieni anzi ora?». Anime Danate
8 8 34 E io a lui: «S'i' vegno, non rimango; Dante Alighieri
8 8 35 ma tu chi se', che sì se' fatto brutto?». Dante Alighieri
8 8 36 Rispuose: «Vedi che son un che piango». Anime Danate
8 8 37 E io a lui: «Con piangere e con lutto, Dante Alighieri
8 8 38 spirito maladetto, ti rimani; Dante Alighieri
8 8 39 ch'i' ti conosco, ancor sie lordo tutto». Dante Alighieri
8 8 40 Allor distese al legno ambo le mani;  
8 8 41 per che 'l maestro accorto lo sospinse,  
8 8 42 dicendo: «Via costà con li altri cani!». Virgilio (maestro)
8 8 43 Lo collo poi con le braccia mi cinse;  
8 8 44 basciommi 'l volto, e disse: «Alma sdegnosa, Virgilio (maestro)
8 8 45 benedetta colei che 'n te s'incinse! Virgilio (maestro)
8 8 46 Quei fu al mondo persona orgogliosa; Virgilio (maestro)
8 8 47 bontà non è che sua memoria fregi: Virgilio (maestro)
8 8 48 così s'è l'ombra sua qui furiosa. Virgilio (maestro)
8 8 49 Quanti si tegnon or là sù gran regi Virgilio (maestro)
8 8 50 che qui staranno come porci in brago, Virgilio (maestro)
8 8 51 di sé lasciando orribili dispregi!». Virgilio (maestro)
8 8 52 E io: «Maestro, molto sarei vago Dante Alighieri
8 8 53 di vederlo attuffare in questa broda Dante Alighieri
8 8 54 prima che noi uscissimo del lago». Dante Alighieri
8 8 55 Ed elli a me: «Avante che la proda Virgilio (maestro)
8 8 56 ti si lasci veder, tu sarai sazio: Virgilio (maestro)
8 8 57 di tal disio convien che tu goda». Virgilio (maestro)
8 8 58 Dopo ciò poco vid'io quello strazio  
8 8 59 far di costui a le fangose genti,  
8 8 60 che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.  
8 8 61 Tutti gridavano: «A Filippo Argenti!»; Anime Danate
8 8 62 e 'l fiorentino spirito bizzarro  
8 8 63 in sé medesmo si volvea co' denti.  
8 8 64 Quivi il lasciammo, che più non ne narro;  
8 8 65 ma ne l'orecchie mi percosse un duolo,  
8 8 66 per ch'io avante l'occhio intento sbarro.  
8 8 67 Lo buon maestro disse: «Omai, figliuolo, Virgilio (maestro)
8 8 68 s'appressa la città c'ha nome Dite, Virgilio (maestro)
8 8 69 coi gravi cittadin, col grande stuolo». Virgilio (maestro)
8 8 70 E io: «Maestro, già le sue meschite Dante Alighieri
8 8 71 là entro certe ne la valle cerno, Dante Alighieri
8 8 72 vermiglie come se di foco uscite Dante Alighieri
8 8 73 fossero». Ed ei mi disse: «Il foco etterno Virgilio (maestro)
8 8 74 ch'entro l'affoca le dimostra rosse, Virgilio (maestro)
8 8 75 come tu vedi in questo basso inferno». Virgilio (maestro)
8 8 76 Noi pur giugnemmo dentro a l'alte fosse  
8 8 77 che vallan quella terra sconsolata:  
8 8 78 le mura mi parean che ferro fosse.  
8 8 79 Non sanza prima far grande aggirata,  
8 8 80 venimmo in parte dove il nocchier forte  
8 8 81 «Usciteci», gridò: «qui è l'intrata». Flegias
8 8 82 Io vidi più di mille in su le porte  
8 8 83 da ciel piovuti, che stizzosamente  
8 8 84 dicean: «Chi è costui che sanza morte Anime Danate
8 8 85 va per lo regno de la morta gente?». Anime Danate
8 8 86 E 'l savio mio maestro fece segno  
8 8 87 di voler lor parlar segretamente.  
8 8 88 Allor chiusero un poco il gran disdegno,  
8 8 89 e disser: «Vien tu solo, e quei sen vada, Anime Danate
8 8 90 che sì ardito intrò per questo regno. Anime Danate
8 8 91 Sol si ritorni per la folle strada: Anime Danate
8 8 92 pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai Anime Danate
8 8 93 che li ha' iscorta sì buia contrada». Anime Danate
8 8 94 Pensa, lettor, se io mi sconfortai  
8 8 95 nel suon de le parole maladette,  
8 8 96 ché non credetti ritornarci mai.  
8 8 97 «O caro duca mio, che più di sette Dante Alighieri
8 8 98 volte m'hai sicurtà renduta e tratto Dante Alighieri
8 8 99 d'alto periglio che 'ncontra mi stette, Dante Alighieri
8 8 100 non mi lasciar», diss'io, «così disfatto; Dante Alighieri
8 8 101 e se 'l passar più oltre ci è negato, Dante Alighieri
8 8 102 ritroviam l'orme nostre insieme ratto». Dante Alighieri
8 8 103 E quel segnor che lì m'avea menato,  
8 8 104 mi disse: «Non temer; ché 'l nostro passo Virgilio (maestro)
8 8 105 non ci può tòrre alcun: da tal n'è dato. Virgilio (maestro)
8 8 106 Ma qui m'attendi, e lo spirito lasso Virgilio (maestro)
8 8 107 conforta e ciba di speranza buona, Virgilio (maestro)
8 8 108 ch'i' non ti lascerò nel mondo basso». Virgilio (maestro)
8 8 109 Così sen va, e quivi m'abbandona  
8 8 110 lo dolce padre, e io rimagno in forse,  
8 8 111 che sì e no nel capo mi tenciona.  
8 8 112 Udir non potti quello ch'a lor porse;  
8 8 113 ma ei non stette là con essi guari,  
8 8 114 che ciascun dentro a pruova si ricorse.  
8 8 115 Chiuser le porte que' nostri avversari  
8 8 116 nel petto al mio segnor, che fuor rimase,  
8 8 117 e rivolsesi a me con passi rari.  
8 8 118 Li occhi a la terra e le ciglia avea rase  
8 8 119 d'ogne baldanza, e dicea ne' sospiri:  
8 8 120 «Chi m'ha negate le dolenti case!». Virgilio (maestro)
8 8 121 E a me disse: «Tu, perch'io m'adiri, Virgilio (maestro)
8 8 122 non sbigottir, ch'io vincerò la prova, Virgilio (maestro)
8 8 123 qual ch'a la difension dentro s'aggiri. Virgilio (maestro)
8 8 124 Questa lor tracotanza non è nova; Virgilio (maestro)
8 8 125 ché già l'usaro a men segreta porta, Virgilio (maestro)
8 8 126 la qual sanza serrame ancor si trova. Virgilio (maestro)
8 8 127 Sovr'essa vedestù la scritta morta: Virgilio (maestro)
8 8 128 e già di qua da lei discende l'erta, Virgilio (maestro)
8 8 129 passando per li cerchi sanza scorta, Virgilio (maestro)
8 8 130 tal che per lui ne fia la terra aperta». Virgilio (maestro)
9 9 1 Quel color che viltà di fuor mi pinse  
9 9 2 veggendo il duca mio tornare in volta,  
9 9 3 più tosto dentro il suo novo ristrinse.  
9 9 4 Attento si fermò com'uom ch'ascolta;  
9 9 5 ché l'occhio nol potea menare a lunga  
9 9 6 per l'aere nero e per la nebbia folta.  
9 9 7 «Pur a noi converrà vincer la punga», Virgilio (maestro)
9 9 8 cominciò el, «se non... Tal ne s'offerse. Virgilio (maestro)
9 9 9 Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!». Virgilio (maestro)
9 9 10 I' vidi ben sì com'ei ricoperse  
9 9 11 lo cominciar con l'altro che poi venne,  
9 9 12 che fur parole a le prime diverse;  
9 9 13 ma nondimen paura il suo dir dienne,  
9 9 14 perch'io traeva la parola tronca  
9 9 15 forse a peggior sentenzia che non tenne.  
9 9 16 «In questo fondo de la trista conca Dante Alighieri
9 9 17 discende mai alcun del primo grado, Dante Alighieri
9 9 18 che sol per pena ha la speranza cionca?». Dante Alighieri
9 9 19 Questa question fec'io; e quei «Di rado Virgilio (maestro)
9 9 20 incontra», mi rispuose, «che di noi Virgilio (maestro)
9 9 21 faccia il cammino alcun per qual io vado. Virgilio (maestro)
9 9 22 Ver è ch'altra fiata qua giù fui, Virgilio (maestro)
9 9 23 congiurato da quella Eritón cruda Virgilio (maestro)
9 9 24 che richiamava l'ombre a' corpi sui. Virgilio (maestro)
9 9 25 Di poco era di me la carne nuda, Virgilio (maestro)
9 9 26 ch'ella mi fece intrar dentr'a quel muro, Virgilio (maestro)
9 9 27 per trarne un spirto del cerchio di Giuda. Virgilio (maestro)
9 9 28 Quell'è 'l più basso loco e 'l più oscuro, Virgilio (maestro)
9 9 29 e 'l più lontan dal ciel che tutto gira: Virgilio (maestro)
9 9 30 ben so 'l cammin; però ti fa sicuro. Virgilio (maestro)
9 9 31 Questa palude che 'l gran puzzo spira Virgilio (maestro)
9 9 32 cigne dintorno la città dolente, Virgilio (maestro)
9 9 33 u' non potemo intrare omai sanz'ira». Virgilio (maestro)
9 9 34 E altro disse, ma non l'ho a mente;  
9 9 35 però che l'occhio m'avea tutto tratto  
9 9 36 ver' l'alta torre a la cima rovente,  
9 9 37 dove in un punto furon dritte ratto  
9 9 38 tre furie infernal di sangue tinte,  
9 9 39 che membra feminine avieno e atto,  
9 9 40 e con idre verdissime eran cinte;  
9 9 41 serpentelli e ceraste avien per crine,  
9 9 42 onde le fiere tempie erano avvinte.  
9 9 43 E quei, che ben conobbe le meschine  
9 9 44 de la regina de l'etterno pianto,  
9 9 45 «Guarda», mi disse, «le feroci Erine. Virgilio (maestro)
9 9 46 Quest'è Megera dal sinistro canto; Virgilio (maestro)
9 9 47 quella che piange dal destro è Aletto; Virgilio (maestro)
9 9 48 Tesifón è nel mezzo»; e tacque a tanto. Virgilio (maestro)
9 9 49 Con l'unghie si fendea ciascuna il petto;  
9 9 50 battiensi a palme, e gridavan sì alto,  
9 9 51 ch'i' mi strinsi al poeta per sospetto.  
9 9 52 «Vegna Medusa: sì 'l farem di smalto», Erinni
9 9 53 dicevan tutte riguardando in giuso;  
9 9 54 «mal non vengiammo in Teseo l'assalto». Erinni
9 9 55 «Volgiti 'n dietro e tien lo viso chiuso; Virgilio (maestro)
9 9 56 ché se 'l Gorgón si mostra e tu 'l vedessi, Virgilio (maestro)
9 9 57 nulla sarebbe di tornar mai suso». Virgilio (maestro)
9 9 58 Così disse 'l maestro; ed elli stessi  
9 9 59 mi volse, e non si tenne a le mie mani,  
9 9 60 che con le sue ancor non mi chiudessi.  
9 9 61 O voi ch'avete li 'ntelletti sani,  
9 9 62 mirate la dottrina che s'asconde  
9 9 63 sotto 'l velame de li versi strani.  
9 9 64 E già venia su per le torbide onde  
9 9 65 un fracasso d'un suon, pien di spavento,  
9 9 66 per cui tremavano amendue le sponde,  
9 9 67 non altrimenti fatto che d'un vento  
9 9 68 impetuoso per li avversi ardori,  
9 9 69 che fier la selva e sanz'alcun rattento  
9 9 70 li rami schianta, abbatte e porta fori;  
9 9 71 dinanzi polveroso va superbo,  
9 9 72 e fa fuggir le fiere e li pastori.  
9 9 73 i occhi mi sciolse e disse: «Or drizza il nerbo Virgilio (maestro)
9 9 74 del viso su per quella schiuma antica Virgilio (maestro)
9 9 75 per indi ove quel fummo è più acerbo». Virgilio (maestro)
9 9 76 Come le rane innanzi a la nimica  
9 9 77 biscia per l'acqua si dileguan tutte,  
9 9 78 fin ch'a la terra ciascuna s'abbica,  
9 9 79 vid'io più di mille anime distrutte  
9 9 80 fuggir così dinanzi ad un ch'al passo  
9 9 81 passava Stige con le piante asciutte.  
9 9 82 Dal volto rimovea quell'aere grasso,  
9 9 83 menando la sinistra innanzi spesso;  
9 9 84 e sol di quell'angoscia parea lasso.  
9 9 85 Ben m'accorsi ch'elli era da ciel messo,  
9 9 86 e volsimi al maestro; e quei fé segno  
9 9 87 ch'i' stessi queto ed inchinassi ad esso.  
9 9 88 Ahi quanto mi parea pien di disdegno!  
9 9 89 Venne a la porta, e con una verghetta  
9 9 90 l'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno.  
9 9 91 «O cacciati del ciel, gente dispetta», Angelo
9 9 92 cominciò elli in su l'orribil soglia,  
9 9 93 «ond'esta oltracotanza in voi s'alletta? Angelo
9 9 94 Perché recalcitrate a quella voglia Angelo
9 9 95 a cui non puote il fin mai esser mozzo, Angelo
9 9 96 e che più volte v'ha cresciuta doglia? Angelo
9 9 97 Che giova ne le fata dar di cozzo? Angelo
9 9 98 Cerbero vostro, se ben vi ricorda, Angelo
9 9 99 ne porta ancor pelato il mento e 'l gozzo». Angelo
9 9 100 Poi si rivolse per la strada lorda,  
9 9 101 e non fé motto a noi, ma fé sembiante  
9 9 102 d'omo cui altra cura stringa e morda  
9 9 103 che quella di colui che li è davante;  
9 9 104 e noi movemmo i piedi inver' la terra,  
9 9 105 sicuri appresso le parole sante.  
9 9 106 Dentro li 'ntrammo sanz'alcuna guerra;  
9 9 107 e io, ch'avea di riguardar disio  
9 9 108 la condizion che tal fortezza serra,  
9 9 109 com'io fui dentro, l'occhio intorno invio;  
9 9 110 e veggio ad ogne man grande campagna  
9 9 111 piena di duolo e di tormento rio.  
9 9 112 Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,  
9 9 113 sì com'a Pola, presso del Carnaro  
9 9 114 ch'Italia chiude e suoi termini bagna,  
9 9 115 fanno i sepulcri tutt'il loco varo,  
9 9 116 così facevan quivi d'ogne parte,  
9 9 117 salvo che 'l modo v'era più amaro;  
9 9 118 ché tra gli avelli fiamme erano sparte,  
9 9 119 per le quali eran sì del tutto accesi,  
9 9 120 che ferro più non chiede verun'arte.  
9 9 121 Tutti li lor coperchi eran sospesi,  
9 9 122 e fuor n'uscivan sì duri lamenti,  
9 9 123 che ben parean di miseri e d'offesi.  
9 9 124 E io: «Maestro, quai son quelle genti Dante Alighieri
9 9 125 che, seppellite dentro da quell'arche, Dante Alighieri
9 9 126 si fan sentir coi sospiri dolenti?». Dante Alighieri
9 9 127 Ed elli a me: «Qui son li eresiarche Virgilio (maestro)
9 9 128 con lor seguaci, d'ogne setta, e molto Virgilio (maestro)
9 9 129 più che non credi son le tombe carche. Virgilio (maestro)
9 9 130 Simile qui con simile è sepolto, Virgilio (maestro)
9 9 131 e i monimenti son più e men caldi». Virgilio (maestro)
9 9 132 E poi ch'a la man destra si fu vòlto,  
9 9 133 passammo tra i martiri e li alti spaldi.  
10 10 1 Ora sen va per un secreto calle,  
10 10 2 tra 'l muro de la terra e li martìri,  
10 10 3 lo mio maestro, e io dopo le spalle.  
10 10 4 «O virtù somma, che per li empi giri Dante Alighieri
10 10 5 mi volvi», cominciai, «com'a te piace, Dante Alighieri
10 10 6 parlami, e sodisfammi a' miei disiri. Dante Alighieri
10 10 7 La gente che per li sepolcri giace Dante Alighieri
10 10 8 potrebbesi veder? già son levati Dante Alighieri
10 10 9 tutt'i coperchi, e nessun guardia face». Dante Alighieri
10 10 10 E quelli a me: «Tutti saran serrati Virgilio (maestro)
10 10 11 quando di Iosafàt qui torneranno Virgilio (maestro)
10 10 12 coi corpi che là sù hanno lasciati. Virgilio (maestro)
10 10 13 Suo cimitero da questa parte hanno Virgilio (maestro)
10 10 14 con Epicuro tutti suoi seguaci, Virgilio (maestro)
10 10 15 che l'anima col corpo morta fanno. Virgilio (maestro)
10 10 16 Però a la dimanda che mi faci Virgilio (maestro)
10 10 17 quinc'entro satisfatto sarà tosto, Virgilio (maestro)
10 10 18 e al disio ancor che tu mi taci». Virgilio (maestro)
10 10 19 E io: «Buon duca, non tegno riposto Dante Alighieri
10 10 20 a te mio cuor se non per dicer poco, Dante Alighieri
10 10 21 e tu m'hai non pur mo a ciò disposto». Dante Alighieri
10 10 22 «O Tosco che per la città del foco Farinata degli Uberti
10 10 23 vivo ten vai così parlando onesto, Farinata degli Uberti
10 10 24 piacciati di restare in questo loco. Farinata degli Uberti
10 10 25 La tua loquela ti fa manifesto Farinata degli Uberti
10 10 26 di quella nobil patria natio Farinata degli Uberti
10 10 27 a la qual forse fui troppo molesto». Farinata degli Uberti
10 10 28 Subitamente questo suono uscìo  
10 10 29 d'una de l'arche; però m'accostai,  
10 10 30 temendo, un poco più al duca mio.  
10 10 31 Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai? Virgilio (maestro)
10 10 32 Vedi là Farinata che s'è dritto: Virgilio (maestro)
10 10 33 da la cintola in sù tutto 'l vedrai». Virgilio (maestro)
10 10 34 Io avea già il mio viso nel suo fitto;  
10 10 35 ed el s'ergea col petto e con la fronte  
10 10 36 com'avesse l'inferno a gran dispitto.  
10 10 37 E l'animose man del duca e pronte  
10 10 38 mi pinser tra le sepulture a lui,  
10 10 39 dicendo: «Le parole tue sien conte». Virgilio (maestro)
10 10 40 Com'io al pié de la sua tomba fui,  
10 10 41 guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,  
10 10 42 mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?». Farinata degli Uberti
10 10 43 Io ch'era d'ubidir disideroso,  
10 10 44 non gliel celai, ma tutto gliel'apersi;  
10 10 45 ond'ei levò le ciglia un poco in suso;  
10 10 46 poi disse: «Fieramente furo avversi Farinata degli Uberti
10 10 47 a me e a miei primi e a mia parte, Farinata degli Uberti
10 10 48 sì che per due fiate li dispersi». Farinata degli Uberti
10 10 49 «S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte», Dante Alighieri
10 10 50 rispuos'io lui, «l'una e l'altra fiata; Dante Alighieri
10 10 51 ma i vostri non appreser ben quell'arte». Dante Alighieri
10 10 52 Allor surse a la vista scoperchiata  
10 10 53 un'ombra, lungo questa, infino al mento:  
10 10 54 credo che s'era in ginocchie levata.  
10 10 55 Dintorno mi guardò, come talento  
10 10 56 avesse di veder s'altri era meco;  
10 10 57 e poi che 'l sospecciar fu tutto spento,  
10 10 58 piangendo disse: «Se per questo cieco Cavalcante dei Cavalcanti
10 10 59 carcere vai per altezza d'ingegno, Cavalcante dei Cavalcanti
10 10 60 mio figlio ov'è? e perché non è teco?». Cavalcante dei Cavalcanti
10 10 61 E io a lui: «Da me stesso non vegno: Dante Alighieri
10 10 62 colui ch'attende là, per qui mi mena Dante Alighieri
10 10 63 forse cui Guido vostro ebbe a disdegno». Dante Alighieri
10 10 64 Le sue parole e 'l modo de la pena  
10 10 65 m'avean di costui già letto il nome;  
10 10 66 però fu la risposta così piena.  
10 10 67 Di subito drizzato gridò: «Come? Cavalcante dei Cavalcanti
10 10 68 dicesti "elli ebbe"? non viv'elli ancora? Cavalcante dei Cavalcanti
10 10 69 non fiere li occhi suoi lo dolce lume?». Cavalcante dei Cavalcanti
10 10 70 Quando s'accorse d'alcuna dimora  
10 10 71 ch'io facea dinanzi a la risposta,  
10 10 72 supin ricadde e più non parve fora.  
10 10 73 Ma quell'altro magnanimo, a cui posta  
10 10 74 restato m'era, non mutò aspetto,  
10 10 75 né mosse collo, né piegò sua costa:  
10 10 76 e sé continuando al primo detto,  
10 10 77 «S'elli han quell'arte», disse, «male appresa, Farinata degli Uberti
10 10 78 ciò mi tormenta più che questo letto. Farinata degli Uberti
10 10 79 Ma non cinquanta volte fia raccesa Farinata degli Uberti
10 10 80 la faccia de la donna che qui regge, Farinata degli Uberti
10 10 81 che tu saprai quanto quell'arte pesa. Farinata degli Uberti
10 10 82 E se tu mai nel dolce mondo regge, Farinata degli Uberti
10 10 83 dimmi: perché quel popolo è sì empio Farinata degli Uberti
10 10 84 incontr'a' miei in ciascuna sua legge?». Farinata degli Uberti
10 10 85 Ond'io a lui: «Lo strazio e 'l grande scempio Dante Alighieri
10 10 86 che fece l'Arbia colorata in rosso, Dante Alighieri
10 10 87 tal orazion fa far nel nostro tempio». Dante Alighieri
10 10 88 Poi ch'ebbe sospirando il capo mosso,  
10 10 89 «A ciò non fu' io sol», disse, «né certo Farinata degli Uberti
10 10 90 sanza cagion con li altri sarei mosso. Farinata degli Uberti
10 10 91 Ma fu' io solo, là dove sofferto Farinata degli Uberti
10 10 92 fu per ciascun di tòrre via Fiorenza, Farinata degli Uberti
10 10 93 colui che la difesi a viso aperto». Farinata degli Uberti
10 10 94 «Deh, se riposi mai vostra semenza», Dante Alighieri
10 10 95 prega' io lui, «solvetemi quel nodo Dante Alighieri
10 10 96 che qui ha 'nviluppata mia sentenza. Dante Alighieri
10 10 97 El par che voi veggiate, se ben odo, Dante Alighieri
10 10 98 dinanzi quel che 'l tempo seco adduce, Dante Alighieri
10 10 99 e nel presente tenete altro modo». Dante Alighieri
10 10 100 «Noi veggiam, come quei c'ha mala luce, Farinata degli Uberti
10 10 101 le cose», disse, «che ne son lontano; Farinata degli Uberti
10 10 102 cotanto ancor ne splende il sommo duce. Farinata degli Uberti
10 10 103 Quando s'appressano o son, tutto è vano Farinata degli Uberti
10 10 104 nostro intelletto; e s'altri non ci apporta, Farinata degli Uberti
10 10 105 nulla sapem di vostro stato umano. Farinata degli Uberti
10 10 106 Però comprender puoi che tutta morta Farinata degli Uberti
10 10 107 fia nostra conoscenza da quel punto Farinata degli Uberti
10 10 108 che del futuro fia chiusa la porta». Farinata degli Uberti
10 10 109 Allor, come di mia colpa compunto,  
10 10 110 dissi: «Or direte dunque a quel caduto Dante Alighieri
10 10 111 che 'l suo nato è co'vivi ancor congiunto; Dante Alighieri
10 10 112 e s'i' fui, dianzi, a la risposta muto, Dante Alighieri
10 10 113 fate i saper che 'l fei perché pensava Dante Alighieri
10 10 114 già ne l'error che m'avete soluto». Dante Alighieri
10 10 115 E già 'l maestro mio mi richiamava;  
10 10 116 per ch'i' pregai lo spirto più avaccio  
10 10 117 che mi dicesse chi con lu' istava.  
10 10 118 Dissemi: «Qui con più di mille giaccio: Farinata degli Uberti
10 10 119 qua dentro è 'l secondo Federico, Farinata degli Uberti
10 10 120 e 'l Cardinale; e de li altri mi taccio». Farinata degli Uberti
10 10 121 Indi s'ascose; e io inver' l'antico  
10 10 122 poeta volsi i passi, ripensando  
10 10 123 a quel parlar che mi parea nemico.  
10 10 124 Elli si mosse; e poi, così andando,  
10 10 125 mi disse: «Perché se' tu sì smarrito?». Virgilio (maestro)
10 10 126 E io li sodisfeci al suo dimando.  
10 10 127 «La mente tua conservi quel ch'udito Virgilio (maestro)
10 10 128 hai contra te», mi comandò quel saggio. Virgilio (maestro)
10 10 129 «E ora attendi qui», e drizzò 'l dito: Virgilio (maestro)
10 10 130 «quando sarai dinanzi al dolce raggio Virgilio (maestro)
10 10 131 di quella il cui bell'occhio tutto vede, Virgilio (maestro)
10 10 132 da lei saprai di tua vita il viaggio». Virgilio (maestro)
10 10 133 Appresso mosse a man sinistra il piede:  
10 10 134 lasciammo il muro e gimmo inver' lo mezzo  
10 10 135 per un sentier ch'a una valle fiede,  
10 10 136 che 'nfin là sù facea spiacer suo lezzo.  
11 11 1 In su l'estremità d'un'alta ripa  
11 11 2 che facevan gran pietre rotte in cerchio  
11 11 3 venimmo sopra più crudele stipa;  
11 11 4 e quivi, per l'orribile soperchio  
11 11 5 del puzzo che 'l profondo abisso gitta,  
11 11 6 ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio  
11 11 7 d'un grand'avello, ov'io vidi una scritta  
11 11 8 che dicea: "Anastasio papa guardo,  
11 11 9 lo qual trasse Fotin de la via dritta".  
11 11 10 «Lo nostro scender conviene esser tardo, Virgilio (maestro)
11 11 11 sì che s'ausi un poco in prima il senso Virgilio (maestro)
11 11 12 al tristo fiato; e poi no i fia riguardo». Virgilio (maestro)
11 11 13 Così 'l maestro; e io «Alcun compenso», Dante Alighieri
11 11 14 dissi lui, «trova che 'l tempo non passi Dante Alighieri
11 11 15 perduto». Ed elli: «Vedi ch'a ciò penso». Virgilio (maestro)
11 11 16 «Figliuol mio, dentro da cotesti sassi», Virgilio (maestro)
11 11 17 cominciò poi a dir, «son tre cerchietti Virgilio (maestro)
11 11 18 di grado in grado, come que' che lassi. Virgilio (maestro)
11 11 19 Tutti son pien di spirti maladetti; Virgilio (maestro)
11 11 20 ma perché poi ti basti pur la vista, Virgilio (maestro)
11 11 21 intendi come e perché son costretti. Virgilio (maestro)
11 11 22 D'ogne malizia, ch'odio in cielo acquista, Virgilio (maestro)
11 11 23 ingiuria è 'l fine, ed ogne fin cotale Virgilio (maestro)
11 11 24 o con forza o con frode altrui contrista. Virgilio (maestro)
11 11 25 Ma perché frode è de l'uom proprio male, Virgilio (maestro)
11 11 26 più spiace a Dio; e però stan di sotto Virgilio (maestro)
11 11 27 li frodolenti, e più dolor li assale. Virgilio (maestro)
11 11 28 Di violenti il primo cerchio è tutto; Virgilio (maestro)
11 11 29 ma perché si fa forza a tre persone, Virgilio (maestro)
11 11 30 in tre gironi è distinto e costrutto. Virgilio (maestro)
11 11 31 A Dio, a sé, al prossimo si pòne Virgilio (maestro)
11 11 32 far forza, dico in loro e in lor cose, Virgilio (maestro)
11 11 33 come udirai con aperta ragione. Virgilio (maestro)
11 11 34 Morte per forza e ferute dogliose Virgilio (maestro)
11 11 35 nel prossimo si danno, e nel suo avere Virgilio (maestro)
11 11 36 ruine, incendi e tollette dannose; Virgilio (maestro)
11 11 37 onde omicide e ciascun che mal fiere, Virgilio (maestro)
11 11 38 guastatori e predon, tutti tormenta Virgilio (maestro)
11 11 39 lo giron primo per diverse schiere. Virgilio (maestro)
11 11 40 Puote omo avere in sé man violenta Virgilio (maestro)
11 11 41 e ne' suoi beni; e però nel secondo Virgilio (maestro)
11 11 42 giron convien che sanza pro si penta Virgilio (maestro)
11 11 43 qualunque priva sé del vostro mondo, Virgilio (maestro)
11 11 44 biscazza e fonde la sua facultade, Virgilio (maestro)
11 11 45 e piange là dov'esser de' giocondo. Virgilio (maestro)
11 11 46 Puossi far forza nella deitade, Virgilio (maestro)
11 11 47 col cor negando e bestemmiando quella, Virgilio (maestro)
11 11 48 e spregiando natura e sua bontade; Virgilio (maestro)
11 11 49 e però lo minor giron suggella Virgilio (maestro)
11 11 50 del segno suo e Soddoma e Caorsa Virgilio (maestro)
11 11 51 e chi, spregiando Dio col cor, favella. Virgilio (maestro)
11 11 52 La frode, ond'ogne coscienza è morsa, Virgilio (maestro)
11 11 53 può l'omo usare in colui che 'n lui fida Virgilio (maestro)
11 11 54 e in quel che fidanza non imborsa. Virgilio (maestro)
11 11 55 Questo modo di retro par ch'incida Virgilio (maestro)
11 11 56 pur lo vinco d'amor che fa natura; Virgilio (maestro)
11 11 57 onde nel cerchio secondo s'annida Virgilio (maestro)
11 11 58 ipocresia, lusinghe e chi affattura, Virgilio (maestro)
11 11 59 falsità, ladroneccio e simonia, Virgilio (maestro)
11 11 60 ruffian, baratti e simile lordura. Virgilio (maestro)
11 11 61 Per l'altro modo quell'amor s'oblia Virgilio (maestro)
11 11 62 che fa natura, e quel ch'è poi aggiunto, Virgilio (maestro)
11 11 63 di che la fede spezial si cria; Virgilio (maestro)
11 11 64 onde nel cerchio minore, ov'è 'l punto Virgilio (maestro)
11 11 65 de l'universo in su che Dite siede, Virgilio (maestro)
11 11 66 qualunque trade in etterno è consunto». Virgilio (maestro)
11 11 67 E io: «Maestro, assai chiara procede Dante Alighieri
11 11 68 la tua ragione, e assai ben distingue Dante Alighieri
11 11 69 questo baràtro e 'l popol ch'e' possiede. Dante Alighieri
11 11 70 Ma dimmi: quei de la palude pingue, Dante Alighieri
11 11 71 che mena il vento, e che batte la pioggia, Dante Alighieri
11 11 72 e che s'incontran con sì aspre lingue, Dante Alighieri
11 11 73 perché non dentro da la città roggia Dante Alighieri
11 11 74 sono ei puniti, se Dio li ha in ira? Dante Alighieri
11 11 75 e se non li ha, perché sono a tal foggia?». Dante Alighieri
11 11 76 Ed elli a me «Perché tanto delira», Virgilio (maestro)
11 11 77 disse «lo 'ngegno tuo da quel che sòle? Virgilio (maestro)
11 11 78 o ver la mente dove altrove mira? Virgilio (maestro)
11 11 79 Non ti rimembra di quelle parole Virgilio (maestro)
11 11 80 con le quai la tua Etica pertratta Virgilio (maestro)
11 11 81 le tre disposizion che 'l ciel non vole, Virgilio (maestro)
11 11 82 incontenenza, malizia e la matta Virgilio (maestro)
11 11 83 bestialitade? e come incontenenza Virgilio (maestro)
11 11 84 men Dio offende e men biasimo accatta? Virgilio (maestro)
11 11 85 Se tu riguardi ben questa sentenza, Virgilio (maestro)
11 11 86 e rechiti a la mente chi son quelli Virgilio (maestro)
11 11 87 che sù di fuor sostegnon penitenza, Virgilio (maestro)
11 11 88 tu vedrai ben perché da questi felli Virgilio (maestro)
11 11 89 sien dipartiti, e perché men crucciata Virgilio (maestro)
11 11 90 la divina vendetta li martelli». Virgilio (maestro)
11 11 91 «O sol che sani ogni vista turbata, Dante Alighieri
11 11 92 tu mi contenti sì quando tu solvi, Dante Alighieri
11 11 93 che, non men che saver, dubbiar m'aggrata. Dante Alighieri
11 11 94 Ancora in dietro un poco ti rivolvi», Dante Alighieri
11 11 95 diss'io, «là dove di' ch'usura offende Dante Alighieri
11 11 96 la divina bontade, e 'l groppo solvi». Dante Alighieri
11 11 97 «Filosofia», mi disse, «a chi la 'ntende, Virgilio (maestro)
11 11 98 nota, non pure in una sola parte, Virgilio (maestro)
11 11 99 come natura lo suo corso prende Virgilio (maestro)
11 11 100 dal divino 'ntelletto e da sua arte; Virgilio (maestro)
11 11 101 e se tu ben la tua Fisica note, Virgilio (maestro)
11 11 102 tu troverai, non dopo molte carte, Virgilio (maestro)
11 11 103 che l'arte vostra quella, quanto pote, Virgilio (maestro)
11 11 104 segue, come 'l maestro fa 'l discente; Virgilio (maestro)
11 11 105 sì che vostr'arte a Dio quasi è nepote. Virgilio (maestro)
11 11 106 Da queste due, se tu ti rechi a mente Virgilio (maestro)
11 11 107 lo Genesì dal principio, convene Virgilio (maestro)
11 11 108 prender sua vita e avanzar la gente; Virgilio (maestro)
11 11 109 e perché l'usuriere altra via tene, Virgilio (maestro)
11 11 110 per sé natura e per la sua seguace Virgilio (maestro)
11 11 111 dispregia, poi ch'in altro pon la spene. Virgilio (maestro)
11 11 112 Ma seguimi oramai, che 'l gir mi piace; Virgilio (maestro)
11 11 113 ché i Pesci guizzan su per l'orizzonta, Virgilio (maestro)
11 11 114 e 'l Carro tutto sovra 'l Coro giace, Virgilio (maestro)
11 11 115 e 'l balzo via là oltra si dismonta». Virgilio (maestro)
12 12 1 Era lo loco ov'a scender la riva  
12 12 2 venimmo, alpestro e, per quel che v'er'anco,  
12 12 3 tal, ch'ogne vista ne sarebbe schiva.  
12 12 4 Qual è quella ruina che nel fianco  
12 12 5 di qua da Trento l'Adice percosse,  
12 12 6 o per tremoto o per sostegno manco,  
12 12 7 che da cima del monte, onde si mosse,  
12 12 8 al piano è sì la roccia discoscesa,  
12 12 9 ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse:  
12 12 10 cotal di quel burrato era la scesa;  
12 12 11 e 'n su la punta de la rotta lacca  
12 12 12 l'infamia di Creti era distesa  
12 12 13 che fu concetta ne la falsa vacca;  
12 12 14 e quando vide noi, sé stesso morse,  
12 12 15 sì come quei cui l'ira dentro fiacca.  
12 12 16 Lo savio mio inver' lui gridò: «Forse Virgilio (maestro)
12 12 17 tu credi che qui sia 'l duca d'Atene, Virgilio (maestro)
12 12 18 che sù nel mondo la morte ti porse? Virgilio (maestro)
12 12 19 Pàrtiti, bestia: ché questi non vene Virgilio (maestro)
12 12 20 ammaestrato da la tua sorella, Virgilio (maestro)
12 12 21 ma vassi per veder le vostre pene». Virgilio (maestro)
12 12 22 Qual è quel toro che si slaccia in quella  
12 12 23 c'ha ricevuto già 'l colpo mortale,  
12 12 24 che gir non sa, ma qua e là saltella,  
12 12 25 vid'io lo Minotauro far cotale;  
12 12 26 e quello accorto gridò: «Corri al varco: Virgilio (maestro)
12 12 27 mentre ch'e' 'nfuria, è buon che tu ti cale». Virgilio (maestro)
12 12 28 Così prendemmo via giù per lo scarco  
12 12 29 di quelle pietre, che spesso moviensi  
12 12 30 sotto i miei piedi per lo novo carco.  
12 12 31 Io gia pensando; e quei disse: «Tu pensi Virgilio (maestro)
12 12 32 forse a questa ruina ch'è guardata Virgilio (maestro)
12 12 33 da quell'ira bestial ch'i' ora spensi. Virgilio (maestro)
12 12 34 Or vo' che sappi che l'altra fiata Virgilio (maestro)
12 12 35 ch'i' discesi qua giù nel basso inferno, Virgilio (maestro)
12 12 36 questa roccia non era ancor cascata. Virgilio (maestro)
12 12 37 Ma certo poco pria, se ben discerno, Virgilio (maestro)
12 12 38 che venisse colui che la gran preda Virgilio (maestro)
12 12 39 levò a Dite del cerchio superno, Virgilio (maestro)
12 12 40 da tutte parti l'alta valle feda Virgilio (maestro)
12 12 41 tremò sì, ch'i' pensai che l'universo Virgilio (maestro)
12 12 42 sentisse amor, per lo qual è chi creda Virgilio (maestro)
12 12 43 più volte il mondo in caòsso converso; Virgilio (maestro)
12 12 44 e in quel punto questa vecchia roccia Virgilio (maestro)
12 12 45 qui e altrove, tal fece riverso. Virgilio (maestro)
12 12 46 Ma ficca li occhi a valle, ché s'approccia Virgilio (maestro)
12 12 47 la riviera del sangue in la qual bolle Virgilio (maestro)
12 12 48 qual che per violenza in altrui noccia». Virgilio (maestro)
12 12 49 Oh cieca cupidigia e ira folle, Apostrofe
12 12 50 che sì ci sproni ne la vita corta, Apostrofe
12 12 51 e ne l'etterna poi sì mal c'immolle! Apostrofe
12 12 52 Io vidi un'ampia fossa in arco torta,  
12 12 53 come quella che tutto 'l piano abbraccia,  
12 12 54 secondo ch'avea detto la mia scorta;  
12 12 55 e tra 'l pié de la ripa ed essa, in traccia  
12 12 56 corrien centauri, armati di saette,  
12 12 57 come solien nel mondo andare a caccia.  
12 12 58 Veggendoci calar, ciascun ristette,  
12 12 59 e de la schiera tre si dipartiro  
12 12 60 con archi e asticciuole prima elette;  
12 12 61 e l'un gridò da lungi: «A qual martiro Nesso (mitologia)
12 12 62 venite voi che scendete la costa? Nesso (mitologia)
12 12 63 Ditel costinci; se non, l'arco tiro». Nesso (mitologia)
12 12 64 Lo mio maestro disse: «La risposta Virgilio (maestro)
12 12 65 farem noi a Chirón costà di presso: Virgilio (maestro)
12 12 66 mal fu la voglia tua sempre sì tosta». Virgilio (maestro)
12 12 67 Poi mi tentò, e disse: «Quelli è Nesso, Virgilio (maestro)
12 12 68 che morì per la bella Deianira Virgilio (maestro)
12 12 69 e fé di sé la vendetta elli stesso. Virgilio (maestro)
12 12 70 E quel di mezzo, ch'al petto si mira, Virgilio (maestro)
12 12 71 é il gran Chirón, il qual nodrì Achille; Virgilio (maestro)
12 12 72 quell'altro è Folo, che fu sì pien d'ira. Virgilio (maestro)
12 12 73 Dintorno al fosso vanno a mille a mille, Virgilio (maestro)
12 12 74 saettando qual anima si svelle Virgilio (maestro)
12 12 75 del sangue più che sua colpa sortille». Virgilio (maestro)
12 12 76 Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:  
12 12 77 Chirón prese uno strale, e con la cocca  
12 12 78 fece la barba in dietro a le mascelle.  
12 12 79 Quando s'ebbe scoperta la gran bocca,  
12 12 80 disse a' compagni: «Siete voi accorti Chirone (mitologia)
12 12 81 che quel di retro move ciò ch'el tocca? Chirone (mitologia)
12 12 82 Così non soglion far li pié d'i morti». Chirone (mitologia)
12 12 83 E 'l mio buon duca, che già li er'al petto,  
12 12 84 dove le due nature son consorti,  
12 12 85 rispuose: «Ben è vivo, e sì soletto Virgilio (maestro)
12 12 86 mostrar li mi convien la valle buia; Virgilio (maestro)
12 12 87 necessità 'l ci 'nduce, e non diletto. Virgilio (maestro)
12 12 88 Tal si partì da cantare alleluia Virgilio (maestro)
12 12 89 che mi commise quest'officio novo: Virgilio (maestro)
12 12 90 non è ladron, né io anima fuia. Virgilio (maestro)
12 12 91 Ma per quella virtù per cu' io movo Virgilio (maestro)
12 12 92 li passi miei per sì selvaggia strada, Virgilio (maestro)
12 12 93 danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo, Virgilio (maestro)
12 12 94 e che ne mostri là dove si guada Virgilio (maestro)
12 12 95 e che porti costui in su la groppa, Virgilio (maestro)
12 12 96 ché non è spirto che per l'aere vada». Virgilio (maestro)
12 12 97 Chirón si volse in su la destra poppa,  
12 12 98 e disse a Nesso: «Torna, e sì li guida, Chirone (mitologia)
12 12 99 e fa cansar s'altra schiera v'intoppa». Chirone (mitologia)
12 12 100 Or ci movemmo con la scorta fida  
12 12 101 lungo la proda del bollor vermiglio,  
12 12 102 dove i bolliti facieno alte strida.  
12 12 103 Io vidi gente sotto infino al ciglio;  
12 12 104 e 'l gran centauro disse: «E' son tiranni Chirone (mitologia)
12 12 105 che dier nel sangue e ne l'aver di piglio. Chirone (mitologia)
12 12 106 Quivi si piangon li spietati danni; Chirone (mitologia)
12 12 107 quivi è Alessandro, e Dionisio fero, Chirone (mitologia)
12 12 108 che fé Cicilia aver dolorosi anni. Chirone (mitologia)
12 12 109 E quella fronte c'ha 'l pel così nero, Chirone (mitologia)
12 12 110 é Azzolino; e quell'altro ch'è biondo, Chirone (mitologia)
12 12 111 é Opizzo da Esti, il qual per vero Chirone (mitologia)
12 12 112 fu spento dal figliastro sù nel mondo». Chirone (mitologia)
12 12 113 Allor mi volsi al poeta, e quei disse:  
12 12 114 «Questi ti sia or primo, e io secondo». Virgilio (maestro)
12 12 115 Poco più oltre il centauro s'affisse  
12 12 116 sovr'una gente che 'nfino a la gola  
12 12 117 parea che di quel bulicame uscisse.  
12 12 118 Mostrocci un'ombra da l'un canto sola,  
12 12 119 dicendo: «Colui fesse in grembo a Dio Chirone (mitologia)
12 12 120 lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola». Chirone (mitologia)
12 12 121 Poi vidi gente che di fuor del rio  
12 12 122 tenean la testa e ancor tutto 'l casso;  
12 12 123 e di costoro assai riconobb'io.  
12 12 124 Così a più a più si facea basso  
12 12 125 quel sangue, sì che cocea pur li piedi;  
12 12 126 e quindi fu del fosso il nostro passo.  
12 12 127 «Sì come tu da questa parte vedi Chirone (mitologia)
12 12 128 lo bulicame che sempre si scema», Chirone (mitologia)
12 12 129 disse 'l centauro, «voglio che tu credi Chirone (mitologia)
12 12 130 che da quest'altra a più a più giù prema Chirone (mitologia)
12 12 131 lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge Chirone (mitologia)
12 12 132 ove la tirannia convien che gema. Chirone (mitologia)
12 12 133 La divina giustizia di qua punge Chirone (mitologia)
12 12 134 quell'Attila che fu flagello in terra Chirone (mitologia)
12 12 135 e Pirro e Sesto; e in etterno munge Chirone (mitologia)
12 12 136 le lagrime, che col bollor diserra, Chirone (mitologia)
12 12 137 a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo, Chirone (mitologia)
12 12 138 che fecero a le strade tanta guerra». Chirone (mitologia)
12 12 139 Poi si rivolse, e ripassossi 'l guazzo.  
13 13 1 Non era ancor di là Nesso arrivato,  
13 13 2 quando noi ci mettemmo per un bosco  
13 13 3 che da neun sentiero era segnato.  
13 13 4 Non fronda verde, ma di color fosco;  
13 13 5 non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti;  
13 13 6 non pomi v'eran, ma stecchi con tòsco:  
13 13 7 non han sì aspri sterpi né sì folti  
13 13 8 quelle fiere selvagge che 'n odio hanno  
13 13 9 tra Cecina e Corneto i luoghi cólti.  
13 13 10 Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,  
13 13 11 che cacciar de le Strofade i Troiani  
13 13 12 con tristo annunzio di futuro danno.  
13 13 13 Ali hanno late, e colli e visi umani,  
13 13 14 pié con artigli, e pennuto 'l gran ventre;  
13 13 15 fanno lamenti in su li alberi strani.  
13 13 16 E 'l buon maestro «Prima che più entre, Virgilio (maestro)
13 13 17 sappi che se' nel secondo girone», Virgilio (maestro)
13 13 18 mi cominciò a dire, «e sarai mentre Virgilio (maestro)
13 13 19 che tu verrai ne l'orribil sabbione. Virgilio (maestro)
13 13 20 Però riguarda ben; sì vederai Virgilio (maestro)
13 13 21 cose che torrien fede al mio sermone». Virgilio (maestro)
13 13 22 Io sentia d'ogne parte trarre guai,  
13 13 23 e non vedea persona che 'l facesse;  
13 13 24 per ch'io tutto smarrito m'arrestai.  
13 13 25 Cred'io ch'ei credette ch'io credesse  
13 13 26 che tante voci uscisser, tra quei bronchi  
13 13 27 da gente che per noi si nascondesse.  
13 13 28 Però disse 'l maestro: «Se tu tronchi Virgilio (maestro)
13 13 29 qualche fraschetta d'una d'este piante, Virgilio (maestro)
13 13 30 li pensier c'hai si faran tutti monchi». Virgilio (maestro)
13 13 31 Allor porsi la mano un poco avante,  
13 13 32 e colsi un ramicel da un gran pruno;  
13 13 33 e 'l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?». Pier della Vigna
13 13 34 Da che fatto fu poi di sangue bruno,  
13 13 35 ricominciò a dir: «Perché mi scerpi? Pier della Vigna
13 13 36 non hai tu spirto di pietade alcuno? Pier della Vigna
13 13 37 Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: Pier della Vigna
13 13 38 ben dovrebb'esser la tua man più pia, Pier della Vigna
13 13 39 se state fossimo anime di serpi». Pier della Vigna
13 13 40 Come d'un stizzo verde ch'arso sia  
13 13 41 da l'un de'capi, che da l'altro geme  
13 13 42 e cigola per vento che va via,  
13 13 43 sì de la scheggia rotta usciva insieme  
13 13 44 parole e sangue; ond'io lasciai la cima  
13 13 45 cadere, e stetti come l'uom che teme.  
13 13 46 «S'elli avesse potuto creder prima», Virgilio (maestro)
13 13 47 rispuose 'l savio mio, «anima lesa, Virgilio (maestro)
13 13 48 ciò c'ha veduto pur con la mia rima, Virgilio (maestro)
13 13 49 non averebbe in te la man distesa; Virgilio (maestro)
13 13 50 ma la cosa incredibile mi fece Virgilio (maestro)
13 13 51 indurlo ad ovra ch'a me stesso pesa. Virgilio (maestro)
13 13 52 Ma dilli chi tu fosti, sì che 'n vece Virgilio (maestro)
13 13 53 d'alcun'ammenda tua fama rinfreschi Virgilio (maestro)
13 13 54 nel mondo sù, dove tornar li lece». Virgilio (maestro)
13 13 55 E 'l tronco: «Sì col dolce dir m'adeschi, Pier della Vigna
13 13 56 ch'i' non posso tacere; e voi non gravi Pier della Vigna
13 13 57 perch'io un poco a ragionar m'inveschi. Pier della Vigna
13 13 58 Io son colui che tenni ambo le chiavi Pier della Vigna
13 13 59 del cor di Federigo, e che le volsi, Pier della Vigna
13 13 60 serrando e diserrando, sì soavi, Pier della Vigna
13 13 61 che dal secreto suo quasi ogn'uom tolsi: Pier della Vigna
13 13 62 fede portai al glorioso offizio, Pier della Vigna
13 13 63 tanto ch'i' ne perde' li sonni e ' polsi. Pier della Vigna
13 13 64 La meretrice che mai da l'ospizio Pier della Vigna
13 13 65 di Cesare non torse li occhi putti, Pier della Vigna
13 13 66 morte comune e de le corti vizio, Pier della Vigna
13 13 67 infiammò contra me li animi tutti; Pier della Vigna
13 13 68 e li 'nfiammati infiammar sì Augusto, Pier della Vigna
13 13 69 che ' lieti onor tornaro in tristi lutti. Pier della Vigna
13 13 70 L'animo mio, per disdegnoso gusto, Pier della Vigna
13 13 71 credendo col morir fuggir disdegno, Pier della Vigna
13 13 72 ingiusto fece me contra me giusto. Pier della Vigna
13 13 73 Per le nove radici d'esto legno Pier della Vigna
13 13 74 vi giuro che già mai non ruppi fede Pier della Vigna
13 13 75 al mio segnor, che fu d'onor sì degno. Pier della Vigna
13 13 76 E se di voi alcun nel mondo riede, Pier della Vigna
13 13 77 conforti la memoria mia, che giace Pier della Vigna
13 13 78 ancor del colpo che 'nvidia le diede». Pier della Vigna
13 13 79 Un poco attese, e poi «Da ch'el si tace», Virgilio (maestro)
13 13 80 disse 'l poeta a me, «non perder l'ora; Virgilio (maestro)
13 13 81 ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace». Virgilio (maestro)
13 13 82 Ond'io a lui: «Domandal tu ancora Dante Alighieri
13 13 83 di quel che credi ch'a me satisfaccia; Dante Alighieri
13 13 84 ch'i' non potrei, tanta pietà m'accora». Dante Alighieri
13 13 85 Perciò ricominciò: «Se l'om ti faccia Virgilio (maestro)
13 13 86 liberamente ciò che 'l tuo dir priega, Virgilio (maestro)
13 13 87 spirito incarcerato, ancor ti piaccia Virgilio (maestro)
13 13 88 di dirne come l'anima si lega Virgilio (maestro)
13 13 89 in questi nocchi; e dinne, se tu puoi, Virgilio (maestro)
13 13 90 s'alcuna mai di tai membra si spiega». Virgilio (maestro)
13 13 91 Allor soffiò il tronco forte, e poi  
13 13 92 si convertì quel vento in cotal voce:  
13 13 93 «Brievemente sarà risposto a voi. Pier della Vigna
13 13 94 Quando si parte l'anima feroce Pier della Vigna
13 13 95 dal corpo ond'ella stessa s'è disvelta, Pier della Vigna
13 13 96 Minòs la manda a la settima foce. Pier della Vigna
13 13 97 Cade in la selva, e non l'è parte scelta; Pier della Vigna
13 13 98 ma là dove fortuna la balestra, Pier della Vigna
13 13 99 quivi germoglia come gran di spelta. Pier della Vigna
13 13 100 Surge in vermena e in pianta silvestra: Pier della Vigna
13 13 101 l'Arpie, pascendo poi de le sue foglie, Pier della Vigna
13 13 102 fanno dolore, e al dolor fenestra. Pier della Vigna
13 13 103 Come l'altre verrem per nostre spoglie, Pier della Vigna
13 13 104 ma non però ch'alcuna sen rivesta, Pier della Vigna
13 13 105 ché non è giusto aver ciò ch'om si toglie. Pier della Vigna
13 13 106 Qui le trascineremo, e per la mesta Pier della Vigna
13 13 107 selva saranno i nostri corpi appesi, Pier della Vigna
13 13 108 ciascuno al prun de l'ombra sua molesta». Pier della Vigna
13 13 109 Noi eravamo ancora al tronco attesi,  
13 13 110 credendo ch'altro ne volesse dire,  
13 13 111 quando noi fummo d'un romor sorpresi,  
13 13 112 similemente a colui che venire  
13 13 113 sente 'l porco e la caccia a la sua posta,  
13 13 114 ch'ode le bestie, e le frasche stormire.  
13 13 115 Ed ecco due da la sinistra costa,  
13 13 116 nudi e graffiati, fuggendo sì forte,  
13 13 117 che de la selva rompieno ogni rosta.  
13 13 118 Quel dinanzi: «Or accorri, accorri, morte!». Lano da Siena
13 13 119 E l'altro, cui pareva tardar troppo,  
13 13 120 gridava: «Lano, sì non furo accorte Anime Danate
13 13 121 le gambe tue a le giostre dal Toppo!». Anime Danate
13 13 122 E poi che forse li fallia la lena,  
13 13 123 di sé e d'un cespuglio fece un groppo.  
13 13 124 Di rietro a loro era la selva piena  
13 13 125 di nere cagne, bramose e correnti  
13 13 126 come veltri ch'uscisser di catena.  
13 13 127 In quel che s'appiattò miser li denti,  
13 13 128 e quel dilaceraro a brano a brano;  
13 13 129 poi sen portar quelle membra dolenti.  
13 13 130 Presemi allor la mia scorta per mano,  
13 13 131 e menommi al cespuglio che piangea,  
13 13 132 per le rotture sanguinenti in vano.  
13 13 133 «O Iacopo», dicea, «da Santo Andrea, Pier della Vigna
13 13 134 che t'è giovato di me fare schermo? Pier della Vigna
13 13 135 che colpa ho io de la tua vita rea?». Pier della Vigna
13 13 136 Quando 'l maestro fu sovr'esso fermo,  
13 13 137 disse «Chi fosti, che per tante punte Virgilio (maestro)
13 13 138 soffi con sangue doloroso sermo?». Virgilio (maestro)
13 13 139 Ed elli a noi: «O anime che giunte Pier della Vigna
13 13 140 siete a veder lo strazio disonesto Anonimo suicida
13 13 141 c'ha le mie fronde sì da me disgiunte, Anonimo suicida
13 13 142 raccoglietele al pié del tristo cesto. Anonimo suicida
13 13 143 I' fui de la città che nel Batista Anonimo suicida
13 13 144 mutò il primo padrone; ond'ei per questo Anonimo suicida
13 13 145 sempre con l'arte sua la farà trista; Anonimo suicida
13 13 146 e se non fosse che 'n sul passo d'Arno Anonimo suicida
13 13 147 rimane ancor di lui alcuna vista, Anonimo suicida
13 13 148 que' cittadin che poi la rifondarno Anonimo suicida
13 13 149 sovra 'l cener che d'Attila rimase, Anonimo suicida
13 13 150 avrebber fatto lavorare indarno. Anonimo suicida
13 13 151 Io fei gibbetto a me de le mie case». Anonimo suicida
14 14 1 Poi che la carità del natio loco  
14 14 2 mi strinse, raunai le fronde sparte,  
14 14 3 e rende'le a colui, ch'era già fioco.  
14 14 4 Indi venimmo al fine ove si parte  
14 14 5 lo secondo giron dal terzo, e dove  
14 14 6 si vede di giustizia orribil arte.  
14 14 7 A ben manifestar le cose nove,  
14 14 8 dico che arrivammo ad una landa  
14 14 9 che dal suo letto ogne pianta rimove.  
14 14 10 La dolorosa selva l'è ghirlanda  
14 14 11 intorno, come 'l fosso tristo ad essa:  
14 14 12 quivi fermammo i passi a randa a randa.  
14 14 13 Lo spazzo era una rena arida e spessa,  
14 14 14 non d'altra foggia fatta che colei  
14 14 15 che fu da' pié di Caton già soppressa.  
14 14 16 O vendetta di Dio, quanto tu dei  
14 14 17 esser temuta da ciascun che legge  
14 14 18 ciò che fu manifesto a li occhi miei!  
14 14 19 D'anime nude vidi molte gregge  
14 14 20 che piangean tutte assai miseramente,  
14 14 21 e parea posta lor diversa legge.  
14 14 22 Supin giacea in terra alcuna gente,  
14 14 23 alcuna si sedea tutta raccolta,  
14 14 24 e altra andava continuamente.  
14 14 25 Quella che giva intorno era più molta,  
14 14 26 e quella men che giacea al tormento,  
14 14 27 ma più al duolo avea la lingua sciolta.  
14 14 28 Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento,  
14 14 29 piovean di foco dilatate falde,  
14 14 30 come di neve in alpe sanza vento.  
14 14 31 Quali Alessandro in quelle parti calde  
14 14 32 d'India vide sopra 'l suo stuolo  
14 14 33 fiamme cadere infino a terra salde,  
14 14 34 per ch'ei provide a scalpitar lo suolo  
14 14 35 con le sue schiere, acciò che lo vapore  
14 14 36 mei si stingueva mentre ch'era solo:  
14 14 37 tale scendeva l'etternale ardore;  
14 14 38 onde la rena s'accendea, com'esca  
14 14 39 sotto focile, a doppiar lo dolore.  
14 14 40 Sanza riposo mai era la tresca  
14 14 41 de le misere mani, or quindi or quinci  
14 14 42 escotendo da sé l'arsura fresca.  
14 14 43 I' cominciai: «Maestro, tu che vinci Dante Alighieri
14 14 44 tutte le cose, fuor che ' demon duri Dante Alighieri
14 14 45 ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci, Dante Alighieri
14 14 46 chi è quel grande che non par che curi Dante Alighieri
14 14 47 lo 'ncendio e giace dispettoso e torto, Dante Alighieri
14 14 48 sì che la pioggia non par che 'l marturi?». Dante Alighieri
14 14 49 E quel medesmo, che si fu accorto  
14 14 50 ch'io domandava il mio duca di lui,  
14 14 51 gridò: «Qual io fui vivo, tal son morto. Capaneo
14 14 52 Se Giove stanchi 'l suo fabbro da cui Capaneo
14 14 53 crucciato prese la folgore aguta Capaneo
14 14 54 onde l'ultimo dì percosso fui; Capaneo
14 14 55 o s'elli stanchi li altri a muta a muta Capaneo
14 14 56 in Mongibello a la focina negra, Capaneo
14 14 57 chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!", Capaneo
14 14 58 sì com'el fece a la pugna di Flegra, Capaneo
14 14 59 e me saetti con tutta sua forza, Capaneo
14 14 60 non ne potrebbe aver vendetta allegra». Capaneo
14 14 61 Allora il duca mio parlò di forza  
14 14 62 tanto, ch'i' non l'avea sì forte udito:  
14 14 63 «O Capaneo, in ciò che non s'ammorza Virgilio (maestro)
14 14 64 la tua superbia, se' tu più punito: Virgilio (maestro)
14 14 65 nullo martiro, fuor che la tua rabbia, Virgilio (maestro)
14 14 66 sarebbe al tuo furor dolor compito». Virgilio (maestro)
14 14 67 Poi si rivolse a me con miglior labbia  
14 14 68 dicendo: «Quei fu l'un d'i sette regi Virgilio (maestro)
14 14 69 ch'assiser Tebe; ed ebbe e par ch'elli abbia Virgilio (maestro)
14 14 70 Dio in disdegno, e poco par che 'l pregi; Virgilio (maestro)
14 14 71 ma, com'io dissi lui, li suoi dispetti Virgilio (maestro)
14 14 72 sono al suo petto assai debiti fregi. Virgilio (maestro)
14 14 73 Or mi vien dietro, e guarda che non metti, Virgilio (maestro)
14 14 74 ancor, li piedi ne la rena arsiccia; Virgilio (maestro)
14 14 75 ma sempre al bosco tien li piedi stretti». Virgilio (maestro)
14 14 76 Tacendo divenimmo là 've spiccia  
14 14 77 fuor de la selva un picciol fiumicello,  
14 14 78 lo cui rossore ancor mi raccapriccia.  
14 14 79 Quale del Bulicame esce ruscello  
14 14 80 che parton poi tra lor le peccatrici,  
14 14 81 tal per la rena giù sen giva quello.  
14 14 82 Lo fondo suo e ambo le pendici  
14 14 83 fatt'era 'n pietra, e ' margini dallato;  
14 14 84 per ch'io m'accorsi che 'l passo era lici.  
14 14 85 «Tra tutto l'altro ch'i' t'ho dimostrato, Virgilio (maestro)
14 14 86 poscia che noi intrammo per la porta Virgilio (maestro)
14 14 87 lo cui sogliare a nessuno è negato, Virgilio (maestro)
14 14 88 cosa non fu da li tuoi occhi scorta Virgilio (maestro)
14 14 89 notabile com'è 'l presente rio, Virgilio (maestro)
14 14 90 che sovra sé tutte fiammelle ammorta». Virgilio (maestro)
14 14 91 Queste parole fuor del duca mio;  
14 14 92 per ch'io 'l pregai che mi largisse 'l pasto  
14 14 93 di cui largito m'avea il disio.  
14 14 94 «In mezzo mar siede un paese guasto», Virgilio (maestro)
14 14 95 diss'elli allora, «che s'appella Creta, Virgilio (maestro)
14 14 96 sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto. Virgilio (maestro)
14 14 97 Una montagna v'è che già fu lieta Virgilio (maestro)
14 14 98 d'acqua e di fronde, che si chiamò Ida: Virgilio (maestro)
14 14 99 or è diserta come cosa vieta. Virgilio (maestro)
14 14 100 Rea la scelse già per cuna fida Virgilio (maestro)
14 14 101 del suo figliuolo, e per celarlo meglio, Virgilio (maestro)
14 14 102 quando piangea, vi facea far le grida. Virgilio (maestro)
14 14 103 Dentro dal monte sta dritto un gran veglio, Virgilio (maestro)
14 14 104 che tien volte le spalle inver' Dammiata Virgilio (maestro)
14 14 105 e Roma guarda come suo speglio. Virgilio (maestro)
14 14 106 La sua testa è di fin oro formata, Virgilio (maestro)
14 14 107 e puro argento son le braccia e 'l petto, Virgilio (maestro)
14 14 108 poi è di rame infino a la forcata; Virgilio (maestro)
14 14 109 da indi in giuso è tutto ferro eletto, Virgilio (maestro)
14 14 110 salvo che 'l destro piede è terra cotta; Virgilio (maestro)
14 14 111 e sta 'n su quel più che 'n su l'altro, eretto. Virgilio (maestro)
14 14 112 Ciascuna parte, fuor che l'oro, è rotta Virgilio (maestro)
14 14 113 d'una fessura che lagrime goccia, Virgilio (maestro)
14 14 114 le quali, accolte, foran quella grotta. Virgilio (maestro)
14 14 115 Lor corso in questa valle si diroccia: Virgilio (maestro)
14 14 116 fanno Acheronte, Stige e Flegetonta; Virgilio (maestro)
14 14 117 poi sen van giù per questa stretta doccia Virgilio (maestro)
14 14 118 infin, là ove più non si dismonta Virgilio (maestro)
14 14 119 fanno Cocito; e qual sia quello stagno Virgilio (maestro)
14 14 120 tu lo vedrai, però qui non si conta». Virgilio (maestro)
14 14 121 E io a lui: «Se 'l presente rigagno Dante Alighieri
14 14 122 si diriva così dal nostro mondo, Dante Alighieri
14 14 123 perché ci appar pur a questo vivagno?». Dante Alighieri
14 14 124 Ed elli a me: «Tu sai che 'l loco è tondo; Virgilio (maestro)
14 14 125 e tutto che tu sie venuto molto, Virgilio (maestro)
14 14 126 pur a sinistra, giù calando al fondo, Virgilio (maestro)
14 14 127 non se' ancor per tutto il cerchio vòlto: Virgilio (maestro)
14 14 128 per che, se cosa n'apparisce nova, Virgilio (maestro)
14 14 129 non de' addur maraviglia al tuo volto». Virgilio (maestro)
14 14 130 E io ancor: «Maestro, ove si trova Dante Alighieri
14 14 131 Flegetonta e Leté? ché de l'un taci, Dante Alighieri
14 14 132 e l'altro di' che si fa d'esta piova». Dante Alighieri
14 14 133 «In tutte tue question certo mi piaci», Virgilio (maestro)
14 14 134 rispuose; «ma 'l bollor de l'acqua rossa Virgilio (maestro)
14 14 135 dovea ben solver l'una che tu faci. Virgilio (maestro)
14 14 136 Leté vedrai, ma fuor di questa fossa, Virgilio (maestro)
14 14 137 là dove vanno l'anime a lavarsi Virgilio (maestro)
14 14 138 quando la colpa pentuta è rimossa». Virgilio (maestro)
14 14 139 Poi disse: «Omai è tempo da scostarsi Virgilio (maestro)
14 14 140 dal bosco; fa che di retro a me vegne: Virgilio (maestro)
14 14 141 li margini fan via, che non son arsi, Virgilio (maestro)
14 14 142 e sopra loro ogne vapor si spegne». Virgilio (maestro)
15 15 1 Ora cen porta l'un de' duri margini;  
15 15 2 e 'l fummo del ruscel di sopra aduggia,  
15 15 3 sì che dal foco salva l'acqua e li argini.  
15 15 4 Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,  
15 15 5 temendo 'l fiotto che 'nver lor s'avventa,  
15 15 6 fanno lo schermo perché 'l mar si fuggia;  
15 15 7 e quali Padoan lungo la Brenta,  
15 15 8 per difender lor ville e lor castelli,  
15 15 9 anzi che Carentana il caldo senta:  
15 15 10 a tale imagine eran fatti quelli,  
15 15 11 tutto che né sì alti né sì grossi,  
15 15 12 qual che si fosse, lo maestro felli.  
15 15 13 Già eravam da la selva rimossi  
15 15 14 tanto, ch'i' non avrei visto dov'era,  
15 15 15 perch'io in dietro rivolto mi fossi,  
15 15 16 quando incontrammo d'anime una schiera  
15 15 17 che venìan lungo l'argine, e ciascuna  
15 15 18 ci riguardava come suol da sera  
15 15 19 guardare uno altro sotto nuova luna;  
15 15 20 e sì ver' noi aguzzavan le ciglia  
15 15 21 come 'l vecchio sartor fa ne la cruna.  
15 15 22 Così adocchiato da cotal famiglia,  
15 15 23 fui conosciuto da un, che mi prese  
15 15 24 per lo lembo e gridò: «Qual maraviglia!». Brunetto Latini
15 15 25 E io, quando 'l suo braccio a me distese,  
15 15 26 ficcai li occhi per lo cotto aspetto,  
15 15 27 sì che 'l viso abbrusciato non difese  
15 15 28 la conoscenza sua al mio 'ntelletto;  
15 15 29 e chinando la mano a la sua faccia,  
15 15 30 rispuosi: «Siete voi qui, ser Brunetto?». Dante Alighieri
15 15 31 E quelli: «O figliuol mio, non ti dispiaccia Brunetto Latini
15 15 32 se Brunetto Latino un poco teco Brunetto Latini
15 15 33 ritorna 'n dietro e lascia andar la traccia». Brunetto Latini
15 15 34 I' dissi lui: «Quanto posso, ven preco; Dante Alighieri
15 15 35 e se volete che con voi m'asseggia, Dante Alighieri
15 15 36 faròl, se piace a costui che vo seco». Dante Alighieri
15 15 37 «O figliuol», disse, «qual di questa greggia Brunetto Latini
15 15 38 s'arresta punto, giace poi cent'anni Brunetto Latini
15 15 39 sanz'arrostarsi quando 'l foco il feggia. Brunetto Latini
15 15 40 Però va oltre: i' ti verrò a' panni; Brunetto Latini
15 15 41 e poi rigiugnerò la mia masnada, Brunetto Latini
15 15 42 che va piangendo i suoi etterni danni». Brunetto Latini
15 15 43 I' non osava scender de la strada  
15 15 44 per andar par di lui; ma 'l capo chino  
15 15 45 tenea com'uom che reverente vada.  
15 15 46 El cominciò: «Qual fortuna o destino Brunetto Latini
15 15 47 anzi l'ultimo dì qua giù ti mena? Brunetto Latini
15 15 48 e chi è questi che mostra 'l cammino?». Brunetto Latini
15 15 49 «Là sù di sopra, in la vita serena», Dante Alighieri
15 15 50 rispuos'io lui, «mi smarri' in una valle, Dante Alighieri
15 15 51 avanti che l'età mia fosse piena. Dante Alighieri
15 15 52 Pur ier mattina le volsi le spalle: Dante Alighieri
15 15 53 questi m'apparve, tornand'io in quella, Dante Alighieri
15 15 54 e reducemi a ca per questo calle». Dante Alighieri
15 15 55 Ed elli a me: «Se tu segui tua stella, Brunetto Latini
15 15 56 non puoi fallire a glorioso porto, Brunetto Latini
15 15 57 se ben m'accorsi ne la vita bella; Brunetto Latini
15 15 58 e s'io non fossi sì per tempo morto, Brunetto Latini
15 15 59 veggendo il cielo a te così benigno, Brunetto Latini
15 15 60 dato t'avrei a l'opera conforto. Brunetto Latini
15 15 61 Ma quello ingrato popolo maligno Brunetto Latini
15 15 62 che discese di Fiesole ab antico, Brunetto Latini
15 15 63 e tiene ancor del monte e del macigno, Brunetto Latini
15 15 64 ti si farà, per tuo ben far, nimico: Brunetto Latini
15 15 65 ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi Brunetto Latini
15 15 66 si disconvien fruttare al dolce fico. Brunetto Latini
15 15 67 Vecchia fama nel mondo li chiama orbi; Brunetto Latini
15 15 68 gent'è avara, invidiosa e superba: Brunetto Latini
15 15 69 dai lor costumi fa che tu ti forbi. Brunetto Latini
15 15 70 La tua fortuna tanto onor ti serba, Brunetto Latini
15 15 71 che l'una parte e l'altra avranno fame Brunetto Latini
15 15 72 di te; ma lungi fia dal becco l'erba. Brunetto Latini
15 15 73 Faccian le bestie fiesolane strame Brunetto Latini
15 15 74 di lor medesme, e non tocchin la pianta, Brunetto Latini
15 15 75 s'alcuna surge ancora in lor letame, Brunetto Latini
15 15 76 in cui riviva la sementa santa Brunetto Latini
15 15 77 di que' Roman che vi rimaser quando Brunetto Latini
15 15 78 fu fatto il nido di malizia tanta». Brunetto Latini
15 15 79 «Se fosse tutto pieno il mio dimando», Dante Alighieri
15 15 80 rispuos'io lui, «voi non sareste ancora Dante Alighieri
15 15 81 de l'umana natura posto in bando; Dante Alighieri
15 15 82 ché 'n la mente m'è fitta, e or m'accora, Dante Alighieri
15 15 83 la cara e buona imagine paterna Dante Alighieri
15 15 84 di voi quando nel mondo ad ora ad ora Dante Alighieri
15 15 85 m'insegnavate come l'uom s'etterna: Dante Alighieri
15 15 86 e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo Dante Alighieri
15 15 87 convien che ne la mia lingua si scerna. Dante Alighieri
15 15 88 Ciò che narrate di mio corso scrivo, Dante Alighieri
15 15 89 e serbolo a chiosar con altro testo Dante Alighieri
15 15 90 a donna che saprà, s'a lei arrivo. Dante Alighieri
15 15 91 Tanto vogl'io che vi sia manifesto, Dante Alighieri
15 15 92 pur che mia coscienza non mi garra, Dante Alighieri
15 15 93 che a la Fortuna, come vuol, son presto. Dante Alighieri
15 15 94 Non è nuova a li orecchi miei tal arra: Dante Alighieri
15 15 95 però giri Fortuna la sua rota Dante Alighieri
15 15 96 come le piace, e 'l villan la sua marra». Dante Alighieri
15 15 97 Lo mio maestro allora in su la gota  
15 15 98 destra si volse in dietro, e riguardommi;  
15 15 99 poi disse: «Bene ascolta chi la nota». Virgilio (maestro)
15 15 100 Né per tanto di men parlando vommi  
15 15 101 con ser Brunetto, e dimando chi sono  
15 15 102 li suoi compagni più noti e più sommi.  
15 15 103 Ed elli a me: «Saper d'alcuno è buono; Brunetto Latini
15 15 104 de li altri fia laudabile tacerci, Brunetto Latini
15 15 105 ché 'l tempo sarìa corto a tanto suono. Brunetto Latini
15 15 106 In somma sappi che tutti fur cherci Brunetto Latini
15 15 107 e litterati grandi e di gran fama, Brunetto Latini
15 15 108 d'un peccato medesmo al mondo lerci. Brunetto Latini
15 15 109 Priscian sen va con quella turba grama, Brunetto Latini
15 15 110 e Francesco d'Accorso anche; e vedervi, Brunetto Latini
15 15 111 s'avessi avuto di tal tigna brama, Brunetto Latini
15 15 112 colui potei che dal servo de' servi Brunetto Latini
15 15 113 fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione, Brunetto Latini
15 15 114 dove lasciò li mal protesi nervi. Brunetto Latini
15 15 115 Di più direi; ma 'l venire e 'l sermone Brunetto Latini
15 15 116 più lungo esser non può, però ch'i' veggio Brunetto Latini
15 15 117 là surger nuovo fummo del sabbione. Brunetto Latini
15 15 118 Gente vien con la quale esser non deggio. Brunetto Latini
15 15 119 Sieti raccomandato il mio Tesoro Brunetto Latini
15 15 120 nel qual io vivo ancora, e più non cheggio». Brunetto Latini
15 15 121 Poi si rivolse, e parve di coloro  
15 15 122 che corrono a Verona il drappo verde  
15 15 123 per la campagna; e parve di costoro  
15 15 124 quelli che vince, non colui che perde.  
16 16 1 Già era in loco onde s'udìa 'l rimbombo  
16 16 2 de l'acqua che cadea ne l'altro giro,  
16 16 3 simile a quel che l'arnie fanno rombo,  
16 16 4 quando tre ombre insieme si partiro,  
16 16 5 correndo, d'una torma che passava  
16 16 6 sotto la pioggia de l'aspro martiro.  
16 16 7 Venian ver noi, e ciascuna gridava:  
16 16 8 «Sòstati tu ch'a l'abito ne sembri Anime Danate
16 16 9 esser alcun di nostra terra prava». Anime Danate
16 16 10 Ahimé, che piaghe vidi ne' lor membri  
16 16 11 ricenti e vecchie, da le fiamme incese!  
16 16 12 Ancor men duol pur ch'i' me ne rimembri.  
16 16 13 A le lor grida il mio dottor s'attese;  
16 16 14 volse 'l viso ver me, e: «Or aspetta», Virgilio (maestro)
16 16 15 disse «a costor si vuole esser cortese. Virgilio (maestro)
16 16 16 E se non fosse il foco che saetta Virgilio (maestro)
16 16 17 la natura del loco, i' dicerei Virgilio (maestro)
16 16 18 che meglio stesse a te che a lor la fretta». Virgilio (maestro)
16 16 19 Ricominciar, come noi restammo, ei  
16 16 20 l'antico verso; e quando a noi fuor giunti,  
16 16 21 fenno una rota di sé tutti e trei.  
16 16 22 Qual sogliono i campion far nudi e unti,  
16 16 23 avvisando lor presa e lor vantaggio,  
16 16 24 prima che sien tra lor battuti e punti,  
16 16 25 così rotando, ciascuno il visaggio  
16 16 26 drizzava a me, sì che 'n contraro il collo  
16 16 27 faceva ai pié continuo viaggio.  
16 16 28 E «Se miseria d'esto loco sollo Jacopo Rusticucci
16 16 29 rende in dispetto noi e nostri prieghi», Jacopo Rusticucci
16 16 30 cominciò l'uno «e 'l tinto aspetto e brollo, Jacopo Rusticucci
16 16 31 la fama nostra il tuo animo pieghi Jacopo Rusticucci
16 16 32 a dirne chi tu se', che i vivi piedi Jacopo Rusticucci
16 16 33 così sicuro per lo 'nferno freghi. Jacopo Rusticucci
16 16 34 Questi, l'orme di cui pestar mi vedi, Jacopo Rusticucci
16 16 35 tutto che nudo e dipelato vada, Jacopo Rusticucci
16 16 36 fu di grado maggior che tu non credi: Jacopo Rusticucci
16 16 37 nepote fu de la buona Gualdrada; Jacopo Rusticucci
16 16 38 Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita Jacopo Rusticucci
16 16 39 fece col senno assai e con la spada. Jacopo Rusticucci
16 16 40 L'altro, ch'appresso me la rena trita, Jacopo Rusticucci
16 16 41 é Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce Jacopo Rusticucci
16 16 42 nel mondo sù dovrìa esser gradita. Jacopo Rusticucci
16 16 43 E io, che posto son con loro in croce, Jacopo Rusticucci
16 16 44 Iacopo Rusticucci fui; e certo Jacopo Rusticucci
16 16 45 la fiera moglie più ch'altro mi nuoce». Jacopo Rusticucci
16 16 46 S'i' fossi stato dal foco coperto,  
16 16 47 gittato mi sarei tra lor di sotto,  
16 16 48 e credo che 'l dottor l'avrìa sofferto;  
16 16 49 ma perch'io mi sarei brusciato e cotto,  
16 16 50 vinse paura la mia buona voglia  
16 16 51 che di loro abbracciar mi facea ghiotto.  
16 16 52 Poi cominciai: «Non dispetto, ma doglia Dante Alighieri
16 16 53 la vostra condizion dentro mi fisse, Dante Alighieri
16 16 54 tanta che tardi tutta si dispoglia, Dante Alighieri
16 16 55 tosto che questo mio segnor mi disse Dante Alighieri
16 16 56 parole per le quali i' mi pensai Dante Alighieri
16 16 57 che qual voi siete, tal gente venisse. Dante Alighieri
16 16 58 Di vostra terra sono, e sempre mai Dante Alighieri
16 16 59 l'ovra di voi e li onorati nomi Dante Alighieri
16 16 60 con affezion ritrassi e ascoltai. Dante Alighieri
16 16 61 Lascio lo fele e vo per dolci pomi Dante Alighieri
16 16 62 promessi a me per lo verace duca; Dante Alighieri
16 16 63 ma 'nfino al centro pria convien ch'i' tomi». Dante Alighieri
16 16 64 «Se lungamente l'anima conduca Jacopo Rusticucci
16 16 65 le membra tue», rispuose quelli ancora, Jacopo Rusticucci
16 16 66 «e se la fama tua dopo te luca, Jacopo Rusticucci
16 16 67 cortesia e valor dì se dimora Jacopo Rusticucci
16 16 68 ne la nostra città sì come suole, Jacopo Rusticucci
16 16 69 o se del tutto se n'è gita fora; Jacopo Rusticucci
16 16 70 ché Guiglielmo Borsiere, il qual si duole Jacopo Rusticucci
16 16 71 con noi per poco e va là coi compagni, Jacopo Rusticucci
16 16 72 assai ne cruccia con le sue parole». Jacopo Rusticucci
16 16 73 «La gente nuova e i sùbiti guadagni Dante Alighieri
16 16 74 orgoglio e dismisura han generata, Dante Alighieri
16 16 75 Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni». Dante Alighieri
16 16 76 Così gridai con la faccia levata;  
16 16 77 e i tre, che ciò inteser per risposta,  
16 16 78 guardar l'un l'altro com'al ver si guata.  
16 16 79 «Se l'altre volte sì poco ti costa», Anime Danate
16 16 80 rispuoser tutti «il satisfare altrui, Anime Danate
16 16 81 felice te se sì parli a tua posta! Anime Danate
16 16 82 Però, se campi d'esti luoghi bui Anime Danate
16 16 83 e torni a riveder le belle stelle, Anime Danate
16 16 84 quando ti gioverà dicere "I' fui", Anime Danate
16 16 85 fa che di noi a la gente favelle». Anime Danate
16 16 86 Indi rupper la rota, e a fuggirsi  
16 16 87 ali sembiar le gambe loro isnelle.  
16 16 88 Un amen non saria potuto dirsi  
16 16 89 tosto così com'e' fuoro spariti;  
16 16 90 per ch'al maestro parve di partirsi.  
16 16 91 Io lo seguiva, e poco eravam iti,  
16 16 92 che 'l suon de l'acqua n'era sì vicino,  
16 16 93 che per parlar saremmo a pena uditi.  
16 16 94 Come quel fiume c'ha proprio cammino  
16 16 95 prima dal Monte Viso 'nver' levante,  
16 16 96 da la sinistra costa d'Apennino,  
16 16 97 che si chiama Acquacheta suso, avante  
16 16 98 che si divalli giù nel basso letto,  
16 16 99 e a Forlì di quel nome è vacante,  
16 16 100 rimbomba là sovra San Benedetto  
16 16 101 de l'Alpe per cadere ad una scesa  
16 16 102 ove dovea per mille esser recetto;  
16 16 103 così, giù d'una ripa discoscesa,  
16 16 104 trovammo risonar quell'acqua tinta,  
16 16 105 sì che 'n poc'ora avria l'orecchia offesa.  
16 16 106 Io avea una corda intorno cinta,  
16 16 107 e con essa pensai alcuna volta  
16 16 108 prender la lonza a la pelle dipinta.  
16 16 109 Poscia ch'io l'ebbi tutta da me sciolta,  
16 16 110 sì come 'l duca m'avea comandato,  
16 16 111 porsila a lui aggroppata e ravvolta.  
16 16 112 Ond'ei si volse inver' lo destro lato,  
16 16 113 e alquanto di lunge da la sponda  
16 16 114 la gittò giuso in quell'alto burrato.  
16 16 115 'E' pur convien che novità risponda' Dante Alighieri
16 16 116 dicea fra me medesmo 'al novo cenno Dante Alighieri
16 16 117 che 'l maestro con l'occhio sì seconda'. Dante Alighieri
16 16 118 Ahi quanto cauti li uomini esser dienno  
16 16 119 presso a color che non veggion pur l'ovra,  
16 16 120 ma per entro i pensier miran col senno!  
16 16 121 El disse a me: «Tosto verrà di sovra Virgilio (maestro)
16 16 122 ciò ch'io attendo e che il tuo pensier sogna: Virgilio (maestro)
16 16 123 tosto convien ch'al tuo viso si scovra». Virgilio (maestro)
16 16 124 Sempre a quel ver c'ha faccia di menzogna  
16 16 125 de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote,  
16 16 126 però che sanza colpa fa vergogna;  
16 16 127 ma qui tacer nol posso; e per le note  
16 16 128 di questa comedìa, lettor, ti giuro,  
16 16 129 s'elle non sien di lunga grazia vòte,  
16 16 130 ch'i' vidi per quell'aere grosso e scuro  
16 16 131 venir notando una figura in suso,  
16 16 132 maravigliosa ad ogne cor sicuro,  
16 16 133 sì come torna colui che va giuso  
16 16 134 talora a solver l'àncora ch'aggrappa  
16 16 135 o scoglio o altro che nel mare è chiuso,  
16 16 136 che 'n sù si stende, e da pié si rattrappa.  
17 17 1 «Ecco la fiera con la coda aguzza, Virgilio (maestro)
17 17 2 che passa i monti, e rompe i muri e l'armi! Virgilio (maestro)
17 17 3 Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!». Virgilio (maestro)
17 17 4 Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;  
17 17 5 e accennolle che venisse a proda  
17 17 6 vicino al fin d'i passeggiati marmi.  
17 17 7 E quella sozza imagine di froda  
17 17 8 sen venne, e arrivò la testa e 'l busto,  
17 17 9 ma 'n su la riva non trasse la coda.  
17 17 10 La faccia sua era faccia d'uom giusto,  
17 17 11 tanto benigna avea di fuor la pelle,  
17 17 12 e d'un serpente tutto l'altro fusto;  
17 17 13 due branche avea pilose insin l'ascelle;  
17 17 14 lo dosso e 'l petto e ambedue le coste  
17 17 15 dipinti avea di nodi e di rotelle.  
17 17 16 Con più color, sommesse e sovraposte  
17 17 17 non fer mai drappi Tartari né Turchi,  
17 17 18 né fuor tai tele per Aragne imposte.  
17 17 19 Come tal volta stanno a riva i burchi,  
17 17 20 che parte sono in acqua e parte in terra,  
17 17 21 e come là tra li Tedeschi lurchi  
17 17 22 lo bivero s'assetta a far sua guerra,  
17 17 23 così la fiera pessima si stava  
17 17 24 su l'orlo ch'è di pietra e 'l sabbion serra.  
17 17 25 Nel vano tutta sua coda guizzava,  
17 17 26 torcendo in sù la venenosa forca  
17 17 27 ch'a guisa di scorpion la punta armava.  
17 17 28 Lo duca disse: «Or convien che si torca Virgilio (maestro)
17 17 29 la nostra via un poco insino a quella Virgilio (maestro)
17 17 30 bestia malvagia che colà si corca». Virgilio (maestro)
17 17 31 Però scendemmo a la destra mammella,  
17 17 32 e diece passi femmo in su lo stremo,  
17 17 33 per ben cessar la rena e la fiammella.  
17 17 34 E quando noi a lei venuti semo,  
17 17 35 poco più oltre veggio in su la rena  
17 17 36 gente seder propinqua al loco scemo.  
17 17 37 Quivi 'l maestro «Acciò che tutta piena Virgilio (maestro)
17 17 38 esperienza d'esto giron porti», Virgilio (maestro)
17 17 39 mi disse, «va, e vedi la lor mena. Virgilio (maestro)
17 17 40 Li tuoi ragionamenti sian là corti: Virgilio (maestro)
17 17 41 mentre che torni, parlerò con questa, Virgilio (maestro)
17 17 42 che ne conceda i suoi omeri forti». Virgilio (maestro)
17 17 43 Così ancor su per la strema testa  
17 17 44 di quel settimo cerchio tutto solo  
17 17 45 andai, dove sedea la gente mesta.  
17 17 46 Per li occhi fora scoppiava lor duolo;  
17 17 47 é di qua, di là soccorrien con le mani  
17 17 48 quando a' vapori, e quando al caldo suolo:  
17 17 49 non altrimenti fan di state i cani  
17 17 50 or col ceffo, or col pié, quando son morsi  
17 17 51 o da pulci o da mosche o da tafani.  
17 17 52 Poi che nel viso a certi li occhi porsi,  
17 17 53 ne' quali 'l doloroso foco casca,  
17 17 54 non ne conobbi alcun; ma io m'accorsi  
17 17 55 che dal collo a ciascun pendea una tasca  
17 17 56 ch'avea certo colore e certo segno,  
17 17 57 e quindi par che 'l loro occhio si pasca.  
17 17 58 E com'io riguardando tra lor vegno,  
17 17 59 in una borsa gialla vidi azzurro  
17 17 60 che d'un leone avea faccia e contegno.  
17 17 61 Poi, procedendo di mio sguardo il curro,  
17 17 62 vidine un'altra come sangue rossa,  
17 17 63 mostrando un'oca bianca più che burro.  
17 17 64 E un che d'una scrofa azzurra e grossa  
17 17 65 segnato avea lo suo sacchetto bianco,  
17 17 66 mi disse: «Che fai tu in questa fossa? Anime Danate
17 17 67 Or te ne va; e perché se' vivo anco, Anime Danate
17 17 68 sappi che 'l mio vicin Vitaliano Anime Danate
17 17 69 sederà qui dal mio sinistro fianco. Anime Danate
17 17 70 Con questi Fiorentin son padoano: Anime Danate
17 17 71 spesse fiate mi 'ntronan li orecchi Anime Danate
17 17 72 gridando: "Vegna 'l cavalier sovrano, Anime Danate
17 17 73 che recherà la tasca con tre becchi!"». Anime Danate
17 17 74 Qui distorse la bocca e di fuor trasse  
17 17 75 la lingua, come bue che 'l naso lecchi.  
17 17 76 E io, temendo no 'l più star crucciasse  
17 17 77 lui che di poco star m'avea 'mmonito,  
17 17 78 torna'mi in dietro da l'anime lasse.  
17 17 79 Trova' il duca mio ch'era salito  
17 17 80 già su la groppa del fiero animale,  
17 17 81 e disse a me: «Or sie forte e ardito. Virgilio (maestro)
17 17 82 Omai si scende per sì fatte scale: Virgilio (maestro)
17 17 83 monta dinanzi, ch'i' voglio esser mezzo, Virgilio (maestro)
17 17 84 sì che la coda non possa far male». Virgilio (maestro)
17 17 85 Qual è colui che sì presso ha 'l riprezzo  
17 17 86 de la quartana, c'ha già l'unghie smorte,  
17 17 87 e triema tutto pur guardando 'l rezzo,  
17 17 88 tal divenn'io a le parole porte;  
17 17 89 ma vergogna mi fé le sue minacce,  
17 17 90 che innanzi a buon segnor fa servo forte.  
17 17 91 I' m'assettai in su quelle spallacce;  
17 17 92 sì volli dir, ma la voce non venne  
17 17 93 com'io credetti: 'Fa che tu m'abbracce'. Dante Alighieri
17 17 94 Ma esso, ch'altra volta mi sovvenne  
17 17 95 ad altro forse, tosto ch'i' montai  
17 17 96 con le braccia m'avvinse e mi sostenne;  
17 17 97 e disse: «Gerion, moviti omai: Virgilio (maestro)
17 17 98 le rote larghe e lo scender sia poco: Virgilio (maestro)
17 17 99 pensa la nova soma che tu hai». Virgilio (maestro)
17 17 100 Come la navicella esce di loco  
17 17 101 in dietro in dietro, sì quindi si tolse;  
17 17 102 e poi ch'al tutto si sentì a gioco,  
17 17 103 là 'v'era 'l petto, la coda rivolse,  
17 17 104 e quella tesa, come anguilla, mosse,  
17 17 105 e con le branche l'aere a sé raccolse.  
17 17 106 Maggior paura non credo che fosse  
17 17 107 quando Fetonte abbandonò li freni,  
17 17 108 per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse;  
17 17 109 né quando Icaro misero le reni  
17 17 110 sentì spennar per la scaldata cera,  
17 17 111 gridando il padre a lui «Mala via tieni!», +++
17 17 112 che fu la mia, quando vidi ch'i' era  
17 17 113 ne l'aere d'ogne parte, e vidi spenta  
17 17 114 ogne veduta fuor che de la fera.  
17 17 115 Ella sen va notando lenta lenta:  
17 17 116 rota e discende, ma non me n'accorgo  
17 17 117 se non che al viso e di sotto mi venta.  
17 17 118 Io sentia già da la man destra il gorgo  
17 17 119 far sotto noi un orribile scroscio,  
17 17 120 per che con li occhi 'n giù la testa sporgo.  
17 17 121 Allor fu' io più timido a lo stoscio,  
17 17 122 però ch'i' vidi fuochi e senti' pianti;  
17 17 123 ond'io tremando tutto mi raccoscio.  
17 17 124 E vidi poi, ché nol vedea davanti,  
17 17 125 lo scendere e 'l girar per li gran mali  
17 17 126 che s'appressavan da diversi canti.  
17 17 127 Come 'l falcon ch'è stato assai su l'ali,  
17 17 128 che sanza veder logoro o uccello  
17 17 129 fa dire al falconiere «Omé, tu cali!», +++
17 17 130 discende lasso onde si move isnello,  
17 17 131 per cento rote, e da lunge si pone  
17 17 132 dal suo maestro, disdegnoso e fello;  
17 17 133 così ne puose al fondo Gerione  
17 17 134 al pié al pié de la stagliata rocca  
17 17 135 e, discarcate le nostre persone,  
17 17 136 si dileguò come da corda cocca.  
18 18 1 Luogo è in inferno detto Malebolge,  
18 18 2 tutto di pietra di color ferrigno,  
18 18 3 come la cerchia che dintorno il volge.  
18 18 4 Nel dritto mezzo del campo maligno  
18 18 5 vaneggia un pozzo assai largo e profondo,  
18 18 6 di cui suo loco dicerò l'ordigno.  
18 18 7 Quel cinghio che rimane adunque è tondo  
18 18 8 tra 'l pozzo e 'l pié de l'alta ripa dura,  
18 18 9 e ha distinto in dieci valli il fondo.  
18 18 10 Quale, dove per guardia de le mura  
18 18 11 più e più fossi cingon li castelli,  
18 18 12 la parte dove son rende figura,  
18 18 13 tale imagine quivi facean quelli;  
18 18 14 e come a tai fortezze da' lor sogli  
18 18 15 a la ripa di fuor son ponticelli,  
18 18 16 così da imo de la roccia scogli  
18 18 17 movien che ricidien li argini e ' fossi  
18 18 18 infino al pozzo che i tronca e raccogli.  
18 18 19 In questo luogo, de la schiena scossi  
18 18 20 di Gerion, trovammoci; e 'l poeta  
18 18 21 tenne a sinistra, e io dietro mi mossi.  
18 18 22 A la man destra vidi nova pieta,  
18 18 23 novo tormento e novi frustatori,  
18 18 24 di che la prima bolgia era repleta.  
18 18 25 Nel fondo erano ignudi i peccatori;  
18 18 26 dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto,  
18 18 27 di là con noi, ma con passi maggiori,  
18 18 28 come i Roman per l'essercito molto,  
18 18 29 l'anno del giubileo, su per lo ponte  
18 18 30 hanno a passar la gente modo colto,  
18 18 31 che da l'un lato tutti hanno la fronte  
18 18 32 verso 'l castello e vanno a Santo Pietro;  
18 18 33 da l'altra sponda vanno verso 'l monte.  
18 18 34 Di qua, di là, su per lo sasso tetro  
18 18 35 vidi demon cornuti con gran ferze,  
18 18 36 che li battien crudelmente di retro.  
18 18 37 Ahi come facean lor levar le berze  
18 18 38 a le prime percosse! già nessuno  
18 18 39 le seconde aspettava né le terze.  
18 18 40 Mentr'io andava, li occhi miei in uno  
18 18 41 furo scontrati; e io sì tosto dissi:  
18 18 42 «Già di veder costui non son digiuno». Dante Alighieri
18 18 43 Per ch'io a figurarlo i piedi affissi;  
18 18 44 e 'l dolce duca meco si ristette,  
18 18 45 e assentio ch'alquanto in dietro gissi.  
18 18 46 E quel frustato celar si credette  
18 18 47 bassando 'l viso; ma poco li valse,  
18 18 48 ch'io dissi: «O tu che l'occhio a terra gette, Dante Alighieri
18 18 49 se le fazion che porti non son false, Dante Alighieri
18 18 50 Venedico se' tu Caccianemico. Dante Alighieri
18 18 51 Ma che ti mena a sì pungenti salse?». Dante Alighieri
18 18 52 Ed elli a me: «Mal volentier lo dico; Venedico Caccianemico
18 18 53 ma sforzami la tua chiara favella, Venedico Caccianemico
18 18 54 che mi fa sovvenir del mondo antico. Venedico Caccianemico
18 18 55 I' fui colui che la Ghisolabella Venedico Caccianemico
18 18 56 condussi a far la voglia del marchese, Venedico Caccianemico
18 18 57 come che suoni la sconcia novella. Venedico Caccianemico
18 18 58 E non pur io qui piango bolognese; Venedico Caccianemico
18 18 59 anzi n'è questo luogo tanto pieno, Venedico Caccianemico
18 18 60 che tante lingue non son ora apprese Venedico Caccianemico
18 18 61 a dicer 'sipa' tra Sàvena e Reno; Venedico Caccianemico
18 18 62 e se di ciò vuoi fede o testimonio, Venedico Caccianemico
18 18 63 récati a mente il nostro avaro seno». Venedico Caccianemico
18 18 64 Così parlando il percosse un demonio  
18 18 65 de la sua scuriada, e disse: «Via, Demonio
18 18 66 ruffian! qui non son femmine da conio». Demonio
18 18 67 I' mi raggiunsi con la scorta mia;  
18 18 68 poscia con pochi passi divenimmo  
18 18 69 là 'v'uno scoglio de la ripa uscia.  
18 18 70 Assai leggeramente quel salimmo;  
18 18 71 e vòlti a destra su per la sua scheggia,  
18 18 72 da quelle cerchie etterne ci partimmo.  
18 18 73 Quando noi fummo là dov'el vaneggia  
18 18 74 di sotto per dar passo a li sferzati,  
18 18 75 lo duca disse: «Attienti, e fa che feggia Virgilio (maestro)
18 18 76 lo viso in te di quest'altri mal nati, Virgilio (maestro)
18 18 77 ai quali ancor non vedesti la faccia Virgilio (maestro)
18 18 78 però che son con noi insieme andati». Virgilio (maestro)
18 18 79 Del vecchio ponte guardavam la traccia  
18 18 80 che venìa verso noi da l'altra banda,  
18 18 81 e che la ferza similmente scaccia.  
18 18 82 E 'l buon maestro, sanza mia dimanda,  
18 18 83 mi disse: «Guarda quel grande che vene, Virgilio (maestro)
18 18 84 e per dolor non par lagrime spanda: Virgilio (maestro)
18 18 85 quanto aspetto reale ancor ritene! Virgilio (maestro)
18 18 86 Quelli è Iasón, che per cuore e per senno Virgilio (maestro)
18 18 87 li Colchi del monton privati féne. Virgilio (maestro)
18 18 88 Ello passò per l'isola di Lenno, Virgilio (maestro)
18 18 89 poi che l'ardite femmine spietate Virgilio (maestro)
18 18 90 tutti li maschi loro a morte dienno. Virgilio (maestro)
18 18 91 Ivi con segni e con parole ornate Virgilio (maestro)
18 18 92 Isifile ingannò, la giovinetta Virgilio (maestro)
18 18 93 che prima avea tutte l'altre ingannate. Virgilio (maestro)
18 18 94 Lasciolla quivi, gravida, soletta; Virgilio (maestro)
18 18 95 tal colpa a tal martiro lui condanna; Virgilio (maestro)
18 18 96 e anche di Medea si fa vendetta. Virgilio (maestro)
18 18 97 Con lui sen va chi da tal parte inganna: Virgilio (maestro)
18 18 98 e questo basti de la prima valle Virgilio (maestro)
18 18 99 sapere e di color che 'n sé assanna». Virgilio (maestro)
18 18 100 Già eravam là 've lo stretto calle  
18 18 101 con l'argine secondo s'incrocicchia,  
18 18 102 e fa di quello ad un altr'arco spalle.  
18 18 103 Quindi sentimmo gente che si nicchia  
18 18 104 ne l'altra bolgia e che col muso scuffa,  
18 18 105 e sé medesma con le palme picchia.  
18 18 106 Le ripe eran grommate d'una muffa,  
18 18 107 per l'alito di giù che vi s'appasta,  
18 18 108 che con li occhi e col naso facea zuffa.  
18 18 109 Lo fondo è cupo sì, che non ci basta  
18 18 110 loco a veder sanza montare al dosso  
18 18 111 de l'arco, ove lo scoglio più sovrasta.  
18 18 112 Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso  
18 18 113 vidi gente attuffata in uno sterco  
18 18 114 che da li uman privadi parea mosso.  
18 18 115 E mentre ch'io là giù con l'occhio cerco,  
18 18 116 vidi un col capo sì di merda lordo,  
18 18 117 che non parea s'era laico o cherco.  
18 18 118 Quei mi sgridò: «Perché se' tu sì gordo Alessio Interminelli
18 18 119 di riguardar più me che li altri brutti?». Alessio Interminelli
18 18 120 E io a lui: «Perché, se ben ricordo, Dante Alighieri
18 18 121 già t'ho veduto coi capelli asciutti, Dante Alighieri
18 18 122 e se' Alessio Interminei da Lucca: Dante Alighieri
18 18 123 però t'adocchio più che li altri tutti». Dante Alighieri
18 18 124 Ed elli allor, battendosi la zucca:  
18 18 125 «Qua giù m'hanno sommerso le lusinghe Alessio Interminelli
18 18 126 ond'io non ebbi mai la lingua stucca». Alessio Interminelli
18 18 127 Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe», Virgilio (maestro)
18 18 128 mi disse «il viso un poco più avante, Virgilio (maestro)
18 18 129 sì che la faccia ben con l'occhio attinghe Virgilio (maestro)
18 18 130 di quella sozza e scapigliata fante Virgilio (maestro)
18 18 131 che là si graffia con l'unghie merdose, Virgilio (maestro)
18 18 132 e or s'accoscia e ora è in piedi stante. Virgilio (maestro)
18 18 133 Taide é, la puttana che rispuose Virgilio (maestro)
18 18 134 al drudo suo quando disse "Ho io grazie Virgilio (maestro)
18 18 135 grandi apo te?": "Anzi maravigliose!". Virgilio (maestro)
18 18 136 E quinci sien le nostre viste sazie». Virgilio (maestro)
19 19 1 O Simon mago, o miseri seguaci  
19 19 2 che le cose di Dio, che di bontate  
19 19 3 deon essere spose, e voi rapaci  
19 19 4 per oro e per argento avolterate,  
19 19 5 or convien che per voi suoni la tromba,  
19 19 6 però che ne la terza bolgia state.  
19 19 7 Già eravamo, a la seguente tomba,  
19 19 8 montati de lo scoglio in quella parte  
19 19 9 ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.  
19 19 10 O somma sapienza, quanta è l'arte  
19 19 11 che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,  
19 19 12 e quanto giusto tua virtù comparte!  
19 19 13 Io vidi per le coste e per lo fondo  
19 19 14 piena la pietra livida di fóri,  
19 19 15 d'un largo tutti e ciascun era tondo.  
19 19 16 Non mi parean men ampi né maggiori  
19 19 17 che que' che son nel mio bel San Giovanni,  
19 19 18 fatti per loco d'i battezzatori;  
19 19 19 l'un de li quali, ancor non è molt'anni,  
19 19 20 rupp'io per un che dentro v'annegava:  
19 19 21 e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni.  
19 19 22 Fuor de la bocca a ciascun soperchiava  
19 19 23 d'un peccator li piedi e de le gambe  
19 19 24 infino al grosso, e l'altro dentro stava.  
19 19 25 Le piante erano a tutti accese intrambe;  
19 19 26 per che sì forte guizzavan le giunte,  
19 19 27 che spezzate averien ritorte e strambe.  
19 19 28 Qual suole il fiammeggiar de le cose unte  
19 19 29 muoversi pur su per la strema buccia,  
19 19 30 tal era lì dai calcagni a le punte.  
19 19 31 «Chi è colui, maestro, che si cruccia Dante Alighieri
19 19 32 guizzando più che li altri suoi consorti», Dante Alighieri
19 19 33 diss'io, «e cui più roggia fiamma succia?». Dante Alighieri
19 19 34 Ed elli a me: «Se tu vuo' ch'i' ti porti Virgilio (maestro)
19 19 35 là giù per quella ripa che più giace, Virgilio (maestro)
19 19 36 da lui saprai di sé e de' suoi torti». Virgilio (maestro)
19 19 37 E io: «Tanto m'è bel, quanto a te piace: Dante Alighieri
19 19 38 tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto Dante Alighieri
19 19 39 dal tuo volere, e sai quel che si tace». Dante Alighieri
19 19 40 Allor venimmo in su l'argine quarto:  
19 19 41 volgemmo e discendemmo a mano stanca  
19 19 42 là giù nel fondo foracchiato e arto.  
19 19 43 Lo buon maestro ancor de la sua anca  
19 19 44 non mi dipuose, sì mi giunse al rotto  
19 19 45 di quel che si piangeva con la zanca.  
19 19 46 «O qual che se' che 'l di sù tien di sotto, Dante Alighieri
19 19 47 anima trista come pal commessa», Dante Alighieri
19 19 48 comincia' io a dir, «se puoi, fa motto». Dante Alighieri
19 19 49 Io stava come 'l frate che confessa  
19 19 50 lo perfido assessin, che, poi ch'è fitto,  
19 19 51 richiama lui, per che la morte cessa.  
19 19 52 Ed el gridò: «Se' tu già costì ritto, Anime Danata
19 19 53 se' tu già costì ritto, Bonifazio? Anime Danata
19 19 54 Di parecchi anni mi mentì lo scritto. Anime Danata
19 19 55 Se' tu sì tosto di quell'aver sazio Anime Danata
19 19 56 per lo qual non temesti tòrre a 'nganno Anime Danata
19 19 57 la bella donna, e poi di farne strazio?». Anime Danata
19 19 58 Tal mi fec'io, quai son color che stanno,  
19 19 59 per non intender ciò ch'è lor risposto,  
19 19 60 quasi scornati, e risponder non sanno.  
19 19 61 Allor Virgilio disse: «Dilli tosto: Virgilio (maestro)
19 19 62 Non son colui, non son colui che credi»; Virgilio (maestro)
19 19 63 e io rispuosi come a me fu imposto.  
19 19 64 Per che lo spirto tutti storse i piedi;  
19 19 65 poi, sospirando e con voce di pianto,  
19 19 66 mi disse: «Dunque che a me richiedi? Anime Danata
19 19 67 Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto, Anime Danata
19 19 68 che tu abbi però la ripa corsa, Anime Danata
19 19 69 sappi ch'i' fui vestito del gran manto; Anime Danata
19 19 70 e veramente fui figliuol de l'orsa, Anime Danata
19 19 71 cupido sì per avanzar li orsatti, Anime Danata
19 19 72 che sù l'avere e qui me misi in borsa. Anime Danata
19 19 73 Di sotto al capo mio son li altri tratti Anime Danata
19 19 74 che precedetter me simoneggiando, Anime Danata
19 19 75 per le fessure de la pietra piatti. Anime Danata
19 19 76 Là giù cascherò io altresì quando Anime Danata
19 19 77 verrà colui ch'i' credea che tu fossi Anime Danata
19 19 78 allor ch'i' feci 'l sùbito dimando. Anime Danata
19 19 79 Ma più è 'l tempo già che i pié mi cossi Anime Danata
19 19 80 e ch'i' son stato così sottosopra, Anime Danata
19 19 81 ch'el non starà piantato coi pié rossi: Anime Danata
19 19 82 ché dopo lui verrà di più laida opra Anime Danata
19 19 83 di ver' ponente, un pastor sanza legge, Anime Danata
19 19 84 tal che convien che lui e me ricuopra. Anime Danata
19 19 85 Novo Iasón sarà, di cui si legge Anime Danata
19 19 86 ne' Maccabei; e come a quel fu molle Anime Danata
19 19 87 suo re, così fia lui chi Francia regge». Anime Danata
19 19 88 Io non so s'i' mi fui qui troppo folle,  
19 19 89 ch'i' pur rispuosi lui a questo metro:  
19 19 90 «Deh, or mi dì : quanto tesoro volle Dante Alighieri
19 19 91 Nostro Segnore in prima da san Pietro Dante Alighieri
19 19 92 ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa? Dante Alighieri
19 19 93 Certo non chiese se non "Viemmi retro". Dante Alighieri
19 19 94 Né Pier né li altri tolsero a Matia Dante Alighieri
19 19 95 oro od argento, quando fu sortito Dante Alighieri
19 19 96 al loco che perdé l'anima ria. Dante Alighieri
19 19 97 Però ti sta, ché tu se' ben punito; Dante Alighieri
19 19 98 e guarda ben la mal tolta moneta Dante Alighieri
19 19 99 ch'esser ti fece contra Carlo ardito. Dante Alighieri
19 19 100 E se non fosse ch'ancor lo mi vieta Dante Alighieri
19 19 101 la reverenza delle somme chiavi Dante Alighieri
19 19 102 che tu tenesti ne la vita lieta, Dante Alighieri
19 19 103 io userei parole ancor più gravi; Dante Alighieri
19 19 104 ché la vostra avarizia il mondo attrista, Dante Alighieri
19 19 105 calcando i buoni e sollevando i pravi. Dante Alighieri
19 19 106 Di voi pastor s'accorse il Vangelista, Dante Alighieri
19 19 107 quando colei che siede sopra l'acque Dante Alighieri
19 19 108 puttaneggiar coi regi a lui fu vista; Dante Alighieri
19 19 109 quella che con le sette teste nacque, Dante Alighieri
19 19 110 e da le diece corna ebbe argomento, Dante Alighieri
19 19 111 fin che virtute al suo marito piacque. Dante Alighieri
19 19 112 Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento; Dante Alighieri
19 19 113 e che altro è da voi a l'idolatre, Dante Alighieri
19 19 114 se non ch'elli uno, e voi ne orate cento? Dante Alighieri
19 19 115 Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, Dante Alighieri
19 19 116 non la tua conversion, ma quella dote Dante Alighieri
19 19 117 che da te prese il primo ricco patre!». Dante Alighieri
19 19 118 E mentr'io li cantava cotai note,  
19 19 119 o ira o coscienza che 'l mordesse,  
19 19 120 forte spingava con ambo le piote.  
19 19 121 I' credo ben ch'al mio duca piacesse,  
19 19 122 con sì contenta labbia sempre attese  
19 19 123 lo suon de le parole vere espresse.  
19 19 124 Però con ambo le braccia mi prese;  
19 19 125 e poi che tutto su mi s'ebbe al petto,  
19 19 126 rimontò per la via onde discese.  
19 19 127 Né si stancò d'avermi a sé distretto,  
19 19 128 sì men portò sovra 'l colmo de l'arco  
19 19 129 che dal quarto al quinto argine è tragetto.  
19 19 130 Quivi soavemente spuose il carco,  
19 19 131 soave per lo scoglio sconcio ed erto  
19 19 132 che sarebbe a le capre duro varco.  
19 19 133 Indi un altro vallon mi fu scoperto.  
20 20 1 Di nova pena mi conven far versi  
20 20 2 e dar matera al ventesimo canto  
20 20 3 de la prima canzon ch'è d'i sommersi.  
20 20 4 Io era già disposto tutto quanto  
20 20 5 a riguardar ne lo scoperto fondo,  
20 20 6 che si bagnava d'angoscioso pianto;  
20 20 7 e vidi gente per lo vallon tondo  
20 20 8 venir, tacendo e lagrimando, al passo  
20 20 9 che fanno le letane in questo mondo.  
20 20 10 Come 'l viso mi scese in lor più basso,  
20 20 11 mirabilmente apparve esser travolto  
20 20 12 ciascun tra 'l mento e 'l principio del casso;  
20 20 13 ché da le reni era tornato 'l volto,  
20 20 14 e in dietro venir li convenia,  
20 20 15 perché 'l veder dinanzi era lor tolto.  
20 20 16 Forse per forza già di parlasia  
20 20 17 si travolse così alcun del tutto;  
20 20 18 ma io nol vidi, né credo che sia.  
20 20 19 Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto  
20 20 20 di tua lezione, or pensa per te stesso  
20 20 21 com'io potea tener lo viso asciutto,  
20 20 22 quando la nostra imagine di presso  
20 20 23 vidi sì torta, che 'l pianto de li occhi  
20 20 24 le natiche bagnava per lo fesso.  
20 20 25 Certo io piangea, poggiato a un de' rocchi  
20 20 26 del duro scoglio, sì che la mia scorta  
20 20 27 mi disse: «Ancor se' tu de li altri sciocchi? Virgilio (maestro)
20 20 28 Qui vive la pietà quand'è ben morta; Virgilio (maestro)
20 20 29 chi è più scellerato che colui Virgilio (maestro)
20 20 30 che al giudicio divin passion comporta? Virgilio (maestro)
20 20 31 Drizza la testa, drizza, e vedi a cui Virgilio (maestro)
20 20 32 s'aperse a li occhi d'i Teban la terra; Virgilio (maestro)
20 20 33 per ch'ei gridavan tutti: "Dove rui, Virgilio (maestro)
20 20 34 Anfiarao? perché lasci la guerra?". Virgilio (maestro)
20 20 35 E non restò di ruinare a valle Virgilio (maestro)
20 20 36 fino a Minòs che ciascheduno afferra. Virgilio (maestro)
20 20 37 Mira c'ha fatto petto de le spalle: Virgilio (maestro)
20 20 38 perché volle veder troppo davante, Virgilio (maestro)
20 20 39 di retro guarda e fa retroso calle. Virgilio (maestro)
20 20 40 Vedi Tiresia, che mutò sembiante Virgilio (maestro)
20 20 41 quando di maschio femmina divenne Virgilio (maestro)
20 20 42 cangiandosi le membra tutte quante; Virgilio (maestro)
20 20 43 e prima, poi, ribatter li convenne Virgilio (maestro)
20 20 44 li duo serpenti avvolti, con la verga, Virgilio (maestro)
20 20 45 che riavesse le maschili penne. Virgilio (maestro)
20 20 46 Aronta è quel ch'al ventre li s'atterga, Virgilio (maestro)
20 20 47 che ne' monti di Luni, dove ronca Virgilio (maestro)
20 20 48 lo Carrarese che di sotto alberga, Virgilio (maestro)
20 20 49 ebbe tra ' bianchi marmi la spelonca Virgilio (maestro)
20 20 50 per sua dimora; onde a guardar le stelle Virgilio (maestro)
20 20 51 e 'l mar no li era la veduta tronca. Virgilio (maestro)
20 20 52 E quella che ricuopre le mammelle, Virgilio (maestro)
20 20 53 che tu non vedi, con le trecce sciolte, Virgilio (maestro)
20 20 54 e ha di là ogne pilosa pelle, Virgilio (maestro)
20 20 55 Manto fu, che cercò per terre molte; Virgilio (maestro)
20 20 56 poscia si puose là dove nacqu'io; Virgilio (maestro)
20 20 57 onde un poco mi piace che m'ascolte. Virgilio (maestro)
20 20 58 Poscia che 'l padre suo di vita uscìo, Virgilio (maestro)
20 20 59 e venne serva la città di Baco, Virgilio (maestro)
20 20 60 questa gran tempo per lo mondo gio. Virgilio (maestro)
20 20 61 Suso in Italia bella giace un laco, Virgilio (maestro)
20 20 62 a pié de l'Alpe che serra Lamagna Virgilio (maestro)
20 20 63 sovra Tiralli, c'ha nome Benaco. Virgilio (maestro)
20 20 64 Per mille fonti, credo, e più si bagna Virgilio (maestro)
20 20 65 tra Garda e Val Camonica e Pennino Virgilio (maestro)
20 20 66 de l'acqua che nel detto laco stagna. Virgilio (maestro)
20 20 67 Loco è nel mezzo là dove 'l trentino Virgilio (maestro)
20 20 68 pastore e quel di Brescia e 'l veronese Virgilio (maestro)
20 20 69 segnar poria, s'e' fesse quel cammino. Virgilio (maestro)
20 20 70 Siede Peschiera, bello e forte arnese Virgilio (maestro)
20 20 71 da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi, Virgilio (maestro)
20 20 72 ove la riva 'ntorno più discese. Virgilio (maestro)
20 20 73 Ivi convien che tutto quanto caschi Virgilio (maestro)
20 20 74 ciò che 'n grembo a Benaco star non può, Virgilio (maestro)
20 20 75 e fassi fiume giù per verdi paschi. Virgilio (maestro)
20 20 76 Tosto che l'acqua a correr mette co, Virgilio (maestro)
20 20 77 non più Benaco, ma Mencio si chiama Virgilio (maestro)
20 20 78 fino a Governol, dove cade in Po. Virgilio (maestro)
20 20 79 Non molto ha corso, ch'el trova una lama, Virgilio (maestro)
20 20 80 ne la qual si distende e la 'mpaluda; Virgilio (maestro)
20 20 81 e suol di state talor essere grama. Virgilio (maestro)
20 20 82 Quindi passando la vergine cruda Virgilio (maestro)
20 20 83 vide terra, nel mezzo del pantano, Virgilio (maestro)
20 20 84 sanza coltura e d'abitanti nuda. Virgilio (maestro)
20 20 85 Lì, per fuggire ogne consorzio umano, Virgilio (maestro)
20 20 86 ristette con suoi servi a far sue arti, Virgilio (maestro)
20 20 87 e visse, e vi lasciò suo corpo vano. Virgilio (maestro)
20 20 88 Li uomini poi che 'ntorno erano sparti Virgilio (maestro)
20 20 89 s'accolsero a quel loco, ch'era forte Virgilio (maestro)
20 20 90 per lo pantan ch'avea da tutte parti. Virgilio (maestro)
20 20 91 Fer la città sovra quell'ossa morte; Virgilio (maestro)
20 20 92 e per colei che 'l loco prima elesse, Virgilio (maestro)
20 20 93 Mantua l'appellar sanz'altra sorte. Virgilio (maestro)
20 20 94 Già fuor le genti sue dentro più spesse, Virgilio (maestro)
20 20 95 prima che la mattia da Casalodi Virgilio (maestro)
20 20 96 da Pinamonte inganno ricevesse. Virgilio (maestro)
20 20 97 Però t'assenno che, se tu mai odi Virgilio (maestro)
20 20 98 originar la mia terra altrimenti, Virgilio (maestro)
20 20 99 la verità nulla menzogna frodi». Virgilio (maestro)
20 20 100 E io: «Maestro, i tuoi ragionamenti Dante Alighieri
20 20 101 mi son sì certi e prendon sì mia fede, Dante Alighieri
20 20 102 che li altri mi sarien carboni spenti. Dante Alighieri
20 20 103 Ma dimmi, de la gente che procede, Dante Alighieri
20 20 104 se tu ne vedi alcun degno di nota; Dante Alighieri
20 20 105 ché solo a ciò la mia mente rifiede». Dante Alighieri
20 20 106 Allor mi disse: «Quel che da la gota Virgilio (maestro)
20 20 107 porge la barba in su le spalle brune, Virgilio (maestro)
20 20 108 fu - quando Grecia fu di maschi vòta, Virgilio (maestro)
20 20 109 sì ch'a pena rimaser per le cune - Virgilio (maestro)
20 20 110 augure, e diede 'l punto con Calcanta Virgilio (maestro)
20 20 111 in Aulide a tagliar la prima fune. Virgilio (maestro)
20 20 112 Euripilo ebbe nome, e così 'l canta Virgilio (maestro)
20 20 113 l'alta mia tragedìa in alcun loco: Virgilio (maestro)
20 20 114 ben lo sai tu che la sai tutta quanta. Virgilio (maestro)
20 20 115 Quell'altro che ne' fianchi è così poco, Virgilio (maestro)
20 20 116 Michele Scotto fu, che veramente Virgilio (maestro)
20 20 117 de le magiche frode seppe 'l gioco. Virgilio (maestro)
20 20 118 Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente, Virgilio (maestro)
20 20 119 ch'avere inteso al cuoio e a lo spago Virgilio (maestro)
20 20 120 ora vorrebbe, ma tardi si pente. Virgilio (maestro)
20 20 121 Vedi le triste che lasciaron l'ago, Virgilio (maestro)
20 20 122 la spuola e 'l fuso, e fecersi 'ndivine; Virgilio (maestro)
20 20 123 fecer malie con erbe e con imago. Virgilio (maestro)
20 20 124 Ma vienne omai, ché già tiene 'l confine Virgilio (maestro)
20 20 125 d'amendue li emisperi e tocca l'onda Virgilio (maestro)
20 20 126 sotto Sobilia Caino e le spine; Virgilio (maestro)
20 20 127 e già iernotte fu la luna tonda: Virgilio (maestro)
20 20 128 ben ten de' ricordar, ché non ti nocque Virgilio (maestro)
20 20 129 alcuna volta per la selva fonda». Virgilio (maestro)
20 20 130 Sì mi parlava, e andavamo introcque.  
21 21 1 Così di ponte in ponte, altro parlando  
21 21 2 che la mia comedìa cantar non cura,  
21 21 3 venimmo; e tenavamo il colmo, quando  
21 21 4 restammo per veder l'altra fessura  
21 21 5 di Malebolge e li altri pianti vani;  
21 21 6 e vidila mirabilmente oscura.  
21 21 7 Quale ne l'arzanà de' Viniziani  
21 21 8 bolle l'inverno la tenace pece  
21 21 9 a rimpalmare i legni lor non sani,  
21 21 10 ché navicar non ponno - in quella vece  
21 21 11 chi fa suo legno novo e chi ristoppa  
21 21 12 le coste a quel che più viaggi fece;  
21 21 13 chi ribatte da proda e chi da poppa;  
21 21 14 altri fa remi e altri volge sarte;  
21 21 15 chi terzeruolo e artimon rintoppa;  
21 21 16 tal, non per foco, ma per divin'arte,  
21 21 17 bollia là giuso una pegola spessa,  
21 21 18 che 'nviscava la ripa d'ogne parte.  
21 21 19 I' vedea lei, ma non vedea in essa  
21 21 20 mai che le bolle che 'l bollor levava,  
21 21 21 e gonfiar tutta, e riseder compressa.  
21 21 22 Mentr'io là giù fisamente mirava,  
21 21 23 lo duca mio, dicendo «Guarda, guarda!», Virgilio (maestro)
21 21 24 mi trasse a sé del loco dov'io stava.  
21 21 25 Allor mi volsi come l'uom cui tarda  
21 21 26 di veder quel che li convien fuggire  
21 21 27 e cui paura sùbita sgagliarda,  
21 21 28 che, per veder, non indugia 'l partire:  
21 21 29 e vidi dietro a noi un diavol nero  
21 21 30 correndo su per lo scoglio venire.  
21 21 31 Ahi quant'elli era ne l'aspetto fero!  
21 21 32 e quanto mi parea ne l'atto acerbo,  
21 21 33 con l'ali aperte e sovra i pié leggero!  
21 21 34 L'omero suo, ch'era aguto e superbo,  
21 21 35 carcava un peccator con ambo l'anche,  
21 21 36 e quei tenea de' pié ghermito 'l nerbo.  
21 21 37 Del nostro ponte disse: «O Malebranche, Demonio
21 21 38 ecco un de li anzian di Santa Zita! Demonio
21 21 39 Mettetel sotto, ch'i' torno per anche Demonio
21 21 40 a quella terra che n'è ben fornita: Demonio
21 21 41 ogn'uom v'è barattier, fuor che Bonturo; Demonio
21 21 42 del no, per li denar vi si fa ita». Demonio
21 21 43 Là giù 'l buttò, e per lo scoglio duro  
21 21 44 si volse; e mai non fu mastino sciolto  
21 21 45 con tanta fretta a seguitar lo furo.  
21 21 46 Quel s'attuffò, e tornò sù convolto;  
21 21 47 ma i demon che del ponte avean coperchio,  
21 21 48 gridar: «Qui non ha loco il Santo Volto: Demonio
21 21 49 qui si nuota altrimenti che nel Serchio! Demonio
21 21 50 Però, se tu non vuo' di nostri graffi, Demonio
21 21 51 non far sopra la pegola soverchio». Demonio
21 21 52 Poi l'addentar con più di cento raffi,  
21 21 53 disser: «Coverto convien che qui balli, Demonio
21 21 54 sì che, se puoi, nascosamente accaffi». Demonio
21 21 55 Non altrimenti i cuoci a' lor vassalli  
21 21 56 fanno attuffare in mezzo la caldaia  
21 21 57 la carne con li uncin, perché non galli.  
21 21 58 Lo buon maestro «Acciò che non si paia Virgilio (maestro)
21 21 59 che tu ci sia», mi disse, «giù t'acquatta Virgilio (maestro)
21 21 60 dopo uno scheggio, ch'alcun schermo t'aia; Virgilio (maestro)
21 21 61 e per nulla offension che mi sia fatta, Virgilio (maestro)
21 21 62 non temer tu, ch'i' ho le cose conte, Virgilio (maestro)
21 21 63 perch'altra volta fui a tal baratta». Virgilio (maestro)
21 21 64 Poscia passò di là dal co del ponte;  
21 21 65 e com'el giunse in su la ripa sesta,  
21 21 66 mestier li fu d'aver sicura fronte.  
21 21 67 Con quel furore e con quella tempesta  
21 21 68 ch'escono i cani a dosso al poverello  
21 21 69 che di sùbito chiede ove s'arresta,  
21 21 70 usciron quei di sotto al ponticello,  
21 21 71 e volser contra lui tutt'i runcigli;  
21 21 72 ma el gridò: «Nessun di voi sia fello! Virgilio (maestro)
21 21 73 Innanzi che l'uncin vostro mi pigli, Virgilio (maestro)
21 21 74 traggasi avante l'un di voi che m'oda, Virgilio (maestro)
21 21 75 e poi d'arruncigliarmi si consigli». Virgilio (maestro)
21 21 76 Tutti gridaron: «Vada Malacoda!»; Demonio
21 21 77 per ch'un si mosse - e li altri stetter fermi,  
21 21 78 e venne a lui dicendo: «Che li approda?». Malacoda
21 21 79 «Credi tu, Malacoda, qui vedermi Virgilio (maestro)
21 21 80 esser venuto», disse 'l mio maestro, Virgilio (maestro)
21 21 81 «sicuro già da tutti vostri schermi, Virgilio (maestro)
21 21 82 sanza voler divino e fato destro? Virgilio (maestro)
21 21 83 Lascian'andar, ché nel cielo è voluto Virgilio (maestro)
21 21 84 ch'i' mostri altrui questo cammin silvestro». Virgilio (maestro)
21 21 85 Allor li fu l'orgoglio sì caduto,  
21 21 86 ch'e' si lasciò cascar l'uncino a' piedi,  
21 21 87 e disse a li altri: «Omai non sia feruto». Malacoda
21 21 88 E 'l duca mio a me: «O tu che siedi Virgilio (maestro)
21 21 89 tra li scheggion del ponte quatto quatto, Virgilio (maestro)
21 21 90 sicuramente omai a me ti riedi». Virgilio (maestro)
21 21 91 Per ch'io mi mossi, e a lui venni ratto;  
21 21 92 e i diavoli si fecer tutti avanti,  
21 21 93 sì ch'io temetti ch'ei tenesser patto;  
21 21 94 così vid'io già temer li fanti  
21 21 95 ch'uscivan patteggiati di Caprona,  
21 21 96 veggendo sé tra nemici cotanti.  
21 21 97 I' m'accostai con tutta la persona  
21 21 98 lungo 'l mio duca, e non torceva li occhi  
21 21 99 da la sembianza lor ch'era non buona.  
21 21 100 Ei chinavan li raffi e «Vuo' che 'l tocchi», Demonio
21 21 101 diceva l'un con l'altro, «in sul groppone?». Demonio
21 21 102 E rispondien: «Sì, fa che gliel'accocchi!». Demonio
21 21 103 Ma quel demonio che tenea sermone  
21 21 104 col duca mio, si volse tutto presto,  
21 21 105 e disse: «Posa, posa, Scarmiglione!». Malacoda
21 21 106 Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo Malacoda
21 21 107 iscoglio non si può, però che giace Malacoda
21 21 108 tutto spezzato al fondo l'arco sesto. Malacoda
21 21 109 E se l'andare avante pur vi piace, Malacoda
21 21 110 andatevene su per questa grotta; Malacoda
21 21 111 presso è un altro scoglio che via face. Malacoda
21 21 112 Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta, Malacoda
21 21 113 mille dugento con sessanta sei Malacoda
21 21 114 anni compié che qui la via fu rotta. Malacoda
21 21 115 Io mando verso là di questi miei Malacoda
21 21 116 a riguardar s'alcun se ne sciorina; Malacoda
21 21 117 gite con lor, che non saranno rei». Malacoda
21 21 118 «Tra'ti avante, Alichino, e Calcabrina», Malacoda
21 21 119 cominciò elli a dire, «e tu, Cagnazzo; Malacoda
21 21 120 e Barbariccia guidi la decina. Malacoda
21 21 121 Libicocco vegn'oltre e Draghignazzo, Malacoda
21 21 122 Ciriatto sannuto e Graffiacane Malacoda
21 21 123 e Farfarello e Rubicante pazzo. Malacoda
21 21 124 Cercate 'ntorno le boglienti pane; Malacoda
21 21 125 costor sian salvi infino a l'altro scheggio Malacoda
21 21 126 che tutto intero va sovra le tane». Malacoda
21 21 127 «Omé, maestro, che è quel ch'i' veggio?», Dante Alighieri
21 21 128 diss'io, «deh, sanza scorta andianci soli, Dante Alighieri
21 21 129 se tu sa' ir; ch'i' per me non la cheggio. Dante Alighieri
21 21 130 Se tu se' sì accorto come suoli, Dante Alighieri
21 21 131 non vedi tu ch'e' digrignan li denti, Dante Alighieri
21 21 132 e con le ciglia ne minaccian duoli?». Dante Alighieri
21 21 133 Ed elli a me: «Non vo' che tu paventi; Virgilio (maestro)
21 21 134 lasciali digrignar pur a lor senno, Virgilio (maestro)
21 21 135 ch'e' fanno ciò per li lessi dolenti». Virgilio (maestro)
21 21 136 Per l'argine sinistro volta dienno;  
21 21 137 ma prima avea ciascun la lingua stretta  
21 21 138 coi denti, verso lor duca, per cenno;  
21 21 139 ed elli avea del cul fatto trombetta.  
22 22 1 Io vidi già cavalier muover campo,  
22 22 2 e cominciare stormo e far lor mostra,  
22 22 3 e talvolta partir per loro scampo;  
22 22 4 corridor vidi per la terra vostra,  
22 22 5 o Aretini, e vidi gir gualdane,  
22 22 6 fedir torneamenti e correr giostra;  
22 22 7 quando con trombe, e quando con campane,  
22 22 8 con tamburi e con cenni di castella,  
22 22 9 e con cose nostrali e con istrane;  
22 22 10 né già con sì diversa cennamella  
22 22 11 cavalier vidi muover né pedoni,  
22 22 12 né nave a segno di terra o di stella.  
22 22 13 Noi andavam con li diece demoni.  
22 22 14 Ahi fiera compagnia! ma ne la chiesa  
22 22 15 coi santi, e in taverna coi ghiottoni.  
22 22 16 Pur a la pegola era la mia 'ntesa,  
22 22 17 per veder de la bolgia ogne contegno  
22 22 18 e de la gente ch'entro v'era incesa.  
22 22 19 Come i dalfini, quando fanno segno  
22 22 20 a' marinar con l'arco de la schiena,  
22 22 21 che s'argomentin di campar lor legno,  
22 22 22 talor così, ad alleggiar la pena,  
22 22 23 mostrav'alcun de' peccatori il dosso  
22 22 24 e nascondea in men che non balena.  
22 22 25 E come a l'orlo de l'acqua d'un fosso  
22 22 26 stanno i ranocchi pur col muso fuori,  
22 22 27 sì che celano i piedi e l'altro grosso,  
22 22 28 sì stavan d'ogne parte i peccatori;  
22 22 29 ma come s'appressava Barbariccia,  
22 22 30 così si ritraén sotto i bollori.  
22 22 31 I' vidi, e anco il cor me n'accapriccia,  
22 22 32 uno aspettar così, com'elli 'ncontra  
22 22 33 ch'una rana rimane e l'altra spiccia;  
22 22 34 e Graffiacan, che li era più di contra,  
22 22 35 li arruncigliò le 'mpegolate chiome  
22 22 36 e trassel sù, che mi parve una lontra.  
22 22 37 I' sapea già di tutti quanti 'l nome,  
22 22 38 sì li notai quando fuorono eletti,  
22 22 39 e poi ch'e' si chiamaro, attesi come.  
22 22 40 «O Rubicante, fa che tu li metti Anime Danate
22 22 41 li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!», Anime Danate
22 22 42 gridavan tutti insieme i maladetti.  
22 22 43 E io: «Maestro mio, fa, se tu puoi, Dante Alighieri
22 22 44 che tu sappi chi è lo sciagurato Dante Alighieri
22 22 45 venuto a man de li avversari suoi». Dante Alighieri
22 22 46 Lo duca mio li s'accostò allato;  
22 22 47 domandollo ond'ei fosse, e quei rispuose:  
22 22 48 «I' fui del regno di Navarra nato. Ciampolo da Navarra
22 22 49 Mia madre a servo d'un segnor mi puose, Ciampolo da Navarra
22 22 50 che m'avea generato d'un ribaldo, Ciampolo da Navarra
22 22 51 distruggitor di sé e di sue cose. Ciampolo da Navarra
22 22 52 Poi fui famiglia del buon re Tebaldo: Ciampolo da Navarra
22 22 53 quivi mi misi a far baratteria; Ciampolo da Navarra
22 22 54 di ch'io rendo ragione in questo caldo». Ciampolo da Navarra
22 22 55 E Ciriatto, a cui di bocca uscia  
22 22 56 d'ogne parte una sanna come a porco,  
22 22 57 li fé sentir come l'una sdruscia.  
22 22 58 Tra male gatte era venuto 'l sorco;  
22 22 59 ma Barbariccia il chiuse con le braccia,  
22 22 60 e disse: «State in là, mentr'io lo 'nforco». Barbariccia
22 22 61 E al maestro mio volse la faccia:  
22 22 62 «Domanda», disse, «ancor, se più disii Malacoda
22 22 63 saper da lui, prima ch'altri 'l disfaccia». Malacoda
22 22 64 Lo duca dunque: «Or dì : de li altri rii Virgilio (maestro)
22 22 65 conosci tu alcun che sia latino Virgilio (maestro)
22 22 66 sotto la pece?». E quelli: «I' mi partii, Ciampolo da Navarra
22 22 67 poco é, da un che fu di là vicino. Ciampolo da Navarra
22 22 68 Così foss'io ancor con lui coperto, Ciampolo da Navarra
22 22 69 ch'i' non temerei unghia né uncino!». Ciampolo da Navarra
22 22 70 E Libicocco «Troppo avem sofferto», Libicocco
22 22 71 disse; e preseli 'l braccio col runciglio,  
22 22 72 sì che, stracciando, ne portò un lacerto.  
22 22 73 Draghignazzo anco i volle dar di piglio  
22 22 74 giuso a le gambe; onde 'l decurio loro  
22 22 75 si volse intorno intorno con mal piglio.  
22 22 76 Quand'elli un poco rappaciati fuoro,  
22 22 77 a lui, ch'ancor mirava sua ferita,  
22 22 78 domandò 'l duca mio sanza dimoro:  
22 22 79 «Chi fu colui da cui mala partita Virgilio (maestro)
22 22 80 di' che facesti per venire a proda?». Virgilio (maestro)
22 22 81 Ed ei rispuose: «Fu frate Gomita, Ciampolo da Navarra
22 22 82 quel di Gallura, vasel d'ogne froda, Ciampolo da Navarra
22 22 83 ch'ebbe i nemici di suo donno in mano, Ciampolo da Navarra
22 22 84 e fé sì lor, che ciascun se ne loda. Ciampolo da Navarra
22 22 85 Danar si tolse, e lasciolli di piano, Ciampolo da Navarra
22 22 86 sì com'e' dice; e ne li altri offici anche Ciampolo da Navarra
22 22 87 barattier fu non picciol, ma sovrano. Ciampolo da Navarra
22 22 88 Usa con esso donno Michel Zanche Ciampolo da Navarra
22 22 89 di Logodoro; e a dir di Sardigna Ciampolo da Navarra
22 22 90 le lingue lor non si sentono stanche. Ciampolo da Navarra
22 22 91 Omé, vedete l'altro che digrigna: Ciampolo da Navarra
22 22 92 i' direi anche, ma i' temo ch'ello Ciampolo da Navarra
22 22 93 non s'apparecchi a grattarmi la tigna». Ciampolo da Navarra
22 22 94 E 'l gran proposto, vòlto a Farfarello  
22 22 95 che stralunava li occhi per fedire,  
22 22 96 disse: «Fatti 'n costà, malvagio uccello!». Farfarello
22 22 97 «Se voi volete vedere o udire», Ciampolo da Navarra
22 22 98 ricominciò lo spaurato appresso  
22 22 99 «Toschi o Lombardi, io ne farò venire; Ciampolo da Navarra
22 22 100 ma stieno i Malebranche un poco in cesso, Ciampolo da Navarra
22 22 101 sì ch'ei non teman de le lor vendette; Ciampolo da Navarra
22 22 102 e io, seggendo in questo loco stesso, Ciampolo da Navarra
22 22 103 per un ch'io son, ne farò venir sette Ciampolo da Navarra
22 22 104 quand'io suffolerò, com'è nostro uso Ciampolo da Navarra
22 22 105 di fare allor che fori alcun si mette». Ciampolo da Navarra
22 22 106 Cagnazzo a cotal motto levò 'l muso,  
22 22 107 crollando 'l capo, e disse: «Odi malizia Cagnazzo
22 22 108 ch'elli ha pensata per gittarsi giuso!». Cagnazzo
22 22 109 Ond'ei, ch'avea lacciuoli a gran divizia,  
22 22 110 rispuose: «Malizioso son io troppo, Ciampolo da Navarra
22 22 111 quand'io procuro a' mia maggior trestizia». Ciampolo da Navarra
22 22 112 Alichin non si tenne e, di rintoppo  
22 22 113 a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali, Alichino
22 22 114 io non ti verrò dietro di gualoppo, Alichino
22 22 115 ma batterò sovra la pece l'ali. Alichino
22 22 116 Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo, Alichino
22 22 117 a veder se tu sol più di noi vali». Alichino
22 22 118 O tu che leggi, udirai nuovo ludo:  
22 22 119 ciascun da l'altra costa li occhi volse;  
22 22 120 quel prima, ch'a ciò fare era più crudo.  
22 22 121 Lo Navarrese ben suo tempo colse;  
22 22 122 fermò le piante a terra, e in un punto  
22 22 123 saltò e dal proposto lor si sciolse.  
22 22 124 Di che ciascun di colpa fu compunto,  
22 22 125 ma quei più che cagion fu del difetto;  
22 22 126 però si mosse e gridò: «Tu se' giunto!». Alichino
22 22 127 Ma poco i valse: ché l'ali al sospetto  
22 22 128 non potero avanzar: quelli andò sotto,  
22 22 129 e quei drizzò volando suso il petto:  
22 22 130 non altrimenti l'anitra di botto,  
22 22 131 quando 'l falcon s'appressa, giù s'attuffa,  
22 22 132 ed ei ritorna sù crucciato e rotto.  
22 22 133 Irato Calcabrina de la buffa,  
22 22 134 volando dietro li tenne, invaghito  
22 22 135 che quei campasse per aver la zuffa;  
22 22 136 e come 'l barattier fu disparito,  
22 22 137 così volse li artigli al suo compagno,  
22 22 138 e fu con lui sopra 'l fosso ghermito.  
22 22 139 Ma l'altro fu bene sparvier grifagno  
22 22 140 ad artigliar ben lui, e amendue  
22 22 141 cadder nel mezzo del bogliente stagno.  
22 22 142 Lo caldo sghermitor sùbito fue;  
22 22 143 ma però di levarsi era neente,  
22 22 144 sì avieno inviscate l'ali sue.  
22 22 145 Barbariccia, con li altri suoi dolente,  
22 22 146 quattro ne fé volar da l'altra costa  
22 22 147 con tutt'i raffi, e assai prestamente  
22 22 148 di qua, di là discesero a la posta;  
22 22 149 porser li uncini verso li 'mpaniati,  
22 22 150 ch'eran già cotti dentro da la crosta;  
22 22 151 e noi lasciammo lor così 'mpacciati.  
23 23 1 Taciti, soli, sanza compagnia  
23 23 2 n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo,  
23 23 3 come frati minor vanno per via.  
23 23 4 Vòlt'era in su la favola d'Isopo  
23 23 5 lo mio pensier per la presente rissa,  
23 23 6 dov'el parlò de la rana e del topo;  
23 23 7 ché più non si pareggia 'mo' e 'issa'  
23 23 8 che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia  
23 23 9 principio e fine con la mente fissa.  
23 23 10 E come l'un pensier de l'altro scoppia,  
23 23 11 così nacque di quello un altro poi,  
23 23 12 che la prima paura mi fé doppia.  
23 23 13 Io pensava così: 'Questi per noi  
23 23 14 sono scherniti con danno e con beffa  
23 23 15 sì fatta, ch'assai credo che lor nòi.  
23 23 16 Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa,  
23 23 17 ei ne verranno dietro più crudeli  
23 23 18 che 'l cane a quella lievre ch'elli acceffa'.  
23 23 19 Già mi sentia tutti arricciar li peli  
23 23 20 de la paura e stava in dietro intento,  
23 23 21 quand'io dissi: «Maestro, se non celi Dante Alighieri
23 23 22 te e me tostamente, i' ho pavento Dante Alighieri
23 23 23 d'i Malebranche. Noi li avem già dietro; Dante Alighieri
23 23 24 io li 'magino sì, che già li sento». Dante Alighieri
23 23 25 E quei: «S'i' fossi di piombato vetro, Virgilio (maestro)
23 23 26 l'imagine di fuor tua non trarrei Virgilio (maestro)
23 23 27 più tosto a me, che quella dentro 'mpetro. Virgilio (maestro)
23 23 28 Pur mo venieno i tuo' pensier tra ' miei, Virgilio (maestro)
23 23 29 con simile atto e con simile faccia, Virgilio (maestro)
23 23 30 sì che d'intrambi un sol consiglio fei. Virgilio (maestro)
23 23 31 S'elli è che sì la destra costa giaccia, Virgilio (maestro)
23 23 32 che noi possiam ne l'altra bolgia scendere, Virgilio (maestro)
23 23 33 noi fuggirem l'imaginata caccia». Virgilio (maestro)
23 23 34 Già non compié di tal consiglio rendere,  
23 23 35 ch'io li vidi venir con l'ali tese  
23 23 36 non molto lungi, per volerne prendere.  
23 23 37 Lo duca mio di sùbito mi prese,  
23 23 38 come la madre ch'al romore è desta  
23 23 39 e vede presso a sé le fiamme accese,  
23 23 40 che prende il figlio e fugge e non s'arresta,  
23 23 41 avendo più di lui che di sé cura,  
23 23 42 tanto che solo una camiscia vesta;  
23 23 43 e giù dal collo de la ripa dura  
23 23 44 supin si diede a la pendente roccia,  
23 23 45 che l'un de' lati a l'altra bolgia tura.  
23 23 46 Non corse mai sì tosto acqua per doccia  
23 23 47 a volger ruota di molin terragno,  
23 23 48 quand'ella più verso le pale approccia,  
23 23 49 come 'l maestro mio per quel vivagno,  
23 23 50 portandosene me sovra 'l suo petto,  
23 23 51 come suo figlio, non come compagno.  
23 23 52 A pena fuoro i pié suoi giunti al letto  
23 23 53 del fondo giù, ch'e' furon in sul colle  
23 23 54 sovresso noi; ma non lì era sospetto;  
23 23 55 ché l'alta provedenza che lor volle  
23 23 56 porre ministri de la fossa quinta,  
23 23 57 poder di partirs'indi a tutti tolle.  
23 23 58 Là giù trovammo una gente dipinta  
23 23 59 che giva intorno assai con lenti passi,  
23 23 60 piangendo e nel sembiante stanca e vinta.  
23 23 61 Elli avean cappe con cappucci bassi  
23 23 62 dinanzi a li occhi, fatte de la taglia  
23 23 63 che in Clugnì per li monaci fassi.  
23 23 64 Di fuor dorate son, sì ch'elli abbaglia;  
23 23 65 ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,  
23 23 66 che Federigo le mettea di paglia.  
23 23 67 Oh in etterno faticoso manto!  
23 23 68 Noi ci volgemmo ancor pur a man manca  
23 23 69 con loro insieme, intenti al tristo pianto;  
23 23 70 ma per lo peso quella gente stanca  
23 23 71 venìa sì pian, che noi eravam nuovi  
23 23 72 di compagnia ad ogne mover d'anca.  
23 23 73 Per ch'io al duca mio: «Fa che tu trovi Dante Alighieri
23 23 74 alcun ch'al fatto o al nome si conosca, Dante Alighieri
23 23 75 e li occhi, sì andando, intorno movi». Dante Alighieri
23 23 76 E un che 'ntese la parola tosca,  
23 23 77 di retro a noi gridò: «Tenete i piedi, Catalano dei Malavolti
23 23 78 voi che correte sì per l'aura fosca! Catalano dei Malavolti
23 23 79 Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi». Catalano dei Malavolti
23 23 80 Onde 'l duca si volse e disse: «Aspetta Virgilio (maestro)
23 23 81 e poi secondo il suo passo procedi». Virgilio (maestro)
23 23 82 Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta  
23 23 83 de l'animo, col viso, d'esser meco;  
23 23 84 ma tardavali 'l carco e la via stretta.  
23 23 85 Quando fuor giunti, assai con l'occhio bieco  
23 23 86 mi rimiraron sanza far parola;  
23 23 87 poi si volsero in sé, e dicean seco:  
23 23 88 «Costui par vivo a l'atto de la gola; Catalano dei Malavolti
23 23 89 e s'e' son morti, per qual privilegio Catalano dei Malavolti
23 23 90 vanno scoperti de la grave stola?». Catalano dei Malavolti
23 23 91 Poi disser me: «O Tosco, ch'al collegio Catalano dei Malavolti
23 23 92 de l'ipocriti tristi se' venuto, Catalano dei Malavolti
23 23 93 dir chi tu se' non avere in dispregio». Catalano dei Malavolti
23 23 94 E io a loro: «I' fui nato e cresciuto Dante Alighieri
23 23 95 sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa, Dante Alighieri
23 23 96 e son col corpo ch'i' ho sempre avuto. Dante Alighieri
23 23 97 Ma voi chi siete, a cui tanto distilla Dante Alighieri
23 23 98 quant'i' veggio dolor giù per le guance? Dante Alighieri
23 23 99 e che pena è in voi che sì sfavilla?». Dante Alighieri
23 23 100 E l'un rispuose a me: «Le cappe rance Catalano dei Malavolti
23 23 101 son di piombo sì grosse, che li pesi Catalano dei Malavolti
23 23 102 fan così cigolar le lor bilance. Catalano dei Malavolti
23 23 103 Frati godenti fummo, e bolognesi; Catalano dei Malavolti
23 23 104 io Catalano e questi Loderingo Catalano dei Malavolti
23 23 105 nomati, e da tua terra insieme presi, Catalano dei Malavolti
23 23 106 come suole esser tolto un uom solingo, Catalano dei Malavolti
23 23 107 per conservar sua pace; e fummo tali, Catalano dei Malavolti
23 23 108 ch'ancor si pare intorno dal Gardingo». Catalano dei Malavolti
23 23 109 Io cominciai: «O frati, i vostri mali...»; Dante Alighieri
23 23 110 ma più non dissi, ch'a l'occhio mi corse  
23 23 111 un, crucifisso in terra con tre pali.  
23 23 112 Quando mi vide, tutto si distorse,  
23 23 113 soffiando ne la barba con sospiri;  
23 23 114 e 'l frate Catalan, ch'a ciò s'accorse,  
23 23 115 mi disse: «Quel confitto che tu miri, Catalano dei Malavolti
23 23 116 consigliò i Farisei che convenia Catalano dei Malavolti
23 23 117 porre un uom per lo popolo a' martìri. Catalano dei Malavolti
23 23 118 Attraversato é, nudo, ne la via, Catalano dei Malavolti
23 23 119 come tu vedi, ed è mestier ch'el senta Catalano dei Malavolti
23 23 120 qualunque passa, come pesa, pria. Catalano dei Malavolti
23 23 121 E a tal modo il socero si stenta Catalano dei Malavolti
23 23 122 in questa fossa, e li altri dal concilio Catalano dei Malavolti
23 23 123 che fu per li Giudei mala sementa». Catalano dei Malavolti
23 23 124 Allor vid'io maravigliar Virgilio  
23 23 125 sovra colui ch'era disteso in croce  
23 23 126 tanto vilmente ne l'etterno essilio.  
23 23 127 Poscia drizzò al frate cotal voce:  
23 23 128 «Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci Virgilio (maestro)
23 23 129 s'a la man destra giace alcuna foce Virgilio (maestro)
23 23 130 onde noi amendue possiamo uscirci, Virgilio (maestro)
23 23 131 sanza costrigner de li angeli neri Virgilio (maestro)
23 23 132 che vegnan d'esto fondo a dipartirci». Virgilio (maestro)
23 23 133 Rispuose adunque: «Più che tu non speri Catalano dei Malavolti
23 23 134 s'appressa un sasso che de la gran cerchia Catalano dei Malavolti
23 23 135 si move e varca tutt'i vallon feri, Catalano dei Malavolti
23 23 136 salvo che 'n questo è rotto e nol coperchia: Catalano dei Malavolti
23 23 137 montar potrete su per la ruina, Catalano dei Malavolti
23 23 138 che giace in costa e nel fondo soperchia». Catalano dei Malavolti
23 23 139 Lo duca stette un poco a testa china;  
23 23 140 poi disse: «Mal contava la bisogna Virgilio (maestro)
23 23 141 colui che i peccator di qua uncina». Virgilio (maestro)
23 23 142 E 'l frate: «Io udi' già dire a Bologna Catalano dei Malavolti
23 23 143 del diavol vizi assai, tra ' quali udi' Catalano dei Malavolti
23 23 144 ch'elli è bugiardo, e padre di menzogna». Catalano dei Malavolti
23 23 145 Appresso il duca a gran passi sen gì,  
23 23 146 turbato un poco d'ira nel sembiante;  
23 23 147 ond'io da li 'ncarcati mi parti'  
23 23 148 dietro a le poste de le care piante.  
24 24 1 In quella parte del giovanetto anno  
24 24 2 che 'l sole i crin sotto l'Aquario tempra  
24 24 3 e già le notti al mezzo dì sen vanno,  
24 24 4 quando la brina in su la terra assempra  
24 24 5 l'imagine di sua sorella bianca,  
24 24 6 ma poco dura a la sua penna tempra,  
24 24 7 lo villanello a cui la roba manca,  
24 24 8 si leva, e guarda, e vede la campagna  
24 24 9 biancheggiar tutta; ond'ei si batte l'anca,  
24 24 10 ritorna in casa, e qua e là si lagna,  
24 24 11 come 'l tapin che non sa che si faccia;  
24 24 12 poi riede, e la speranza ringavagna,  
24 24 13 veggendo 'l mondo aver cangiata faccia  
24 24 14 in poco d'ora, e prende suo vincastro,  
24 24 15 e fuor le pecorelle a pascer caccia.  
24 24 16 Così mi fece sbigottir lo mastro  
24 24 17 quand'io li vidi sì turbar la fronte,  
24 24 18 e così tosto al mal giunse lo 'mpiastro;  
24 24 19 ché, come noi venimmo al guasto ponte,  
24 24 20 lo duca a me si volse con quel piglio  
24 24 21 dolce ch'io vidi prima a pié del monte.  
24 24 22 Le braccia aperse, dopo alcun consiglio  
24 24 23 eletto seco riguardando prima  
24 24 24 ben la ruina, e diedemi di piglio.  
24 24 25 E come quei ch'adopera ed estima,  
24 24 26 che sempre par che 'nnanzi si proveggia,  
24 24 27 così, levando me sù ver la cima  
24 24 28 d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia  
24 24 29 dicendo: «Sovra quella poi t'aggrappa; Virgilio (maestro)
24 24 30 ma tenta pria s'è tal ch'ella ti reggia». Virgilio (maestro)
24 24 31 Non era via da vestito di cappa,  
24 24 32 ché noi a pena, ei lieve e io sospinto,  
24 24 33 potavam sù montar di chiappa in chiappa.  
24 24 34 E se non fosse che da quel precinto  
24 24 35 più che da l'altro era la costa corta,  
24 24 36 non so di lui, ma io sarei ben vinto.  
24 24 37 Ma perché Malebolge inver' la porta  
24 24 38 del bassissimo pozzo tutta pende,  
24 24 39 lo sito di ciascuna valle porta  
24 24 40 che l'una costa surge e l'altra scende;  
24 24 41 noi pur venimmo al fine in su la punta  
24 24 42 onde l'ultima pietra si scoscende.  
24 24 43 La lena m'era del polmon sì munta  
24 24 44 quand'io fui sù, ch'i' non potea più oltre,  
24 24 45 anzi m'assisi ne la prima giunta.  
24 24 46 «Omai convien che tu così ti spoltre», Virgilio (maestro)
24 24 47 disse 'l maestro; «ché, seggendo in piuma, Virgilio (maestro)
24 24 48 in fama non si vien, né sotto coltre; Virgilio (maestro)
24 24 49 sanza la qual chi sua vita consuma, Virgilio (maestro)
24 24 50 cotal vestigio in terra di sé lascia, Virgilio (maestro)
24 24 51 qual fummo in aere e in acqua la schiuma. Virgilio (maestro)
24 24 52 E però leva sù: vinci l'ambascia Virgilio (maestro)
24 24 53 con l'animo che vince ogne battaglia, Virgilio (maestro)
24 24 54 se col suo grave corpo non s'accascia. Virgilio (maestro)
24 24 55 Più lunga scala convien che si saglia; Virgilio (maestro)
24 24 56 non basta da costoro esser partito. Virgilio (maestro)
24 24 57 Se tu mi 'ntendi, or fa sì che ti vaglia». Virgilio (maestro)
24 24 58 Leva'mi allor, mostrandomi fornito  
24 24 59 meglio di lena ch'i' non mi sentìa;  
24 24 60 e dissi: «Va, ch'i' son forte e ardito». Dante Alighieri
24 24 61 Su per lo scoglio prendemmo la via,  
24 24 62 ch'era ronchioso, stretto e malagevole,  
24 24 63 ed erto più assai che quel di pria.  
24 24 64 Parlando andava per non parer fievole;  
24 24 65 onde una voce uscì de l'altro fosso,  
24 24 66 a parole formar disconvenevole.  
24 24 67 Non so che disse, ancor che sovra 'l dosso  
24 24 68 fossi de l'arco già che varca quivi;  
24 24 69 ma chi parlava ad ire parea mosso.  
24 24 70 Io era vòlto in giù, ma li occhi vivi  
24 24 71 non poteano ire al fondo per lo scuro;  
24 24 72 per ch'io: «Maestro, fa che tu arrivi Dante Alighieri
24 24 73 da l'altro cinghio e dismontiam lo muro; Dante Alighieri
24 24 74 ché, com'i' odo quinci e non intendo, Dante Alighieri
24 24 75 così giù veggio e neente affiguro». Dante Alighieri
24 24 76 «Altra risposta», disse, «non ti rendo Virgilio (maestro)
24 24 77 se non lo far; ché la dimanda onesta Virgilio (maestro)
24 24 78 si de' seguir con l'opera tacendo». Virgilio (maestro)
24 24 79 Noi discendemmo il ponte da la testa  
24 24 80 dove s'aggiugne con l'ottava ripa,  
24 24 81 e poi mi fu la bolgia manifesta:  
24 24 82 e vidivi entro terribile stipa  
24 24 83 di serpenti, e di sì diversa mena  
24 24 84 che la memoria il sangue ancor mi scipa.  
24 24 85 Più non si vanti Libia con sua rena;  
24 24 86 ché se chelidri, iaculi e faree  
24 24 87 produce, e cencri con anfisibena,  
24 24 88 né tante pestilenzie né sì ree  
24 24 89 mostrò già mai con tutta l'Etiopia  
24 24 90 né con ciò che di sopra al Mar Rosso ée.  
24 24 91 Tra questa cruda e tristissima copia  
24 24 92 correan genti nude e spaventate,  
24 24 93 sanza sperar pertugio o elitropia:  
24 24 94 con serpi le man dietro avean legate;  
24 24 95 quelle ficcavan per le ren la coda  
24 24 96 e 'l capo, ed eran dinanzi aggroppate.  
24 24 97 Ed ecco a un ch'era da nostra proda,  
24 24 98 s'avventò un serpente che 'l trafisse  
24 24 99 là dove 'l collo a le spalle s'annoda.  
24 24 100 Né O sì tosto mai né I si scrisse,  
24 24 101 com'el s'accese e arse, e cener tutto  
24 24 102 convenne che cascando divenisse;  
24 24 103 e poi che fu a terra sì distrutto,  
24 24 104 la polver si raccolse per sé stessa,  
24 24 105 e 'n quel medesmo ritornò di butto.  
24 24 106 Così per li gran savi si confessa  
24 24 107 che la fenice more e poi rinasce,  
24 24 108 quando al cinquecentesimo anno appressa;  
24 24 109 erba né biado in sua vita non pasce,  
24 24 110 ma sol d'incenso lagrime e d'amomo,  
24 24 111 e nardo e mirra son l'ultime fasce.  
24 24 112 E qual è quel che cade, e non sa como,  
24 24 113 per forza di demon ch'a terra il tira,  
24 24 114 o d'altra oppilazion che lega l'omo,  
24 24 115 quando si leva, che 'ntorno si mira  
24 24 116 tutto smarrito de la grande angoscia  
24 24 117 ch'elli ha sofferta, e guardando sospira:  
24 24 118 tal era il peccator levato poscia.  
24 24 119 Oh potenza di Dio, quant'è severa,  
24 24 120 che cotai colpi per vendetta croscia!  
24 24 121 Lo duca il domandò poi chi ello era;  
24 24 122 per ch'ei rispuose: «Io piovvi di Toscana, Vanni Fucci
24 24 123 poco tempo é, in questa gola fiera. Vanni Fucci
24 24 124 Vita bestial mi piacque e non umana, Vanni Fucci
24 24 125 sì come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci Vanni Fucci
24 24 126 bestia, e Pistoia mi fu degna tana». Vanni Fucci
24 24 127 E io al duca: «Dilli che non mucci, Dante Alighieri
24 24 128 e domanda che colpa qua giù 'l pinse; Dante Alighieri
24 24 129 ch'io 'l vidi uomo di sangue e di crucci». Dante Alighieri
24 24 130 E 'l peccator, che 'ntese, non s'infinse,  
24 24 131 ma drizzò verso me l'animo e 'l volto,  
24 24 132 e di trista vergogna si dipinse;  
24 24 133 poi disse: «Più mi duol che tu m'hai colto Vanni Fucci
24 24 134 ne la miseria dove tu mi vedi, Vanni Fucci
24 24 135 che quando fui de l'altra vita tolto. Vanni Fucci
24 24 136 Io non posso negar quel che tu chiedi; Vanni Fucci
24 24 137 in giù son messo tanto perch'io fui Vanni Fucci
24 24 138 ladro a la sagrestia d'i belli arredi, Vanni Fucci
24 24 139 e falsamente già fu apposto altrui. Vanni Fucci
24 24 140 Ma perché di tal vista tu non godi, Vanni Fucci
24 24 141 se mai sarai di fuor da' luoghi bui, Vanni Fucci
24 24 142 apri li orecchi al mio annunzio, e odi: Vanni Fucci
24 24 143 Pistoia in pria d'i Neri si dimagra; Vanni Fucci
24 24 144 poi Fiorenza rinova gente e modi. Vanni Fucci
24 24 145 Tragge Marte vapor di Val di Magra Vanni Fucci
24 24 146 ch'è di torbidi nuvoli involuto; Vanni Fucci
24 24 147 e con tempesta impetuosa e agra Vanni Fucci
24 24 148 sovra Campo Picen fia combattuto; Vanni Fucci
24 24 149 ond'ei repente spezzerà la nebbia, Vanni Fucci
24 24 150 sì ch'ogne Bianco ne sarà feruto. Vanni Fucci
24 24 151 E detto l'ho perché doler ti debbia!». Vanni Fucci
25 25 1 Al fine de le sue parole il ladro  
25 25 2 le mani alzò con amendue le fiche,  
25 25 3 gridando: «Togli, Dio, ch'a te le squadro!». Vanni Fucci
25 25 4 Da indi in qua mi fuor le serpi amiche,  
25 25 5 perch'una li s'avvolse allora al collo,  
25 25 6 come dicesse 'Non vo' che più diche'; Serpente
25 25 7 e un'altra a le braccia, e rilegollo,  
25 25 8 ribadendo sé stessa sì dinanzi,  
25 25 9 che non potea con esse dare un crollo.  
25 25 10 Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi  
25 25 11 d'incenerarti sì che più non duri,  
25 25 12 poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi?  
25 25 13 Per tutt'i cerchi de lo 'nferno scuri  
25 25 14 non vidi spirto in Dio tanto superbo,  
25 25 15 non quel che cadde a Tebe giù da' muri.  
25 25 16 El si fuggì che non parlò più verbo;  
25 25 17 e io vidi un centauro pien di rabbia  
25 25 18 venir chiamando: «Ov'è, ov'è l'acerbo?». Centauro
25 25 19 Maremma non cred'io che tante n'abbia,  
25 25 20 quante bisce elli avea su per la groppa  
25 25 21 infin ove comincia nostra labbia.  
25 25 22 Sovra le spalle, dietro da la coppa,  
25 25 23 con l'ali aperte li giacea un draco;  
25 25 24 e quello affuoca qualunque s'intoppa.  
25 25 25 Lo mio maestro disse: «Questi è Caco, Virgilio (maestro)
25 25 26 che sotto 'l sasso di monte Aventino Virgilio (maestro)
25 25 27 di sangue fece spesse volte laco. Virgilio (maestro)
25 25 28 Non va co' suoi fratei per un cammino, Virgilio (maestro)
25 25 29 per lo furto che frodolente fece Virgilio (maestro)
25 25 30 del grande armento ch'elli ebbe a vicino; Virgilio (maestro)
25 25 31 onde cessar le sue opere biece Virgilio (maestro)
25 25 32 sotto la mazza d'Ercule, che forse Virgilio (maestro)
25 25 33 gliene dié cento, e non sentì le diece». Virgilio (maestro)
25 25 34 Mentre che sì parlava, ed el trascorse  
25 25 35 e tre spiriti venner sotto noi,  
25 25 36 de' quali né io né 'l duca mio s'accorse,  
25 25 37 se non quando gridar: «Chi siete voi?»; +++
25 25 38 per che nostra novella si ristette,  
25 25 39 e intendemmo pur ad essi poi.  
25 25 40 Io non li conoscea; ma ei seguette,  
25 25 41 come suol seguitar per alcun caso,  
25 25 42 che l'un nomar un altro convenette,  
25 25 43 dicendo: «Cianfa dove fia rimaso?»; +++
25 25 44 per ch'io, acciò che 'l duca stesse attento,  
25 25 45 mi puosi 'l dito su dal mento al naso.  
25 25 46 Se tu se' or, lettore, a creder lento  
25 25 47 ciò ch'io dirò, non sarà maraviglia,  
25 25 48 ché io che 'l vidi, a pena il mi consento.  
25 25 49 Com'io tenea levate in lor le ciglia,  
25 25 50 e un serpente con sei pié si lancia  
25 25 51 dinanzi a l'uno, e tutto a lui s'appiglia.  
25 25 52 Co' pié di mezzo li avvinse la pancia,  
25 25 53 e con li anterior le braccia prese;  
25 25 54 poi li addentò e l'una e l'altra guancia;  
25 25 55 li diretani a le cosce distese,  
25 25 56 e miseli la coda tra 'mbedue,  
25 25 57 e dietro per le ren sù la ritese.  
25 25 58 Ellera abbarbicata mai non fue  
25 25 59 ad alber sì, come l'orribil fiera  
25 25 60 per l'altrui membra avviticchiò le sue.  
25 25 61 Poi s'appiccar, come di calda cera  
25 25 62 fossero stati, e mischiar lor colore,  
25 25 63 né l'un né l'altro già parea quel ch'era:  
25 25 64 come procede innanzi da l'ardore,  
25 25 65 per lo papiro suso, un color bruno  
25 25 66 che non è nero ancora e 'l bianco more.  
25 25 67 Li altri due 'l riguardavano, e ciascuno  
25 25 68 gridava: «Omé, Agnel, come ti muti! Anime Danate
25 25 69 Vedi che già non se' né due né uno».  
25 25 70 Già eran li due capi un divenuti,  
25 25 71 quando n'apparver due figure miste  
25 25 72 in una faccia, ov'eran due perduti.  
25 25 73 Fersi le braccia due di quattro liste;  
25 25 74 le cosce con le gambe e 'l ventre e 'l casso  
25 25 75 divenner membra che non fuor mai viste.  
25 25 76 Ogne primaio aspetto ivi era casso:  
25 25 77 due e nessun l'imagine perversa  
25 25 78 parea; e tal sen gio con lento passo.  
25 25 79 Come 'l ramarro sotto la gran fersa  
25 25 80 dei dì canicular, cangiando sepe,  
25 25 81 folgore par se la via attraversa,  
25 25 82 sì pareva, venendo verso l'epe  
25 25 83 de li altri due, un serpentello acceso,  
25 25 84 livido e nero come gran di pepe;  
25 25 85 e quella parte onde prima è preso  
25 25 86 nostro alimento, a l'un di lor trafisse;  
25 25 87 poi cadde giuso innanzi lui disteso.  
25 25 88 Lo trafitto 'l mirò, ma nulla disse;  
25 25 89 anzi, co' pié fermati, sbadigliava  
25 25 90 pur come sonno o febbre l'assalisse.  
25 25 91 Elli 'l serpente, e quei lui riguardava;  
25 25 92 l'un per la piaga, e l'altro per la bocca  
25 25 93 fummavan forte, e 'l fummo si scontrava.  
25 25 94 Taccia Lucano ormai là dove tocca  
25 25 95 del misero Sabello e di Nasidio,  
25 25 96 e attenda a udir quel ch'or si scocca.  
25 25 97 Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio;  
25 25 98 ché se quello in serpente e quella in fonte  
25 25 99 converte poetando, io non lo 'nvidio;  
25 25 100 ché due nature mai a fronte a fronte  
25 25 101 non trasmutò sì ch'amendue le forme  
25 25 102 a cambiar lor matera fosser pronte.  
25 25 103 Insieme si rispuosero a tai norme,  
25 25 104 che 'l serpente la coda in forca fesse,  
25 25 105 e il feruto ristrinse insieme l'orme.  
25 25 106 Le gambe con le cosce seco stesse  
25 25 107 s'appiccar sì, che 'n poco la giuntura  
25 25 108 non facea segno alcun che si paresse.  
25 25 109 Togliea la coda fessa la figura  
25 25 110 che si perdeva là, e la sua pelle  
25 25 111 si facea molle, e quella di là dura.  
25 25 112 Io vidi intrar le braccia per l'ascelle,  
25 25 113 e i due pié de la fiera, ch'eran corti,  
25 25 114 tanto allungar quanto accorciavan quelle.  
25 25 115 Poscia li pié di retro, insieme attorti,  
25 25 116 diventaron lo membro che l'uom cela,  
25 25 117 e 'l misero del suo n'avea due porti.  
25 25 118 Mentre che 'l fummo l'uno e l'altro vela  
25 25 119 di color novo, e genera 'l pel suso  
25 25 120 per l'una parte e da l'altra il dipela,  
25 25 121 l'un si levò e l'altro cadde giuso,  
25 25 122 non torcendo però le lucerne empie,  
25 25 123 sotto le quai ciascun cambiava muso.  
25 25 124 Quel ch'era dritto, il trasse ver' le tempie,  
25 25 125 e di troppa matera ch'in là venne  
25 25 126 uscir li orecchi de le gote scempie;  
25 25 127 ciò che non corse in dietro e si ritenne  
25 25 128 di quel soverchio, fé naso a la faccia  
25 25 129 e le labbra ingrossò quanto convenne.  
25 25 130 Quel che giacea, il muso innanzi caccia,  
25 25 131 e li orecchi ritira per la testa  
25 25 132 come face le corna la lumaccia;  
25 25 133 e la lingua, ch'avea unita e presta  
25 25 134 prima a parlar, si fende, e la forcuta  
25 25 135 ne l'altro si richiude; e 'l fummo resta.  
25 25 136 L'anima ch'era fiera divenuta,  
25 25 137 suffolando si fugge per la valle,  
25 25 138 e l'altro dietro a lui parlando sputa.  
25 25 139 Poscia li volse le novelle spalle,  
25 25 140 e disse a l'altro: «I' vo' che Buoso corra, Francesco de' Cavalcanti
25 25 141 com'ho fatt'io, carpon per questo calle». Francesco de' Cavalcanti
25 25 142 Così vid'io la settima zavorra  
25 25 143 mutare e trasmutare; e qui mi scusi  
25 25 144 la novità se fior la penna abborra.  
25 25 145 E avvegna che li occhi miei confusi  
25 25 146 fossero alquanto e l'animo smagato,  
25 25 147 non poter quei fuggirsi tanto chiusi,  
25 25 148 ch'i' non scorgessi ben Puccio Sciancato;  
25 25 149 ed era quel che sol, di tre compagni  
25 25 150 che venner prima, non era mutato;  
25 25 151 l'altr'era quel che tu, Gaville, piagni.  
26 26 1 Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande,  
26 26 2 che per mare e per terra batti l'ali,  
26 26 3 e per lo 'nferno tuo nome si spande!  
26 26 4 Tra li ladron trovai cinque cotali  
26 26 5 tuoi cittadini onde mi ven vergogna,  
26 26 6 e tu in grande orranza non ne sali.  
26 26 7 Ma se presso al mattin del ver si sogna,  
26 26 8 tu sentirai di qua da picciol tempo  
26 26 9 di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.  
26 26 10 E se già fosse, non saria per tempo.  
26 26 11 Così foss'ei, da che pur esser dee!  
26 26 12 ché più mi graverà, com'più m'attempo.  
26 26 13 Noi ci partimmo, e su per le scalee  
26 26 14 che n'avea fatto iborni a scender pria,  
26 26 15 rimontò 'l duca mio e trasse mee;  
26 26 16 e proseguendo la solinga via,  
26 26 17 tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio  
26 26 18 lo pié sanza la man non si spedia.  
26 26 19 Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio  
26 26 20 quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi,  
26 26 21 e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio,  
26 26 22 perché non corra che virtù nol guidi;  
26 26 23 sì che, se stella bona o miglior cosa  
26 26 24 m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.  
26 26 25 Quante 'l villan ch'al poggio si riposa,  
26 26 26 nel tempo che colui che 'l mondo schiara  
26 26 27 la faccia sua a noi tien meno ascosa,  
26 26 28 come la mosca cede alla zanzara,  
26 26 29 vede lucciole giù per la vallea,  
26 26 30 forse colà dov'e' vendemmia e ara:  
26 26 31 di tante fiamme tutta risplendea  
26 26 32 l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi  
26 26 33 tosto che fui là 've 'l fondo parea.  
26 26 34 E qual colui che si vengiò con li orsi  
26 26 35 vide 'l carro d'Elia al dipartire,  
26 26 36 quando i cavalli al cielo erti levorsi,  
26 26 37 che nol potea sì con li occhi seguire,  
26 26 38 ch'el vedesse altro che la fiamma sola,  
26 26 39 sì come nuvoletta, in sù salire:  
26 26 40 tal si move ciascuna per la gola  
26 26 41 del fosso, ché nessuna mostra 'l furto,  
26 26 42 e ogne fiamma un peccatore invola.  
26 26 43 Io stava sovra 'l ponte a veder surto,  
26 26 44 sì che s'io non avessi un ronchion preso,  
26 26 45 caduto sarei giù sanz'esser urto.  
26 26 46 E 'l duca che mi vide tanto atteso,  
26 26 47 disse: «Dentro dai fuochi son li spirti; Virgilio (maestro)
26 26 48 catun si fascia di quel ch'elli è inceso». Virgilio (maestro)
26 26 49 «Maestro mio», rispuos'io, «per udirti Dante Alighieri
26 26 50 son io più certo; ma già m'era avviso  
26 26 51 che così fosse, e già voleva dirti:  
26 26 52 chi è 'n quel foco che vien sì diviso  
26 26 53 di sopra, che par surger de la pira  
26 26 54 dov'Eteòcle col fratel fu miso?».  
26 26 55 Rispuose a me: «Là dentro si martira Virgilio (maestro)
26 26 56 Ulisse e Diomede, e così insieme Virgilio (maestro)
26 26 57 a la vendetta vanno come a l'ira; Virgilio (maestro)
26 26 58 e dentro da la lor fiamma si geme Virgilio (maestro)
26 26 59 l'agguato del caval che fé la porta Virgilio (maestro)
26 26 60 onde uscì de' Romani il gentil seme. Virgilio (maestro)
26 26 61 Piangevisi entro l'arte per che, morta, Virgilio (maestro)
26 26 62 Deidamìa ancor si duol d'Achille, Virgilio (maestro)
26 26 63 e del Palladio pena vi si porta». Virgilio (maestro)
26 26 64 «S'ei posson dentro da quelle faville Dante Alighieri
26 26 65 parlar», diss'io, «maestro, assai ten priego Dante Alighieri
26 26 66 e ripriego, che 'l priego vaglia mille, Dante Alighieri
26 26 67 che non mi facci de l'attender niego Dante Alighieri
26 26 68 fin che la fiamma cornuta qua vegna; Dante Alighieri
26 26 69 vedi che del disio ver' lei mi piego!». Dante Alighieri
26 26 70 Ed elli a me: «La tua preghiera è degna Virgilio (maestro)
26 26 71 di molta loda, e io però l'accetto; Virgilio (maestro)
26 26 72 ma fa che la tua lingua si sostegna. Virgilio (maestro)
26 26 73 Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto Virgilio (maestro)
26 26 74 ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi, Virgilio (maestro)
26 26 75 perch'e' fuor greci, forse del tuo detto». Virgilio (maestro)
26 26 76 Poi che la fiamma fu venuta quivi  
26 26 77 dove parve al mio duca tempo e loco,  
26 26 78 in questa forma lui parlare audivi:  
26 26 79 «O voi che siete due dentro ad un foco, Virgilio (maestro)
26 26 80 s'io meritai di voi mentre ch'io vissi, Virgilio (maestro)
26 26 81 s'io meritai di voi assai o poco Virgilio (maestro)
26 26 82 quando nel mondo li alti versi scrissi, Virgilio (maestro)
26 26 83 non vi movete; ma l'un di voi dica Virgilio (maestro)
26 26 84 dove, per lui, perduto a morir gissi». Virgilio (maestro)
26 26 85 Lo maggior corno de la fiamma antica  
26 26 86 cominciò a crollarsi mormorando  
26 26 87 pur come quella cui vento affatica;  
26 26 88 indi la cima qua e là menando,  
26 26 89 come fosse la lingua che parlasse,  
26 26 90 gittò voce di fuori, e disse: «Quando Ulisse
26 26 91 mi diparti' da Circe, che sottrasse Ulisse
26 26 92 me più d'un anno là presso a Gaeta, Ulisse
26 26 93 prima che sì Enea la nomasse, Ulisse
26 26 94 né dolcezza di figlio, né la pieta Ulisse
26 26 95 del vecchio padre, né 'l debito amore Ulisse
26 26 96 lo qual dovea Penelopé far lieta, Ulisse
26 26 97 vincer potero dentro a me l'ardore Ulisse
26 26 98 ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto, Ulisse
26 26 99 e de li vizi umani e del valore; Ulisse
26 26 100 ma misi me per l'alto mare aperto Ulisse
26 26 101 sol con un legno e con quella compagna Ulisse
26 26 102 picciola da la qual non fui diserto. Ulisse
26 26 103 L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna, Ulisse
26 26 104 fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi, Ulisse
26 26 105 e l'altre che quel mare intorno bagna. Ulisse
26 26 106 Io e ' compagni eravam vecchi e tardi Ulisse
26 26 107 quando venimmo a quella foce stretta Ulisse
26 26 108 dov'Ercule segnò li suoi riguardi, Ulisse
26 26 109 acciò che l'uom più oltre non si metta: Ulisse
26 26 110 da la man destra mi lasciai Sibilia, Ulisse
26 26 111 da l'altra già m'avea lasciata Setta. Ulisse
26 26 112 O frati, dissi "che per cento milia Ulisse
26 26 113 perigli siete giunti a l'occidente, Ulisse
26 26 114 a questa tanto picciola vigilia Ulisse
26 26 115 d'i nostri sensi ch'è del rimanente, Ulisse
26 26 116 non vogliate negar l'esperienza, Ulisse
26 26 117 di retro al sol, del mondo sanza gente. Ulisse
26 26 118 Considerate la vostra semenza: Ulisse
26 26 119 fatti non foste a viver come bruti, Ulisse
26 26 120 ma per seguir virtute e canoscenza". Ulisse
26 26 121 Li miei compagni fec'io sì aguti, Ulisse
26 26 122 con questa orazion picciola, al cammino, Ulisse
26 26 123 che a pena poscia li avrei ritenuti; Ulisse
26 26 124 e volta nostra poppa nel mattino, Ulisse
26 26 125 de' remi facemmo ali al folle volo, Ulisse
26 26 126 sempre acquistando dal lato mancino. Ulisse
26 26 127 Tutte le stelle già de l'altro polo Ulisse
26 26 128 vedea la notte e 'l nostro tanto basso, Ulisse
26 26 129 che non surgea fuor del marin suolo. Ulisse
26 26 130 Cinque volte racceso e tante casso Ulisse
26 26 131 lo lume era di sotto da la luna, Ulisse
26 26 132 poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, Ulisse
26 26 133 quando n'apparve una montagna, bruna Ulisse
26 26 134 per la distanza, e parvemi alta tanto Ulisse
26 26 135 quanto veduta non avea alcuna. Ulisse
26 26 136 Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto, Ulisse
26 26 137 ché de la nova terra un turbo nacque, Ulisse
26 26 138 e percosse del legno il primo canto. Ulisse
26 26 139 Tre volte il fé girar con tutte l'acque; Ulisse
26 26 140 a la quarta levar la poppa in suso Ulisse
26 26 141 e la prora ire in giù, com'altrui piacque, Ulisse
26 26 142 infin che 'l mar fu sovra noi richiuso». Ulisse
27 27 1 Già era dritta in sù la fiamma e queta  
27 27 2 per non dir più, e già da noi sen gia  
27 27 3 con la licenza del dolce poeta,  
27 27 4 quand'un'altra, che dietro a lei venia,  
27 27 5 ne fece volger li occhi a la sua cima  
27 27 6 per un confuso suon che fuor n'uscia.  
27 27 7 Come 'l bue cicilian che mugghiò prima  
27 27 8 col pianto di colui, e ciò fu dritto,  
27 27 9 che l'avea temperato con sua lima,  
27 27 10 mugghiava con la voce de l'afflitto,  
27 27 11 sì che, con tutto che fosse di rame,  
27 27 12 pur el pareva dal dolor trafitto;  
27 27 13 così, per non aver via né forame  
27 27 14 dal principio nel foco, in suo linguaggio  
27 27 15 si convertian le parole grame.  
27 27 16 Ma poscia ch'ebber colto lor viaggio  
27 27 17 su per la punta, dandole quel guizzo  
27 27 18 che dato avea la lingua in lor passaggio,  
27 27 19 udimmo dire: «O tu a cu' io drizzo Guido da Montefeltro
27 27 20 la voce e che parlavi mo lombardo, Guido da Montefeltro
27 27 21 dicendo "Istra ten va, più non t'adizzo", Guido da Montefeltro
27 27 22 perch'io sia giunto forse alquanto tardo, Guido da Montefeltro
27 27 23 non t'incresca restare a parlar meco; Guido da Montefeltro
27 27 24 vedi che non incresce a me, e ardo! Guido da Montefeltro
27 27 25 Se tu pur mo in questo mondo cieco Guido da Montefeltro
27 27 26 caduto se' di quella dolce terra Guido da Montefeltro
27 27 27 latina ond'io mia colpa tutta reco, Guido da Montefeltro
27 27 28 dimmi se Romagnuoli han pace o guerra; Guido da Montefeltro
27 27 29 ch'io fui d'i monti là intra Orbino Guido da Montefeltro
27 27 30 e 'l giogo di che Tever si diserra». Guido da Montefeltro
27 27 31 Io era in giuso ancora attento e chino,  
27 27 32 quando il mio duca mi tentò di costa,  
27 27 33 dicendo: «Parla tu; questi è latino». Virgilio (maestro)
27 27 34 E io, ch'avea già pronta la risposta,  
27 27 35 sanza indugio a parlare incominciai:  
27 27 36 «O anima che se' là giù nascosta, Dante Alighieri
27 27 37 Romagna tua non é, e non fu mai, Dante Alighieri
27 27 38 sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni; Dante Alighieri
27 27 39 ma 'n palese nessuna or vi lasciai. Dante Alighieri
27 27 40 Ravenna sta come stata è molt'anni: Dante Alighieri
27 27 41 l'aguglia da Polenta la si cova, Dante Alighieri
27 27 42 sì che Cervia ricuopre co' suoi vanni. Dante Alighieri
27 27 43 La terra che fé già la lunga prova Dante Alighieri
27 27 44 e di Franceschi sanguinoso mucchio, Dante Alighieri
27 27 45 sotto le branche verdi si ritrova. Dante Alighieri
27 27 46 E 'l mastin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio, Dante Alighieri
27 27 47 che fecer di Montagna il mal governo, Dante Alighieri
27 27 48 là dove soglion fan d'i denti succhio. Dante Alighieri
27 27 49 Le città di Lamone e di Santerno Dante Alighieri
27 27 50 conduce il lioncel dal nido bianco, Dante Alighieri
27 27 51 che muta parte da la state al verno. Dante Alighieri
27 27 52 E quella cu' il Savio bagna il fianco, Dante Alighieri
27 27 53 così com'ella sie' tra 'l piano e 'l monte Dante Alighieri
27 27 54 tra tirannia si vive e stato franco. Dante Alighieri
27 27 55 Ora chi se', ti priego che ne conte; Dante Alighieri
27 27 56 non esser duro più ch'altri sia stato, Dante Alighieri
27 27 57 se 'l nome tuo nel mondo tegna fronte». Dante Alighieri
27 27 58 Poscia che 'l foco alquanto ebbe rugghiato  
27 27 59 al modo suo, l'aguta punta mosse  
27 27 60 di qua, di là, e poi dié cotal fiato:  
27 27 61 «S'i' credesse che mia risposta fosse Guido da Montefeltro
27 27 62 a persona che mai tornasse al mondo, Guido da Montefeltro
27 27 63 questa fiamma staria sanza più scosse; Guido da Montefeltro
27 27 64 ma però che già mai di questo fondo Guido da Montefeltro
27 27 65 non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero, Guido da Montefeltro
27 27 66 sanza tema d'infamia ti rispondo. Guido da Montefeltro
27 27 67 Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero, Guido da Montefeltro
27 27 68 credendomi, sì cinto, fare ammenda; Guido da Montefeltro
27 27 69 e certo il creder mio venìa intero, Guido da Montefeltro
27 27 70 se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!, Guido da Montefeltro
27 27 71 che mi rimise ne le prime colpe; Guido da Montefeltro
27 27 72 e come e quare, voglio che m'intenda. Guido da Montefeltro
27 27 73 Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe Guido da Montefeltro
27 27 74 che la madre mi dié, l'opere mie Guido da Montefeltro
27 27 75 non furon leonine, ma di volpe. Guido da Montefeltro
27 27 76 Li accorgimenti e le coperte vie Guido da Montefeltro
27 27 77 io seppi tutte, e sì menai lor arte, Guido da Montefeltro
27 27 78 ch'al fine de la terra il suono uscie. Guido da Montefeltro
27 27 79 Quando mi vidi giunto in quella parte Guido da Montefeltro
27 27 80 di mia etade ove ciascun dovrebbe Guido da Montefeltro
27 27 81 calar le vele e raccoglier le sarte, Guido da Montefeltro
27 27 82 ciò che pria mi piacea, allor m'increbbe, Guido da Montefeltro
27 27 83 e pentuto e confesso mi rendei; Guido da Montefeltro
27 27 84 ahi miser lasso! e giovato sarebbe. Guido da Montefeltro
27 27 85 Lo principe d'i novi Farisei, Guido da Montefeltro
27 27 86 avendo guerra presso a Laterano, Guido da Montefeltro
27 27 87 e non con Saracin né con Giudei, Guido da Montefeltro
27 27 88 ché ciascun suo nimico era cristiano, Guido da Montefeltro
27 27 89 e nessun era stato a vincer Acri Guido da Montefeltro
27 27 90 né mercatante in terra di Soldano; Guido da Montefeltro
27 27 91 né sommo officio né ordini sacri Guido da Montefeltro
27 27 92 guardò in sé, né in me quel capestro Guido da Montefeltro
27 27 93 che solea fare i suoi cinti più macri. Guido da Montefeltro
27 27 94 Ma come Costantin chiese Silvestro Guido da Montefeltro
27 27 95 d'entro Siratti a guerir de la lebbre; Guido da Montefeltro
27 27 96 così mi chiese questi per maestro Guido da Montefeltro
27 27 97 a guerir de la sua superba febbre: Guido da Montefeltro
27 27 98 domandommi consiglio, e io tacetti Guido da Montefeltro
27 27 99 perché le sue parole parver ebbre. Guido da Montefeltro
27 27 100 E' poi ridisse: "Tuo cuor non sospetti Guido da Montefeltro
27 27 101 finor t'assolvo, e tu m'insegna fare Guido da Montefeltro
27 27 102 sì come Penestrino in terra getti. Guido da Montefeltro
27 27 103 Lo ciel poss'io serrare e diserrare, Guido da Montefeltro
27 27 104 come tu sai; però son due le chiavi Guido da Montefeltro
27 27 105 che 'l mio antecessor non ebbe care". Guido da Montefeltro
27 27 106 Allor mi pinser li argomenti gravi Guido da Montefeltro
27 27 107 là 've 'l tacer mi fu avviso 'l peggio, Guido da Montefeltro
27 27 108 e dissi: "Padre, da che tu mi lavi Guido da Montefeltro
27 27 109 di quel peccato ov'io mo cader deggio, Guido da Montefeltro
27 27 110 lunga promessa con l'attender corto Guido da Montefeltro
27 27 111 ti farà triunfar ne l'alto seggio". Guido da Montefeltro
27 27 112 Francesco venne poi com'io fu' morto, Guido da Montefeltro
27 27 113 per me; ma un d'i neri cherubini Guido da Montefeltro
27 27 114 li disse: "Non portar: non mi far torto. Guido da Montefeltro
27 27 115 Venir se ne dee giù tra ' miei meschini Guido da Montefeltro
27 27 116 perché diede 'l consiglio frodolente, Guido da Montefeltro
27 27 117 dal quale in qua stato li sono a' crini; Guido da Montefeltro
27 27 118 ch'assolver non si può chi non si pente, Guido da Montefeltro
27 27 119 né pentere e volere insieme puossi Guido da Montefeltro
27 27 120 per la contradizion che nol consente". Guido da Montefeltro
27 27 121 Oh me dolente! come mi riscossi Guido da Montefeltro
27 27 122 quando mi prese dicendomi: "Forse Guido da Montefeltro
27 27 123 tu non pensavi ch'io loico fossi!". Guido da Montefeltro
27 27 124 A Minòs mi portò; e quelli attorse Guido da Montefeltro
27 27 125 otto volte la coda al dosso duro; Guido da Montefeltro
27 27 126 e poi che per gran rabbia la si morse, Guido da Montefeltro
27 27 127 disse: "Questi è d'i rei del foco furo" Guido da Montefeltro
27 27 128 per ch'io là dove vedi son perduto, Guido da Montefeltro
27 27 129 e sì vestito, andando, mi rancuro». Guido da Montefeltro
27 27 130 Quand'elli ebbe 'l suo dir così compiuto,  
27 27 131 la fiamma dolorando si partio,  
27 27 132 torcendo e dibattendo 'l corno aguto.  
27 27 133 Noi passamm'oltre, e io e 'l duca mio,  
27 27 134 su per lo scoglio infino in su l'altr'arco  
27 27 135 che cuopre 'l fosso in che si paga il fio  
27 27 136 a quei che scommettendo acquistan carco.  
28 28 1 Chi poria mai pur con parole sciolte  
28 28 2 dicer del sangue e de le piaghe a pieno  
28 28 3 ch'i' ora vidi, per narrar più volte?  
28 28 4 Ogne lingua per certo verria meno  
28 28 5 per lo nostro sermone e per la mente  
28 28 6 c'hanno a tanto comprender poco seno.  
28 28 7 S'el s'aunasse ancor tutta la gente  
28 28 8 che già in su la fortunata terra  
28 28 9 di Puglia, fu del suo sangue dolente  
28 28 10 per li Troiani e per la lunga guerra  
28 28 11 che de l'anella fé sì alte spoglie,  
28 28 12 come Livio scrive, che non erra,  
28 28 13 con quella che sentio di colpi doglie  
28 28 14 per contastare a Ruberto Guiscardo;  
28 28 15 e l'altra il cui ossame ancor s'accoglie  
28 28 16 a Ceperan, là dove fu bugiardo  
28 28 17 ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,  
28 28 18 dove sanz'arme vinse il vecchio Alardo;  
28 28 19 e qual forato suo membro e qual mozzo  
28 28 20 mostrasse, d'aequar sarebbe nulla  
28 28 21 il modo de la nona bolgia sozzo.  
28 28 22 Già veggia, per mezzul perdere o lulla,  
28 28 23 com'io vidi un, così non si pertugia,  
28 28 24 rotto dal mento infin dove si trulla.  
28 28 25 Tra le gambe pendevan le minugia;  
28 28 26 la corata pareva e 'l tristo sacco  
28 28 27 che merda fa di quel che si trangugia.  
28 28 28 Mentre che tutto in lui veder m'attacco,  
28 28 29 guardommi, e con le man s'aperse il petto,  
28 28 30 dicendo: «Or vedi com'io mi dilacco! Maometto
28 28 31 vedi come storpiato è Maometto! Maometto
28 28 32 Dinanzi a me sen va piangendo Alì, Maometto
28 28 33 fesso nel volto dal mento al ciuffetto. Maometto
28 28 34 E tutti li altri che tu vedi qui, Maometto
28 28 35 seminator di scandalo e di scisma Maometto
28 28 36 fuor vivi, e però son fessi così. Maometto
28 28 37 Un diavolo è qua dietro che n'accisma Maometto
28 28 38 sì crudelmente, al taglio de la spada Maometto
28 28 39 rimettendo ciascun di questa risma, Maometto
28 28 40 quand'avem volta la dolente strada; Maometto
28 28 41 però che le ferite son richiuse Maometto
28 28 42 prima ch'altri dinanzi li rivada. Maometto
28 28 43 Ma tu chi se' che 'n su lo scoglio muse, Maometto
28 28 44 forse per indugiar d'ire a la pena Maometto
28 28 45 ch'è giudicata in su le tue accuse?». Maometto
28 28 46 «Né morte 'l giunse ancor, né colpa 'l mena», Virgilio (maestro)
28 28 47 rispuose 'l mio maestro «a tormentarlo; Virgilio (maestro)
28 28 48 ma per dar lui esperienza piena, Virgilio (maestro)
28 28 49 a me, che morto son, convien menarlo Virgilio (maestro)
28 28 50 per lo 'nferno qua giù di giro in giro; Virgilio (maestro)
28 28 51 e quest'è ver così com'io ti parlo». Virgilio (maestro)
28 28 52 Più fuor di cento che, quando l'udiro,  
28 28 53 s'arrestaron nel fosso a riguardarmi  
28 28 54 per maraviglia obliando il martiro.  
28 28 55 «Or dì a fra Dolcin dunque che s'armi, Fra' Dolcino
28 28 56 tu che forse vedra' il sole in breve, Fra' Dolcino
28 28 57 s'ello non vuol qui tosto seguitarmi, Fra' Dolcino
28 28 58 sì di vivanda, che stretta di neve Fra' Dolcino
28 28 59 non rechi la vittoria al Noarese, Fra' Dolcino
28 28 60 ch'altrimenti acquistar non sarìa leve». Fra' Dolcino
28 28 61 Poi che l'un pié per girsene sospese,  
28 28 62 Maometto mi disse esta parola;  
28 28 63 indi a partirsi in terra lo distese.  
28 28 64 Un altro, che forata avea la gola  
28 28 65 e tronco 'l naso infin sotto le ciglia,  
28 28 66 e non avea mai ch'una orecchia sola,  
28 28 67 ristato a riguardar per maraviglia  
28 28 68 con li altri, innanzi a li altri aprì la canna,  
28 28 69 ch'era di fuor d'ogni parte vermiglia,  
28 28 70 e disse: «O tu cui colpa non condanna Pier da Medicina
28 28 71 e cu' io vidi su in terra latina, Pier da Medicina
28 28 72 se troppa simiglianza non m'inganna, Pier da Medicina
28 28 73 rimembriti di Pier da Medicina, Pier da Medicina
28 28 74 se mai torni a veder lo dolce piano Pier da Medicina
28 28 75 che da Vercelli a Marcabò dichina. Pier da Medicina
28 28 76 E fa saper a' due miglior da Fano, Pier da Medicina
28 28 77 a messer Guido e anco ad Angiolello, Pier da Medicina
28 28 78 che, se l'antiveder qui non è vano, Pier da Medicina
28 28 79 gittati saran fuor di lor vasello Pier da Medicina
28 28 80 e mazzerati presso a la Cattolica Pier da Medicina
28 28 81 per tradimento d'un tiranno fello. Pier da Medicina
28 28 82 Tra l'isola di Cipri e di Maiolica Pier da Medicina
28 28 83 non vide mai sì gran fallo Nettuno, Pier da Medicina
28 28 84 non da pirate, non da gente argolica. Pier da Medicina
28 28 85 Quel traditor che vede pur con l'uno, Pier da Medicina
28 28 86 e tien la terra che tale qui meco Pier da Medicina
28 28 87 vorrebbe di vedere esser digiuno, Pier da Medicina
28 28 88 farà venirli a parlamento seco; Pier da Medicina
28 28 89 poi farà sì, ch'al vento di Focara Pier da Medicina
28 28 90 non sarà lor mestier voto né preco». Pier da Medicina
28 28 91 E io a lui: «Dimostrami e dichiara, Dante Alighieri
28 28 92 se vuo' ch'i' porti sù di te novella, Dante Alighieri
28 28 93 chi è colui da la veduta amara». Dante Alighieri
28 28 94 Allor puose la mano a la mascella  
28 28 95 d'un suo compagno e la bocca li aperse,  
28 28 96 gridando: «Questi è desso, e non favella. Pier da Medicina
28 28 97 Questi, scacciato, il dubitar sommerse Pier da Medicina
28 28 98 in Cesare, affermando che 'l fornito Pier da Medicina
28 28 99 sempre con danno l'attender sofferse». Pier da Medicina
28 28 100 Oh quanto mi pareva sbigottito  
28 28 101 con la lingua tagliata ne la strozza  
28 28 102 Curio, ch'a dir fu così ardito!  
28 28 103 E un ch'avea l'una e l'altra man mozza,  
28 28 104 levando i moncherin per l'aura fosca,  
28 28 105 sì che 'l sangue facea la faccia sozza,  
28 28 106 gridò: «Ricordera'ti anche del Mosca, Mosca dei Lamberti
28 28 107 che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta", Mosca dei Lamberti
28 28 108 che fu mal seme per la gente tosca». Mosca dei Lamberti
28 28 109 E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta»; Dante Alighieri
28 28 110 per ch'elli, accumulando duol con duolo,  
28 28 111 sen gio come persona trista e matta.  
28 28 112 Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,  
28 28 113 e vidi cosa, ch'io avrei paura,  
28 28 114 sanza più prova, di contarla solo;  
28 28 115 se non che coscienza m'assicura,  
28 28 116 la buona compagnia che l'uom francheggia  
28 28 117 sotto l'asbergo del sentirsi pura.  
28 28 118 Io vidi certo, e ancor par ch'io 'l veggia,  
28 28 119 un busto sanza capo andar sì come  
28 28 120 andavan li altri de la trista greggia;  
28 28 121 e 'l capo tronco tenea per le chiome,  
28 28 122 pesol con mano a guisa di lanterna;  
28 28 123 e quel mirava noi e dicea: «Oh me!». +++
28 28 124 Di sé facea a sé stesso lucerna,  
28 28 125 ed eran due in uno e uno in due:  
28 28 126 com'esser può, quei sa che sì governa.  
28 28 127 Quando diritto al pié del ponte fue,  
28 28 128 levò 'l braccio alto con tutta la testa,  
28 28 129 per appressarne le parole sue,  
28 28 130 che fuoro: «Or vedi la pena molesta +++
28 28 131 tu che, spirando, vai veggendo i morti:  
28 28 132 vedi s'alcuna è grande come questa.  
28 28 133 E perché tu di me novella porti,  
28 28 134 sappi ch'i' son Bertram dal Bornio, quelli  
28 28 135 che diedi al re giovane i ma' conforti.  
28 28 136 Io feci il padre e 'l figlio in sé ribelli:  
28 28 137 Achitofél non fé più d'Absalone  
28 28 138 e di Davìd coi malvagi punzelli.  
28 28 139 Perch'io parti' così giunte persone,  
28 28 140 partito porto il mio cerebro, lasso!,  
28 28 141 dal suo principio ch'è in questo troncone.  
28 28 142 Così s'osserva in me lo contrapasso».  
29 29 1 La molta gente e le diverse piaghe  
29 29 2 avean le luci mie sì inebriate,  
29 29 3 che de lo stare a piangere eran vaghe.  
29 29 4 Ma Virgilio mi disse: «Che pur guate? Virgilio (maestro)
29 29 5 perché la vista tua pur si soffolge Virgilio (maestro)
29 29 6 là giù tra l'ombre triste smozzicate? Virgilio (maestro)
29 29 7 Tu non hai fatto sì a l'altre bolge; Virgilio (maestro)
29 29 8 pensa, se tu annoverar le credi, Virgilio (maestro)
29 29 9 che miglia ventidue la valle volge. Virgilio (maestro)
29 29 10 E già la luna è sotto i nostri piedi: Virgilio (maestro)
29 29 11 lo tempo è poco omai che n'è concesso, Virgilio (maestro)
29 29 12 e altro è da veder che tu non vedi». Virgilio (maestro)
29 29 13 «Se tu avessi», rispuos'io appresso, Dante Alighieri
29 29 14 «atteso a la cagion perch'io guardava, Dante Alighieri
29 29 15 forse m'avresti ancor lo star dimesso». Dante Alighieri
29 29 16 Parte sen giva, e io retro li andava,  
29 29 17 lo duca, già faccendo la risposta,  
29 29 18 e soggiugnendo: «Dentro a quella cava Dante Alighieri
29 29 19 dov'io tenea or li occhi sì a posta, Dante Alighieri
29 29 20 credo ch'un spirto del mio sangue pianga Dante Alighieri
29 29 21 la colpa che là giù cotanto costa». Dante Alighieri
29 29 22 Allor disse 'l maestro: «Non si franga Virgilio (maestro)
29 29 23 lo tuo pensier da qui innanzi sovr'ello. Virgilio (maestro)
29 29 24 Attendi ad altro, ed ei là si rimanga; Virgilio (maestro)
29 29 25 ch'io vidi lui a pié del ponticello Virgilio (maestro)
29 29 26 mostrarti, e minacciar forte, col dito, Virgilio (maestro)
29 29 27 e udi' 'l nominar Geri del Bello. Virgilio (maestro)
29 29 28 Tu eri allor sì del tutto impedito Virgilio (maestro)
29 29 29 sovra colui che già tenne Altaforte, Virgilio (maestro)
29 29 30 che non guardasti in là, sì fu partito». Virgilio (maestro)
29 29 31 «O duca mio, la violenta morte Dante Alighieri
29 29 32 che non li è vendicata ancor», diss'io, Dante Alighieri
29 29 33 «per alcun che de l'onta sia consorte, Dante Alighieri
29 29 34 fece lui disdegnoso; ond'el sen gio Dante Alighieri
29 29 35 sanza parlarmi, sì com'io estimo: Dante Alighieri
29 29 36 e in ciò m'ha el fatto a sé più pio». Dante Alighieri
29 29 37 Così parlammo infino al loco primo  
29 29 38 che de lo scoglio l'altra valle mostra,  
29 29 39 se più lume vi fosse, tutto ad imo.  
29 29 40 Quando noi fummo sor l'ultima chiostra  
29 29 41 di Malebolge, sì che i suoi conversi  
29 29 42 potean parere a la veduta nostra,  
29 29 43 lamenti saettaron me diversi,  
29 29 44 che di pietà ferrati avean li strali;  
29 29 45 ond'io li orecchi con le man copersi.  
29 29 46 Qual dolor fora, se de li spedali,  
29 29 47 di Valdichiana tra 'l luglio e 'l settembre  
29 29 48 e di Maremma e di Sardigna i mali  
29 29 49 fossero in una fossa tutti 'nsembre,  
29 29 50 tal era quivi, e tal puzzo n'usciva  
29 29 51 qual suol venir de le marcite membre.  
29 29 52 Noi discendemmo in su l'ultima riva  
29 29 53 del lungo scoglio, pur da man sinistra;  
29 29 54 e allor fu la mia vista più viva  
29 29 55 giù ver lo fondo, la 've la ministra  
29 29 56 de l'alto Sire infallibil giustizia  
29 29 57 punisce i falsador che qui registra.  
29 29 58 Non credo ch'a veder maggior tristizia  
29 29 59 fosse in Egina il popol tutto infermo,  
29 29 60 quando fu l'aere sì pien di malizia,  
29 29 61 che li animali, infino al picciol vermo,  
29 29 62 cascaron tutti, e poi le genti antiche,  
29 29 63 secondo che i poeti hanno per fermo,  
29 29 64 si ristorar di seme di formiche;  
29 29 65 ch'era a veder per quella oscura valle  
29 29 66 languir li spirti per diverse biche.  
29 29 67 Qual sovra 'l ventre, e qual sovra le spalle  
29 29 68 l'un de l'altro giacea, e qual carpone  
29 29 69 si trasmutava per lo tristo calle.  
29 29 70 Passo passo andavam sanza sermone,  
29 29 71 guardando e ascoltando li ammalati,  
29 29 72 che non potean levar le lor persone.  
29 29 73 Io vidi due sedere a sé poggiati,  
29 29 74 com'a scaldar si poggia tegghia a tegghia,  
29 29 75 dal capo al pié di schianze macolati;  
29 29 76 e non vidi già mai menare stregghia  
29 29 77 a ragazzo aspettato dal segnorso,  
29 29 78 né a colui che mal volontier vegghia,  
29 29 79 come ciascun menava spesso il morso  
29 29 80 de l'unghie sopra sé per la gran rabbia  
29 29 81 del pizzicor, che non ha più soccorso;  
29 29 82 e sì traevan giù l'unghie la scabbia,  
29 29 83 come coltel di scardova le scaglie  
29 29 84 o d'altro pesce che più larghe l'abbia.  
29 29 85 «O tu che con le dita ti dismaglie», Virgilio (maestro)
29 29 86 cominciò 'l duca mio a l'un di loro,  
29 29 87 «e che fai d'esse talvolta tanaglie, Virgilio (maestro)
29 29 88 dinne s'alcun Latino è tra costoro Virgilio (maestro)
29 29 89 che son quinc'entro, se l'unghia ti basti Virgilio (maestro)
29 29 90 etternalmente a cotesto lavoro». Virgilio (maestro)
29 29 91 «Latin siam noi, che tu vedi sì guasti Griffolino d'Arezzo
29 29 92 qui ambedue», rispuose l'un piangendo; Griffolino d'Arezzo
29 29 93 «ma tu chi se' che di noi dimandasti?». Griffolino d'Arezzo
29 29 94 E 'l duca disse: «I' son un che discendo Virgilio (maestro)
29 29 95 con questo vivo giù di balzo in balzo, Virgilio (maestro)
29 29 96 e di mostrar lo 'nferno a lui intendo». Virgilio (maestro)
29 29 97 Allor si ruppe lo comun rincalzo;  
29 29 98 e tremando ciascuno a me si volse  
29 29 99 con altri che l'udiron di rimbalzo.  
29 29 100 Lo buon maestro a me tutto s'accolse,  
29 29 101 dicendo: «Dì a lor ciò che tu vuoli»; Virgilio (maestro)
29 29 102 e io incominciai, poscia ch'ei volse:  
29 29 103 «Se la vostra memoria non s'imboli Dante Alighieri
29 29 104 nel primo mondo da l'umane menti, Dante Alighieri
29 29 105 ma s'ella viva sotto molti soli, Dante Alighieri
29 29 106 ditemi chi voi siete e di che genti; Dante Alighieri
29 29 107 la vostra sconcia e fastidiosa pena Dante Alighieri
29 29 108 di palesarvi a me non vi spaventi». Dante Alighieri
29 29 109 «Io fui d'Arezzo, e Albero da Siena», Griffolino d'Arezzo
29 29 110 rispuose l'un, «mi fé mettere al foco; Griffolino d'Arezzo
29 29 111 ma quel per ch'io mori' qui non mi mena. Griffolino d'Arezzo
29 29 112 Vero è ch'i' dissi lui, parlando a gioco: Griffolino d'Arezzo
29 29 113 I' mi saprei levar per l'aere a volo; Griffolino d'Arezzo
29 29 114 e quei, ch'avea vaghezza e senno poco, Griffolino d'Arezzo
29 29 115 volle ch'i' li mostrassi l'arte; e solo Griffolino d'Arezzo
29 29 116 perch'io nol feci Dedalo, mi fece Griffolino d'Arezzo
29 29 117 ardere a tal che l'avea per figliuolo. Griffolino d'Arezzo
29 29 118 Ma nell 'ultima bolgia de le diece Griffolino d'Arezzo
29 29 119 me per l'alchìmia che nel mondo usai Griffolino d'Arezzo
29 29 120 dannò Minòs, a cui fallar non lece». Griffolino d'Arezzo
29 29 121 E io dissi al poeta: «Or fu già mai Dante Alighieri
29 29 122 gente sì vana come la sanese? Dante Alighieri
29 29 123 Certo non la francesca sì d'assai!». Dante Alighieri
29 29 124 Onde l'altro lebbroso, che m'intese,  
29 29 125 rispuose al detto mio: «Tra'mene Stricca Capocchio
29 29 126 che seppe far le temperate spese, Capocchio
29 29 127 e Niccolò che la costuma ricca Capocchio
29 29 128 del garofano prima discoverse Capocchio
29 29 129 ne l'orto dove tal seme s'appicca; Capocchio
29 29 130 e tra'ne la brigata in che disperse Capocchio
29 29 131 Caccia d'Ascian la vigna e la gran fonda, Capocchio
29 29 132 e l'Abbagliato suo senno proferse. Capocchio
29 29 133 Ma perché sappi chi sì ti seconda Capocchio
29 29 134 contra i Sanesi, aguzza ver me l'occhio, Capocchio
29 29 135 sì che la faccia mia ben ti risponda: Capocchio
29 29 136 sì vedrai ch'io son l'ombra di Capocchio, Capocchio
29 29 137 che falsai li metalli con l'alchìmia; Capocchio
29 29 138 e te dee ricordar, se ben t'adocchio, Capocchio
29 29 139 com'io fui di natura buona scimia». Capocchio
30 30 1 Nel tempo che Iunone era crucciata  
30 30 2 per Semelé contra 'l sangue tebano,  
30 30 3 come mostrò una e altra fiata,  
30 30 4 Atamante divenne tanto insano,  
30 30 5 che veggendo la moglie con due figli  
30 30 6 andar carcata da ciascuna mano,  
30 30 7 gridò: «Tendiam le reti, sì ch'io pigli Atamante
30 30 8 la leonessa e ' leoncini al varco»; Atamante
30 30 9 e poi distese i dispietati artigli,  
30 30 10 prendendo l'un ch'avea nome Learco,  
30 30 11 e rotollo e percosselo ad un sasso;  
30 30 12 e quella s'annegò con l'altro carco.  
30 30 13 E quando la fortuna volse in basso  
30 30 14 l'altezza de' Troian che tutto ardiva,  
30 30 15 sì che 'nsieme col regno il re fu casso,  
30 30 16 Ecuba trista, misera e cattiva,  
30 30 17 poscia che vide Polissena morta,  
30 30 18 e del suo Polidoro in su la riva  
30 30 19 del mar si fu la dolorosa accorta,  
30 30 20 forsennata latrò sì come cane;  
30 30 21 tanto il dolor le fé la mente torta.  
30 30 22 Ma né di Tebe furie né troiane  
30 30 23 si vider mai in alcun tanto crude,  
30 30 24 non punger bestie, nonché membra umane,  
30 30 25 quant'io vidi in due ombre smorte e nude,  
30 30 26 che mordendo correvan di quel modo  
30 30 27 che 'l porco quando del porcil si schiude.  
30 30 28 L'una giunse a Capocchio, e in sul nodo  
30 30 29 del collo l'assannò, sì che, tirando,  
30 30 30 grattar li fece il ventre al fondo sodo.  
30 30 31 E l'Aretin che rimase, tremando  
30 30 32 mi disse: «Quel folletto è Gianni Schicchi, Griffolino d'Arezzo
30 30 33 e va rabbioso altrui così conciando». Griffolino d'Arezzo
30 30 34 «Oh!», diss'io lui, «se l'altro non ti ficchi Dante Alighieri
30 30 35 li denti a dosso, non ti sia fatica Dante Alighieri
30 30 36 a dir chi é, pria che di qui si spicchi». Dante Alighieri
30 30 37 Ed elli a me: «Quell'è l'anima antica Griffolino d'Arezzo
30 30 38 di Mirra scellerata, che divenne Griffolino d'Arezzo
30 30 39 al padre fuor del dritto amore amica. Griffolino d'Arezzo
30 30 40 Questa a peccar con esso così venne, Griffolino d'Arezzo
30 30 41 falsificando sé in altrui forma, Griffolino d'Arezzo
30 30 42 come l'altro che là sen va, sostenne, Griffolino d'Arezzo
30 30 43 per guadagnar la donna de la torma, Griffolino d'Arezzo
30 30 44 falsificare in sé Buoso Donati, Griffolino d'Arezzo
30 30 45 testando e dando al testamento norma». Griffolino d'Arezzo
30 30 46 E poi che i due rabbiosi fuor passati  
30 30 47 sovra cu' io avea l'occhio tenuto,  
30 30 48 rivolsilo a guardar li altri mal nati.  
30 30 49 Io vidi un, fatto a guisa di leuto,  
30 30 50 pur ch'elli avesse avuta l'anguinaia  
30 30 51 tronca da l'altro che l'uomo ha forcuto.  
30 30 52 La grave idropesì, che sì dispaia  
30 30 53 le membra con l'omor che mal converte,  
30 30 54 che 'l viso non risponde a la ventraia,  
30 30 55 facea lui tener le labbra aperte  
30 30 56 come l'etico fa, che per la sete  
30 30 57 l'un verso 'l mento e l'altro in sù rinverte.  
30 30 58 «O voi che sanz'alcuna pena siete, Mastro Adamo
30 30 59 e non so io perché, nel mondo gramo», Mastro Adamo
30 30 60 diss'elli a noi, «guardate e attendete Mastro Adamo
30 30 61 a la miseria del maestro Adamo: Mastro Adamo
30 30 62 io ebbi vivo assai di quel ch'i' volli, Mastro Adamo
30 30 63 e ora, lasso!, un gocciol d'acqua bramo. Mastro Adamo
30 30 64 Li ruscelletti che d'i verdi colli Mastro Adamo
30 30 65 del Casentin discendon giuso in Arno, Mastro Adamo
30 30 66 faccendo i lor canali freddi e molli, Mastro Adamo
30 30 67 sempre mi stanno innanzi, e non indarno, Mastro Adamo
30 30 68 ché l'imagine lor vie più m'asciuga Mastro Adamo
30 30 69 che 'l male ond'io nel volto mi discarno. Mastro Adamo
30 30 70 La rigida giustizia che mi fruga Mastro Adamo
30 30 71 tragge cagion del loco ov'io peccai Mastro Adamo
30 30 72 a metter più li miei sospiri in fuga. Mastro Adamo
30 30 73 Ivi è Romena, là dov'io falsai Mastro Adamo
30 30 74 la lega suggellata del Batista; Mastro Adamo
30 30 75 per ch'io il corpo sù arso lasciai. Mastro Adamo
30 30 76 Ma s'io vedessi qui l'anima trista Mastro Adamo
30 30 77 di Guido o d'Alessandro o di lor frate, Mastro Adamo
30 30 78 per Fonte Branda non darei la vista. Mastro Adamo
30 30 79 Dentro c'è l'una già, se l'arrabbiate Mastro Adamo
30 30 80 ombre che vanno intorno dicon vero; Mastro Adamo
30 30 81 ma che mi val, c'ho le membra legate? Mastro Adamo
30 30 82 S'io fossi pur di tanto ancor leggero Mastro Adamo
30 30 83 ch'i' potessi in cent'anni andare un'oncia, Mastro Adamo
30 30 84 io sarei messo già per lo sentiero, Mastro Adamo
30 30 85 cercando lui tra questa gente sconcia, Mastro Adamo
30 30 86 con tutto ch'ella volge undici miglia, Mastro Adamo
30 30 87 e men d'un mezzo di traverso non ci ha. Mastro Adamo
30 30 88 Io son per lor tra sì fatta famiglia: Mastro Adamo
30 30 89 e' m'indussero a batter li fiorini Mastro Adamo
30 30 90 ch'avevan tre carati di mondiglia». Mastro Adamo
30 30 91 E io a lui: «Chi son li due tapini Dante Alighieri
30 30 92 che fumman come man bagnate 'l verno, Dante Alighieri
30 30 93 giacendo stretti a' tuoi destri confini?». Dante Alighieri
30 30 94 «Qui li trovai - e poi volta non dierno - », Mastro Adamo
30 30 95 rispuose, «quando piovvi in questo greppo, Mastro Adamo
30 30 96 e non credo che dieno in sempiterno. Mastro Adamo
30 30 97 L'una è la falsa ch'accusò Gioseppo; Mastro Adamo
30 30 98 l'altr'è 'l falso Sinon greco di Troia: Mastro Adamo
30 30 99 per febbre aguta gittan tanto leppo». Mastro Adamo
30 30 100 E l'un di lor, che si recò a noia  
30 30 101 forse d'esser nomato sì oscuro,  
30 30 102 col pugno li percosse l'epa croia.  
30 30 103 Quella sonò come fosse un tamburo;  
30 30 104 e mastro Adamo li percosse il volto  
30 30 105 col braccio suo, che non parve men duro,  
30 30 106 dicendo a lui: «Ancor che mi sia tolto Mastro Adamo
30 30 107 lo muover per le membra che son gravi, Mastro Adamo
30 30 108 ho io il braccio a tal mestiere sciolto». Mastro Adamo
30 30 109 Ond'ei rispuose: «Quando tu andavi Sinone
30 30 110 al fuoco, non l'avei tu così presto; Sinone
30 30 111 ma sì e più l'avei quando coniavi». Sinone
30 30 112 E l'idropico: «Tu di' ver di questo: Mastro Adamo
30 30 113 ma tu non fosti sì ver testimonio Mastro Adamo
30 30 114 là 've del ver fosti a Troia richesto». Mastro Adamo
30 30 115 «S'io dissi falso, e tu falsasti il conio», Sinone
30 30 116 disse Sinon; «e son qui per un fallo, Sinone
30 30 117 e tu per più ch'alcun altro demonio!». Sinone
30 30 118 «Ricorditi, spergiuro, del cavallo», Mastro Adamo
30 30 119 rispuose quel ch'avea infiata l'epa;  
30 30 120 «e sieti reo che tutto il mondo sallo!». Mastro Adamo
30 30 121 «E te sia rea la sete onde ti crepa», Sinone
30 30 122 disse 'l Greco, «la lingua, e l'acqua marcia Sinone
30 30 123 che 'l ventre innanzi a li occhi sì t'assiepa!». Sinone
30 30 124 Allora il monetier: «Così si squarcia Mastro Adamo
30 30 125 la bocca tua per tuo mal come suole; Mastro Adamo
30 30 126 ché s'i' ho sete e omor mi rinfarcia, Mastro Adamo
30 30 127 tu hai l'arsura e 'l capo che ti duole, Mastro Adamo
30 30 128 e per leccar lo specchio di Narcisso, Mastro Adamo
30 30 129 non vorresti a 'nvitar molte parole». Mastro Adamo
30 30 130 Ad ascoltarli er'io del tutto fisso,  
30 30 131 quando 'l maestro mi disse: «Or pur mira, Virgilio (maestro)
30 30 132 che per poco che teco non mi risso!». Virgilio (maestro)
30 30 133 Quand'io 'l senti' a me parlar con ira,  
30 30 134 volsimi verso lui con tal vergogna,  
30 30 135 ch'ancor per la memoria mi si gira.  
30 30 136 Qual è colui che suo dannaggio sogna,  
30 30 137 che sognando desidera sognare,  
30 30 138 sì che quel ch'è, come non fosse, agogna,  
30 30 139 tal mi fec'io, non possendo parlare,  
30 30 140 che disiava scusarmi, e scusava  
30 30 141 me tuttavia, e nol mi credea fare.  
30 30 142 «Maggior difetto men vergogna lava», Virgilio (maestro)
30 30 143 disse 'l maestro, «che 'l tuo non è stato; Virgilio (maestro)
30 30 144 però d'ogne trestizia ti disgrava. Virgilio (maestro)
30 30 145 E fa ragion ch'io ti sia sempre allato, Virgilio (maestro)
30 30 146 se più avvien che fortuna t'accoglia Virgilio (maestro)
30 30 147 dove sien genti in simigliante piato: Virgilio (maestro)
30 30 148 ché voler ciò udire è bassa voglia». Virgilio (maestro)
31 31 1 Una medesma lingua pria mi morse,  
31 31 2 sì che mi tinse l'una e l'altra guancia,  
31 31 3 e poi la medicina mi riporse;  
31 31 4 così od'io che solea far la lancia  
31 31 5 d'Achille e del suo padre esser cagione  
31 31 6 prima di trista e poi di buona mancia.  
31 31 7 Noi demmo il dosso al misero vallone  
31 31 8 su per la ripa che 'l cinge dintorno,  
31 31 9 attraversando sanza alcun sermone.  
31 31 10 Quiv'era men che notte e men che giorno,  
31 31 11 sì che 'l viso m'andava innanzi poco;  
31 31 12 ma io senti' sonare un alto corno,  
31 31 13 tanto ch'avrebbe ogne tuon fatto fioco,  
31 31 14 che, contra sé la sua via seguitando,  
31 31 15 dirizzò li occhi miei tutti ad un loco.  
31 31 16 Dopo la dolorosa rotta, quando  
31 31 17 Carlo Magno perdé la santa gesta,  
31 31 18 non sonò sì terribilmente Orlando.  
31 31 19 Poco portai in là volta la testa,  
31 31 20 che me parve veder molte alte torri;  
31 31 21 ond'io: «Maestro, di', che terra è questa?». Dante Alighieri
31 31 22 Ed elli a me: «Però che tu trascorri Virgilio (maestro)
31 31 23 per le tenebre troppo da la lungi, Virgilio (maestro)
31 31 24 avvien che poi nel maginare abborri. Virgilio (maestro)
31 31 25 Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi, Virgilio (maestro)
31 31 26 quanto 'l senso s'inganna di lontano; Virgilio (maestro)
31 31 27 però alquanto più te stesso pungi». Virgilio (maestro)
31 31 28 Poi caramente mi prese per mano,  
31 31 29 e disse: «Pria che noi siamo più avanti, Virgilio (maestro)
31 31 30 acciò che 'l fatto men ti paia strano,  
31 31 31 sappi che non son torri, ma giganti,  
31 31 32 e son nel pozzo intorno da la ripa  
31 31 33 da l'umbilico in giuso tutti quanti».  
31 31 34 Come quando la nebbia si dissipa,  
31 31 35 lo sguardo a poco a poco raffigura  
31 31 36 ciò che cela 'l vapor che l'aere stipa,  
31 31 37 così forando l'aura grossa e scura,  
31 31 38 più e più appressando ver' la sponda,  
31 31 39 fuggiemi errore e cresciemi paura;  
31 31 40 però che come su la cerchia tonda  
31 31 41 Montereggion di torri si corona,  
31 31 42 così la proda che 'l pozzo circonda  
31 31 43 torreggiavan di mezza la persona  
31 31 44 li orribili giganti, cui minaccia  
31 31 45 Giove del cielo ancora quando tuona.  
31 31 46 E io scorgeva già d'alcun la faccia,  
31 31 47 le spalle e 'l petto e del ventre gran parte,  
31 31 48 e per le coste giù ambo le braccia.  
31 31 49 Natura certo, quando lasciò l'arte  
31 31 50 di sì fatti animali, assai fé bene  
31 31 51 per tòrre tali essecutori a Marte.  
31 31 52 E s'ella d'elefanti e di balene  
31 31 53 non si pente, chi guarda sottilmente,  
31 31 54 più giusta e più discreta la ne tene;  
31 31 55 ché dove l'argomento de la mente  
31 31 56 s'aggiugne al mal volere e a la possa,  
31 31 57 nessun riparo vi può far la gente.  
31 31 58 La faccia sua mi parea lunga e grossa  
31 31 59 come la pina di San Pietro a Roma,  
31 31 60 e a sua proporzione eran l'altre ossa;  
31 31 61 sì che la ripa, ch'era perizoma  
31 31 62 dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto  
31 31 63 di sovra, che di giugnere a la chioma  
31 31 64 tre Frison s'averien dato mal vanto;  
31 31 65 però ch'i' ne vedea trenta gran palmi  
31 31 66 dal loco in giù dov'omo affibbia 'l manto.  
31 31 67 «Raphél maì améche zabì almi», Nembrot (Nimrod)
31 31 68 cominciò a gridar la fiera bocca,  
31 31 69 cui non si convenia più dolci salmi.  
31 31 70 E 'l duca mio ver lui: «Anima sciocca, Virgilio (maestro)
31 31 71 tienti col corno, e con quel ti disfoga Virgilio (maestro)
31 31 72 quand'ira o altra passion ti tocca! Virgilio (maestro)
31 31 73 Cércati al collo, e troverai la soga Virgilio (maestro)
31 31 74 che 'l tien legato, o anima confusa, Virgilio (maestro)
31 31 75 e vedi lui che 'l gran petto ti doga». Virgilio (maestro)
31 31 76 Poi disse a me: «Elli stessi s'accusa; Virgilio (maestro)
31 31 77 questi è Nembrotto per lo cui mal coto Virgilio (maestro)
31 31 78 pur un linguaggio nel mondo non s'usa. Virgilio (maestro)
31 31 79 Lasciànlo stare e non parliamo a vòto; Virgilio (maestro)
31 31 80 ché così è a lui ciascun linguaggio Virgilio (maestro)
31 31 81 come 'l suo ad altrui, ch'a nullo è noto». Virgilio (maestro)
31 31 82 Facemmo adunque più lungo viaggio,  
31 31 83 vòlti a sinistra; e al trar d'un balestro,  
31 31 84 trovammo l'altro assai più fero e maggio.  
31 31 85 A cigner lui qual che fosse 'l maestro,  
31 31 86 non so io dir, ma el tenea soccinto  
31 31 87 dinanzi l'altro e dietro il braccio destro  
31 31 88 d'una catena che 'l tenea avvinto  
31 31 89 dal collo in giù, sì che 'n su lo scoperto  
31 31 90 si ravvolgea infino al giro quinto.  
31 31 91 «Questo superbo volle esser esperto Virgilio (maestro)
31 31 92 di sua potenza contra 'l sommo Giove», Virgilio (maestro)
31 31 93 disse 'l mio duca, «ond'elli ha cotal merto. Virgilio (maestro)
31 31 94 Fialte ha nome, e fece le gran prove Virgilio (maestro)
31 31 95 quando i giganti fer paura a' déi; Virgilio (maestro)
31 31 96 le braccia ch'el menò, già mai non move». Virgilio (maestro)
31 31 97 E io a lui: «S'esser puote, io vorrei Dante Alighieri
31 31 98 che de lo smisurato Briareo Dante Alighieri
31 31 99 esperienza avesser li occhi miei». Dante Alighieri
31 31 100 Ond'ei rispuose: «Tu vedrai Anteo Virgilio (maestro)
31 31 101 presso di qui che parla ed è disciolto, Virgilio (maestro)
31 31 102 che ne porrà nel fondo d'ogne reo. Virgilio (maestro)
31 31 103 Quel che tu vuo' veder, più là è molto, Virgilio (maestro)
31 31 104 ed è legato e fatto come questo, Virgilio (maestro)
31 31 105 salvo che più feroce par nel volto». Virgilio (maestro)
31 31 106 Non fu tremoto già tanto rubesto,  
31 31 107 che scotesse una torre così forte,  
31 31 108 come Fialte a scuotersi fu presto.  
31 31 109 Allor temett'io più che mai la morte,  
31 31 110 e non v'era mestier più che la dotta,  
31 31 111 s'io non avessi viste le ritorte.  
31 31 112 Noi procedemmo più avante allotta,  
31 31 113 e venimmo ad Anteo, che ben cinque alle,  
31 31 114 sanza la testa, uscia fuor de la grotta.  
31 31 115 «O tu che ne la fortunata valle Virgilio (maestro)
31 31 116 che fece Scipion di gloria reda, Virgilio (maestro)
31 31 117 quand'Anibàl co' suoi diede le spalle, Virgilio (maestro)
31 31 118 recasti già mille leon per preda, Virgilio (maestro)
31 31 119 e che, se fossi stato a l'alta guerra Virgilio (maestro)
31 31 120 de'tuoi fratelli, ancor par che si creda Virgilio (maestro)
31 31 121 ch'avrebber vinto i figli de la terra; Virgilio (maestro)
31 31 122 mettine giù, e non ten vegna schifo, Virgilio (maestro)
31 31 123 dove Cocito la freddura serra. Virgilio (maestro)
31 31 124 Non ci fare ire a Tizio né a Tifo: Virgilio (maestro)
31 31 125 questi può dar di quel che qui si brama; Virgilio (maestro)
31 31 126 però ti china, e non torcer lo grifo. Virgilio (maestro)
31 31 127 Ancor ti può nel mondo render fama, Virgilio (maestro)
31 31 128 ch'el vive, e lunga vita ancor aspetta Virgilio (maestro)
31 31 129 se 'nnanzi tempo grazia a sé nol chiama». Virgilio (maestro)
31 31 130 Così disse 'l maestro; e quelli in fretta  
31 31 131 le man distese, e prese 'l duca mio,  
31 31 132 ond'Ercule sentì già grande stretta.  
31 31 133 Virgilio, quando prender si sentio,  
31 31 134 disse a me: «Fatti qua, sì ch'io ti prenda»; Virgilio (maestro)
31 31 135 poi fece sì ch'un fascio era elli e io.  
31 31 136 Qual pare a riguardar la Carisenda  
31 31 137 sotto 'l chinato, quando un nuvol vada  
31 31 138 sovr'essa sì, ched ella incontro penda;  
31 31 139 tal parve Anteo a me che stava a bada  
31 31 140 di vederlo chinare, e fu tal ora  
31 31 141 ch'i' avrei voluto ir per altra strada.  
31 31 142 Ma lievemente al fondo che divora  
31 31 143 Lucifero con Giuda, ci sposò;  
31 31 144 né sì chinato, lì fece dimora,  
31 31 145 e come albero in nave si levò.  
32 32 1 S'io avessi le rime aspre e chiocce,  
32 32 2 come si converrebbe al tristo buco  
32 32 3 sovra 'l qual pontan tutte l'altre rocce,  
32 32 4 io premerei di mio concetto il suco  
32 32 5 più pienamente; ma perch'io non l'abbo,  
32 32 6 non sanza tema a dicer mi conduco;  
32 32 7 ché non è impresa da pigliare a gabbo  
32 32 8 discriver fondo a tutto l'universo,  
32 32 9 né da lingua che chiami mamma o babbo.  
32 32 10 Ma quelle donne aiutino il mio verso  
32 32 11 ch'aiutaro Anfione a chiuder Tebe,  
32 32 12 sì che dal fatto il dir non sia diverso.  
32 32 13 Oh sovra tutte mal creata plebe  
32 32 14 che stai nel loco onde parlare è duro,  
32 32 15 mei foste state qui pecore o zebe!  
32 32 16 Come noi fummo giù nel pozzo scuro  
32 32 17 sotto i pié del gigante assai più bassi,  
32 32 18 e io mirava ancora a l'alto muro,  
32 32 19 dicere udi'mi: «Guarda come passi: Anime Danate
32 32 20 va sì, che tu non calchi con le piante Anime Danate
32 32 21 le teste de' fratei miseri lassi». Anime Danate
32 32 22 Per ch'io mi volsi, e vidimi davante  
32 32 23 e sotto i piedi un lago che per gelo  
32 32 24 avea di vetro e non d'acqua sembiante.  
32 32 25 Non fece al corso suo sì grosso velo  
32 32 26 di verno la Danoia in Osterlicchi,  
32 32 27 né Tanai là sotto 'l freddo cielo,  
32 32 28 com'era quivi; che se Tambernicchi  
32 32 29 vi fosse sù caduto, o Pietrapana,  
32 32 30 non avria pur da l'orlo fatto cricchi.  
32 32 31 E come a gracidar si sta la rana  
32 32 32 col muso fuor de l'acqua, quando sogna  
32 32 33 di spigolar sovente la villana;  
32 32 34 livide, insin là dove appar vergogna  
32 32 35 eran l'ombre dolenti ne la ghiaccia,  
32 32 36 mettendo i denti in nota di cicogna.  
32 32 37 Ognuna in giù tenea volta la faccia;  
32 32 38 da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo  
32 32 39 tra lor testimonianza si procaccia.  
32 32 40 Quand'io m'ebbi dintorno alquanto visto,  
32 32 41 volsimi a' piedi, e vidi due sì stretti,  
32 32 42 che 'l pel del capo avieno insieme misto.  
32 32 43 «Ditemi, voi che sì strignete i petti», Dante Alighieri
32 32 44 diss'io, «chi siete?». E quei piegaro i colli; Dante Alighieri
32 32 45 e poi ch'ebber li visi a me eretti,  
32 32 46 li occhi lor, ch'eran pria pur dentro molli,  
32 32 47 gocciar su per le labbra, e 'l gelo strinse  
32 32 48 le lagrime tra essi e riserrolli.  
32 32 49 Con legno legno spranga mai non cinse  
32 32 50 forte così; ond'ei come due becchi  
32 32 51 cozzaro insieme, tanta ira li vinse.  
32 32 52 E un ch'avea perduti ambo li orecchi  
32 32 53 per la freddura, pur col viso in giù,  
32 32 54 disse: «Perché cotanto in noi ti specchi? Camicione de' Pazzi
32 32 55 Se vuoi saper chi son cotesti due, Camicione de' Pazzi
32 32 56 la valle onde Bisenzo si dichina Camicione de' Pazzi
32 32 57 del padre loro Alberto e di lor fue. Camicione de' Pazzi
32 32 58 D'un corpo usciro; e tutta la Caina Camicione de' Pazzi
32 32 59 potrai cercare, e non troverai ombra Camicione de' Pazzi
32 32 60 degna più d'esser fitta in gelatina; Camicione de' Pazzi
32 32 61 non quelli a cui fu rotto il petto e l'ombra Camicione de' Pazzi
32 32 62 con esso un colpo per la man d'Artù; Camicione de' Pazzi
32 32 63 non Focaccia; non questi che m'ingombra Camicione de' Pazzi
32 32 64 col capo sì, ch'i' non veggio oltre più, Camicione de' Pazzi
32 32 65 e fu nomato Sassol Mascheroni; Camicione de' Pazzi
32 32 66 se tosco se', ben sai omai chi fu. Camicione de' Pazzi
32 32 67 E perché non mi metti in più sermoni, Camicione de' Pazzi
32 32 68 sappi ch'i' fu' il Camiscion de' Pazzi; Camicione de' Pazzi
32 32 69 e aspetto Carlin che mi scagioni». Camicione de' Pazzi
32 32 70 Poscia vid'io mille visi cagnazzi  
32 32 71 fatti per freddo; onde mi vien riprezzo,  
32 32 72 e verrà sempre, de' gelati guazzi.  
32 32 73 E mentre ch'andavamo inver' lo mezzo  
32 32 74 al quale ogne gravezza si rauna,  
32 32 75 e io tremava ne l'etterno rezzo;  
32 32 76 se voler fu o destino o fortuna,  
32 32 77 non so; ma, passeggiando tra le teste,  
32 32 78 forte percossi 'l pié nel viso ad una.  
32 32 79 Piangendo mi sgridò: «Perché mi peste? +++
32 32 80 se tu non vieni a crescer la vendetta  
32 32 81 di Montaperti, perché mi moleste?».  
32 32 82 E io: «Maestro mio, or qui m'aspetta, Dante Alighieri
32 32 83 si ch'io esca d'un dubbio per costui; Dante Alighieri
32 32 84 poi mi farai, quantunque vorrai, fretta». Dante Alighieri
32 32 85 Lo duca stette, e io dissi a colui  
32 32 86 che bestemmiava duramente ancora:  
32 32 87 «Qual se' tu che così rampogni altrui?». Dante Alighieri
32 32 88 «Or tu chi se' che vai per l'Antenora, Bocca degli Abati
32 32 89 percotendo», rispuose, «altrui le gote, Bocca degli Abati
32 32 90 sì che, se fossi vivo, troppo fora?».  
32 32 91 «Vivo son io, e caro esser ti puote», Dante Alighieri
32 32 92 fu mia risposta, «se dimandi fama, Dante Alighieri
32 32 93 ch'io metta il nome tuo tra l'altre note». Dante Alighieri
32 32 94 Ed elli a me: «Del contrario ho io brama. Bocca degli Abati
32 32 95 Lévati quinci e non mi dar più lagna, Bocca degli Abati
32 32 96 ché mal sai lusingar per questa lama!». Bocca degli Abati
32 32 97 Allor lo presi per la cuticagna,  
32 32 98 e dissi: «El converrà che tu ti nomi, Dante Alighieri
32 32 99 o che capel qui sù non ti rimagna». Dante Alighieri
32 32 100 Ond'elli a me: «Perché tu mi dischiomi, Bocca degli Abati
32 32 101 né ti dirò ch'io sia, né mosterrolti, Bocca degli Abati
32 32 102 se mille fiate in sul capo mi tomi». Bocca degli Abati
32 32 103 Io avea già i capelli in mano avvolti,  
32 32 104 e tratto glien'avea più d'una ciocca,  
32 32 105 latrando lui con li occhi in giù raccolti,  
32 32 106 quando un altro gridò: «Che hai tu, Bocca? Buoso da Duera
32 32 107 non ti basta sonar con le mascelle, Buoso da Duera
32 32 108 se tu non latri? qual diavol ti tocca?». Buoso da Duera
32 32 109 «Omai», diss'io, «non vo' che più favelle, Dante Alighieri
32 32 110 malvagio traditor; ch'a la tua onta Dante Alighieri
32 32 111 io porterò di te vere novelle». Dante Alighieri
32 32 112 «Va via», rispuose, «e ciò che tu vuoi conta; Bocca degli Abati
32 32 113 ma non tacer, se tu di qua entro eschi, Bocca degli Abati
32 32 114 di quel ch'ebbe or così la lingua pronta. Bocca degli Abati
32 32 115 El piange qui l'argento de' Franceschi: Bocca degli Abati
32 32 116 "Io vidi," potrai dir, "quel da Duera Bocca degli Abati
32 32 117 là dove i peccatori stanno freschi". Bocca degli Abati
32 32 118 Se fossi domandato "Altri chi v'era?", Bocca degli Abati
32 32 119 tu hai dallato quel di Beccheria Bocca degli Abati
32 32 120 di cui segò Fiorenza la gorgiera. Bocca degli Abati
32 32 121 Gianni de' Soldanier credo che sia Bocca degli Abati
32 32 122 più là con Ganellone e Tebaldello, Bocca degli Abati
32 32 123 ch'aprì Faenza quando si dormia». Bocca degli Abati
32 32 124 Noi eravam partiti già da ello,  
32 32 125 ch'io vidi due ghiacciati in una buca,  
32 32 126 sì che l'un capo a l'altro era cappello;  
32 32 127 e come 'l pan per fame si manduca,  
32 32 128 così 'l sovran li denti a l'altro pose  
32 32 129 là 've 'l cervel s'aggiugne con la nuca:  
32 32 130 non altrimenti Tideo si rose  
32 32 131 le tempie a Menalippo per disdegno,  
32 32 132 che quei faceva il teschio e l'altre cose.  
32 32 133 «O tu che mostri per sì bestial segno Dante Alighieri
32 32 134 odio sovra colui che tu ti mangi, Dante Alighieri
32 32 135 dimmi 'l perché», diss'io, «per tal convegno, Dante Alighieri
32 32 136 che se tu a ragion di lui ti piangi, Dante Alighieri
32 32 137 sappiendo chi voi siete e la sua pecca, Dante Alighieri
32 32 138 nel mondo suso ancora io te ne cangi, Dante Alighieri
32 32 139 se quella con ch'io parlo non si secca». Dante Alighieri
33 33 1 La bocca sollevò dal fiero pasto  
33 33 2 quel peccator, forbendola a'capelli  
33 33 3 del capo ch'elli avea di retro guasto.  
33 33 4 Poi cominciò: «Tu vuo' ch'io rinovelli Ugolino della Gherardesca
33 33 5 disperato dolor che 'l cor mi preme Ugolino della Gherardesca
33 33 6 già pur pensando, pria ch'io ne favelli. Ugolino della Gherardesca
33 33 7 Ma se le mie parole esser dien seme Ugolino della Gherardesca
33 33 8 che frutti infamia al traditor ch'i' rodo, Ugolino della Gherardesca
33 33 9 parlar e lagrimar vedrai insieme. Ugolino della Gherardesca
33 33 10 Io non so chi tu se' né per che modo Ugolino della Gherardesca
33 33 11 venuto se' qua giù; ma fiorentino Ugolino della Gherardesca
33 33 12 mi sembri veramente quand'io t'odo. Ugolino della Gherardesca
33 33 13 Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino, Ugolino della Gherardesca
33 33 14 e questi è l'arcivescovo Ruggieri: Ugolino della Gherardesca
33 33 15 or ti dirò perché i son tal vicino. Ugolino della Gherardesca
33 33 16 Che per l'effetto de' suo' mai pensieri, Ugolino della Gherardesca
33 33 17 fidandomi di lui, io fossi preso Ugolino della Gherardesca
33 33 18 e poscia morto, dir non è mestieri; Ugolino della Gherardesca
33 33 19 però quel che non puoi avere inteso, Ugolino della Gherardesca
33 33 20 cioé come la morte mia fu cruda, Ugolino della Gherardesca
33 33 21 udirai, e saprai s'e' m'ha offeso. Ugolino della Gherardesca
33 33 22 Breve pertugio dentro da la Muda Ugolino della Gherardesca
33 33 23 la qual per me ha 'l titol de la fame, Ugolino della Gherardesca
33 33 24 e che conviene ancor ch'altrui si chiuda, Ugolino della Gherardesca
33 33 25 m'avea mostrato per lo suo forame Ugolino della Gherardesca
33 33 26 più lune già, quand'io feci 'l mal sonno Ugolino della Gherardesca
33 33 27 che del futuro mi squarciò 'l velame. Ugolino della Gherardesca
33 33 28 Questi pareva a me maestro e donno, Ugolino della Gherardesca
33 33 29 cacciando il lupo e ' lupicini al monte Ugolino della Gherardesca
33 33 30 per che i Pisan veder Lucca non ponno. Ugolino della Gherardesca
33 33 31 Con cagne magre, studiose e conte Ugolino della Gherardesca
33 33 32 Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi Ugolino della Gherardesca
33 33 33 s'avea messi dinanzi da la fronte. Ugolino della Gherardesca
33 33 34 In picciol corso mi parieno stanchi Ugolino della Gherardesca
33 33 35 lo padre e ' figli, e con l'agute scane Ugolino della Gherardesca
33 33 36 mi parea lor veder fender li fianchi. Ugolino della Gherardesca
33 33 37 Quando fui desto innanzi la dimane, Ugolino della Gherardesca
33 33 38 pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli Ugolino della Gherardesca
33 33 39 ch'eran con meco, e dimandar del pane. Ugolino della Gherardesca
33 33 40 Ben se' crudel, se tu già non ti duoli Ugolino della Gherardesca
33 33 41 pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava; Ugolino della Gherardesca
33 33 42 e se non piangi, di che pianger suoli? Ugolino della Gherardesca
33 33 43 Già eran desti, e l'ora s'appressava Ugolino della Gherardesca
33 33 44 che 'l cibo ne solea essere addotto, Ugolino della Gherardesca
33 33 45 e per suo sogno ciascun dubitava; Ugolino della Gherardesca
33 33 46 e io senti' chiavar l'uscio di sotto Ugolino della Gherardesca
33 33 47 a l'orribile torre; ond'io guardai Ugolino della Gherardesca
33 33 48 nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto. Ugolino della Gherardesca
33 33 49 Io non piangea, sì dentro impetrai: Ugolino della Gherardesca
33 33 50 piangevan elli; e Anselmuccio mio Ugolino della Gherardesca
33 33 51 disse: "Tu guardi sì, padre! che hai?". Ugolino della Gherardesca
33 33 52 Perciò non lacrimai né rispuos'io Ugolino della Gherardesca
33 33 53 tutto quel giorno né la notte appresso, Ugolino della Gherardesca
33 33 54 infin che l'altro sol nel mondo uscìo. Ugolino della Gherardesca
33 33 55 Come un poco di raggio si fu messo Ugolino della Gherardesca
33 33 56 nel doloroso carcere, e io scorsi Ugolino della Gherardesca
33 33 57 per quattro visi il mio aspetto stesso, Ugolino della Gherardesca
33 33 58 ambo le man per lo dolor mi morsi; Ugolino della Gherardesca
33 33 59 ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia Ugolino della Gherardesca
33 33 60 di manicar, di subito levorsi Ugolino della Gherardesca
33 33 61 e disser: "Padre, assai ci fia men doglia Ugolino della Gherardesca
33 33 62 se tu mangi di noi: tu ne vestisti Ugolino della Gherardesca
33 33 63 queste misere carni, e tu le spoglia". Ugolino della Gherardesca
33 33 64 Queta'mi allor per non farli più tristi; Ugolino della Gherardesca
33 33 65 lo dì e l'altro stemmo tutti muti; Ugolino della Gherardesca
33 33 66 ahi dura terra, perché non t'apristi? Ugolino della Gherardesca
33 33 67 Poscia che fummo al quarto dì venuti, Ugolino della Gherardesca
33 33 68 Gaddo mi si gittò disteso a' piedi, Ugolino della Gherardesca
33 33 69 dicendo: "Padre mio, ché non mi aiuti?". Ugolino della Gherardesca
33 33 70 Quivi morì; e come tu mi vedi, Ugolino della Gherardesca
33 33 71 vid'io cascar li tre ad uno ad uno Ugolino della Gherardesca
33 33 72 tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi, Ugolino della Gherardesca
33 33 73 già cieco, a brancolar sovra ciascuno, Ugolino della Gherardesca
33 33 74 e due dì li chiamai, poi che fur morti. Ugolino della Gherardesca
33 33 75 Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno». Ugolino della Gherardesca
33 33 76 Quand'ebbe detto ciò, con li occhi torti  
33 33 77 riprese 'l teschio misero co'denti,  
33 33 78 che furo a l'osso, come d'un can, forti.  
33 33 79 Ahi Pisa, vituperio de le genti  
33 33 80 del bel paese là dove 'l sì suona,  
33 33 81 poi che i vicini a te punir son lenti,  
33 33 82 muovasi la Capraia e la Gorgona,  
33 33 83 e faccian siepe ad Arno in su la foce,  
33 33 84 sì ch'elli annieghi in te ogne persona!  
33 33 85 Ché se 'l conte Ugolino aveva voce  
33 33 86 d'aver tradita te de le castella,  
33 33 87 non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.  
33 33 88 Innocenti facea l'età novella,  
33 33 89 novella Tebe, Uguiccione e 'l Brigata  
33 33 90 e li altri due che 'l canto suso appella.  
33 33 91 Noi passammo oltre, là 've la gelata  
33 33 92 ruvidamente un'altra gente fascia,  
33 33 93 non volta in giù, ma tutta riversata.  
33 33 94 Lo pianto stesso lì pianger non lascia,  
33 33 95 e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo,  
33 33 96 si volge in entro a far crescer l'ambascia;  
33 33 97 ché le lagrime prime fanno groppo,  
33 33 98 e sì come visiere di cristallo,  
33 33 99 riempion sotto 'l ciglio tutto il coppo.  
33 33 100 E avvegna che, sì come d'un callo,  
33 33 101 per la freddura ciascun sentimento  
33 33 102 cessato avesse del mio viso stallo,  
33 33 103 già mi parea sentire alquanto vento:  
33 33 104 per ch'io: «Maestro mio, questo chi move? Dante Alighieri
33 33 105 non è qua giù ogne vapore spento?». Dante Alighieri
33 33 106 Ond'elli a me: «Avaccio sarai dove Virgilio (maestro)
33 33 107 di ciò ti farà l'occhio la risposta, Virgilio (maestro)
33 33 108 veggendo la cagion che 'l fiato piove». Virgilio (maestro)
33 33 109 E un de' tristi de la fredda crosta  
33 33 110 gridò a noi: «O anime crudeli, Frate Alberigo
33 33 111 tanto che data v'è l'ultima posta, Frate Alberigo
33 33 112 levatemi dal viso i duri veli, Frate Alberigo
33 33 113 sì ch'io sfoghi 'l duol che 'l cor m'impregna, Frate Alberigo
33 33 114 un poco, pria che 'l pianto si raggeli». Frate Alberigo
33 33 115 Per ch'io a lui: «Se vuo' ch'i' ti sovvegna, Dante Alighieri
33 33 116 dimmi chi se', e s'io non ti disbrigo, Dante Alighieri
33 33 117 al fondo de la ghiaccia ir mi convegna». Dante Alighieri
33 33 118 Rispuose adunque: «I' son frate Alberigo; Frate Alberigo
33 33 119 i' son quel da le frutta del mal orto, Frate Alberigo
33 33 120 che qui riprendo dattero per figo». Frate Alberigo
33 33 121 «Oh!», diss'io lui, «or se' tu ancor morto?». Dante Alighieri
33 33 122 Ed elli a me: «Come 'l mio corpo stea Frate Alberigo
33 33 123 nel mondo sù, nulla scienza porto. Frate Alberigo
33 33 124 Cotal vantaggio ha questa Tolomea, Frate Alberigo
33 33 125 che spesse volte l'anima ci cade Frate Alberigo
33 33 126 innanzi ch'Atropòs mossa le dea. Frate Alberigo
33 33 127 E perché tu più volentier mi rade Frate Alberigo
33 33 128 le 'nvetriate lagrime dal volto, Frate Alberigo
33 33 129 sappie che, tosto che l'anima trade Frate Alberigo
33 33 130 come fec'io, il corpo suo l'è tolto Frate Alberigo
33 33 131 da un demonio, che poscia il governa Frate Alberigo
33 33 132 mentre che 'l tempo suo tutto sia vòlto. Frate Alberigo
33 33 133 Ella ruina in sì fatta cisterna; Frate Alberigo
33 33 134 e forse pare ancor lo corpo suso Frate Alberigo
33 33 135 de l'ombra che di qua dietro mi verna. Frate Alberigo
33 33 136 Tu 'l dei saper, se tu vien pur mo giuso: Frate Alberigo
33 33 137 elli è ser Branca Doria, e son più anni Frate Alberigo
33 33 138 poscia passati ch'el fu sì racchiuso». Frate Alberigo
33 33 139 «Io credo», diss'io lui, «che tu m'inganni; Dante Alighieri
33 33 140 ché Branca Doria non morì unquanche, Dante Alighieri
33 33 141 e mangia e bee e dorme e veste panni». Dante Alighieri
33 33 142 «Nel fosso sù», diss'el, «de' Malebranche, Frate Alberigo
33 33 143 là dove bolle la tenace pece, Frate Alberigo
33 33 144 non era ancor giunto Michel Zanche, Frate Alberigo
33 33 145 che questi lasciò il diavolo in sua vece Frate Alberigo
33 33 146 nel corpo suo, ed un suo prossimano Frate Alberigo
33 33 147 che 'l tradimento insieme con lui fece. Frate Alberigo
33 33 148 Ma distendi oggimai in qua la mano; Frate Alberigo
33 33 149 aprimi li occhi». E io non gliel'apersi; Frate Alberigo
33 33 150 e cortesia fu lui esser villano.  
33 33 151 Ahi Genovesi, uomini diversi  
33 33 152 d'ogne costume e pien d'ogne magagna,  
33 33 153 perché non siete voi del mondo spersi?  
33 33 154 Ché col peggiore spirto di Romagna  
33 33 155 trovai di voi un tal, che per sua opra  
33 33 156 in anima in Cocito già si bagna,  
33 33 157 e in corpo par vivo ancor di sopra.  
34 34 1 «Vexilla regis prodeunt inferni Virgilio (maestro)
34 34 2 verso di noi; però dinanzi mira», Virgilio (maestro)
34 34 3 disse 'l maestro mio «se tu 'l discerni». Virgilio (maestro)
34 34 4 Come quando una grossa nebbia spira,  
34 34 5 o quando l'emisperio nostro annotta,  
34 34 6 par di lungi un molin che 'l vento gira,  
34 34 7 veder mi parve un tal dificio allotta;  
34 34 8 poi per lo vento mi ristrinsi retro  
34 34 9 al duca mio; ché non lì era altra grotta.  
34 34 10 Già era, e con paura il metto in metro,  
34 34 11 là dove l'ombre tutte eran coperte,  
34 34 12 e trasparien come festuca in vetro.  
34 34 13 Altre sono a giacere; altre stanno erte,  
34 34 14 quella col capo e quella con le piante;  
34 34 15 altra, com'arco, il volto a' pié rinverte.  
34 34 16 Quando noi fummo fatti tanto avante,  
34 34 17 ch'al mio maestro piacque di mostrarmi  
34 34 18 la creatura ch'ebbe il bel sembiante,  
34 34 19 d'innanzi mi si tolse e fé restarmi,  
34 34 20 «Ecco Dite», dicendo, «ed ecco il loco Virgilio (maestro)
34 34 21 ove convien che di fortezza t'armi».  
34 34 22 Com'io divenni allor gelato e fioco,  
34 34 23 nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo,  
34 34 24 però ch'ogne parlar sarebbe poco.  
34 34 25 Io non mori' e non rimasi vivo:  
34 34 26 pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,  
34 34 27 qual io divenni, d'uno e d'altro privo.  
34 34 28 Lo 'mperador del doloroso regno  
34 34 29 da mezzo 'l petto uscìa fuor de la ghiaccia;  
34 34 30 e più con un gigante io mi convegno,  
34 34 31 che i giganti non fan con le sue braccia:  
34 34 32 vedi oggimai quant'esser dee quel tutto  
34 34 33 ch'a così fatta parte si confaccia.  
34 34 34 S'el fu sì bel com'elli è ora brutto,  
34 34 35 e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,  
34 34 36 ben dee da lui proceder ogne lutto.  
34 34 37 Oh quanto parve a me gran maraviglia  
34 34 38 quand'io vidi tre facce a la sua testa!  
34 34 39 L'una dinanzi, e quella era vermiglia;  
34 34 40 l'altr'eran due, che s'aggiugnieno a questa  
34 34 41 sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,  
34 34 42 e sé giugnieno al loco de la cresta:  
34 34 43 e la destra parea tra bianca e gialla;  
34 34 44 la sinistra a vedere era tal, quali  
34 34 45 vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla.  
34 34 46 Sotto ciascuna uscivan due grand'ali,  
34 34 47 quanto si convenia a tanto uccello:  
34 34 48 vele di mar non vid'io mai cotali.  
34 34 49 Non avean penne, ma di vispistrello  
34 34 50 era lor modo; e quelle svolazzava,  
34 34 51 sì che tre venti si movean da ello:  
34 34 52 quindi Cocito tutto s'aggelava.  
34 34 53 Con sei occhi piangea, e per tre menti  
34 34 54 gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.  
34 34 55 Da ogne bocca dirompea co' denti  
34 34 56 un peccatore, a guisa di maciulla,  
34 34 57 sì che tre ne facea così dolenti.  
34 34 58 A quel dinanzi il mordere era nulla  
34 34 59 verso 'l graffiar, che talvolta la schiena  
34 34 60 rimanea de la pelle tutta brulla.  
34 34 61 «Quell'anima là sù c'ha maggior pena», Virgilio (maestro)
34 34 62 disse 'l maestro, «é Giuda Scariotto, Virgilio (maestro)
34 34 63 che 'l capo ha dentro e fuor le gambe mena. Virgilio (maestro)
34 34 64 De li altri due c'hanno il capo di sotto, Virgilio (maestro)
34 34 65 quel che pende dal nero ceffo è Bruto: Virgilio (maestro)
34 34 66 vedi come si storce, e non fa motto!; Virgilio (maestro)
34 34 67 e l'altro è Cassio che par sì membruto. Virgilio (maestro)
34 34 68 Ma la notte risurge, e oramai Virgilio (maestro)
34 34 69 é da partir, ché tutto avem veduto». Virgilio (maestro)
34 34 70 Com'a lui piacque, il collo li avvinghiai;  
34 34 71 ed el prese di tempo e loco poste,  
34 34 72 e quando l'ali fuoro aperte assai,  
34 34 73 appigliò sé a le vellute coste;  
34 34 74 di vello in vello giù discese poscia  
34 34 75 tra 'l folto pelo e le gelate croste.  
34 34 76 Quando noi fummo là dove la coscia  
34 34 77 si volge, a punto in sul grosso de l'anche,  
34 34 78 lo duca, con fatica e con angoscia,  
34 34 79 volse la testa ov'elli avea le zanche,  
34 34 80 e aggrappossi al pel com'om che sale,  
34 34 81 sì che 'n inferno i' credea tornar anche.  
34 34 82 «Attienti ben, ché per cotali scale», Virgilio (maestro)
34 34 83 disse 'l maestro, ansando com'uom lasso,  
34 34 84 «conviensi dipartir da tanto male». Virgilio (maestro)
34 34 85 Poi uscì fuor per lo fóro d'un sasso,  
34 34 86 e puose me in su l'orlo a sedere;  
34 34 87 appresso porse a me l'accorto passo.  
34 34 88 Io levai li occhi e credetti vedere  
34 34 89 Lucifero com'io l'avea lasciato,  
34 34 90 e vidili le gambe in sù tenere;  
34 34 91 e s'io divenni allora travagliato,  
34 34 92 la gente grossa il pensi, che non vede  
34 34 93 qual è quel punto ch'io avea passato.  
34 34 94 «Lévati sù», disse 'l maestro, «in piede: Virgilio (maestro)
34 34 95 la via è lunga e 'l cammino è malvagio, Virgilio (maestro)
34 34 96 e già il sole a mezza terza riede». Virgilio (maestro)
34 34 97 Non era camminata di palagio  
34 34 98 là 'v'eravam, ma natural burella  
34 34 99 ch'avea mal suolo e di lume disagio.  
34 34 100 «Prima ch'io de l'abisso mi divella, Dante Alighieri
34 34 101 maestro mio», diss'io quando fui dritto, Dante Alighieri
34 34 102 «a trarmi d'erro un poco mi favella: Dante Alighieri
34 34 103 ov'è la ghiaccia? e questi com'è fitto Dante Alighieri
34 34 104 sì sottosopra? e come, in sì poc'ora, Dante Alighieri
34 34 105 da sera a mane ha fatto il sol tragitto?». Dante Alighieri
34 34 106 Ed elli a me: «Tu imagini ancora Virgilio (maestro)
34 34 107 d'esser di là dal centro, ov'io mi presi Virgilio (maestro)
34 34 108 al pel del vermo reo che 'l mondo fóra. Virgilio (maestro)
34 34 109 Di là fosti cotanto quant'io scesi; Virgilio (maestro)
34 34 110 quand'io mi volsi, tu passasti 'l punto Virgilio (maestro)
34 34 111 al qual si traggon d'ogne parte i pesi. Virgilio (maestro)
34 34 112 E se' or sotto l'emisperio giunto Virgilio (maestro)
34 34 113 ch'è contraposto a quel che la gran secca Virgilio (maestro)
34 34 114 coverchia, e sotto 'l cui colmo consunto Virgilio (maestro)
34 34 115 fu l'uom che nacque e visse sanza pecca: Virgilio (maestro)
34 34 116 tu hai i piedi in su picciola spera Virgilio (maestro)
34 34 117 che l'altra faccia fa de la Giudecca. Virgilio (maestro)
34 34 118 Qui è da man, quando di là è sera; Virgilio (maestro)
34 34 119 e questi, che ne fé scala col pelo, Virgilio (maestro)
34 34 120 fitto è ancora sì come prim'era. Virgilio (maestro)
34 34 121 Da questa parte cadde giù dal cielo; Virgilio (maestro)
34 34 122 e la terra, che pria di qua si sporse, Virgilio (maestro)
34 34 123 per paura di lui fé del mar velo, Virgilio (maestro)
34 34 124 e venne a l'emisperio nostro; e forse Virgilio (maestro)
34 34 125 per fuggir lui lasciò qui loco vòto Virgilio (maestro)
34 34 126 quella ch'appar di qua, e sù ricorse». Virgilio (maestro)
34 34 127 Luogo è là giù da Belzebù remoto  
34 34 128 tanto quanto la tomba si distende,  
34 34 129 che non per vista, ma per suono è noto  
34 34 130 d'un ruscelletto che quivi discende  
34 34 131 per la buca d'un sasso, ch'elli ha roso,  
34 34 132 col corso ch'elli avvolge, e poco pende.  
34 34 133 Lo duca e io per quel cammino ascoso  
34 34 134 intrammo a ritornar nel chiaro mondo;  
34 34 135 e sanza cura aver d'alcun riposo,  
34 34 136 salimmo sù, el primo e io secondo,  
34 34 137 tanto ch'i' vidi de le cose belle  
34 34 138 che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.  
34 34 139 E quindi uscimmo a riveder le stelle.  
         
ID Canto Line PURGATORIO Voice
35 1 1 Per correr miglior acque alza le vele  
35 1 2 omai la navicella del mio ingegno,  
35 1 3 che lascia dietro a sé mar sì crudele;  
35 1 4 e canterò di quel secondo regno  
35 1 5 dove l'umano spirito si purga  
35 1 6 e di salire al ciel diventa degno.  
35 1 7 Ma qui la morta poesì resurga,  
35 1 8 o sante Muse, poi che vostro sono;  
35 1 9 e qui Caliopé alquanto surga,  
35 1 10 seguitando il mio canto con quel suono  
35 1 11 di cui le Piche misere sentiro  
35 1 12 lo colpo tal, che disperar perdono.  
35 1 13 Dolce color d'oriental zaffiro,  
35 1 14 che s'accoglieva nel sereno aspetto  
35 1 15 del mezzo, puro infino al primo giro,  
35 1 16 a li occhi miei ricominciò diletto,  
35 1 17 tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta  
35 1 18 che m'avea contristati li occhi e 'l petto.  
35 1 19 Lo bel pianeto che d'amar conforta  
35 1 20 faceva tutto rider l'oriente,  
35 1 21 velando i Pesci ch'erano in sua scorta.  
35 1 22 I' mi volsi a man destra, e puosi mente  
35 1 23 a l'altro polo, e vidi quattro stelle  
35 1 24 non viste mai fuor ch'a la prima gente.  
35 1 25 Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle:  
35 1 26 oh settentrional vedovo sito,  
35 1 27 poi che privato se' di mirar quelle!  
35 1 28 Com'io da loro sguardo fui partito,  
35 1 29 un poco me volgendo a l 'altro polo,  
35 1 30 là onde il Carro già era sparito,  
35 1 31 vidi presso di me un veglio solo,  
35 1 32 degno di tanta reverenza in vista,  
35 1 33 che più non dee a padre alcun figliuolo.  
35 1 34 Lunga la barba e di pel bianco mista  
35 1 35 portava, a' suoi capelli simigliante,  
35 1 36 de' quai cadeva al petto doppia lista.  
35 1 37 Li raggi de le quattro luci sante  
35 1 38 fregiavan sì la sua faccia di lume,  
35 1 39 ch'i' 'l vedea come 'l sol fosse davante.  
35 1 40 «Chi siete voi che contro al cieco fiume Marco Porcio Catone Uticense
35 1 41 fuggita avete la pregione etterna?», Marco Porcio Catone Uticense
35 1 42 diss'el, movendo quelle oneste piume.  
35 1 43 «Chi v'ha guidati, o che vi fu lucerna, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 44 uscendo fuor de la profonda notte Marco Porcio Catone Uticense
35 1 45 che sempre nera fa la valle inferna? Marco Porcio Catone Uticense
35 1 46 Son le leggi d'abisso così rotte? Marco Porcio Catone Uticense
35 1 47 o è mutato in ciel novo consiglio, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 48 che, dannati, venite a le mie grotte?». Marco Porcio Catone Uticense
35 1 49 Lo duca mio allor mi dié di piglio,  
35 1 50 e con parole e con mani e con cenni  
35 1 51 reverenti mi fé le gambe e 'l ciglio.  
35 1 52 Poscia rispuose lui: «Da me non venni: Virgilio (maestro)
35 1 53 donna scese del ciel, per li cui prieghi Virgilio (maestro)
35 1 54 de la mia compagnia costui sovvenni. Virgilio (maestro)
35 1 55 Ma da ch'è tuo voler che più si spieghi Virgilio (maestro)
35 1 56 di nostra condizion com'ell'è vera, Virgilio (maestro)
35 1 57 esser non puote il mio che a te si nieghi. Virgilio (maestro)
35 1 58 Questi non vide mai l'ultima sera; Virgilio (maestro)
35 1 59 ma per la sua follia le fu sì presso, Virgilio (maestro)
35 1 60 che molto poco tempo a volger era. Virgilio (maestro)
35 1 61 Sì com'io dissi, fui mandato ad esso Virgilio (maestro)
35 1 62 per lui campare; e non lì era altra via Virgilio (maestro)
35 1 63 che questa per la quale i' mi son messo. Virgilio (maestro)
35 1 64 Mostrata ho lui tutta la gente ria; Virgilio (maestro)
35 1 65 e ora intendo mostrar quelli spirti Virgilio (maestro)
35 1 66 che purgan sé sotto la tua balìa. Virgilio (maestro)
35 1 67 Com'io l'ho tratto, saria lungo a dirti; Virgilio (maestro)
35 1 68 de l'alto scende virtù che m'aiuta Virgilio (maestro)
35 1 69 conducerlo a vederti e a udirti. Virgilio (maestro)
35 1 70 Or ti piaccia gradir la sua venuta: Virgilio (maestro)
35 1 71 libertà va cercando, ch'è sì cara, Virgilio (maestro)
35 1 72 come sa chi per lei vita rifiuta. Virgilio (maestro)
35 1 73 Tu 'l sai, ché non ti fu per lei amara Virgilio (maestro)
35 1 74 in Utica la morte, ove lasciasti Virgilio (maestro)
35 1 75 la vesta ch'al gran dì sarà sì chiara. Virgilio (maestro)
35 1 76 Non son li editti etterni per noi guasti, Virgilio (maestro)
35 1 77 ché questi vive, e Minòs me non lega; Virgilio (maestro)
35 1 78 ma son del cerchio ove son li occhi casti Virgilio (maestro)
35 1 79 di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega, Virgilio (maestro)
35 1 80 o santo petto, che per tua la tegni: Virgilio (maestro)
35 1 81 per lo suo amore adunque a noi ti piega. Virgilio (maestro)
35 1 82 Lasciane andar per li tuoi sette regni; Virgilio (maestro)
35 1 83 grazie riporterò di te a lei, Virgilio (maestro)
35 1 84 se d'esser mentovato là giù degni». Virgilio (maestro)
35 1 85 «Marzia piacque tanto a li occhi miei Marco Porcio Catone Uticense
35 1 86 mentre ch'i' fu' di là», diss'elli allora, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 87 «che quante grazie volse da me, fei. Marco Porcio Catone Uticense
35 1 88 Or che di là dal mal fiume dimora, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 89 più muover non mi può, per quella legge Marco Porcio Catone Uticense
35 1 90 che fatta fu quando me n'usci' fora. Marco Porcio Catone Uticense
35 1 91 Ma se donna del ciel ti muove e regge, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 92 come tu di' , non c'è mestier lusinghe: Marco Porcio Catone Uticense
35 1 93 bastisi ben che per lei mi richegge. Marco Porcio Catone Uticense
35 1 94 Va dunque, e fa che tu costui ricinghe Marco Porcio Catone Uticense
35 1 95 d'un giunco schietto e che li lavi 'l viso, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 96 sì ch'ogne sucidume quindi stinghe; Marco Porcio Catone Uticense
35 1 97 ché non si converria, l'occhio sorpriso Marco Porcio Catone Uticense
35 1 98 d'alcuna nebbia, andar dinanzi al primo Marco Porcio Catone Uticense
35 1 99 ministro, ch'è di quei di paradiso. Marco Porcio Catone Uticense
35 1 100 Questa isoletta intorno ad imo ad imo, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 101 là giù colà dove la batte l'onda, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 102 porta di giunchi sovra 'l molle limo; Marco Porcio Catone Uticense
35 1 103 null'altra pianta che facesse fronda Marco Porcio Catone Uticense
35 1 104 o indurasse, vi puote aver vita, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 105 però ch'a le percosse non seconda. Marco Porcio Catone Uticense
35 1 106 Poscia non sia di qua vostra reddita; Marco Porcio Catone Uticense
35 1 107 lo sol vi mosterrà, che surge omai, Marco Porcio Catone Uticense
35 1 108 prendere il monte a più lieve salita». Marco Porcio Catone Uticense
35 1 109 Così sparì; e io sù mi levai  
35 1 110 sanza parlare, e tutto mi ritrassi  
35 1 111 al duca mio, e li occhi a lui drizzai.  
35 1 112 El cominciò: «Figliuol, segui i miei passi: Virgilio (maestro)
35 1 113 volgianci in dietro, ché di qua dichina Virgilio (maestro)
35 1 114 questa pianura a' suoi termini bassi». Virgilio (maestro)
35 1 115 L'alba vinceva l'ora mattutina  
35 1 116 che fuggia innanzi, sì che di lontano  
35 1 117 conobbi il tremolar de la marina.  
35 1 118 Noi andavam per lo solingo piano  
35 1 119 com'om che torna a la perduta strada,  
35 1 120 che 'nfino ad essa li pare ire in vano.  
35 1 121 Quando noi fummo là 've la rugiada  
35 1 122 pugna col sole, per essere in parte  
35 1 123 dove, ad orezza, poco si dirada,  
35 1 124 ambo le mani in su l'erbetta sparte  
35 1 125 soavemente 'l mio maestro pose:  
35 1 126 ond'io, che fui accorto di sua arte,  
35 1 127 porsi ver' lui le guance lagrimose:  
35 1 128 ivi mi fece tutto discoverto  
35 1 129 quel color che l'inferno mi nascose.  
35 1 130 Venimmo poi in sul lito diserto,  
35 1 131 che mai non vide navicar sue acque  
35 1 132 omo, che di tornar sia poscia esperto.  
35 1 133 Quivi mi cinse sì com'altrui piacque:  
35 1 134 oh maraviglia! ché qual elli scelse  
35 1 135 l'umile pianta, cotal si rinacque  
35 1 136 subitamente là onde l'avelse.  
36 2 1 Già era 'l sole a l'orizzonte giunto  
36 2 2 lo cui meridian cerchio coverchia  
36 2 3 Ierusalém col suo più alto punto;  
36 2 4 e la notte, che opposita a lui cerchia,  
36 2 5 uscia di Gange fuor con le Bilance,  
36 2 6 che le caggion di man quando soverchia;  
36 2 7 sì che le bianche e le vermiglie guance,  
36 2 8 là dov'i' era, de la bella Aurora  
36 2 9 per troppa etate divenivan rance.  
36 2 10 Noi eravam lunghesso mare ancora,  
36 2 11 come gente che pensa a suo cammino,  
36 2 12 che va col cuore e col corpo dimora.  
36 2 13 Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,  
36 2 14 per li grossi vapor Marte rosseggia  
36 2 15 giù nel ponente sovra 'l suol marino,  
36 2 16 cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,  
36 2 17 un lume per lo mar venir sì ratto,  
36 2 18 che 'l muover suo nessun volar pareggia.  
36 2 19 Dal qual com'io un poco ebbi ritratto  
36 2 20 l'occhio per domandar lo duca mio,  
36 2 21 rividil più lucente e maggior fatto.  
36 2 22 Poi d'ogne lato ad esso m'appario  
36 2 23 un non sapeva che bianco, e di sotto  
36 2 24 a poco a poco un altro a lui uscio.  
36 2 25 Lo mio maestro ancor non facea motto,  
36 2 26 mentre che i primi bianchi apparver ali;  
36 2 27 allor che ben conobbe il galeotto,  
36 2 28 gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali. Virgilio (maestro)
36 2 29 Ecco l'angel di Dio: piega le mani; Virgilio (maestro)
36 2 30 omai vedrai di sì fatti officiali. Virgilio (maestro)
36 2 31 Vedi che sdegna li argomenti umani,  
36 2 32 sì che remo non vuol, né altro velo  
36 2 33 che l'ali sue, tra liti sì lontani.  
36 2 34 Vedi come l'ha dritte verso 'l cielo,  
36 2 35 trattando l'aere con l'etterne penne, Virgilio (maestro)
36 2 36 che non si mutan come mortal pelo». Virgilio (maestro)
36 2 37 Poi, come più e più verso noi venne  
36 2 38 l'uccel divino, più chiaro appariva:  
36 2 39 per che l'occhio da presso nol sostenne,  
36 2 40 ma chinail giuso; e quei sen venne a riva  
36 2 41 con un vasello snelletto e leggero,  
36 2 42 tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.  
36 2 43 Da poppa stava il celestial nocchiero,  
36 2 44 tal che faria beato pur descripto;  
36 2 45 e più di cento spirti entro sediero.  
36 2 46 'In exitu Israel de Aegypto' Anime Purganti
36 2 47 cantavan tutti insieme ad una voce  
36 2 48 con quanto di quel salmo è poscia scripto.  
36 2 49 Poi fece il segno lor di santa croce;  
36 2 50 ond'ei si gittar tutti in su la piaggia;  
36 2 51 ed el sen gì, come venne, veloce.  
36 2 52 La turba che rimase lì, selvaggia  
36 2 53 parea del loco, rimirando intorno  
36 2 54 come colui che nove cose assaggia.  
36 2 55 Da tutte parti saettava il giorno  
36 2 56 lo sol, ch'avea con le saette conte  
36 2 57 di mezzo 'l ciel cacciato Capricorno,  
36 2 58 quando la nova gente alzò la fronte  
36 2 59 ver' noi, dicendo a noi: «Se voi sapete, Anime Purganti
36 2 60 mostratene la via di gire al monte». Anime Purganti
36 2 61 E Virgilio rispuose: «Voi credete Virgilio (maestro)
36 2 62 forse che siamo esperti d'esto loco; Virgilio (maestro)
36 2 63 ma noi siam peregrin come voi siete. Virgilio (maestro)
36 2 64 Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco, Virgilio (maestro)
36 2 65 per altra via, che fu sì aspra e forte, Virgilio (maestro)
36 2 66 che lo salire omai ne parrà gioco». Virgilio (maestro)
36 2 67 L'anime, che si fuor di me accorte,  
36 2 68 per lo spirare, ch'i' era ancor vivo,  
36 2 69 maravigliando diventaro smorte.  
36 2 70 E come a messagger che porta ulivo  
36 2 71 tragge la gente per udir novelle,  
36 2 72 e di calcar nessun si mostra schivo,  
36 2 73 così al viso mio s'affisar quelle  
36 2 74 anime fortunate tutte quante,  
36 2 75 quasi obliando d'ire a farsi belle.  
36 2 76 Io vidi una di lor trarresi avante  
36 2 77 per abbracciarmi con sì grande affetto,  
36 2 78 che mosse me a far lo somigliante.  
36 2 79 Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!  
36 2 80 tre volte dietro a lei le mani avvinsi,  
36 2 81 e tante mi tornai con esse al petto.  
36 2 82 Di maraviglia, credo, mi dipinsi;  
36 2 83 per che l'ombra sorrise e si ritrasse,  
36 2 84 e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.  
36 2 85 Soavemente disse ch'io posasse;  
36 2 86 allor conobbi chi era, e pregai  
36 2 87 che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.  
36 2 88 Rispuosemi: «Così com'io t'amai Casella ( (Commedia))
36 2 89 nel mortal corpo, così t'amo sciolta: Casella ( (Commedia))
36 2 90 però m'arresto; ma tu perché vai?». Casella ( (Commedia))
36 2 91 «Casella mio, per tornar altra volta Dante Alighieri
36 2 92 là dov'io son, fo io questo viaggio», Dante Alighieri
36 2 93 diss'io; «ma a te com'è tanta ora tolta?». Dante Alighieri
36 2 94 Ed elli a me: «Nessun m'è fatto oltraggio, Casella ( (Commedia))
36 2 95 se quei che leva quando e cui li piace, Casella ( (Commedia))
36 2 96 più volte m'ha negato esto passaggio; Casella ( (Commedia))
36 2 97 ché di giusto voler lo suo si face: Casella ( (Commedia))
36 2 98 veramente da tre mesi elli ha tolto Casella ( (Commedia))
36 2 99 chi ha voluto intrar, con tutta pace. Casella ( (Commedia))
36 2 100 Ond'io, ch'era ora a la marina vòlto Casella ( (Commedia))
36 2 101 dove l'acqua di Tevero s'insala, Casella ( (Commedia))
36 2 102 benignamente fu' da lui ricolto. Casella ( (Commedia))
36 2 103 A quella foce ha elli or dritta l'ala, Casella ( (Commedia))
36 2 104 però che sempre quivi si ricoglie Casella ( (Commedia))
36 2 105 qual verso Acheronte non si cala». Casella ( (Commedia))
36 2 106 E io: «Se nuova legge non ti toglie Dante Alighieri
36 2 107 memoria o uso a l'amoroso canto Dante Alighieri
36 2 108 che mi solea quetar tutte mie doglie, Dante Alighieri
36 2 109 di ciò ti piaccia consolare alquanto Dante Alighieri
36 2 110 l'anima mia, che, con la sua persona Dante Alighieri
36 2 111 venendo qui, è affannata tanto!». Dante Alighieri
36 2 112 'Amor che ne la mente mi ragiona' Casella ( (Commedia))
36 2 113 cominciò elli allor sì dolcemente,  
36 2 114 che la dolcezza ancor dentro mi suona.  
36 2 115 Lo mio maestro e io e quella gente  
36 2 116 ch'eran con lui parevan sì contenti,  
36 2 117 come a nessun toccasse altro la mente.  
36 2 118 Noi eravam tutti fissi e attenti  
36 2 119 a le sue note; ed ecco il veglio onesto  
36 2 120 gridando: «Che è ciò, spiriti lenti? Marco Porcio Catone Uticense
36 2 121 qual negligenza, quale stare è questo? Marco Porcio Catone Uticense
36 2 122 Correte al monte a spogliarvi lo scoglio Marco Porcio Catone Uticense
36 2 123 ch'esser non lascia a voi Dio manifesto». Marco Porcio Catone Uticense
36 2 124 Come quando, cogliendo biado o loglio,  
36 2 125 li colombi adunati a la pastura,  
36 2 126 queti, sanza mostrar l'usato orgoglio,  
36 2 127 se cosa appare ond'elli abbian paura,  
36 2 128 subitamente lasciano star l'esca,  
36 2 129 perch'assaliti son da maggior cura;  
36 2 130 così vid'io quella masnada fresca  
36 2 131 lasciar lo canto, e fuggir ver' la costa,  
36 2 132 com'om che va, né sa dove riesca:  
36 2 133 né la nostra partita fu men tosta.  
37 3 1 Avvegna che la subitana fuga  
37 3 2 dispergesse color per la campagna,  
37 3 3 rivolti al monte ove ragion ne fruga,  
37 3 4 i' mi ristrinsi a la fida compagna:  
37 3 5 e come sare' io sanza lui corso?  
37 3 6 chi m'avria tratto su per la montagna?  
37 3 7 El mi parea da sé stesso rimorso:  
37 3 8 o dignitosa coscienza e netta,  
37 3 9 come t'è picciol fallo amaro morso!  
37 3 10 Quando li piedi suoi lasciar la fretta,  
37 3 11 che l'onestade ad ogn'atto dismaga,  
37 3 12 la mente mia, che prima era ristretta,  
37 3 13 lo 'ntento rallargò, sì come vaga,  
37 3 14 e diedi 'l viso mio incontr'al poggio  
37 3 15 che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga.  
37 3 16 Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,  
37 3 17 rotto m'era dinanzi a la figura,  
37 3 18 ch'avea in me de' suoi raggi l'appoggio.  
37 3 19 Io mi volsi dallato con paura  
37 3 20 d'essere abbandonato, quand'io vidi  
37 3 21 solo dinanzi a me la terra oscura;  
37 3 22 e 'l mio conforto: «Perché pur diffidi?», Virgilio (maestro)
37 3 23 a dir mi cominciò tutto rivolto;  
37 3 24 «non credi tu me teco e ch'io ti guidi? Virgilio (maestro)
37 3 25 Vespero è già colà dov'è sepolto Virgilio (maestro)
37 3 26 lo corpo dentro al quale io facea ombra: Virgilio (maestro)
37 3 27 Napoli l'ha, e da Brandizio è tolto. Virgilio (maestro)
37 3 28 Ora, se innanzi a me nulla s'aombra, Virgilio (maestro)
37 3 29 non ti maravigliar più che d'i cieli Virgilio (maestro)
37 3 30 che l'uno a l'altro raggio non ingombra. Virgilio (maestro)
37 3 31 A sofferir tormenti, caldi e geli Virgilio (maestro)
37 3 32 simili corpi la Virtù dispone Virgilio (maestro)
37 3 33 che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli. Virgilio (maestro)
37 3 34 Matto è chi spera che nostra ragione Virgilio (maestro)
37 3 35 possa trascorrer la infinita via Virgilio (maestro)
37 3 36 che tiene una sustanza in tre persone. Virgilio (maestro)
37 3 37 State contenti, umana gente, al quia; Virgilio (maestro)
37 3 38 ché se potuto aveste veder tutto, Virgilio (maestro)
37 3 39 mestier non era parturir Maria; Virgilio (maestro)
37 3 40 e disiar vedeste sanza frutto Virgilio (maestro)
37 3 41 tai che sarebbe lor disio quetato, Virgilio (maestro)
37 3 42 ch'etternalmente è dato lor per lutto: Virgilio (maestro)
37 3 43 io dico d'Aristotile e di Plato Virgilio (maestro)
37 3 44 e di molt'altri»; e qui chinò la fronte, Virgilio (maestro)
37 3 45 e più non disse, e rimase turbato.  
37 3 46 Noi divenimmo intanto a pié del monte;  
37 3 47 quivi trovammo la roccia sì erta,  
37 3 48 che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.  
37 3 49 Tra Lerice e Turbìa la più diserta,  
37 3 50 la più rotta ruina è una scala,  
37 3 51 verso di quella, agevole e aperta.  
37 3 52 «Or chi sa da qual man la costa cala», Virgilio (maestro)
37 3 53 disse 'l maestro mio fermando 'l passo, Virgilio (maestro)
37 3 54 «sì che possa salir chi va sanz'ala?». Virgilio (maestro)
37 3 55 E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso  
37 3 56 essaminava del cammin la mente,  
37 3 57 e io mirava suso intorno al sasso,  
37 3 58 da man sinistra m'apparì una gente  
37 3 59 d'anime, che movieno i pié ver' noi,  
37 3 60 e non pareva, sì venian lente.  
37 3 61 «Leva», diss'io, «maestro, li occhi tuoi: Dante Alighieri
37 3 62 ecco di qua chi ne darà consiglio, Dante Alighieri
37 3 63 se tu da te medesmo aver nol puoi». Dante Alighieri
37 3 64 Guardò allora, e con libero piglio  
37 3 65 rispuose: «Andiamo in là, ch'ei vegnon piano; Virgilio (maestro)
37 3 66 e tu ferma la spene, dolce figlio».  
37 3 67 Ancora era quel popol di lontano,  
37 3 68 i' dico dopo i nostri mille passi,  
37 3 69 quanto un buon gittator trarria con mano,  
37 3 70 quando si strinser tutti ai duri massi  
37 3 71 de l'alta ripa, e stetter fermi e stretti  
37 3 72 com'a guardar, chi va dubbiando, stassi.  
37 3 73 «O ben finiti, o già spiriti eletti», Virgilio (maestro)
37 3 74 Virgilio incominciò, «per quella pace Virgilio (maestro)
37 3 75 ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti, Virgilio (maestro)
37 3 76 ditene dove la montagna giace Virgilio (maestro)
37 3 77 sì che possibil sia l'andare in suso; Virgilio (maestro)
37 3 78 ché perder tempo a chi più sa più spiace». Virgilio (maestro)
37 3 79 Come le pecorelle escon del chiuso  
37 3 80 a una, a due, a tre, e l'altre stanno  
37 3 81 timidette atterrando l'occhio e 'l muso;  
37 3 82 e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,  
37 3 83 addossandosi a lei, s'ella s'arresta,  
37 3 84 semplici e quete, e lo 'mperché non sanno;  
37 3 85 sì vid'io muovere a venir la testa  
37 3 86 di quella mandra fortunata allotta,  
37 3 87 pudica in faccia e ne l'andare onesta.  
37 3 88 Come color dinanzi vider rotta  
37 3 89 la luce in terra dal mio destro canto,  
37 3 90 sì che l'ombra era da me a la grotta,  
37 3 91 restaro, e trasser sé in dietro alquanto,  
37 3 92 e tutti li altri che venieno appresso,  
37 3 93 non sappiendo 'l perché, fenno altrettanto.  
37 3 94 «Sanza vostra domanda io vi confesso Virgilio (maestro)
37 3 95 che questo è corpo uman che voi vedete; Virgilio (maestro)
37 3 96 per che 'l lume del sole in terra è fesso. Virgilio (maestro)
37 3 97 Non vi maravigliate, ma credete Virgilio (maestro)
37 3 98 che non sanza virtù che da ciel vegna Virgilio (maestro)
37 3 99 cerchi di soverchiar questa parete». Virgilio (maestro)
37 3 100 Così 'l maestro; e quella gente degna  
37 3 101 «Tornate», disse, «intrate innanzi dunque», Anime Purganti
37 3 102 coi dossi de le man faccendo insegna.  
37 3 103 E un di loro incominciò: «Chiunque Manfredi di Sicilia
37 3 104 tu se', così andando, volgi 'l viso: Manfredi di Sicilia
37 3 105 pon mente se di là mi vedesti unque». Manfredi di Sicilia
37 3 106 Io mi volsi ver lui e guardail fiso:  
37 3 107 biondo era e bello e di gentile aspetto,  
37 3 108 ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.  
37 3 109 Quand'io mi fui umilmente disdetto  
37 3 110 d'averlo visto mai, el disse: «Or vedi»; Manfredi di Sicilia
37 3 111 e mostrommi una piaga a sommo 'l petto.  
37 3 112 Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi, Manfredi di Sicilia
37 3 113 nepote di Costanza imperadrice; Manfredi di Sicilia
37 3 114 ond'io ti priego che, quando tu riedi, Manfredi di Sicilia
37 3 115 vadi a mia bella figlia, genitrice Manfredi di Sicilia
37 3 116 de l'onor di Cicilia e d'Aragona, Manfredi di Sicilia
37 3 117 e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice. Manfredi di Sicilia
37 3 118 Poscia ch'io ebbi rotta la persona Manfredi di Sicilia
37 3 119 di due punte mortali, io mi rendei, Manfredi di Sicilia
37 3 120 piangendo, a quei che volontier perdona. Manfredi di Sicilia
37 3 121 Orribil furon li peccati miei; Manfredi di Sicilia
37 3 122 ma la bontà infinita ha sì gran braccia, Manfredi di Sicilia
37 3 123 che prende ciò che si rivolge a lei. Manfredi di Sicilia
37 3 124 Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia Manfredi di Sicilia
37 3 125 di me fu messo per Clemente allora, Manfredi di Sicilia
37 3 126 avesse in Dio ben letta questa faccia, Manfredi di Sicilia
37 3 127 l'ossa del corpo mio sarieno ancora Manfredi di Sicilia
37 3 128 in co del ponte presso a Benevento, Manfredi di Sicilia
37 3 129 sotto la guardia de la grave mora. Manfredi di Sicilia
37 3 130 Or le bagna la pioggia e move il vento Manfredi di Sicilia
37 3 131 di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde, Manfredi di Sicilia
37 3 132 dov'e' le trasmutò a lume spento. Manfredi di Sicilia
37 3 133 Per lor maladizion sì non si perde, Manfredi di Sicilia
37 3 134 che non possa tornar, l'etterno amore, Manfredi di Sicilia
37 3 135 mentre che la speranza ha fior del verde. Manfredi di Sicilia
37 3 136 Vero è che quale in contumacia more Manfredi di Sicilia
37 3 137 di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta, Manfredi di Sicilia
37 3 138 star li convien da questa ripa in fore, Manfredi di Sicilia
37 3 139 per ognun tempo ch'elli è stato, trenta, Manfredi di Sicilia
37 3 140 in sua presunzion, se tal decreto Manfredi di Sicilia
37 3 141 più corto per buon prieghi non diventa. Manfredi di Sicilia
37 3 142 Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, Manfredi di Sicilia
37 3 143 revelando a la mia buona Costanza Manfredi di Sicilia
37 3 144 come m'hai visto, e anco esto divieto; Manfredi di Sicilia
37 3 145 ché qui per quei di là molto s'avanza». Manfredi di Sicilia
38 4 1 Quando per dilettanze o ver per doglie,  
38 4 2 che alcuna virtù nostra comprenda  
38 4 3 l'anima bene ad essa si raccoglie,  
38 4 4 par ch'a nulla potenza più intenda;  
38 4 5 e questo è contra quello error che crede  
38 4 6 ch'un'anima sovr'altra in noi s'accenda.  
38 4 7 E però, quando s'ode cosa o vede  
38 4 8 che tegna forte a sé l'anima volta,  
38 4 9 vassene 'l tempo e l'uom non se n'avvede;  
38 4 10 ch'altra potenza è quella che l'ascolta,  
38 4 11 e altra è quella c'ha l'anima intera:  
38 4 12 questa è quasi legata, e quella è sciolta.  
38 4 13 Di ciò ebb'io esperienza vera,  
38 4 14 udendo quello spirto e ammirando;  
38 4 15 ché ben cinquanta gradi salito era  
38 4 16 lo sole, e io non m'era accorto, quando  
38 4 17 venimmo ove quell'anime ad una  
38 4 18 gridaro a noi: «Qui è vostro dimando». Anime Purganti
38 4 19 Maggiore aperta molte volte impruna  
38 4 20 con una forcatella di sue spine  
38 4 21 l'uom de la villa quando l'uva imbruna,  
38 4 22 che non era la calla onde saline  
38 4 23 lo duca mio, e io appresso, soli,  
38 4 24 come da noi la schiera si partìne.  
38 4 25 Vassi in Sanleo e discendesi in Noli,  
38 4 26 montasi su in Bismantova 'n Cacume  
38 4 27 con esso i pié; ma qui convien ch'om voli;  
38 4 28 dico con l'ale snelle e con le piume  
38 4 29 del gran disio, di retro a quel condotto  
38 4 30 che speranza mi dava e facea lume.  
38 4 31 Noi salavam per entro 'l sasso rotto,  
38 4 32 e d'ogne lato ne stringea lo stremo,  
38 4 33 e piedi e man volea il suol di sotto.  
38 4 34 Poi che noi fummo in su l'orlo suppremo  
38 4 35 de l'alta ripa, a la scoperta piaggia,  
38 4 36 «Maestro mio», diss'io, «che via faremo?». Dante Alighieri
38 4 37 Ed elli a me: «Nessun tuo passo caggia; Virgilio (maestro)
38 4 38 pur su al monte dietro a me acquista, Virgilio (maestro)
38 4 39 fin che n'appaia alcuna scorta saggia». Virgilio (maestro)
38 4 40 Lo sommo er'alto che vincea la vista,  
38 4 41 e la costa superba più assai  
38 4 42 che da mezzo quadrante a centro lista.  
38 4 43 Io era lasso, quando cominciai:  
38 4 44 «O dolce padre, volgiti, e rimira Dante Alighieri
38 4 45 com'io rimango sol, se non restai». Dante Alighieri
38 4 46 «Figliuol mio», disse, «infin quivi ti tira», Virgilio (maestro)
38 4 47 additandomi un balzo poco in sù  
38 4 48 che da quel lato il poggio tutto gira.  
38 4 49 Sì mi spronaron le parole sue,  
38 4 50 ch'i' mi sforzai carpando appresso lui,  
38 4 51 tanto che 'l cinghio sotto i pié mi fue.  
38 4 52 A seder ci ponemmo ivi ambedui  
38 4 53 vòlti a levante ond'eravam saliti,  
38 4 54 che suole a riguardar giovare altrui.  
38 4 55 Li occhi prima drizzai ai bassi liti;  
38 4 56 poscia li alzai al sole, e ammirava  
38 4 57 che da sinistra n'eravam feriti.  
38 4 58 Ben s'avvide il poeta ch'io stava  
38 4 59 stupido tutto al carro de la luce,  
38 4 60 ove tra noi e Aquilone intrava.  
38 4 61 Ond'elli a me: «Se Castore e Poluce Virgilio (maestro)
38 4 62 fossero in compagnia di quello specchio Virgilio (maestro)
38 4 63 che sù e giù del suo lume conduce, Virgilio (maestro)
38 4 64 tu vedresti il Zodiaco rubecchio Virgilio (maestro)
38 4 65 ancora a l'Orse più stretto rotare, Virgilio (maestro)
38 4 66 se non uscisse fuor del cammin vecchio. Virgilio (maestro)
38 4 67 Come ciò sia, se 'l vuoi poter pensare, Virgilio (maestro)
38 4 68 dentro raccolto, imagina Siòn Virgilio (maestro)
38 4 69 con questo monte in su la terra stare Virgilio (maestro)
38 4 70 sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn Virgilio (maestro)
38 4 71 e diversi emisperi; onde la strada Virgilio (maestro)
38 4 72 che mal non seppe carreggiar Fetòn, Virgilio (maestro)
38 4 73 vedrai come a costui convien che vada Virgilio (maestro)
38 4 74 da l'un, quando a colui da l'altro fianco, Virgilio (maestro)
38 4 75 se lo 'ntelletto tuo ben chiaro bada». Virgilio (maestro)
38 4 76 «Certo, maestro mio,», diss'io, «unquanco Dante Alighieri
38 4 77 non vid'io chiaro sì com'io discerno Dante Alighieri
38 4 78 là dove mio ingegno parea manco, Dante Alighieri
38 4 79 che 'l mezzo cerchio del moto superno, Dante Alighieri
38 4 80 che si chiama Equatore in alcun'arte, Dante Alighieri
38 4 81 e che sempre riman tra 'l sole e 'l verno, Dante Alighieri
38 4 82 per la ragion che di' , quinci si parte Dante Alighieri
38 4 83 verso settentrion, quanto li Ebrei Dante Alighieri
38 4 84 vedevan lui verso la calda parte. Dante Alighieri
38 4 85 Ma se a te piace, volontier saprei Dante Alighieri
38 4 86 quanto avemo ad andar; ché 'l poggio sale Dante Alighieri
38 4 87 più che salir non posson li occhi miei». Dante Alighieri
38 4 88 Ed elli a me: «Questa montagna è tale, Virgilio (maestro)
38 4 89 che sempre al cominciar di sotto è grave; Virgilio (maestro)
38 4 90 e quant'om più va sù, e men fa male. Virgilio (maestro)
38 4 91 Però, quand'ella ti parrà soave Virgilio (maestro)
38 4 92 tanto, che sù andar ti fia leggero Virgilio (maestro)
38 4 93 com'a seconda giù andar per nave, Virgilio (maestro)
38 4 94 allor sarai al fin d'esto sentiero; Virgilio (maestro)
38 4 95 quivi di riposar l'affanno aspetta. Virgilio (maestro)
38 4 96 Più non rispondo, e questo so per vero». Virgilio (maestro)
38 4 97 E com'elli ebbe sua parola detta,  
38 4 98 una voce di presso sonò: «Forse Belacqua
38 4 99 che di sedere in pria avrai distretta!».  
38 4 100 Al suon di lei ciascun di noi si torse,  
38 4 101 e vedemmo a mancina un gran petrone,  
38 4 102 del qual né io né ei prima s'accorse.  
38 4 103 Là ci traemmo; e ivi eran persone  
38 4 104 che si stavano a l'ombra dietro al sasso  
38 4 105 come l'uom per negghienza a star si pone.  
38 4 106 E un di lor, che mi sembiava lasso,  
38 4 107 sedeva e abbracciava le ginocchia,  
38 4 108 tenendo 'l viso giù tra esse basso.  
38 4 109 «O dolce segnor mio», diss'io, «adocchia Dante Alighieri
38 4 110 colui che mostra sé più negligente Dante Alighieri
38 4 111 che se pigrizia fosse sua serocchia». Dante Alighieri
38 4 112 Allor si volse a noi e puose mente,  
38 4 113 movendo 'l viso pur su per la coscia,  
38 4 114 e disse: «Or va tu sù, che se' valente!». Belacqua
38 4 115 Conobbi allor chi era, e quella angoscia  
38 4 116 che m'avacciava un poco ancor la lena,  
38 4 117 non m'impedì l'andare a lui; e poscia  
38 4 118 ch'a lui fu' giunto, alzò la testa a pena,  
38 4 119 dicendo: «Hai ben veduto come 'l sole Belacqua
38 4 120 da l'omero sinistro il carro mena?». Belacqua
38 4 121 Li atti suoi pigri e le corte parole  
38 4 122 mosser le labbra mie un poco a riso;  
38 4 123 poi cominciai: «Belacqua, a me non dole Dante Alighieri
38 4 124 di te omai; ma dimmi: perché assiso Dante Alighieri
38 4 125 quiritto se'? attendi tu iscorta, Dante Alighieri
38 4 126 o pur lo modo usato t'ha' ripriso?». Dante Alighieri
38 4 127 Ed elli: «O frate, andar in sù che porta? Belacqua
38 4 128 ché non mi lascerebbe ire a' martìri Belacqua
38 4 129 l'angel di Dio che siede in su la porta. Belacqua
38 4 130 Prima convien che tanto il ciel m'aggiri Belacqua
38 4 131 di fuor da essa, quanto fece in vita, Belacqua
38 4 132 perch'io 'ndugiai al fine i buon sospiri, Belacqua
38 4 133 se orazione in prima non m'aita Belacqua
38 4 134 che surga sù di cuor che in grazia viva; Belacqua
38 4 135 l'altra che val, che 'n ciel non è udita?». Belacqua
38 4 136 E già il poeta innanzi mi saliva,  
38 4 137 e dicea: «Vienne omai; vedi ch'è tocco Virgilio (maestro)
38 4 138 meridian dal sole e a la riva Virgilio (maestro)
38 4 139 cuopre la notte già col pié Morrocco». Virgilio (maestro)
39 5 1 Io era già da quell'ombre partito,  
39 5 2 e seguitava l'orme del mio duca,  
39 5 3 quando di retro a me, drizzando 'l dito,  
39 5 4 una gridò: «Ve' che non par che luca Anime Purganti
39 5 5 lo raggio da sinistra a quel di sotto, Anime Purganti
39 5 6 e come vivo par che si conduca!». Anime Purganti
39 5 7 Li occhi rivolsi al suon di questo motto,  
39 5 8 e vidile guardar per maraviglia  
39 5 9 pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto.  
39 5 10 «Perché l'animo tuo tanto s'impiglia», Virgilio (maestro)
39 5 11 disse 'l maestro, «che l'andare allenti? Virgilio (maestro)
39 5 12 che ti fa ciò che quivi si pispiglia? Virgilio (maestro)
39 5 13 Vien dietro a me, e lascia dir le genti: Virgilio (maestro)
39 5 14 sta come torre ferma, che non crolla Virgilio (maestro)
39 5 15 già mai la cima per soffiar di venti; Virgilio (maestro)
39 5 16 ché sempre l'omo in cui pensier rampolla Virgilio (maestro)
39 5 17 sovra pensier, da sé dilunga il segno, Virgilio (maestro)
39 5 18 perché la foga l'un de l'altro insolla». Virgilio (maestro)
39 5 19 Che potea io ridir, se non «Io vegno»? Dante Alighieri
39 5 20 Dissilo, alquanto del color consperso  
39 5 21 che fa l'uom di perdon talvolta degno.  
39 5 22 E 'ntanto per la costa di traverso  
39 5 23 venivan genti innanzi a noi un poco,  
39 5 24 cantando 'Miserere' a verso a verso.  
39 5 25 Quando s'accorser ch'i' non dava loco  
39 5 26 per lo mio corpo al trapassar d'i raggi,  
39 5 27 mutar lor canto in un «oh!» lungo e roco; Anime Purganti
39 5 28 e due di loro, in forma di messaggi,  
39 5 29 corsero incontr'a noi e dimandarne:  
39 5 30 «Di vostra condizion fatene saggi». Anime Purganti
39 5 31 E 'l mio maestro: «Voi potete andarne Virgilio (maestro)
39 5 32 e ritrarre a color che vi mandaro Virgilio (maestro)
39 5 33 che 'l corpo di costui è vera carne. Virgilio (maestro)
39 5 34 Se per veder la sua ombra restaro, Virgilio (maestro)
39 5 35 com'io avviso, assai è lor risposto: Virgilio (maestro)
39 5 36 fàccianli onore, ed essere può lor caro». Virgilio (maestro)
39 5 37 Vapori accesi non vid'io sì tosto  
39 5 38 di prima notte mai fender sereno,  
39 5 39 né, sol calando, nuvole d'agosto,  
39 5 40 che color non tornasser suso in meno;  
39 5 41 e, giunti là, con li altri a noi dier volta  
39 5 42 come schiera che scorre sanza freno.  
39 5 43 «Questa gente che preme a noi è molta, Virgilio (maestro)
39 5 44 e vegnonti a pregar», disse 'l poeta: Virgilio (maestro)
39 5 45 «però pur va, e in andando ascolta». Virgilio (maestro)
39 5 46 «O anima che vai per esser lieta Anime Purganti
39 5 47 con quelle membra con le quai nascesti», Anime Purganti
39 5 48 venian gridando, «un poco il passo queta. Anime Purganti
39 5 49 Guarda s'alcun di noi unqua vedesti, Anime Purganti
39 5 50 sì che di lui di là novella porti: Anime Purganti
39 5 51 deh, perché vai? deh, perché non t'arresti? Anime Purganti
39 5 52 Noi fummo tutti già per forza morti, Anime Purganti
39 5 53 e peccatori infino a l'ultima ora; Anime Purganti
39 5 54 quivi lume del ciel ne fece accorti, Anime Purganti
39 5 55 sì che, pentendo e perdonando, fora Anime Purganti
39 5 56 di vita uscimmo a Dio pacificati, Anime Purganti
39 5 57 che del disio di sé veder n'accora». Anime Purganti
39 5 58 E io: «Perché ne' vostri visi guati, Dante Alighieri
39 5 59 non riconosco alcun; ma s'a voi piace Dante Alighieri
39 5 60 cosa ch'io possa, spiriti ben nati, Dante Alighieri
39 5 61 voi dite, e io farò per quella pace Dante Alighieri
39 5 62 che, dietro a' piedi di sì fatta guida Dante Alighieri
39 5 63 di mondo in mondo cercar mi si face». Dante Alighieri
39 5 64 E uno incominciò: «Ciascun si fida Jacopo del Cassero
39 5 65 del beneficio tuo sanza giurarlo, Jacopo del Cassero
39 5 66 pur che 'l voler nonpossa non ricida. Jacopo del Cassero
39 5 67 Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo, Jacopo del Cassero
39 5 68 ti priego, se mai vedi quel paese Jacopo del Cassero
39 5 69 che siede tra Romagna e quel di Carlo, Jacopo del Cassero
39 5 70 che tu mi sie di tuoi prieghi cortese Jacopo del Cassero
39 5 71 in Fano, sì che ben per me s'adori Jacopo del Cassero
39 5 72 pur ch'i' possa purgar le gravi offese. Jacopo del Cassero
39 5 73 Quindi fu' io; ma li profondi fóri Jacopo del Cassero
39 5 74 ond'uscì 'l sangue in sul quale io sedea, Jacopo del Cassero
39 5 75 fatti mi fuoro in grembo a li Antenori, Jacopo del Cassero
39 5 76 là dov'io più sicuro esser credea: Jacopo del Cassero
39 5 77 quel da Esti il fé far, che m'avea in ira Jacopo del Cassero
39 5 78 assai più là che dritto non volea. Jacopo del Cassero
39 5 79 Ma s'io fosse fuggito inver' la Mira, Jacopo del Cassero
39 5 80 quando fu' sovragiunto ad Oriaco, Jacopo del Cassero
39 5 81 ancor sarei di là dove si spira. Jacopo del Cassero
39 5 82 Corsi al palude, e le cannucce e 'l braco Jacopo del Cassero
39 5 83 m'impigliar sì ch'i' caddi; e lì vid'io Jacopo del Cassero
39 5 84 de le mie vene farsi in terra laco». Jacopo del Cassero
39 5 85 Poi disse un altro: «Deh, se quel disio Bonconte da Montefeltro
39 5 86 si compia che ti tragge a l'alto monte, Bonconte da Montefeltro
39 5 87 con buona pietate aiuta il mio! Bonconte da Montefeltro
39 5 88 Io fui di Montefeltro, io son Bonconte; Bonconte da Montefeltro
39 5 89 Giovanna o altri non ha di me cura; Bonconte da Montefeltro
39 5 90 per ch'io vo tra costor con bassa fronte». Bonconte da Montefeltro
39 5 91 E io a lui: «Qual forza o qual ventura Dante Alighieri
39 5 92 ti traviò sì fuor di Campaldino, Dante Alighieri
39 5 93 che non si seppe mai tua sepultura?». Dante Alighieri
39 5 94 «Oh!», rispuos'elli, «a pié del Casentino Bonconte da Montefeltro
39 5 95 traversa un'acqua c'ha nome l'Archiano, Bonconte da Montefeltro
39 5 96 che sovra l'Ermo nasce in Apennino. Bonconte da Montefeltro
39 5 97 Là 've 'l vocabol suo diventa vano, Bonconte da Montefeltro
39 5 98 arriva' io forato ne la gola, Bonconte da Montefeltro
39 5 99 fuggendo a piede e sanguinando il piano. Bonconte da Montefeltro
39 5 100 Quivi perdei la vista e la parola Bonconte da Montefeltro
39 5 101 nel nome di Maria fini', e quivi Bonconte da Montefeltro
39 5 102 caddi, e rimase la mia carne sola. Bonconte da Montefeltro
39 5 103 Io dirò vero e tu 'l ridì tra ' vivi: Bonconte da Montefeltro
39 5 104 l'angel di Dio mi prese, e quel d'inferno Bonconte da Montefeltro
39 5 105 gridava: "O tu del ciel, perché mi privi? Bonconte da Montefeltro
39 5 106 Tu te ne porti di costui l'etterno Bonconte da Montefeltro
39 5 107 per una lagrimetta che 'l mi toglie; Bonconte da Montefeltro
39 5 108 ma io farò de l'altro altro governo!". Bonconte da Montefeltro
39 5 109 Ben sai come ne l'aere si raccoglie Bonconte da Montefeltro
39 5 110 quell'umido vapor che in acqua riede, Bonconte da Montefeltro
39 5 111 tosto che sale dove 'l freddo il coglie. Bonconte da Montefeltro
39 5 112 Giunse quel mal voler che pur mal chiede Bonconte da Montefeltro
39 5 113 con lo 'ntelletto, e mosse il fummo e 'l vento Bonconte da Montefeltro
39 5 114 per la virtù che sua natura diede. Bonconte da Montefeltro
39 5 115 Indi la valle, come 'l dì fu spento, Bonconte da Montefeltro
39 5 116 da Pratomagno al gran giogo coperse Bonconte da Montefeltro
39 5 117 di nebbia; e 'l ciel di sopra fece intento, Bonconte da Montefeltro
39 5 118 sì che 'l pregno aere in acqua si converse; Bonconte da Montefeltro
39 5 119 la pioggia cadde e a' fossati venne Bonconte da Montefeltro
39 5 120 di lei ciò che la terra non sofferse; Bonconte da Montefeltro
39 5 121 e come ai rivi grandi si convenne, Bonconte da Montefeltro
39 5 122 ver' lo fiume real tanto veloce Bonconte da Montefeltro
39 5 123 si ruinò, che nulla la ritenne. Bonconte da Montefeltro
39 5 124 Lo corpo mio gelato in su la foce Bonconte da Montefeltro
39 5 125 trovò l'Archian rubesto; e quel sospinse Bonconte da Montefeltro
39 5 126 ne l'Arno, e sciolse al mio petto la croce Bonconte da Montefeltro
39 5 127 ch'i' fe' di me quando 'l dolor mi vinse; Bonconte da Montefeltro
39 5 128 voltòmmi per le ripe e per lo fondo, Bonconte da Montefeltro
39 5 129 poi di sua preda mi coperse e cinse». Bonconte da Montefeltro
39 5 130 «Deh, quando tu sarai tornato al mondo, Pia de' Tolomei
39 5 131 e riposato de la lunga via», Pia de' Tolomei
39 5 132 seguitò 'l terzo spirito al secondo,  
39 5 133 «ricorditi di me, che son la Pia: Pia de' Tolomei
39 5 134 Siena mi fé, disfecemi Maremma: Pia de' Tolomei
39 5 135 salsi colui che 'nnanellata pria Pia de' Tolomei
39 5 136 disposando m'avea con la sua gemma». Pia de' Tolomei
40 6 1 Quando si parte il gioco de la zara,  
40 6 2 colui che perde si riman dolente,  
40 6 3 repetendo le volte, e tristo impara;  
40 6 4 con l'altro se ne va tutta la gente;  
40 6 5 qual va dinanzi, e qual di dietro il prende,  
40 6 6 e qual dallato li si reca a mente;  
40 6 7 el non s'arresta, e questo e quello intende;  
40 6 8 a cui porge la man, più non fa pressa;  
40 6 9 e così da la calca si difende.  
40 6 10 Tal era io in quella turba spessa,  
40 6 11 volgendo a loro, e qua e là, la faccia,  
40 6 12 e promettendo mi sciogliea da essa.  
40 6 13 Quiv'era l'Aretin che da le braccia  
40 6 14 fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,  
40 6 15 e l'altro ch'annegò correndo in caccia.  
40 6 16 Quivi pregava con le mani sporte  
40 6 17 Federigo Novello, e quel da Pisa  
40 6 18 che fé parer lo buon Marzucco forte.  
40 6 19 Vidi conte Orso e l'anima divisa  
40 6 20 dal corpo suo per astio e per inveggia,  
40 6 21 com'e' dicea, non per colpa commisa;  
40 6 22 Pier da la Broccia dico; e qui proveggia,  
40 6 23 mentr'è di qua, la donna di Brabante,  
40 6 24 sì che però non sia di peggior greggia.  
40 6 25 Come libero fui da tutte quante  
40 6 26 quell'ombre che pregar pur ch'altri prieghi,  
40 6 27 sì che s'avacci lor divenir sante,  
40 6 28 io cominciai: «El par che tu mi nieghi, Dante Alighieri
40 6 29 o luce mia, espresso in alcun testo Dante Alighieri
40 6 30 che decreto del cielo orazion pieghi; Dante Alighieri
40 6 31 e questa gente prega pur di questo: Dante Alighieri
40 6 32 sarebbe dunque loro speme vana, Dante Alighieri
40 6 33 o non m'è 'l detto tuo ben manifesto?». Dante Alighieri
40 6 34 Ed elli a me: «La mia scrittura è piana; Virgilio (maestro)
40 6 35 e la speranza di costor non falla, Virgilio (maestro)
40 6 36 se ben si guarda con la mente sana; Virgilio (maestro)
40 6 37 ché cima di giudicio non s'avvalla Virgilio (maestro)
40 6 38 perché foco d'amor compia in un punto Virgilio (maestro)
40 6 39 ciò che de' sodisfar chi qui s'astalla; Virgilio (maestro)
40 6 40 e là dov'io fermai cotesto punto, Virgilio (maestro)
40 6 41 non s'ammendava, per pregar, difetto, Virgilio (maestro)
40 6 42 perché 'l priego da Dio era disgiunto. Virgilio (maestro)
40 6 43 Veramente a così alto sospetto Virgilio (maestro)
40 6 44 non ti fermar, se quella nol ti dice Virgilio (maestro)
40 6 45 che lume fia tra 'l vero e lo 'ntelletto. Virgilio (maestro)
40 6 46 Non so se 'ntendi: io dico di Beatrice; Virgilio (maestro)
40 6 47 tu la vedrai di sopra, in su la vetta Virgilio (maestro)
40 6 48 di questo monte, ridere e felice». Virgilio (maestro)
40 6 49 E io: «Segnore, andiamo a maggior fretta, Dante Alighieri
40 6 50 ché già non m'affatico come dianzi, Dante Alighieri
40 6 51 e vedi omai che 'l poggio l'ombra getta». Dante Alighieri
40 6 52 «Noi anderem con questo giorno innanzi», Virgilio (maestro)
40 6 53 rispuose, «quanto più potremo omai; Virgilio (maestro)
40 6 54 ma 'l fatto è d'altra forma che non stanzi. Virgilio (maestro)
40 6 55 Prima che sie là sù, tornar vedrai Virgilio (maestro)
40 6 56 colui che già si cuopre de la costa, Virgilio (maestro)
40 6 57 sì che ' suoi raggi tu romper non fai. Virgilio (maestro)
40 6 58 Ma vedi là un'anima che, posta Virgilio (maestro)
40 6 59 sola soletta, inverso noi riguarda: Virgilio (maestro)
40 6 60 quella ne 'nsegnerà la via più tosta». Virgilio (maestro)
40 6 61 Venimmo a lei: o anima lombarda,  
40 6 62 come ti stavi altera e disdegnosa  
40 6 63 e nel mover de li occhi onesta e tarda!  
40 6 64 Ella non ci dicea alcuna cosa,  
40 6 65 ma lasciavane gir, solo sguardando  
40 6 66 a guisa di leon quando si posa.  
40 6 67 Pur Virgilio si trasse a lei, pregando  
40 6 68 che ne mostrasse la miglior salita;  
40 6 69 e quella non rispuose al suo dimando,  
40 6 70 ma di nostro paese e de la vita  
40 6 71 ci 'nchiese; e 'l dolce duca incominciava  
40 6 72 «Mantua...», e l'ombra, tutta in sé romita, Virgilio (maestro)
40 6 73 surse ver' lui del loco ove pria stava,  
40 6 74 dicendo: «O Mantoano, io son Sordello Sordello da Goito
40 6 75 de la tua terra!»; e l'un l'altro abbracciava. Sordello da Goito
40 6 76 Ahi serva Italia, di dolore ostello,  
40 6 77 nave sanza nocchiere in gran tempesta,  
40 6 78 non donna di province, ma bordello!  
40 6 79 Quell'anima gentil fu così presta,  
40 6 80 sol per lo dolce suon de la sua terra,  
40 6 81 di fare al cittadin suo quivi festa;  
40 6 82 e ora in te non stanno sanza guerra  
40 6 83 li vivi tuoi, e l'un l'altro si rode  
40 6 84 di quei ch'un muro e una fossa serra.  
40 6 85 Cerca, misera, intorno da le prode  
40 6 86 le tue marine, e poi ti guarda in seno,  
40 6 87 s'alcuna parte in te di pace gode.  
40 6 88 Che val perché ti racconciasse il freno  
40 6 89 Iustiniano, se la sella è vota?  
40 6 90 Sanz'esso fora la vergogna meno.  
40 6 91 Ahi gente che dovresti esser devota,  
40 6 92 e lasciar seder Cesare in la sella,  
40 6 93 se bene intendi ciò che Dio ti nota,  
40 6 94 guarda come esta fiera è fatta fella  
40 6 95 per non esser corretta da li sproni,  
40 6 96 poi che ponesti mano a la predella.  
40 6 97 O Alberto tedesco ch'abbandoni  
40 6 98 costei ch'è fatta indomita e selvaggia,  
40 6 99 e dovresti inforcar li suoi arcioni,  
40 6 100 giusto giudicio da le stelle caggia  
40 6 101 sovra 'l tuo sangue, e sia novo e aperto,  
40 6 102 tal che 'l tuo successor temenza n'aggia!  
40 6 103 Ch'avete tu e 'l tuo padre sofferto,  
40 6 104 per cupidigia di costà distretti,  
40 6 105 che 'l giardin de lo 'mperio sia diserto.  
40 6 106 Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,  
40 6 107 Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:  
40 6 108 color già tristi, e questi con sospetti!  
40 6 109 V ien, crudel, vieni, e vedi la pressura  
40 6 110 d'i tuoi gentili, e cura lor magagne;  
40 6 111 e vedrai Santafior com'è oscura!  
40 6 112 Vieni a veder la tua Roma che piagne  
40 6 113 vedova e sola, e dì e notte chiama:  
40 6 114 «Cesare mio, perché non m'accompagne?». Roma
40 6 115 Vieni a veder la gente quanto s'ama!  
40 6 116 e se nulla di noi pietà ti move,  
40 6 117 a vergognar ti vien de la tua fama.  
40 6 118 E se licito m'è, o sommo Giove  
40 6 119 che fosti in terra per noi crucifisso,  
40 6 120 son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?  
40 6 121 O è preparazion che ne l'abisso  
40 6 122 del tuo consiglio fai per alcun bene  
40 6 123 in tutto de l'accorger nostro scisso?  
40 6 124 Ché le città d'Italia tutte piene  
40 6 125 son di tiranni, e un Marcel diventa  
40 6 126 ogne villan che parteggiando viene.  
40 6 127 Fiorenza mia, ben puoi esser contenta  
40 6 128 di questa digression che non ti tocca,  
40 6 129 mercé del popol tuo che si argomenta.  
40 6 130 Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca  
40 6 131 per non venir sanza consiglio a l'arco;  
40 6 132 ma il popol tuo l'ha in sommo de la bocca.  
40 6 133 Molti rifiutan lo comune incarco;  
40 6 134 ma il popol tuo solicito risponde  
40 6 135 sanza chiamare, e grida: «I' mi sobbarco!». Fiorentini
40 6 136 Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:  
40 6 137 tu ricca, tu con pace, e tu con senno!  
40 6 138 S'io dico 'l ver, l'effetto nol nasconde.  
40 6 139 Atene e Lacedemona, che fenno  
40 6 140 l'antiche leggi e furon sì civili,  
40 6 141 fecero al viver bene un picciol cenno  
40 6 142 verso di te, che fai tanto sottili  
40 6 143 provedimenti, ch'a mezzo novembre  
40 6 144 non giugne quel che tu d'ottobre fili.  
40 6 145 Quante volte, del tempo che rimembre,  
40 6 146 legge, moneta, officio e costume  
40 6 147 hai tu mutato e rinovate membre!  
40 6 148 E se ben ti ricordi e vedi lume,  
40 6 149 vedrai te somigliante a quella inferma  
40 6 150 che non può trovar posa in su le piume,  
40 6 151 ma con dar volta suo dolore scherma.  
41 7 1 Poscia che l'accoglienze oneste e liete  
41 7 2 furo iterate tre e quattro volte,  
41 7 3 Sordel si trasse, e disse: «Voi, chi siete?». Sordello da Goito
41 7 4 «Anzi che a questo monte fosser volte Virgilio (maestro)
41 7 5 l'anime degne di salire a Dio, Virgilio (maestro)
41 7 6 fur l'ossa mie per Ottavian sepolte. Virgilio (maestro)
41 7 7 Io son Virgilio; e per null'altro rio Virgilio (maestro)
41 7 8 lo ciel perdei che per non aver fé». Virgilio (maestro)
41 7 9 Così rispuose allora il duca mio.  
41 7 10 Qual è colui che cosa innanzi sé  
41 7 11 sùbita vede ond'e' si maraviglia,  
41 7 12 che crede e non, dicendo «Ella é... non é...», +++
41 7 13 tal parve quelli; e poi chinò le ciglia,  
41 7 14 e umilmente ritornò ver' lui,  
41 7 15 e abbracciòl là 've 'l minor s'appiglia.  
41 7 16 «O gloria di Latin», disse, «per cui Sordello da Goito
41 7 17 mostrò ciò che potea la lingua nostra, Sordello da Goito
41 7 18 o pregio etterno del loco ond'io fui, Sordello da Goito
41 7 19 qual merito o qual grazia mi ti mostra? Sordello da Goito
41 7 20 S'io son d'udir le tue parole degno, Sordello da Goito
41 7 21 dimmi se vien d'inferno, e di qual chiostra». Sordello da Goito
41 7 22 «Per tutt'i cerchi del dolente regno», Virgilio (maestro)
41 7 23 rispuose lui, «son io di qua venuto; Virgilio (maestro)
41 7 24 virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno. Virgilio (maestro)
41 7 25 Non per far, ma per non fare ho perduto Virgilio (maestro)
41 7 26 a veder l'alto Sol che tu disiri Virgilio (maestro)
41 7 27 e che fu tardi per me conosciuto. Virgilio (maestro)
41 7 28 Luogo è là giù non tristo di martìri, Virgilio (maestro)
41 7 29 ma di tenebre solo, ove i lamenti Virgilio (maestro)
41 7 30 non suonan come guai, ma son sospiri. Virgilio (maestro)
41 7 31 Quivi sto io coi pargoli innocenti Virgilio (maestro)
41 7 32 dai denti morsi de la morte avante Virgilio (maestro)
41 7 33 che fosser da l'umana colpa essenti; Virgilio (maestro)
41 7 34 quivi sto io con quei che le tre sante Virgilio (maestro)
41 7 35 virtù non si vestiro, e sanza vizio Virgilio (maestro)
41 7 36 conobber l'altre e seguir tutte quante. Virgilio (maestro)
41 7 37 Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio Virgilio (maestro)
41 7 38 dà noi per che venir possiam più tosto Virgilio (maestro)
41 7 39 là dove purgatorio ha dritto inizio». Virgilio (maestro)
41 7 40 Rispuose: «Loco certo non c'è posto; Sordello da Goito
41 7 41 licito m'è andar suso e intorno; Sordello da Goito
41 7 42 per quanto ir posso, a guida mi t'accosto. Sordello da Goito
41 7 43 Ma vedi già come dichina il giorno, Sordello da Goito
41 7 44 e andar sù di notte non si puote; Sordello da Goito
41 7 45 però è buon pensar di bel soggiorno. Sordello da Goito
41 7 46 Anime sono a destra qua remote: Sordello da Goito
41 7 47 se mi consenti, io ti merrò ad esse, Sordello da Goito
41 7 48 e non sanza diletto ti fier note». Sordello da Goito
41 7 49 «Com'è ciò?», fu risposto. «Chi volesse Virgilio (maestro)
41 7 50 salir di notte, fora elli impedito Virgilio (maestro)
41 7 51 d'altrui, o non sarria ché non potesse?». Virgilio (maestro)
41 7 52 E 'l buon Sordello in terra fregò 'l dito,  
41 7 53 dicendo: «Vedi? sola questa riga Sordello da Goito
41 7 54 non varcheresti dopo 'l sol partito: Sordello da Goito
41 7 55 non però ch'altra cosa desse briga, Sordello da Goito
41 7 56 che la notturna tenebra, ad ir suso; Sordello da Goito
41 7 57 quella col nonpoder la voglia intriga. Sordello da Goito
41 7 58 Ben si poria con lei tornare in giuso Sordello da Goito
41 7 59 e passeggiar la costa intorno errando, Sordello da Goito
41 7 60 mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso». Sordello da Goito
41 7 61 Allora il mio segnor, quasi ammirando,  
41 7 62 «Menane», disse, «dunque là 've dici Virgilio (maestro)
41 7 63 ch'aver si può diletto dimorando». Virgilio (maestro)
41 7 64 Poco allungati c'eravam di lici,  
41 7 65 quand'io m'accorsi che 'l monte era scemo,  
41 7 66 a guisa che i vallon li sceman quici.  
41 7 67 «Colà», disse quell'ombra, «n'anderemo Sordello da Goito
41 7 68 dove la costa face di sé grembo; Sordello da Goito
41 7 69 e là il novo giorno attenderemo». Sordello da Goito
41 7 70 Tra erto e piano era un sentiero schembo,  
41 7 71 che ne condusse in fianco de la lacca,  
41 7 72 là dove più ch'a mezzo muore il lembo.  
41 7 73 Oro e argento fine, cocco e biacca,  
41 7 74 indaco, legno lucido e sereno,  
41 7 75 fresco smeraldo in l'ora che si fiacca,  
41 7 76 da l'erba e da li fior, dentr'a quel seno  
41 7 77 posti, ciascun saria di color vinto,  
41 7 78 come dal suo maggiore è vinto il meno.  
41 7 79 Non avea pur natura ivi dipinto,  
41 7 80 ma di soavità di mille odori  
41 7 81 vi facea uno incognito e indistinto.  
41 7 82 'Salve, Regina' in sul verde e 'n su' fiori Anime Purganti
41 7 83 quindi seder cantando anime vidi,  
41 7 84 che per la valle non parean di fuori.  
41 7 85 «Prima che 'l poco sole omai s'annidi», Sordello da Goito
41 7 86 cominciò 'l Mantoan che ci avea vòlti, Sordello da Goito
41 7 87 «tra color non vogliate ch'io vi guidi. Sordello da Goito
41 7 88 Di questo balzo meglio li atti e ' volti Sordello da Goito
41 7 89 conoscerete voi di tutti quanti, Sordello da Goito
41 7 90 che ne la lama giù tra essi accolti.  
41 7 91 Colui che più siede alto e fa sembianti  
41 7 92 d'aver negletto ciò che far dovea,  
41 7 93 e che non move bocca a li altrui canti,  
41 7 94 Rodolfo imperador fu, che potea  
41 7 95 sanar le piaghe c'hanno Italia morta,  
41 7 96 sì che tardi per altri si ricrea.  
41 7 97 L'altro che ne la vista lui conforta,  
41 7 98 resse la terra dove l'acqua nasce  
41 7 99 che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta:  
41 7 100 Ottacchero ebbe nome, e ne le fasce  
41 7 101 fu meglio assai che Vincislao suo figlio  
41 7 102 barbuto, cui lussuria e ozio pasce.  
41 7 103 E quel nasetto che stretto a consiglio  
41 7 104 par con colui c'ha sì benigno aspetto,  
41 7 105 morì fuggendo e disfiorando il giglio:  
41 7 106 guardate là come si batte il petto!  
41 7 107 L'altro vedete c'ha fatto a la guancia  
41 7 108 de la sua palma, sospirando, letto.  
41 7 109 Padre e suocero son del mal di Francia:  
41 7 110 sanno la vita sua viziata e lorda,  
41 7 111 e quindi viene il duol che sì li lancia.  
41 7 112 Quel che par sì membruto e che s'accorda,  
41 7 113 cantando, con colui dal maschio naso,  
41 7 114 d'ogne valor portò cinta la corda;  
41 7 115 e se re dopo lui fosse rimaso  
41 7 116 lo giovanetto che retro a lui siede,  
41 7 117 ben andava il valor di vaso in vaso,  
41 7 118 che non si puote dir de l'altre rede;  
41 7 119 Iacomo e Federigo hanno i reami;  
41 7 120 del retaggio miglior nessun possiede.  
41 7 121 Rade volte risurge per li rami  
41 7 122 l'umana probitate; e questo vole  
41 7 123 quei che la dà, perché da lui si chiami.  
41 7 124 Anche al nasuto vanno mie parole  
41 7 125 non men ch'a l'altro, Pier, che con lui canta,  
41 7 126 onde Puglia e Proenza già si dole.  
41 7 127 Tant'è del seme suo minor la pianta,  
41 7 128 quanto più che Beatrice e Margherita,  
41 7 129 Costanza di marito ancor si vanta.  
41 7 130 Vedete il re de la semplice vita  
41 7 131 seder là solo, Arrigo d'Inghilterra:  
41 7 132 questi ha ne' rami suoi migliore uscita.  
41 7 133 Quel che più basso tra costor s'atterra,  
41 7 134 guardando in suso, è Guiglielmo marchese,  
41 7 135 per cui e Alessandria e la sua guerra  
41 7 136 fa pianger Monferrato e Canavese».  
42 8 1 Era già l'ora che volge il disio  
42 8 2 ai navicanti e 'ntenerisce il core  
42 8 3 lo dì c'han detto ai dolci amici addio;  
42 8 4 e che lo novo peregrin d'amore  
42 8 5 punge, se ode squilla di lontano  
42 8 6 che paia il giorno pianger che si more;  
42 8 7 quand'io incominciai a render vano  
42 8 8 l'udire e a mirare una de l'alme  
42 8 9 surta, che l'ascoltar chiedea con mano.  
42 8 10 Ella giunse e levò ambo le palme,  
42 8 11 ficcando li occhi verso l'oriente,  
42 8 12 come dicesse a Dio: 'D'altro non calme'.  
42 8 13 'Te lucis ante' sì devotamente  
42 8 14 le uscìo di bocca e con sì dolci note,  
42 8 15 che fece me a me uscir di mente;  
42 8 16 e l'altre poi dolcemente e devote  
42 8 17 seguitar lei per tutto l'inno intero,  
42 8 18 avendo li occhi a le superne rote.  
42 8 19 Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,  
42 8 20 ché 'l velo è ora ben tanto sottile,  
42 8 21 certo che 'l trapassar dentro è leggero.  
42 8 22 Io vidi quello essercito gentile  
42 8 23 tacito poscia riguardare in sù  
42 8 24 quasi aspettando, palido e umìle;  
42 8 25 e vidi uscir de l'alto e scender giù  
42 8 26 due angeli con due spade affocate,  
42 8 27 tronche e private de le punte sue.  
42 8 28 Verdi come fogliette pur mo nate  
42 8 29 erano in veste, che da verdi penne  
42 8 30 percosse traean dietro e ventilate.  
42 8 31 L'un poco sovra noi a star si venne,  
42 8 32 e l'altro scese in l'opposita sponda,  
42 8 33 sì che la gente in mezzo si contenne.  
42 8 34 Ben discernea in lor la testa bionda;  
42 8 35 ma ne la faccia l'occhio si smarria,  
42 8 36 come virtù ch'a troppo si confonda.  
42 8 37 «Ambo vegnon del grembo di Maria», Sordello da Goito
42 8 38 disse Sordello, «a guardia de la valle, Sordello da Goito
42 8 39 per lo serpente che verrà vie via». Sordello da Goito
42 8 40 Ond'io, che non sapeva per qual calle,  
42 8 41 mi volsi intorno, e stretto m'accostai,  
42 8 42 tutto gelato, a le fidate spalle.  
42 8 43 E Sordello anco: «Or avvalliamo omai Sordello da Goito
42 8 44 tra le grandi ombre, e parleremo ad esse; Sordello da Goito
42 8 45 grazioso fia lor vedervi assai». Sordello da Goito
42 8 46 Solo tre passi credo ch'i' scendesse,  
42 8 47 e fui di sotto, e vidi un che mirava  
42 8 48 pur me, come conoscer mi volesse.  
42 8 49 Temp'era già che l'aere s'annerava,  
42 8 50 ma non sì che tra li occhi suoi e ' miei  
42 8 51 non dichiarisse ciò che pria serrava.  
42 8 52 Ver' me si fece, e io ver' lui mi fei:  
42 8 53 giudice Nin gentil, quanto mi piacque  
42 8 54 quando ti vidi non esser tra ' rei!  
42 8 55 Nullo bel salutar tra noi si tacque;  
42 8 56 poi dimandò: «Quant'è che tu venisti Nino Visconti
42 8 57 a pié del monte per le lontane acque?». Nino Visconti
42 8 58 «Oh!», diss'io lui, «per entro i luoghi tristi Dante Alighieri
42 8 59 venni stamane, e sono in prima vita, Dante Alighieri
42 8 60 ancor che l'altra, sì andando, acquisti». Dante Alighieri
42 8 61 E come fu la mia risposta udita,  
42 8 62 Sordello ed elli in dietro si raccolse  
42 8 63 come gente di sùbito smarrita.  
42 8 64 L'uno a Virgilio e l'altro a un si volse  
42 8 65 che sedea lì, gridando:«Sù, Currado! Nino Visconti
42 8 66 vieni a veder che Dio per grazia volse». Nino Visconti
42 8 67 Poi, vòlto a me: «Per quel singular grado Nino Visconti
42 8 68 che tu dei a colui che sì nasconde Nino Visconti
42 8 69 lo suo primo perché, che non lì è guado, Nino Visconti
42 8 70 quando sarai di là da le larghe onde, Nino Visconti
42 8 71 dì a Giovanna mia che per me chiami Nino Visconti
42 8 72 là dove a li 'nnocenti si risponde. Nino Visconti
42 8 73 Non credo che la sua madre più m'ami, Nino Visconti
42 8 74 poscia che trasmutò le bianche bende, Nino Visconti
42 8 75 le quai convien che, misera!, ancor brami. Nino Visconti
42 8 76 Per lei assai di lieve si comprende Nino Visconti
42 8 77 quanto in femmina foco d'amor dura, Nino Visconti
42 8 78 se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende. Nino Visconti
42 8 79 Non le farà sì bella sepultura Nino Visconti
42 8 80 la vipera che Melanesi accampa, Nino Visconti
42 8 81 com'avria fatto il gallo di Gallura». Nino Visconti
42 8 82 Così dicea, segnato de la stampa,  
42 8 83 nel suo aspetto, di quel dritto zelo  
42 8 84 che misuratamente in core avvampa.  
42 8 85 Li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo,  
42 8 86 pur là dove le stelle son più tarde,  
42 8 87 sì come rota più presso a lo stelo.  
42 8 88 E 'l duca mio: «Figliuol, che là sù guarde?». Virgilio (maestro)
42 8 89 E io a lui: «A quelle tre facelle Dante Alighieri
42 8 90 di che 'l polo di qua tutto quanto arde». Dante Alighieri
42 8 91 Ond'elli a me: «Le quattro chiare stelle Virgilio (maestro)
42 8 92 che vedevi staman, son di là basse, Virgilio (maestro)
42 8 93 e queste son salite ov'eran quelle». Virgilio (maestro)
42 8 94 Com'ei parlava, e Sordello a sé il trasse  
42 8 95 dicendo:«Vedi là 'l nostro avversaro»; Sordello da Goito
42 8 96 e drizzò il dito perché 'n là guardasse.  
42 8 97 Da quella parte onde non ha riparo  
42 8 98 la picciola vallea, era una biscia,  
42 8 99 forse qual diede ad Eva il cibo amaro.  
42 8 100 Tra l'erba e ' fior venìa la mala striscia,  
42 8 101 volgendo ad ora ad or la testa, e 'l dosso  
42 8 102 leccando come bestia che si liscia.  
42 8 103 Io non vidi, e però dicer non posso,  
42 8 104 come mosser li astor celestiali;  
42 8 105 ma vidi bene e l'uno e l'altro mosso.  
42 8 106 Sentendo fender l'aere a le verdi ali,  
42 8 107 fuggì 'l serpente, e li angeli dier volta,  
42 8 108 suso a le poste rivolando iguali.  
42 8 109 L'ombra che s'era al giudice raccolta  
42 8 110 quando chiamò, per tutto quello assalto  
42 8 111 punto non fu da me guardare sciolta.  
42 8 112 «Se la lucerna che ti mena in alto Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 113 truovi nel tuo arbitrio tanta cera Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 114 quant'è mestiere infino al sommo smalto», Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 115 cominciò ella, «se novella vera Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 116 di Val di Magra o di parte vicina Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 117 sai, dillo a me, che già grande là era. Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 118 Fui chiamato Currado Malaspina; Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 119 non son l'antico, ma di lui discesi; Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 120 a' miei portai l'amor che qui raffina». Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 121 «Oh!», diss'io lui, «per li vostri paesi Dante Alighieri
42 8 122 già mai non fui; ma dove si dimora Dante Alighieri
42 8 123 per tutta Europa ch'ei non sien palesi? Dante Alighieri
42 8 124 La fama che la vostra casa onora, Dante Alighieri
42 8 125 grida i segnori e grida la contrada, Dante Alighieri
42 8 126 sì che ne sa chi non vi fu ancora; Dante Alighieri
42 8 127 e io vi giuro, s'io di sopra vada, Dante Alighieri
42 8 128 che vostra gente onrata non si sfregia Dante Alighieri
42 8 129 del pregio de la borsa e de la spada. Dante Alighieri
42 8 130 Uso e natura sì la privilegia, Dante Alighieri
42 8 131 che, perché il capo reo il mondo torca, Dante Alighieri
42 8 132 sola va dritta e 'l mal cammin dispregia». Dante Alighieri
42 8 133 Ed elli: «Or va; che 'l sol non si ricorca Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 134 sette volte nel letto che 'l Montone Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 135 con tutti e quattro i pié cuopre e inforca, Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 136 che cotesta cortese oppinione Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 137 ti fia chiavata in mezzo de la testa Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 138 con maggior chiovi che d'altrui sermone, Corrado Malaspina (il Giovane)
42 8 139 se corso di giudicio non s'arresta». Corrado Malaspina (il Giovane)
43 9 1 La concubina di Titone antico  
43 9 2 già s'imbiancava al balco d'oriente,  
43 9 3 fuor de le braccia del suo dolce amico;  
43 9 4 di gemme la sua fronte era lucente,  
43 9 5 poste in figura del freddo animale  
43 9 6 che con la coda percuote la gente;  
43 9 7 e la notte, de' passi con che sale,  
43 9 8 fatti avea due nel loco ov'eravamo,  
43 9 9 e 'l terzo già chinava in giuso l'ale;  
43 9 10 quand'io, che meco avea di quel d'Adamo,  
43 9 11 vinto dal sonno, in su l'erba inchinai  
43 9 12 là 've già tutti e cinque sedavamo.  
43 9 13 Ne l'ora che comincia i tristi lai  
43 9 14 la rondinella presso a la mattina,  
43 9 15 forse a memoria de' suo' primi guai,  
43 9 16 e che la mente nostra, peregrina  
43 9 17 più da la carne e men da' pensier presa,  
43 9 18 a le sue vision quasi è divina,  
43 9 19 in sogno mi parea veder sospesa  
43 9 20 un'aguglia nel ciel con penne d'oro,  
43 9 21 con l'ali aperte e a calare intesa;  
43 9 22 ed esser mi parea là dove fuoro  
43 9 23 abbandonati i suoi da Ganimede,  
43 9 24 quando fu ratto al sommo consistoro.  
43 9 25 Fra me pensava: 'Forse questa fiede  
43 9 26 pur qui per uso, e forse d'altro loco  
43 9 27 disdegna di portarne suso in piede'.  
43 9 28 Poi mi parea che, poi rotata un poco,  
43 9 29 terribil come folgor discendesse,  
43 9 30 e me rapisse suso infino al foco.  
43 9 31 Ivi parea che ella e io ardesse;  
43 9 32 e sì lo 'ncendio imaginato cosse,  
43 9 33 che convenne che 'l sonno si rompesse.  
43 9 34 Non altrimenti Achille si riscosse,  
43 9 35 li occhi svegliati rivolgendo in giro  
43 9 36 e non sappiendo là dove si fosse,  
43 9 37 quando la madre da Chirón a Schiro  
43 9 38 trafuggò lui dormendo in le sue braccia,  
43 9 39 là onde poi li Greci il dipartiro;  
43 9 40 che mi scoss'io, sì come da la faccia  
43 9 41 mi fuggì 'l sonno, e diventa' ismorto,  
43 9 42 come fa l'uom che, spaventato, agghiaccia.  
43 9 43 Dallato m'era solo il mio conforto,  
43 9 44 e 'l sole er'alto già più che due ore,  
43 9 45 e 'l viso m'era a la marina torto.  
43 9 46 «Non aver tema», disse il mio segnore; Virgilio (maestro)
43 9 47 «fatti sicur, ché noi semo a buon punto; Virgilio (maestro)
43 9 48 non stringer, ma rallarga ogne vigore. Virgilio (maestro)
43 9 49 Tu se' omai al purgatorio giunto: Virgilio (maestro)
43 9 50 vedi là il balzo che 'l chiude dintorno; Virgilio (maestro)
43 9 51 vedi l'entrata là 've par digiunto. Virgilio (maestro)
43 9 52 Dianzi, ne l'alba che procede al giorno, Virgilio (maestro)
43 9 53 quando l'anima tua dentro dormia, Virgilio (maestro)
43 9 54 sovra li fiori ond'è là giù addorno Virgilio (maestro)
43 9 55 venne una donna, e disse: "I' son Lucia Virgilio (maestro)
43 9 56 lasciatemi pigliar costui che dorme; Virgilio (maestro)
43 9 57 sì l'agevolerò per la sua via". Virgilio (maestro)
43 9 58 Sordel rimase e l'altre genti forme; Virgilio (maestro)
43 9 59 ella ti tolse, e come 'l dì fu chiaro, Virgilio (maestro)
43 9 60 sen venne suso; e io per le sue orme. Virgilio (maestro)
43 9 61 Qui ti posò, ma pria mi dimostraro Virgilio (maestro)
43 9 62 li occhi suoi belli quella intrata aperta; Virgilio (maestro)
43 9 63 poi ella e 'l sonno ad una se n'andaro». Virgilio (maestro)
43 9 64 A guisa d'uom che 'n dubbio si raccerta  
43 9 65 e che muta in conforto sua paura,  
43 9 66 poi che la verità li è discoperta,  
43 9 67 mi cambia' io; e come sanza cura  
43 9 68 vide me 'l duca mio, su per lo balzo  
43 9 69 si mosse, e io di rietro inver' l'altura.  
43 9 70 Lettor, tu vedi ben com'io innalzo  
43 9 71 la mia matera, e però con più arte  
43 9 72 non ti maravigliar s'io la rincalzo.  
43 9 73 Noi ci appressammo, ed eravamo in parte,  
43 9 74 che là dove pareami prima rotto,  
43 9 75 pur come un fesso che muro diparte,  
43 9 76 vidi una porta, e tre gradi di sotto  
43 9 77 per gire ad essa, di color diversi,  
43 9 78 e un portier ch'ancor non facea motto.  
43 9 79 E come l'occhio più e più v'apersi,  
43 9 80 vidil seder sovra 'l grado sovrano,  
43 9 81 tal ne la faccia ch'io non lo soffersi;  
43 9 82 e una spada nuda avea in mano,  
43 9 83 che reflettea i raggi sì ver' noi,  
43 9 84 ch'io drizzava spesso il viso in vano.  
43 9 85 «Dite costinci: che volete voi?», Angelo Portiere
43 9 86 cominciò elli a dire, «ov'è la scorta? Angelo Portiere
43 9 87 Guardate che 'l venir sù non vi nòi». Angelo Portiere
43 9 88 «Donna del ciel, di queste cose accorta», Virgilio (maestro)
43 9 89 rispuose 'l mio maestro a lui, «pur dianzi Virgilio (maestro)
43 9 90 ne disse: "Andate là: quivi è la porta"». Virgilio (maestro)
43 9 91 «Ed ella i passi vostri in bene avanzi», Angelo Portiere
43 9 92 ricominciò il cortese portinaio: Angelo Portiere
43 9 93 «Venite dunque a' nostri gradi innanzi». Angelo Portiere
43 9 94 Là ne venimmo; e lo scaglion primaio  
43 9 95 bianco marmo era sì pulito e terso,  
43 9 96 ch'io mi specchiai in esso qual io paio.  
43 9 97 Era il secondo tinto più che perso,  
43 9 98 d'una petrina ruvida e arsiccia,  
43 9 99 crepata per lo lungo e per traverso.  
43 9 100 Lo terzo, che di sopra s'ammassiccia,  
43 9 101 porfido mi parea, sì fiammeggiante,  
43 9 102 come sangue che fuor di vena spiccia.  
43 9 103 Sovra questo tenea ambo le piante  
43 9 104 l'angel di Dio, sedendo in su la soglia,  
43 9 105 che mi sembiava pietra di diamante.  
43 9 106 Per li tre gradi sù di buona voglia  
43 9 107 mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi Virgilio (maestro)
43 9 108 umilemente che 'l serrame scioglia». Virgilio (maestro)
43 9 109 Divoto mi gittai a' santi piedi;  
43 9 110 misericordia chiesi e ch'el m'aprisse,  
43 9 111 ma tre volte nel petto pria mi diedi.  
43 9 112 Sette P ne la fronte mi descrisse  
43 9 113 col punton de la spada, e «Fa che lavi, Angelo Portiere
43 9 114 quando se' dentro, queste piaghe», disse. Angelo Portiere
43 9 115 Cenere, o terra che secca si cavi,  
43 9 116 d'un color fora col suo vestimento;  
43 9 117 e di sotto da quel trasse due chiavi.  
43 9 118 L'una era d'oro e l'altra era d'argento;  
43 9 119 pria con la bianca e poscia con la gialla  
43 9 120 fece a la porta sì, ch'i' fu' contento.  
43 9 121 «Quandunque l'una d'este chiavi falla, Angelo Portiere
43 9 122 che non si volga dritta per la toppa», Angelo Portiere
43 9 123 diss'elli a noi, «non s'apre questa calla. Angelo Portiere
43 9 124 Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa Angelo Portiere
43 9 125 d'arte e d'ingegno avanti che diserri, Angelo Portiere
43 9 126 perch'ella è quella che 'l nodo digroppa. Angelo Portiere
43 9 127 Da Pier le tegno; e dissemi ch'i' erri Angelo Portiere
43 9 128 anzi ad aprir ch'a tenerla serrata, Angelo Portiere
43 9 129 pur che la gente a' piedi mi s'atterri». Angelo Portiere
43 9 130 Poi pinse l'uscio a la porta sacrata,  
43 9 131 dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti Angelo Portiere
43 9 132 che di fuor torna chi 'n dietro si guata». Angelo Portiere
43 9 133 E quando fuor ne' cardini distorti  
43 9 134 li spigoli di quella regge sacra,  
43 9 135 che di metallo son sonanti e forti,  
43 9 136 non rugghiò sì né si mostrò sì acra  
43 9 137 Tarpea, come tolto le fu il buono  
43 9 138 Metello, per che poi rimase macra.  
43 9 139 Io mi rivolsi attento al primo tuono,  
43 9 140 e 'Te Deum laudamus' mi parea  
43 9 141 udire in voce mista al dolce suono.  
43 9 142 Tale imagine a punto mi rendea  
43 9 143 ciò ch'io udiva, qual prender si suole  
43 9 144 quando a cantar con organi si stea;  
43 9 145 ch'or sì or no s'intendon le parole.  
44 10 1 Poi fummo dentro al soglio de la porta  
44 10 2 che 'l mal amor de l'anime disusa,  
44 10 3 perché fa parer dritta la via torta,  
44 10 4 sonando la senti' esser richiusa;  
44 10 5 e s'io avesse li occhi vòlti ad essa,  
44 10 6 qual fora stata al fallo degna scusa?  
44 10 7 Noi salavam per una pietra fessa,  
44 10 8 che si moveva e d'una e d'altra parte,  
44 10 9 sì come l'onda che fugge e s'appressa.  
44 10 10 «Qui si conviene usare un poco d'arte», Virgilio (maestro)
44 10 11 cominciò 'l duca mio, «in accostarsi Virgilio (maestro)
44 10 12 or quinci, or quindi al lato che si parte». Virgilio (maestro)
44 10 13 E questo fece i nostri passi scarsi,  
44 10 14 tanto che pria lo scemo de la luna  
44 10 15 rigiunse al letto suo per ricorcarsi,  
44 10 16 che noi fossimo fuor di quella cruna;  
44 10 17 ma quando fummo liberi e aperti  
44 10 18 sù dove il monte in dietro si rauna,  
44 10 19 io stancato e amendue incerti  
44 10 20 di nostra via, restammo in su un piano  
44 10 21 solingo più che strade per diserti.  
44 10 22 Da la sua sponda, ove confina il vano,  
44 10 23 al pié de l'alta ripa che pur sale,  
44 10 24 misurrebbe in tre volte un corpo umano;  
44 10 25 e quanto l'occhio mio potea trar d'ale,  
44 10 26 or dal sinistro e or dal destro fianco,  
44 10 27 questa cornice mi parea cotale.  
44 10 28 Là sù non eran mossi i pié nostri anco,  
44 10 29 quand'io conobbi quella ripa intorno  
44 10 30 che dritto di salita aveva manco,  
44 10 31 esser di marmo candido e addorno  
44 10 32 d'intagli sì, che non pur Policleto,  
44 10 33 ma la natura lì avrebbe scorno.  
44 10 34 L'angel che venne in terra col decreto  
44 10 35 de la molt'anni lagrimata pace,  
44 10 36 ch'aperse il ciel del suo lungo divieto,  
44 10 37 dinanzi a noi pareva sì verace  
44 10 38 quivi intagliato in un atto soave,  
44 10 39 che non sembiava imagine che tace.  
44 10 40 Giurato si saria ch'el dicesse 'Ave!';  
44 10 41 perché iv'era imaginata quella  
44 10 42 ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave;  
44 10 43 e avea in atto impressa esta favella  
44 10 44 'Ecce ancilla Dei', propriamente  
44 10 45 come figura in cera si suggella.  
44 10 46 «Non tener pur ad un loco la mente», Virgilio (maestro)
44 10 47 disse 'l dolce maestro, che m'avea  
44 10 48 da quella parte onde 'l cuore ha la gente.  
44 10 49 Per ch'i' mi mossi col viso, e vedea  
44 10 50 di retro da Maria, da quella costa  
44 10 51 onde m'era colui che mi movea,  
44 10 52 un'altra storia ne la roccia imposta;  
44 10 53 per ch'io varcai Virgilio, e fe'mi presso,  
44 10 54 acciò che fosse a li occhi miei disposta.  
44 10 55 Era intagliato lì nel marmo stesso  
44 10 56 lo carro e ' buoi, traendo l'arca santa,  
44 10 57 per che si teme officio non commesso.  
44 10 58 Dinanzi parea gente; e tutta quanta,  
44 10 59 partita in sette cori, a' due mie' sensi  
44 10 60 faceva dir l'un «No», l'altro «Sì, canta». +++
44 10 61 Similemente al fummo de li 'ncensi  
44 10 62 che v'era imaginato, li occhi e 'l naso  
44 10 63 e al sì e al no discordi fensi.  
44 10 64 Lì precedeva al benedetto vaso,  
44 10 65 trescando alzato, l'umile salmista,  
44 10 66 e più e men che re era in quel caso.  
44 10 67 Di contra, effigiata ad una vista  
44 10 68 d'un gran palazzo, Micòl ammirava  
44 10 69 sì come donna dispettosa e trista.  
44 10 70 I' mossi i pié del loco dov'io stava,  
44 10 71 per avvisar da presso un'altra istoria,  
44 10 72 che di dietro a Micòl mi biancheggiava.  
44 10 73 Quiv'era storiata l'alta gloria  
44 10 74 del roman principato, il cui valore  
44 10 75 mosse Gregorio a la sua gran vittoria;  
44 10 76 i' dico di Traiano imperadore;  
44 10 77 e una vedovella li era al freno,  
44 10 78 di lagrime atteggiata e di dolore.  
44 10 79 Intorno a lui parea calcato e pieno  
44 10 80 di cavalieri, e l'aguglie ne l'oro  
44 10 81 sovr'essi in vista al vento si movieno.  
44 10 82 La miserella intra tutti costoro  
44 10 83 pareva dir: «Segnor, fammi vendetta La vedovella
44 10 84 di mio figliuol ch'è morto, ond'io m'accoro»; La vedovella
44 10 85 ed elli a lei rispondere: «Or aspetta Traiano
44 10 86 tanto ch'i' torni»; e quella: «Segnor mio», La vedovella
44 10 87 come persona in cui dolor s'affretta, La vedovella
44 10 88 «se tu non torni?»; ed ei: «Chi fia dov'io, Traiano
44 10 89 la ti farà»; ed ella: «L'altrui bene La vedovella
44 10 90 a te che fia, se 'l tuo metti in oblio?»; La vedovella
44 10 91 ond'elli: «Or ti conforta; ch'ei convene Traiano
44 10 92 ch'i' solva il mio dovere anzi ch'i' mova: Traiano
44 10 93 giustizia vuole e pietà mi ritene». Traiano
44 10 94 Colui che mai non vide cosa nova  
44 10 95 produsse esto visibile parlare,  
44 10 96 novello a noi perché qui non si trova.  
44 10 97 Mentr'io mi dilettava di guardare  
44 10 98 l'imagini di tante umilitadi,  
44 10 99 e per lo fabbro loro a veder care,  
44 10 100 «Ecco di qua, ma fanno i passi radi», Virgilio (maestro)
44 10 101 mormorava il poeta, «molte genti: Virgilio (maestro)
44 10 102 questi ne 'nvieranno a li alti gradi». Virgilio (maestro)
44 10 103 Li occhi miei ch'a mirare eran contenti  
44 10 104 per veder novitadi ond'e' son vaghi,  
44 10 105 volgendosi ver' lui non furon lenti.  
44 10 106 Non vo' però, lettor, che tu ti smaghi  
44 10 107 di buon proponimento per udire  
44 10 108 come Dio vuol che 'l debito si paghi.  
44 10 109 Non attender la forma del martìre:  
44 10 110 pensa la succession; pensa ch'al peggio,  
44 10 111 oltre la gran sentenza non può ire.  
44 10 112 Io cominciai: «Maestro, quel ch'io veggio Dante Alighieri
44 10 113 muovere a noi, non mi sembian persone, Dante Alighieri
44 10 114 e non so che, sì nel veder vaneggio». Dante Alighieri
44 10 115 Ed elli a me: «La grave condizione Virgilio (maestro)
44 10 116 di lor tormento a terra li rannicchia, Virgilio (maestro)
44 10 117 sì che ' miei occhi pria n'ebber tencione. Virgilio (maestro)
44 10 118 Ma guarda fiso là, e disviticchia Virgilio (maestro)
44 10 119 col viso quel che vien sotto a quei sassi: Virgilio (maestro)
44 10 120 già scorger puoi come ciascun si picchia». Virgilio (maestro)
44 10 121 O superbi cristian, miseri lassi,  
44 10 122 che, de la vista de la mente infermi,  
44 10 123 fidanza avete ne' retrosi passi,  
44 10 124 non v'accorgete voi che noi siam vermi  
44 10 125 nati a formar l'angelica farfalla,  
44 10 126 che vola a la giustizia sanza schermi?  
44 10 127 Di che l'animo vostro in alto galla,  
44 10 128 poi siete quasi antomata in difetto,  
44 10 129 sì come vermo in cui formazion falla?  
44 10 130 Come per sostentar solaio o tetto,  
44 10 131 per mensola talvolta una figura  
44 10 132 si vede giugner le ginocchia al petto,  
44 10 133 la qual fa del non ver vera rancura  
44 10 134 nascere 'n chi la vede; così fatti  
44 10 135 vid'io color, quando puosi ben cura.  
44 10 136 Vero è che più e meno eran contratti  
44 10 137 secondo ch'avien più e meno a dosso;  
44 10 138 e qual più pazienza avea ne li atti,  
44 10 139 piangendo parea dicer: 'Più non posso'.  
45 11 1 «O Padre nostro, che ne' cieli stai, Anime Purganti
45 11 2 non circunscritto, ma per più amore Anime Purganti
45 11 3 ch'ai primi effetti di là sù tu hai, Anime Purganti
45 11 4 laudato sia 'l tuo nome e 'l tuo valore Anime Purganti
45 11 5 da ogni creatura, com'è degno Anime Purganti
45 11 6 di render grazie al tuo dolce vapore. Anime Purganti
45 11 7 Vegna ver' noi la pace del tuo regno, Anime Purganti
45 11 8 ché noi ad essa non potem da noi, Anime Purganti
45 11 9 s'ella non vien, con tutto nostro ingegno. Anime Purganti
45 11 10 Come del suo voler li angeli tuoi Anime Purganti
45 11 11 fan sacrificio a te, cantando osanna, Anime Purganti
45 11 12 così facciano li uomini de' suoi. Anime Purganti
45 11 13 Dà oggi a noi la cotidiana manna, Anime Purganti
45 11 14 sanza la qual per questo aspro diserto Anime Purganti
45 11 15 a retro va chi più di gir s'affanna. Anime Purganti
45 11 16 E come noi lo mal ch'avem sofferto Anime Purganti
45 11 17 perdoniamo a ciascuno, e tu perdona Anime Purganti
45 11 18 benigno, e non guardar lo nostro merto. Anime Purganti
45 11 19 Nostra virtù che di legger s'adona, Anime Purganti
45 11 20 non spermentar con l'antico avversaro, Anime Purganti
45 11 21 ma libera da lui che sì la sprona. Anime Purganti
45 11 22 Quest'ultima preghiera, segnor caro, Anime Purganti
45 11 23 già non si fa per noi, ché non bisogna, Anime Purganti
45 11 24 ma per color che dietro a noi restaro». Anime Purganti
45 11 25 Così a sé e noi buona ramogna  
45 11 26 quell'ombre orando, andavan sotto 'l pondo,  
45 11 27 simile a quel che tal volta si sogna,  
45 11 28 disparmente angosciate tutte a tondo  
45 11 29 e lasse su per la prima cornice,  
45 11 30 purgando la caligine del mondo.  
45 11 31 Se di là sempre ben per noi si dice,  
45 11 32 di qua che dire e far per lor si puote  
45 11 33 da quei ch'hanno al voler buona radice?  
45 11 34 Ben si de' loro atar lavar le note  
45 11 35 che portar quinci, sì che, mondi e lievi,  
45 11 36 possano uscire a le stellate ruote.  
45 11 37 «Deh, se giustizia e pietà vi disgrievi Virgilio (maestro)
45 11 38 tosto, sì che possiate muover l'ala, Virgilio (maestro)
45 11 39 che secondo il disio vostro vi lievi, Virgilio (maestro)
45 11 40 mostrate da qual mano inver' la scala Virgilio (maestro)
45 11 41 si va più corto; e se c'è più d'un varco, Virgilio (maestro)
45 11 42 quel ne 'nsegnate che men erto cala; Virgilio (maestro)
45 11 43 ché questi che vien meco, per lo 'ncarco Virgilio (maestro)
45 11 44 de la carne d'Adamo onde si veste, Virgilio (maestro)
45 11 45 al montar sù, contra sua voglia, è parco». Virgilio (maestro)
45 11 46 Le lor parole, che rendero a queste  
45 11 47 che dette avea colui cu' io seguiva,  
45 11 48 non fur da cui venisser manifeste;  
45 11 49 ma fu detto: «A man destra per la riva Omberto Adobrandesco
45 11 50 con noi venite, e troverete il passo Omberto Adobrandesco
45 11 51 possibile a salir persona viva. Omberto Adobrandesco
45 11 52 E s'io non fossi impedito dal sasso Omberto Adobrandesco
45 11 53 che la cervice mia superba doma, Omberto Adobrandesco
45 11 54 onde portar convienmi il viso basso, Omberto Adobrandesco
45 11 55 cotesti, ch'ancor vive e non si noma, Omberto Adobrandesco
45 11 56 guardere' io, per veder s'i' 'l conosco, Omberto Adobrandesco
45 11 57 e per farlo pietoso a questa soma. Omberto Adobrandesco
45 11 58 Io fui latino e nato d'un gran Tosco: Omberto Adobrandesco
45 11 59 Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre; Omberto Adobrandesco
45 11 60 non so se 'l nome suo già mai fu vosco. Omberto Adobrandesco
45 11 61 L'antico sangue e l'opere leggiadre Omberto Adobrandesco
45 11 62 d'i miei maggior mi fer sì arrogante, Omberto Adobrandesco
45 11 63 che, non pensando a la comune madre, Omberto Adobrandesco
45 11 64 ogn'uomo ebbi in despetto tanto avante, Omberto Adobrandesco
45 11 65 ch'io ne mori', come i Sanesi sanno Omberto Adobrandesco
45 11 66 e sallo in Campagnatico ogne fante. Omberto Adobrandesco
45 11 67 Io sono Omberto; e non pur a me danno Omberto Adobrandesco
45 11 68 superbia fa, ché tutti miei consorti Omberto Adobrandesco
45 11 69 ha ella tratti seco nel malanno. Omberto Adobrandesco
45 11 70 E qui convien ch'io questo peso porti Omberto Adobrandesco
45 11 71 per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia, Omberto Adobrandesco
45 11 72 poi ch'io nol fe' tra ' vivi, qui tra ' morti». Omberto Adobrandesco
45 11 73 Ascoltando chinai in giù la faccia;  
45 11 74 e un di lor, non questi che parlava,  
45 11 75 si torse sotto il peso che li 'mpaccia,  
45 11 76 e videmi e conobbemi e chiamava,  
45 11 77 tenendo li occhi con fatica fisi  
45 11 78 a me che tutto chin con loro andava.  
45 11 79 «Oh!», diss'io lui, «non se' tu Oderisi, Dante Alighieri
45 11 80 l'onor d'Agobbio e l'onor di quell'arte Dante Alighieri
45 11 81 ch'alluminar chiamata è in Parisi?». Dante Alighieri
45 11 82 «Frate», diss'elli, «più ridon le carte Oderisi da Gubbio
45 11 83 che pennelleggia Franco Bolognese; Oderisi da Gubbio
45 11 84 l'onore è tutto or suo, e mio in parte. Oderisi da Gubbio
45 11 85 Ben non sare' io stato sì cortese Oderisi da Gubbio
45 11 86 mentre ch'io vissi, per lo gran disio Oderisi da Gubbio
45 11 87 de l'eccellenza ove mio core intese. Oderisi da Gubbio
45 11 88 Di tal superbia qui si paga il fio; Oderisi da Gubbio
45 11 89 e ancor non sarei qui, se non fosse Oderisi da Gubbio
45 11 90 che, possendo peccar, mi volsi a Dio. Oderisi da Gubbio
45 11 91 Oh vana gloria de l'umane posse! Oderisi da Gubbio
45 11 92 com'poco verde in su la cima dura, Oderisi da Gubbio
45 11 93 se non è giunta da l'etati grosse! Oderisi da Gubbio
45 11 94 Credette Cimabue ne la pittura Oderisi da Gubbio
45 11 95 tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, Oderisi da Gubbio
45 11 96 sì che la fama di colui è scura: Oderisi da Gubbio
45 11 97 così ha tolto l'uno a l'altro Guido Oderisi da Gubbio
45 11 98 la gloria de la lingua; e forse è nato Oderisi da Gubbio
45 11 99 chi l'uno e l'altro caccerà del nido. Oderisi da Gubbio
45 11 100 Non è il mondan romore altro ch'un fiato Oderisi da Gubbio
45 11 101 di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi, Oderisi da Gubbio
45 11 102 e muta nome perché muta lato. Oderisi da Gubbio
45 11 103 Che voce avrai tu più, se vecchia scindi Oderisi da Gubbio
45 11 104 da te la carne, che se fossi morto Oderisi da Gubbio
45 11 105 anzi che tu lasciassi il 'pappo' e 'l 'dindi', Oderisi da Gubbio
45 11 106 pria che passin mill'anni? ch'è più corto Oderisi da Gubbio
45 11 107 spazio a l'etterno, ch'un muover di ciglia Oderisi da Gubbio
45 11 108 al cerchio che più tardi in cielo è torto. Oderisi da Gubbio
45 11 109 Colui che del cammin sì poco piglia Oderisi da Gubbio
45 11 110 dinanzi a me, Toscana sonò tutta; Oderisi da Gubbio
45 11 111 e ora a pena in Siena sen pispiglia, Oderisi da Gubbio
45 11 112 ond'era sire quando fu distrutta Oderisi da Gubbio
45 11 113 la rabbia fiorentina, che superba Oderisi da Gubbio
45 11 114 fu a quel tempo sì com'ora è putta. Oderisi da Gubbio
45 11 115 La vostra nominanza è color d'erba, Oderisi da Gubbio
45 11 116 che viene e va, e quei la discolora Oderisi da Gubbio
45 11 117 per cui ella esce de la terra acerba». Oderisi da Gubbio
45 11 118 E io a lui: «Tuo vero dir m'incora Dante Alighieri
45 11 119 bona umiltà, e gran tumor m'appiani; Dante Alighieri
45 11 120 ma chi è quei di cui tu parlavi ora?». Dante Alighieri
45 11 121 «Quelli é», rispuose, «Provenzan Salvani; Oderisi da Gubbio
45 11 122 ed è qui perché fu presuntuoso Oderisi da Gubbio
45 11 123 a recar Siena tutta a le sue mani. Oderisi da Gubbio
45 11 124 Ito è così e va, sanza riposo, Oderisi da Gubbio
45 11 125 poi che morì; cotal moneta rende Oderisi da Gubbio
45 11 126 a sodisfar chi è di là troppo oso». Oderisi da Gubbio
45 11 127 E io: «Se quello spirito ch'attende, Dante Alighieri
45 11 128 pria che si penta, l'orlo de la vita, Dante Alighieri
45 11 129 qua giù dimora e qua sù non ascende, Dante Alighieri
45 11 130 se buona orazion lui non aita, Dante Alighieri
45 11 131 prima che passi tempo quanto visse, Dante Alighieri
45 11 132 come fu la venuta lui largita?». Dante Alighieri
45 11 133 «Quando vivea più glorioso», disse, Oderisi da Gubbio
45 11 134 «liberamente nel Campo di Siena, Oderisi da Gubbio
45 11 135 ogne vergogna diposta, s'affisse; Oderisi da Gubbio
45 11 136 e lì, per trar l'amico suo di pena Oderisi da Gubbio
45 11 137 ch'e' sostenea ne la prigion di Carlo, Oderisi da Gubbio
45 11 138 si condusse a tremar per ogne vena. Oderisi da Gubbio
45 11 139 Più non dirò, e scuro so che parlo; Oderisi da Gubbio
45 11 140 ma poco tempo andrà, che ' tuoi vicini Oderisi da Gubbio
45 11 141 faranno sì che tu potrai chiosarlo. Oderisi da Gubbio
45 11 142 Quest'opera li tolse quei confini». Oderisi da Gubbio
46 12 1 Di pari, come buoi che vanno a giogo,  
46 12 2 m'andava io con quell'anima carca,  
46 12 3 fin che 'l sofferse il dolce pedagogo.  
46 12 4 Ma quando disse: «Lascia lui e varca; Virgilio (maestro)
46 12 5 ché qui è buono con l'ali e coi remi, Virgilio (maestro)
46 12 6 quantunque può, ciascun pinger sua barca»; Virgilio (maestro)
46 12 7 dritto sì come andar vuolsi rife'mi  
46 12 8 con la persona, avvegna che i pensieri  
46 12 9 mi rimanessero e chinati e scemi.  
46 12 10 Io m'era mosso, e seguia volontieri  
46 12 11 del mio maestro i passi, e amendue  
46 12 12 già mostravam com'eravam leggeri;  
46 12 13 ed el mi disse: «Volgi li occhi in giù: +++
46 12 14 buon ti sarà, per tranquillar la via,  
46 12 15 veder lo letto de le piante tue».  
46 12 16 Come, perché di lor memoria sia,  
46 12 17 sovra i sepolti le tombe terragne  
46 12 18 portan segnato quel ch'elli eran pria,  
46 12 19 onde lì molte volte si ripiagne  
46 12 20 per la puntura de la rimembranza,  
46 12 21 che solo a' pii dà de le calcagne;  
46 12 22 sì vid'io lì, ma di miglior sembianza  
46 12 23 secondo l'artificio, figurato  
46 12 24 quanto per via di fuor del monte avanza.  
46 12 25 Vedea colui che fu nobil creato  
46 12 26 più ch'altra creatura, giù dal cielo  
46 12 27 folgoreggiando scender, da l'un lato.  
46 12 28 Vedea Briareo, fitto dal telo  
46 12 29 celestial giacer, da l'altra parte,  
46 12 30 grave a la terra per lo mortal gelo.  
46 12 31 Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte,  
46 12 32 armati ancora, intorno al padre loro,  
46 12 33 mirar le membra d'i Giganti sparte.  
46 12 34 Vedea Nembròt a pié del gran lavoro  
46 12 35 quasi smarrito, e riguardar le genti  
46 12 36 che 'n Sennaàr con lui superbi fuoro.  
46 12 37 O Niobé, con che occhi dolenti  
46 12 38 vedea io te segnata in su la strada,  
46 12 39 tra sette e sette tuoi figliuoli spenti!  
46 12 40 O Saùl, come in su la propria spada  
46 12 41 quivi parevi morto in Gelboé,  
46 12 42 che poi non sentì pioggia né rugiada!  
46 12 43 O folle Aragne, sì vedea io te  
46 12 44 già mezza ragna, trista in su li stracci  
46 12 45 de l'opera che mal per te si fé.  
46 12 46 O Roboàm, già non par che minacci  
46 12 47 quivi 'l tuo segno; ma pien di spavento  
46 12 48 nel porta un carro, sanza ch'altri il cacci.  
46 12 49 Mostrava ancor lo duro pavimento  
46 12 50 come Almeon a sua madre fé caro  
46 12 51 parer lo sventurato addornamento.  
46 12 52 Mostrava come i figli si gittaro  
46 12 53 sovra Sennacherìb dentro dal tempio,  
46 12 54 e come, morto lui, quivi il lasciaro.  
46 12 55 Mostrava la ruina e 'l crudo scempio  
46 12 56 che fé Tamiri, quando disse a Ciro:  
46 12 57 «Sangue sitisti, e io di sangue t'empio». +++
46 12 58 Mostrava come in rotta si fuggiro  
46 12 59 li Assiri, poi che fu morto Oloferne,  
46 12 60 e anche le reliquie del martiro.  
46 12 61 Vedeva Troia in cenere e in caverne;  
46 12 62 o Ilión, come te basso e vile  
46 12 63 mostrava il segno che lì si discerne!  
46 12 64 Qual di pennel fu maestro o di stile  
46 12 65 che ritraesse l'ombre e ' tratti ch'ivi  
46 12 66 mirar farieno uno ingegno sottile?  
46 12 67 Morti li morti e i vivi parean vivi:  
46 12 68 non vide mei di me chi vide il vero,  
46 12 69 quant'io calcai, fin che chinato givi.  
46 12 70 Or superbite, e via col viso altero,  
46 12 71 figliuoli d'Eva, e non chinate il volto  
46 12 72 sì che veggiate il vostro mal sentero!  
46 12 73 Più era già per noi del monte vòlto  
46 12 74 e del cammin del sole assai più speso  
46 12 75 che non stimava l'animo non sciolto,  
46 12 76 quando colui che sempre innanzi atteso  
46 12 77 andava, cominciò: «Drizza la testa; Virgilio (maestro)
46 12 78 non è più tempo di gir sì sospeso. Virgilio (maestro)
46 12 79 Vedi colà un angel che s'appresta Virgilio (maestro)
46 12 80 per venir verso noi; vedi che torna Virgilio (maestro)
46 12 81 dal servigio del dì l'ancella sesta. Virgilio (maestro)
46 12 82 Di reverenza il viso e li atti addorna, Virgilio (maestro)
46 12 83 sì che i diletti lo 'nviarci in suso; Virgilio (maestro)
46 12 84 pensa che questo dì mai non raggiorna!». Virgilio (maestro)
46 12 85 Io era ben del suo ammonir uso  
46 12 86 pur di non perder tempo, sì che 'n quella  
46 12 87 materia non potea parlarmi chiuso.  
46 12 88 A noi venìa la creatura bella,  
46 12 89 biancovestito e ne la faccia quale  
46 12 90 par tremolando mattutina stella.  
46 12 91 Le braccia aperse, e indi aperse l'ale;  
46 12 92 disse: «Venite: qui son presso i gradi, Angelo dell'umiltà
46 12 93 e agevolemente omai si sale. Angelo dell'umiltà
46 12 94 A questo invito vegnon molto radi: Angelo dell'umiltà
46 12 95 o gente umana, per volar sù nata, Angelo dell'umiltà
46 12 96 perché a poco vento così cadi?». Angelo dell'umiltà
46 12 97 Menocci ove la roccia era tagliata;  
46 12 98 quivi mi batté l'ali per la fronte;  
46 12 99 poi mi promise sicura l'andata.  
46 12 100 Come a man destra, per salire al monte  
46 12 101 dove siede la chiesa che soggioga  
46 12 102 la ben guidata sopra Rubaconte,  
46 12 103 si rompe del montar l'ardita foga  
46 12 104 per le scalee che si fero ad etade  
46 12 105 ch'era sicuro il quaderno e la doga;  
46 12 106 così s'allenta la ripa che cade  
46 12 107 quivi ben ratta da l'altro girone;  
46 12 108 ma quinci e quindi l'alta pietra rade.  
46 12 109 Noi volgendo ivi le nostre persone,  
46 12 110 'Beati pauperes spiritu!' voci  
46 12 111 cantaron sì, che nol diria sermone.  
46 12 112 Ahi quanto son diverse quelle foci  
46 12 113 da l'infernali! ché quivi per canti  
46 12 114 s'entra, e là giù per lamenti feroci.  
46 12 115 Già montavam su per li scaglion santi,  
46 12 116 ed esser mi parea troppo più lieve  
46 12 117 che per lo pian non mi parea davanti.  
46 12 118 Ond'io: «Maestro, dì, qual cosa greve Dante Alighieri
46 12 119 levata s'è da me, che nulla quasi Dante Alighieri
46 12 120 per me fatica, andando, si riceve?». Dante Alighieri
46 12 121 Rispuose: «Quando i P che son rimasi Virgilio (maestro)
46 12 122 ancor nel volto tuo presso che stinti, Virgilio (maestro)
46 12 123 saranno, com'è l'un, del tutto rasi, Virgilio (maestro)
46 12 124 fier li tuoi pié dal buon voler sì vinti, Virgilio (maestro)
46 12 125 che non pur non fatica sentiranno, Virgilio (maestro)
46 12 126 ma fia diletto loro esser sù pinti». Virgilio (maestro)
46 12 127 Allor fec'io come color che vanno  
46 12 128 con cosa in capo non da lor saputa,  
46 12 129 se non che ' cenni altrui sospecciar fanno;  
46 12 130 per che la mano ad accertar s'aiuta,  
46 12 131 e cerca e truova e quello officio adempie  
46 12 132 che non si può fornir per la veduta;  
46 12 133 e con le dita de la destra scempie  
46 12 134 trovai pur sei le lettere che 'ncise  
46 12 135 quel da le chiavi a me sovra le tempie:  
46 12 136 a che guardando, il mio duca sorrise.  
47 13 1 Noi eravamo al sommo de la scala,  
47 13 2 dove secondamente si risega  
47 13 3 lo monte che salendo altrui dismala.  
47 13 4 Ivi così una cornice lega  
47 13 5 dintorno il poggio, come la primaia;  
47 13 6 se non che l'arco suo più tosto piega.  
47 13 7 Ombra non lì è né segno che si paia:  
47 13 8 parsi la ripa e parsi la via schietta  
47 13 9 col livido color de la petraia.  
47 13 10 «Se qui per dimandar gente s'aspetta», Virgilio (maestro)
47 13 11 ragionava il poeta, «io temo forse Virgilio (maestro)
47 13 12 che troppo avrà d'indugio nostra eletta». Virgilio (maestro)
47 13 13 Poi fisamente al sole li occhi porse;  
47 13 14 fece del destro lato a muover centro,  
47 13 15 e la sinistra parte di sé torse.  
47 13 16 «O dolce lume a cui fidanza i' entro Virgilio (maestro)
47 13 17 per lo novo cammin, tu ne conduci», Virgilio (maestro)
47 13 18 dicea, «come condur si vuol quinc'entro. Virgilio (maestro)
47 13 19 Tu scaldi il mondo, tu sovr'esso luci; Virgilio (maestro)
47 13 20 s'altra ragione in contrario non ponta, Virgilio (maestro)
47 13 21 esser dien sempre li tuoi raggi duci». Virgilio (maestro)
47 13 22 Quanto di qua per un migliaio si conta,  
47 13 23 tanto di là eravam noi già iti,  
47 13 24 con poco tempo, per la voglia pronta;  
47 13 25 e verso noi volar furon sentiti,  
47 13 26 non però visti, spiriti parlando  
47 13 27 a la mensa d'amor cortesi inviti.  
47 13 28 La prima voce che passò volando  
47 13 29 'Vinum non habent' altamente disse,  
47 13 30 e dietro a noi l'andò reiterando.  
47 13 31 E prima che del tutto non si udisse  
47 13 32 per allungarsi, un'altra 'I' sono Oreste'  
47 13 33 passò gridando, e anco non s'affisse.  
47 13 34 «Oh!», diss'io, «padre, che voci son queste?». Dante Alighieri
47 13 35 E com'io domandai, ecco la terza  
47 13 36 dicendo: 'Amate da cui male aveste'.  
47 13 37 E 'l buon maestro: «Questo cinghio sferza Virgilio (maestro)
47 13 38 la colpa de la invidia, e però sono Virgilio (maestro)
47 13 39 tratte d'amor le corde de la ferza. Virgilio (maestro)
47 13 40 Lo fren vuol esser del contrario suono; Virgilio (maestro)
47 13 41 credo che l'udirai, per mio avviso, Virgilio (maestro)
47 13 42 prima che giunghi al passo del perdono. Virgilio (maestro)
47 13 43 Ma ficca li occhi per l'aere ben fiso, Virgilio (maestro)
47 13 44 e vedrai gente innanzi a noi sedersi, Virgilio (maestro)
47 13 45 e ciascuno è lungo la grotta assiso». Virgilio (maestro)
47 13 46 Allora più che prima li occhi apersi;  
47 13 47 guarda'mi innanzi, e vidi ombre con manti  
47 13 48 al color de la pietra non diversi.  
47 13 49 E poi che fummo un poco più avanti,  
47 13 50 udia gridar: 'Maria, òra per noi':  
47 13 51 gridar 'Michele' e 'Pietro', e 'Tutti santi'.  
47 13 52 Non credo che per terra vada ancoi  
47 13 53 omo sì duro, che non fosse punto  
47 13 54 per compassion di quel ch'i' vidi poi;  
47 13 55 ché, quando fui sì presso di lor giunto,  
47 13 56 che li atti loro a me venivan certi,  
47 13 57 per li occhi fui di grave dolor munto.  
47 13 58 Di vil ciliccio mi parean coperti,  
47 13 59 e l'un sofferia l'altro con la spalla,  
47 13 60 e tutti da la ripa eran sofferti.  
47 13 61 Così li ciechi a cui la roba falla  
47 13 62 stanno a' perdoni a chieder lor bisogna,  
47 13 63 e l'uno il capo sopra l'altro avvalla,  
47 13 64 perché 'n altrui pietà tosto si pogna,  
47 13 65 non pur per lo sonar de le parole,  
47 13 66 ma per la vista che non meno agogna.  
47 13 67 E come a li orbi non approda il sole,  
47 13 68 così a l'ombre quivi, ond'io parlo ora,  
47 13 69 luce del ciel di sé largir non vole;  
47 13 70 ché a tutti un fil di ferro i cigli fóra  
47 13 71 e cusce sì, come a sparvier selvaggio  
47 13 72 si fa però che queto non dimora.  
47 13 73 A me pareva, andando, fare oltraggio,  
47 13 74 veggendo altrui, non essendo veduto:  
47 13 75 per ch'io mi volsi al mio consiglio saggio.  
47 13 76 Ben sapev'ei che volea dir lo muto;  
47 13 77 e però non attese mia dimanda,  
47 13 78 ma disse: «Parla, e sie breve e arguto». Virgilio (maestro)
47 13 79 Virgilio mi venìa da quella banda  
47 13 80 de la cornice onde cader si puote,  
47 13 81 perché da nulla sponda s'inghirlanda;  
47 13 82 da l'altra parte m'eran le divote  
47 13 83 ombre, che per l'orribile costura  
47 13 84 premevan sì, che bagnavan le gote.  
47 13 85 Volsimi a loro e «O gente sicura», Dante Alighieri
47 13 86 incominciai, «di veder l'alto lume Dante Alighieri
47 13 87 che 'l disio vostro solo ha in sua cura, Dante Alighieri
47 13 88 se tosto grazia resolva le schiume Dante Alighieri
47 13 89 di vostra coscienza sì che chiaro Dante Alighieri
47 13 90 per essa scenda de la mente il fiume, Dante Alighieri
47 13 91 ditemi, ché mi fia grazioso e caro, Dante Alighieri
47 13 92 s'anima è qui tra voi che sia latina; Dante Alighieri
47 13 93 e forse lei sarà buon s'i' l'apparo». Dante Alighieri
47 13 94 «O frate mio, ciascuna è cittadina Sapìa Salvani
47 13 95 d'una vera città; ma tu vuo' dire Sapìa Salvani
47 13 96 che vivesse in Italia peregrina». Sapìa Salvani
47 13 97 Questo mi parve per risposta udire  
47 13 98 più innanzi alquanto che là dov'io stava,  
47 13 99 ond'io mi feci ancor più là sentire.  
47 13 100 Tra l'altre vidi un'ombra ch'aspettava  
47 13 101 in vista; e se volesse alcun dir 'Come?',  
47 13 102 lo mento a guisa d'orbo in sù levava.  
47 13 103 «Spirto», diss'io, «che per salir ti dome, Dante Alighieri
47 13 104 se tu se' quelli che mi rispondesti,  
47 13 105 fammiti conto o per luogo o per nome».  
47 13 106 «Io fui sanese», rispuose, «e con questi Sapìa Salvani
47 13 107 altri rimendo qui la vita ria, Sapìa Salvani
47 13 108 lagrimando a colui che sé ne presti. Sapìa Salvani
47 13 109 Savia non fui, avvegna che Sapìa Sapìa Salvani
47 13 110 fossi chiamata, e fui de li altrui danni Sapìa Salvani
47 13 111 più lieta assai che di ventura mia. Sapìa Salvani
47 13 112 E perché tu non creda ch'io t'inganni, Sapìa Salvani
47 13 113 odi s'i' fui, com'io ti dico, folle, Sapìa Salvani
47 13 114 già discendendo l'arco d'i miei anni. Sapìa Salvani
47 13 115 Eran li cittadin miei presso a Colle Sapìa Salvani
47 13 116 in campo giunti co' loro avversari, Sapìa Salvani
47 13 117 e io pregava Iddio di quel ch'e' volle. Sapìa Salvani
47 13 118 Rotti fuor quivi e vòlti ne li amari Sapìa Salvani
47 13 119 passi di fuga; e veggendo la caccia, Sapìa Salvani
47 13 120 letizia presi a tutte altre dispari, Sapìa Salvani
47 13 121 tanto ch'io volsi in sù l'ardita faccia, Sapìa Salvani
47 13 122 gridando a Dio: "Omai più non ti temo!", Sapìa Salvani
47 13 123 come fé 'l merlo per poca bonaccia. Sapìa Salvani
47 13 124 Pace volli con Dio in su lo stremo Sapìa Salvani
47 13 125 de la mia vita; e ancor non sarebbe Sapìa Salvani
47 13 126 lo mio dover per penitenza scemo, Sapìa Salvani
47 13 127 se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe Sapìa Salvani
47 13 128 Pier Pettinaio in sue sante orazioni, Sapìa Salvani
47 13 129 a cui di me per caritate increbbe. Sapìa Salvani
47 13 130 Ma tu chi se', che nostre condizioni Sapìa Salvani
47 13 131 vai dimandando, e porti li occhi sciolti, Sapìa Salvani
47 13 132 sì com'io credo, e spirando ragioni?». Sapìa Salvani
47 13 133 «Li occhi», diss'io, «mi fieno ancor qui tolti, Dante Alighieri
47 13 134 ma picciol tempo, ché poca è l'offesa Dante Alighieri
47 13 135 fatta per esser con invidia vòlti. Dante Alighieri
47 13 136 Troppa è più la paura ond'è sospesa Dante Alighieri
47 13 137 l'anima mia del tormento di sotto, Dante Alighieri
47 13 138 che già lo 'ncarco di là giù mi pesa». Dante Alighieri
47 13 139 Ed ella a me: «Chi t'ha dunque condotto Sapìa Salvani
47 13 140 qua sù tra noi, se giù ritornar credi?». Sapìa Salvani
47 13 141 E io: «Costui ch'è meco e non fa motto. Dante Alighieri
47 13 142 E vivo sono; e però mi richiedi, Dante Alighieri
47 13 143 spirito eletto, se tu vuo' ch'i' mova Dante Alighieri
47 13 144 di là per te ancor li mortai piedi». Dante Alighieri
47 13 145 «Oh, questa è a udir sì cosa nuova», Sapìa Salvani
47 13 146 rispuose, «che gran segno è che Dio t'ami; Sapìa Salvani
47 13 147 però col priego tuo talor mi giova. Sapìa Salvani
47 13 148 E cheggioti, per quel che tu più brami, Sapìa Salvani
47 13 149 se mai calchi la terra di Toscana, Sapìa Salvani
47 13 150 che a' miei propinqui tu ben mi rinfami. Sapìa Salvani
47 13 151 Tu li vedrai tra quella gente vana Sapìa Salvani
47 13 152 che spera in Talamone, e perderagli Sapìa Salvani
47 13 153 più di speranza ch'a trovar la Diana; Sapìa Salvani
47 13 154 ma più vi perderanno li ammiragli». Sapìa Salvani
48 14 1 «Chi è costui che 'l nostro monte cerchia Guido del Duca
48 14 2 prima che morte li abbia dato il volo, Guido del Duca
48 14 3 e apre li occhi a sua voglia e coverchia?». Guido del Duca
48 14 4 «Non so chi sia, ma so ch'e' non è solo: Rinieri da Calboli
48 14 5 domandal tu che più li t'avvicini, Rinieri da Calboli
48 14 6 e dolcemente, sì che parli, acco'lo». Rinieri da Calboli
48 14 7 Così due spirti, l'uno a l'altro chini,  
48 14 8 ragionavan di me ivi a man dritta;  
48 14 9 poi fer li visi, per dirmi, supini;  
48 14 10 e disse l'uno: «O anima che fitta Guido del Duca
48 14 11 nel corpo ancora inver' lo ciel ten vai, Guido del Duca
48 14 12 per carità ne consola e ne ditta Guido del Duca
48 14 13 onde vieni e chi se'; ché tu ne fai Guido del Duca
48 14 14 tanto maravigliar de la tua grazia, Guido del Duca
48 14 15 quanto vuol cosa che non fu più mai». Guido del Duca
48 14 16 E io: «Per mezza Toscana si spazia Dante Alighieri
48 14 17 un fiumicel che nasce in Falterona, Dante Alighieri
48 14 18 e cento miglia di corso nol sazia. Dante Alighieri
48 14 19 Di sovr'esso rech'io questa persona: Dante Alighieri
48 14 20 dirvi ch'i' sia, saria parlare indarno, Dante Alighieri
48 14 21 ché 'l nome mio ancor molto non suona». Dante Alighieri
48 14 22 «Se ben lo 'ntendimento tuo accarno Guido del Duca
48 14 23 con lo 'ntelletto», allora mi rispuose Guido del Duca
48 14 24 quei che diceva pria, «tu parli d'Arno». Guido del Duca
48 14 25 E l'altro disse lui: «Perché nascose Rinieri da Calboli
48 14 26 questi il vocabol di quella riviera, Rinieri da Calboli
48 14 27 pur com'om fa de l'orribili cose?». Rinieri da Calboli
48 14 28 E l'ombra che di ciò domandata era,  
48 14 29 si sdebitò così: «Non so; ma degno Guido del Duca
48 14 30 ben è che 'l nome di tal valle péra; Guido del Duca
48 14 31 ché dal principio suo, ov'è sì pregno Guido del Duca
48 14 32 l'alpestro monte ond'è tronco Peloro, Guido del Duca
48 14 33 che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno, Guido del Duca
48 14 34 infin là 've si rende per ristoro Guido del Duca
48 14 35 di quel che 'l ciel de la marina asciuga, Guido del Duca
48 14 36 ond'hanno i fiumi ciò che va con loro, Guido del Duca
48 14 37 vertù così per nimica si fuga Guido del Duca
48 14 38 da tutti come biscia, o per sventura Guido del Duca
48 14 39 del luogo, o per mal uso che li fruga: Guido del Duca
48 14 40 ond'hanno sì mutata lor natura Guido del Duca
48 14 41 li abitator de la misera valle, Guido del Duca
48 14 42 che par che Circe li avesse in pastura. Guido del Duca
48 14 43 Tra brutti porci, più degni di galle Guido del Duca
48 14 44 che d'altro cibo fatto in uman uso, Guido del Duca
48 14 45 dirizza prima il suo povero calle. Guido del Duca
48 14 46 Botoli trova poi, venendo giuso, Guido del Duca
48 14 47 ringhiosi più che non chiede lor possa, Guido del Duca
48 14 48 e da lor disdegnosa torce il muso. Guido del Duca
48 14 49 Vassi caggendo; e quant'ella più 'ngrossa, Guido del Duca
48 14 50 tanto più trova di can farsi lupi Guido del Duca
48 14 51 la maladetta e sventurata fossa. Guido del Duca
48 14 52 Discesa poi per più pelaghi cupi, Guido del Duca
48 14 53 trova le volpi sì piene di froda, Guido del Duca
48 14 54 che non temono ingegno che le occùpi. Guido del Duca
48 14 55 Né lascerò di dir perch'altri m'oda; Guido del Duca
48 14 56 e buon sarà costui, s'ancor s'ammenta Guido del Duca
48 14 57 di ciò che vero spirto mi disnoda. Guido del Duca
48 14 58 Io veggio tuo nepote che diventa Guido del Duca
48 14 59 cacciator di quei lupi in su la riva Guido del Duca
48 14 60 del fiero fiume, e tutti li sgomenta. Guido del Duca
48 14 61 Vende la carne loro essendo viva; Guido del Duca
48 14 62 poscia li ancide come antica belva; Guido del Duca
48 14 63 molti di vita e sé di pregio priva. Guido del Duca
48 14 64 Sanguinoso esce de la trista selva; Guido del Duca
48 14 65 lasciala tal, che di qui a mille anni Guido del Duca
48 14 66 ne lo stato primaio non si rinselva». Guido del Duca
48 14 67 Com'a l'annunzio di dogliosi danni  
48 14 68 si turba il viso di colui ch'ascolta,  
48 14 69 da qual che parte il periglio l'assanni,  
48 14 70 così vid'io l'altr'anima, che volta  
48 14 71 stava a udir, turbarsi e farsi trista,  
48 14 72 poi ch'ebbe la parola a sé raccolta.  
48 14 73 Lo dir de l'una e de l'altra la vista  
48 14 74 mi fer voglioso di saper lor nomi,  
48 14 75 e dimanda ne fei con prieghi mista;  
48 14 76 per che lo spirto che di pria parlòmi  
48 14 77 ricominciò: «Tu vuo' ch'io mi deduca Guido del Duca
48 14 78 nel fare a te ciò che tu far non vuo'mi. Guido del Duca
48 14 79 Ma da che Dio in te vuol che traluca Guido del Duca
48 14 80 tanto sua grazia, non ti sarò scarso; Guido del Duca
48 14 81 però sappi ch'io fui Guido del Duca. Guido del Duca
48 14 82 Fu il sangue mio d'invidia sì riarso, Guido del Duca
48 14 83 che se veduto avesse uom farsi lieto, Guido del Duca
48 14 84 visto m'avresti di livore sparso. Guido del Duca
48 14 85 Di mia semente cotal paglia mieto; Guido del Duca
48 14 86 o gente umana, perché poni 'l core Guido del Duca
48 14 87 là 'v'è mestier di consorte divieto? Guido del Duca
48 14 88 Questi è Rinier; questi è 'l pregio e l'onore Guido del Duca
48 14 89 de la casa da Calboli, ove nullo Guido del Duca
48 14 90 fatto s'è reda poi del suo valore. Guido del Duca
48 14 91 E non pur lo suo sangue è fatto brullo, Guido del Duca
48 14 92 tra 'l Po e 'l monte e la marina e 'l Reno, Guido del Duca
48 14 93 del ben richesto al vero e al trastullo; Guido del Duca
48 14 94 ché dentro a questi termini è ripieno Guido del Duca
48 14 95 di venenosi sterpi, sì che tardi Guido del Duca
48 14 96 per coltivare omai verrebber meno. Guido del Duca
48 14 97 Ov'è 'l buon Lizio e Arrigo Mainardi? Guido del Duca
48 14 98 Pier Traversaro e Guido di Carpigna? Guido del Duca
48 14 99 Oh Romagnuoli tornati in bastardi! Guido del Duca
48 14 100 Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? Guido del Duca
48 14 101 quando in Faenza un Bernardin di Fosco, Guido del Duca
48 14 102 verga gentil di picciola gramigna? Guido del Duca
48 14 103 Non ti maravigliar s'io piango, Tosco, Guido del Duca
48 14 104 quando rimembro con Guido da Prata, Guido del Duca
48 14 105 Ugolin d'Azzo che vivette nosco, Guido del Duca
48 14 106 Federigo Tignoso e sua brigata, Guido del Duca
48 14 107 la casa Traversara e li Anastagi Guido del Duca
48 14 108 (e l'una gente e l'altra è diretata), Guido del Duca
48 14 109 le donne e ' cavalier, li affanni e li agi Guido del Duca
48 14 110 che ne 'nvogliava amore e cortesia Guido del Duca
48 14 111 là dove i cuor son fatti sì malvagi. Guido del Duca
48 14 112 O Bretinoro, ché non fuggi via, Guido del Duca
48 14 113 poi che gita se n'è la tua famiglia Guido del Duca
48 14 114 e molta gente per non esser ria? Guido del Duca
48 14 115 Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia; Guido del Duca
48 14 116 e mal fa Castrocaro, e peggio Conio, Guido del Duca
48 14 117 che di figliar tai conti più s'impiglia. Guido del Duca
48 14 118 Ben faranno i Pagan, da che 'l demonio Guido del Duca
48 14 119 lor sen girà; ma non però che puro Guido del Duca
48 14 120 già mai rimagna d'essi testimonio. Guido del Duca
48 14 121 O Ugolin de' Fantolin, sicuro Guido del Duca
48 14 122 é il nome tuo, da che più non s'aspetta Guido del Duca
48 14 123 chi far lo possa, tralignando, scuro. Guido del Duca
48 14 124 Ma va via, Tosco, omai; ch'or mi diletta Guido del Duca
48 14 125 troppo di pianger più che di parlare, Guido del Duca
48 14 126 sì m'ha nostra ragion la mente stretta». Guido del Duca
48 14 127 Noi sapavam che quell'anime care  
48 14 128 ci sentivano andar; però, tacendo,  
48 14 129 facean noi del cammin confidare.  
48 14 130 Poi fummo fatti soli procedendo,  
48 14 131 folgore parve quando l'aere fende,  
48 14 132 voce che giunse di contra dicendo:  
48 14 133 'Anciderammi qualunque m'apprende';  
48 14 134 e fuggì come tuon che si dilegua,  
48 14 135 se sùbito la nuvola scoscende.  
48 14 136 Come da lei l'udir nostro ebbe triegua,  
48 14 137 ed ecco l'altra con sì gran fracasso,  
48 14 138 che somigliò tonar che tosto segua:  
48 14 139 «Io sono Aglauro che divenni sasso»; Aglauro
48 14 140 e allor, per ristrignermi al poeta,  
48 14 141 in destro feci e non innanzi il passo.  
48 14 142 Già era l'aura d'ogne parte queta;  
48 14 143 ed el mi disse: «Quel fu 'l duro camo Virgilio (maestro)
48 14 144 che dovria l'uom tener dentro a sua meta. Virgilio (maestro)
48 14 145 Ma voi prendete l'esca, sì che l'amo Virgilio (maestro)
48 14 146 de l'antico avversaro a sé vi tira; Virgilio (maestro)
48 14 147 e però poco val freno o richiamo. Virgilio (maestro)
48 14 148 Chiamavi 'l cielo e 'ntorno vi si gira, Virgilio (maestro)
48 14 149 mostrandovi le sue bellezze etterne, Virgilio (maestro)
48 14 150 e l'occhio vostro pur a terra mira; Virgilio (maestro)
48 14 151 onde vi batte chi tutto discerne». Virgilio (maestro)
49 15 1 Quanto tra l'ultimar de l'ora terza  
49 15 2 e 'l principio del dì par de la spera  
49 15 3 che sempre a guisa di fanciullo scherza,  
49 15 4 tanto pareva già inver' la sera  
49 15 5 essere al sol del suo corso rimaso;  
49 15 6 vespero là, e qui mezza notte era.  
49 15 7 E i raggi ne ferien per mezzo 'l naso,  
49 15 8 perché per noi girato era sì 'l monte,  
49 15 9 che già dritti andavamo inver' l'occaso,  
49 15 10 quand'io senti' a me gravar la fronte  
49 15 11 a lo splendore assai più che di prima,  
49 15 12 e stupor m'eran le cose non conte;  
49 15 13 ond'io levai le mani inver' la cima  
49 15 14 de le mie ciglia, e fecimi 'l solecchio,  
49 15 15 che del soverchio visibile lima.  
49 15 16 Come quando da l'acqua o da lo specchio  
49 15 17 salta lo raggio a l'opposita parte,  
49 15 18 salendo su per lo modo parecchio  
49 15 19 a quel che scende, e tanto si diparte  
49 15 20 dal cader de la pietra in igual tratta,  
49 15 21 sì come mostra esperienza e arte;  
49 15 22 così mi parve da luce rifratta  
49 15 23 quivi dinanzi a me esser percosso;  
49 15 24 per che a fuggir la mia vista fu ratta.  
49 15 25 «Che è quel, dolce padre, a che non posso Dante Alighieri
49 15 26 schermar lo viso tanto che mi vaglia», Dante Alighieri
49 15 27 diss'io, «e pare inver' noi esser mosso?». Dante Alighieri
49 15 28 «Non ti maravigliar s'ancor t'abbaglia Virgilio (maestro)
49 15 29 la famiglia del cielo», a me rispuose: Virgilio (maestro)
49 15 30 «messo è che viene ad invitar ch'om saglia. Virgilio (maestro)
49 15 31 Tosto sarà ch'a veder queste cose Virgilio (maestro)
49 15 32 non ti fia grave, ma fieti diletto Virgilio (maestro)
49 15 33 quanto natura a sentir ti dispuose». Virgilio (maestro)
49 15 34 Poi giunti fummo a l'angel benedetto,  
49 15 35 con lieta voce disse: «Intrate quinci Angelo della misericordia
49 15 36 ad un scaleo vie men che li altri eretto». Angelo della misericordia
49 15 37 Noi montavam, già partiti di linci,  
49 15 38 e 'Beati misericordes!' fue  
49 15 39 cantato retro, e 'Godi tu che vinci!'.  
49 15 40 Lo mio maestro e io soli amendue  
49 15 41 suso andavamo; e io pensai, andando,  
49 15 42 prode acquistar ne le parole sue;  
49 15 43 e dirizza'mi a lui sì dimandando:  
49 15 44 «Che volse dir lo spirto di Romagna, Dante Alighieri
49 15 45 e 'divieto' e 'consorte' menzionando?». Dante Alighieri
49 15 46 Per ch'elli a me: «Di sua maggior magagna Virgilio (maestro)
49 15 47 conosce il danno; e però non s'ammiri Virgilio (maestro)
49 15 48 se ne riprende perché men si piagna. Virgilio (maestro)
49 15 49 Perché s'appuntano i vostri disiri Virgilio (maestro)
49 15 50 dove per compagnia parte si scema, Virgilio (maestro)
49 15 51 invidia move il mantaco a' sospiri. Virgilio (maestro)
49 15 52 Ma se l'amor de la spera supprema Virgilio (maestro)
49 15 53 torcesse in suso il disiderio vostro, Virgilio (maestro)
49 15 54 non vi sarebbe al petto quella tema; Virgilio (maestro)
49 15 55 ché, per quanti si dice più lì 'nostro', Virgilio (maestro)
49 15 56 tanto possiede più di ben ciascuno, Virgilio (maestro)
49 15 57 e più di caritate arde in quel chiostro». Virgilio (maestro)
49 15 58 «Io son d'esser contento più digiuno», Dante Alighieri
49 15 59 diss'io, «che se mi fosse pria taciuto, Dante Alighieri
49 15 60 e più di dubbio ne la mente aduno. Dante Alighieri
49 15 61 Com'esser puote ch'un ben, distributo Dante Alighieri
49 15 62 in più posseditor, faccia più ricchi Dante Alighieri
49 15 63 di sé, che se da pochi è posseduto?». Dante Alighieri
49 15 64 Ed elli a me: «Però che tu rificchi Virgilio (maestro)
49 15 65 la mente pur a le cose terrene, Virgilio (maestro)
49 15 66 di vera luce tenebre dispicchi. Virgilio (maestro)
49 15 67 Quello infinito e ineffabil bene Virgilio (maestro)
49 15 68 che là sù é, così corre ad amore Virgilio (maestro)
49 15 69 com'a lucido corpo raggio vene. Virgilio (maestro)
49 15 70 Tanto si dà quanto trova d'ardore; Virgilio (maestro)
49 15 71 sì che, quantunque carità si stende, Virgilio (maestro)
49 15 72 cresce sovr'essa l'etterno valore. Virgilio (maestro)
49 15 73 E quanta gente più là sù s'intende, Virgilio (maestro)
49 15 74 più v'è da bene amare, e più vi s'ama, Virgilio (maestro)
49 15 75 e come specchio l'uno a l'altro rende. Virgilio (maestro)
49 15 76 E se la mia ragion non ti disfama, Virgilio (maestro)
49 15 77 vedrai Beatrice, ed ella pienamente Virgilio (maestro)
49 15 78 ti torrà questa e ciascun'altra brama. Virgilio (maestro)
49 15 79 Procaccia pur che tosto sieno spente, Virgilio (maestro)
49 15 80 come son già le due, le cinque piaghe, Virgilio (maestro)
49 15 81 che si richiudon per esser dolente». Virgilio (maestro)
49 15 82 Com'io voleva dicer 'Tu m'appaghe',  
49 15 83 vidimi giunto in su l'altro girone,  
49 15 84 sì che tacer mi fer le luci vaghe.  
49 15 85 Ivi mi parve in una visione  
49 15 86 estatica di sùbito esser tratto,  
49 15 87 e vedere in un tempio più persone;  
49 15 88 e una donna, in su l'entrar, con atto  
49 15 89 dolce di madre dicer: «Figliuol mio Maria (madre di Gesù)
49 15 90 perché hai tu così verso noi fatto? Maria (madre di Gesù)
49 15 91 Ecco, dolenti, lo tuo padre e io Maria (madre di Gesù)
49 15 92 ti cercavamo». E come qui si tacque, Maria (madre di Gesù)
49 15 93 ciò che pareva prima, dispario.  
49 15 94 Indi m'apparve un'altra con quell'acque  
49 15 95 giù per le gote che 'l dolor distilla  
49 15 96 quando di gran dispetto in altrui nacque,  
49 15 97 e dir: «Se tu se' sire de la villa Suocero di Pisistrato
49 15 98 del cui nome ne' déi fu tanta lite, Suocero di Pisistrato
49 15 99 e onde ogni scienza disfavilla, Suocero di Pisistrato
49 15 100 vendica te di quelle braccia ardite Suocero di Pisistrato
49 15 101 ch'abbracciar nostra figlia, o Pisistràto». Suocero di Pisistrato
49 15 102 E 'l segnor mi parea, benigno e mite,  
49 15 103 risponder lei con viso temperato:  
49 15 104 «Che farem noi a chi mal ne disira, Pisistrato
49 15 105 se quei che ci ama è per noi condannato?», Pisistrato
49 15 106 Poi vidi genti accese in foco d'ira  
49 15 107 con pietre un giovinetto ancider, forte  
49 15 108 gridando a sé pur: «Martira, martira!». +++
49 15 109 E lui vedea chinarsi, per la morte  
49 15 110 che l'aggravava già, inver' la terra,  
49 15 111 ma de li occhi facea sempre al ciel porte,  
49 15 112 orando a l'alto Sire, in tanta guerra,  
49 15 113 che perdonasse a' suoi persecutori,  
49 15 114 con quello aspetto che pietà diserra.  
49 15 115 Quando l'anima mia tornò di fori  
49 15 116 a le cose che son fuor di lei vere,  
49 15 117 io riconobbi i miei non falsi errori.  
49 15 118 Lo duca mio, che mi potea vedere  
49 15 119 far sì com'om che dal sonno si slega,  
49 15 120 disse: «Che hai che non ti puoi tenere, Virgilio (maestro)
49 15 121 ma se' venuto più che mezza lega Virgilio (maestro)
49 15 122 velando li occhi e con le gambe avvolte, Virgilio (maestro)
49 15 123 a guisa di cui vino o sonno piega?». Virgilio (maestro)
49 15 124 «O dolce padre mio, se tu m'ascolte, Dante Alighieri
49 15 125 io ti dirò», diss'io, «ciò che m'apparve Dante Alighieri
49 15 126 quando le gambe mi furon sì tolte». Dante Alighieri
49 15 127 Ed ei: «Se tu avessi cento larve Virgilio (maestro)
49 15 128 sovra la faccia, non mi sarian chiuse Virgilio (maestro)
49 15 129 le tue cogitazion, quantunque parve. Virgilio (maestro)
49 15 130 Ciò che vedesti fu perché non scuse Virgilio (maestro)
49 15 131 d'aprir lo core a l'acque de la pace Virgilio (maestro)
49 15 132 che da l'etterno fonte son diffuse. Virgilio (maestro)
49 15 133 Non dimandai "Che hai?" per quel che face Virgilio (maestro)
49 15 134 chi guarda pur con l'occhio che non vede, Virgilio (maestro)
49 15 135 quando disanimato il corpo giace; Virgilio (maestro)
49 15 136 ma dimandai per darti forza al piede: Virgilio (maestro)
49 15 137 così frugar conviensi i pigri, lenti Virgilio (maestro)
49 15 138 ad usar lor vigilia quando riede». Virgilio (maestro)
49 15 139 Noi andavam per lo vespero, attenti  
49 15 140 oltre quanto potean li occhi allungarsi  
49 15 141 contra i raggi serotini e lucenti.  
49 15 142 Ed ecco a poco a poco un fummo farsi  
49 15 143 verso di noi come la notte oscuro;  
49 15 144 né da quello era loco da cansarsi.  
49 15 145 Questo ne tolse li occhi e l'aere puro.  
50 16 1 Buio d'inferno e di notte privata  
50 16 2 d'ogne pianeto, sotto pover cielo,  
50 16 3 quant'esser può di nuvol tenebrata,  
50 16 4 non fece al viso mio sì grosso velo  
50 16 5 come quel fummo ch'ivi ci coperse,  
50 16 6 né a sentir di così aspro pelo,  
50 16 7 che l'occhio stare aperto non sofferse;  
50 16 8 onde la scorta mia saputa e fida  
50 16 9 mi s'accostò e l'omero m'offerse.  
50 16 10 Sì come cieco va dietro a sua guida  
50 16 11 per non smarrirsi e per non dar di cozzo  
50 16 12 in cosa che 'l molesti, o forse ancida,  
50 16 13 m'andava io per l'aere amaro e sozzo,  
50 16 14 ascoltando il mio duca che diceva  
50 16 15 pur: «Guarda che da me tu non sia mozzo». Virgilio (maestro)
50 16 16 Io sentia voci, e ciascuna pareva  
50 16 17 pregar per pace e per misericordia  
50 16 18 l'Agnel di Dio che le peccata leva.  
50 16 19 Pur 'Agnus Dei' eran le loro essordia;  
50 16 20 una parola in tutte era e un modo,  
50 16 21 sì che parea tra esse ogne concordia.  
50 16 22 «Quei sono spirti, maestro, ch'i' odo?», Dante Alighieri
50 16 23 diss'io. Ed elli a me: «Tu vero apprendi, Virgilio (maestro)
50 16 24 e d'iracundia van solvendo il nodo». Virgilio (maestro)
50 16 25 «Or tu chi se' che 'l nostro fummo fendi, Marco Lombardo
50 16 26 e di noi parli pur come se tue Marco Lombardo
50 16 27 partissi ancor lo tempo per calendi?». Marco Lombardo
50 16 28 Così per una voce detto fue;  
50 16 29 onde 'l maestro mio disse: «Rispondi, Virgilio (maestro)
50 16 30 e domanda se quinci si va sùe». Virgilio (maestro)
50 16 31 E io: «O creatura che ti mondi Dante Alighieri
50 16 32 per tornar bella a colui che ti fece, Dante Alighieri
50 16 33 maraviglia udirai, se mi secondi». Dante Alighieri
50 16 34 «Io ti seguiterò quanto mi lece», Marco Lombardo
50 16 35 rispuose; «e se veder fummo non lascia, Marco Lombardo
50 16 36 l'udir ci terrà giunti in quella vece». Marco Lombardo
50 16 37 Allora incominciai: «Con quella fascia Dante Alighieri
50 16 38 che la morte dissolve men vo suso, Dante Alighieri
50 16 39 e venni qui per l'infernale ambascia. Dante Alighieri
50 16 40 E se Dio m'ha in sua grazia rinchiuso, Dante Alighieri
50 16 41 tanto che vuol ch'i' veggia la sua corte Dante Alighieri
50 16 42 per modo tutto fuor del moderno uso, Dante Alighieri
50 16 43 non mi celar chi fosti anzi la morte, Dante Alighieri
50 16 44 ma dilmi, e dimmi s'i' vo bene al varco; Dante Alighieri
50 16 45 e tue parole fier le nostre scorte». Dante Alighieri
50 16 46 «Lombardo fui, e fu' chiamato Marco; Marco Lombardo
50 16 47 del mondo seppi, e quel valore amai Marco Lombardo
50 16 48 al quale ha or ciascun disteso l'arco. Marco Lombardo
50 16 49 Per montar sù dirittamente vai». Marco Lombardo
50 16 50 Così rispuose, e soggiunse: «I' ti prego Marco Lombardo
50 16 51 che per me prieghi quando sù sarai». Marco Lombardo
50 16 52 E io a lui: «Per fede mi ti lego Dante Alighieri
50 16 53 di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio Dante Alighieri
50 16 54 dentro ad un dubbio, s'io non me ne spiego. Dante Alighieri
50 16 55 Prima era scempio, e ora è fatto doppio Dante Alighieri
50 16 56 ne la sentenza tua, che mi fa certo Dante Alighieri
50 16 57 qui, e altrove, quello ov'io l'accoppio. Dante Alighieri
50 16 58 Lo mondo è ben così tutto diserto Dante Alighieri
50 16 59 d'ogne virtute, come tu mi sone, Dante Alighieri
50 16 60 e di malizia gravido e coverto; Dante Alighieri
50 16 61 ma priego che m'addite la cagione, Dante Alighieri
50 16 62 sì ch'i' la veggia e ch'i' la mostri altrui; Dante Alighieri
50 16 63 ché nel cielo uno, e un qua giù la pone». Dante Alighieri
50 16 64 Alto sospir, che duolo strinse in «uhi!», Marco Lombardo
50 16 65 mise fuor prima; e poi cominciò: «Frate, Marco Lombardo
50 16 66 lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui. Marco Lombardo
50 16 67 Voi che vivete ogne cagion recate Marco Lombardo
50 16 68 pur suso al cielo, pur come se tutto Marco Lombardo
50 16 69 movesse seco di necessitate. Marco Lombardo
50 16 70 Se così fosse, in voi fora distrutto Marco Lombardo
50 16 71 libero arbitrio, e non fora giustizia Marco Lombardo
50 16 72 per ben letizia, e per male aver lutto. Marco Lombardo
50 16 73 Lo cielo i vostri movimenti inizia; Marco Lombardo
50 16 74 non dico tutti, ma, posto ch'i' 'l dica, Marco Lombardo
50 16 75 lume v'è dato a bene e a malizia, Marco Lombardo
50 16 76 e libero voler; che, se fatica Marco Lombardo
50 16 77 ne le prime battaglie col ciel dura, Marco Lombardo
50 16 78 poi vince tutto, se ben si notrica. Marco Lombardo
50 16 79 A maggior forza e a miglior natura Marco Lombardo
50 16 80 liberi soggiacete; e quella cria Marco Lombardo
50 16 81 la mente in voi, che 'l ciel non ha in sua cura. Marco Lombardo
50 16 82 Però, se 'l mondo presente disvia, Marco Lombardo
50 16 83 in voi è la cagione, in voi si cheggia; Marco Lombardo
50 16 84 e io te ne sarò or vera spia. Marco Lombardo
50 16 85 Esce di mano a lui che la vagheggia Marco Lombardo
50 16 86 prima che sia, a guisa di fanciulla Marco Lombardo
50 16 87 che piangendo e ridendo pargoleggia, Marco Lombardo
50 16 88 l'anima semplicetta che sa nulla, Marco Lombardo
50 16 89 salvo che, mossa da lieto fattore, Marco Lombardo
50 16 90 volontier torna a ciò che la trastulla. Marco Lombardo
50 16 91 Di picciol bene in pria sente sapore; Marco Lombardo
50 16 92 quivi s'inganna, e dietro ad esso corre, Marco Lombardo
50 16 93 se guida o fren non torce suo amore. Marco Lombardo
50 16 94 Onde convenne legge per fren porre; Marco Lombardo
50 16 95 convenne rege aver che discernesse Marco Lombardo
50 16 96 de la vera cittade almen la torre. Marco Lombardo
50 16 97 Le leggi son, ma chi pon mano ad esse? Marco Lombardo
50 16 98 Nullo, però che 'l pastor che procede, Marco Lombardo
50 16 99 rugumar può, ma non ha l'unghie fesse; Marco Lombardo
50 16 100 per che la gente, che sua guida vede Marco Lombardo
50 16 101 pur a quel ben fedire ond'ella è ghiotta, Marco Lombardo
50 16 102 di quel si pasce, e più oltre non chiede. Marco Lombardo
50 16 103 Ben puoi veder che la mala condotta Marco Lombardo
50 16 104 é la cagion che 'l mondo ha fatto reo, Marco Lombardo
50 16 105 e non natura che 'n voi sia corrotta. Marco Lombardo
50 16 106 Soleva Roma, che 'l buon mondo feo, Marco Lombardo
50 16 107 due soli aver, che l'una e l'altra strada Marco Lombardo
50 16 108 facean vedere, e del mondo e di Deo. Marco Lombardo
50 16 109 L'un l'altro ha spento; ed è giunta la spada Marco Lombardo
50 16 110 col pasturale, e l'un con l'altro insieme Marco Lombardo
50 16 111 per viva forza mal convien che vada; Marco Lombardo
50 16 112 però che, giunti, l'un l'altro non teme: Marco Lombardo
50 16 113 se non mi credi, pon mente a la spiga, Marco Lombardo
50 16 114 ch'ogn'erba si conosce per lo seme. Marco Lombardo
50 16 115 In sul paese ch'Adice e Po riga, Marco Lombardo
50 16 116 solea valore e cortesia trovarsi, Marco Lombardo
50 16 117 prima che Federigo avesse briga; Marco Lombardo
50 16 118 or può sicuramente indi passarsi Marco Lombardo
50 16 119 per qualunque lasciasse, per vergogna Marco Lombardo
50 16 120 di ragionar coi buoni o d'appressarsi. Marco Lombardo
50 16 121 Ben v'èn tre vecchi ancora in cui rampogna Marco Lombardo
50 16 122 l'antica età la nova, e par lor tardo Marco Lombardo
50 16 123 che Dio a miglior vita li ripogna: Marco Lombardo
50 16 124 Currado da Palazzo e 'l buon Gherardo Marco Lombardo
50 16 125 e Guido da Castel, che mei si noma Marco Lombardo
50 16 126 francescamente, il semplice Lombardo. Marco Lombardo
50 16 127 Dì oggimai che la Chiesa di Roma, Marco Lombardo
50 16 128 per confondere in sé due reggimenti, Marco Lombardo
50 16 129 cade nel fango e sé brutta e la soma». Marco Lombardo
50 16 130 «O Marco mio», diss'io, «bene argomenti; Dante Alighieri
50 16 131 e or discerno perché dal retaggio Dante Alighieri
50 16 132 li figli di Levì furono essenti. Dante Alighieri
50 16 133 Ma qual Gherardo è quel che tu per saggio Dante Alighieri
50 16 134 di' ch'è rimaso de la gente spenta, Dante Alighieri
50 16 135 in rimprovéro del secol selvaggio?». Dante Alighieri
50 16 136 «O tuo parlar m'inganna, o el mi tenta», Marco Lombardo
50 16 137 rispuose a me; «ché, parlandomi tosco, Marco Lombardo
50 16 138 par che del buon Gherardo nulla senta. Marco Lombardo
50 16 139 Per altro sopranome io nol conosco, Marco Lombardo
50 16 140 s'io nol togliessi da sua figlia Gaia.  
50 16 141 Dio sia con voi, ché più non vegno vosco.  
50 16 142 Vedi l'albor che per lo fummo raia  
50 16 143 già biancheggiare, e me convien partirmi  
50 16 144 (l'angelo è ivi) prima ch'io li paia».  
50 16 145 Così tornò, e più non volle udirmi.  
51 17 1 Ricorditi, lettor, se mai ne l'alpe  
51 17 2 ti colse nebbia per la qual vedessi  
51 17 3 non altrimenti che per pelle talpe,  
51 17 4 come, quando i vapori umidi e spessi  
51 17 5 a diradar cominciansi, la spera  
51 17 6 del sol debilemente entra per essi;  
51 17 7 e fia la tua imagine leggera  
51 17 8 in giugnere a veder com'io rividi  
51 17 9 lo sole in pria, che già nel corcar era.  
51 17 10 Sì, pareggiando i miei co' passi fidi  
51 17 11 del mio maestro, usci' fuor di tal nube  
51 17 12 ai raggi morti già ne' bassi lidi.  
51 17 13 O imaginativa che ne rube  
51 17 14 talvolta sì di fuor, ch'om non s'accorge  
51 17 15 perché dintorno suonin mille tube,  
51 17 16 chi move te, se 'l senso non ti porge?  
51 17 17 Moveti lume che nel ciel s'informa,  
51 17 18 per sé o per voler che giù lo scorge.  
51 17 19 De l'empiezza di lei che mutò forma  
51 17 20 ne l'uccel ch'a cantar più si diletta,  
51 17 21 ne l'imagine mia apparve l'orma;  
51 17 22 e qui fu la mia mente sì ristretta  
51 17 23 dentro da sé, che di fuor non venìa  
51 17 24 cosa che fosse allor da lei ricetta.  
51 17 25 Poi piovve dentro a l'alta fantasia  
51 17 26 un crucifisso dispettoso e fero  
51 17 27 ne la sua vista, e cotal si morìa;  
51 17 28 intorno ad esso era il grande Assuero,  
51 17 29 Estér sua sposa e 'l giusto Mardoceo,  
51 17 30 che fu al dire e al far così intero.  
51 17 31 E come questa imagine rompeo  
51 17 32 sé per sé stessa, a guisa d'una bulla  
51 17 33 cui manca l'acqua sotto qual si feo,  
51 17 34 surse in mia visione una fanciulla  
51 17 35 piangendo forte, e dicea: «O regina, Lavinia
51 17 36 perché per ira hai voluto esser nulla? Lavinia
51 17 37 Ancisa t'hai per non perder Lavina; Lavinia
51 17 38 or m'hai perduta! Io son essa che lutto, Lavinia
51 17 39 madre, a la tua pria ch'a l'altrui ruina». Lavinia
51 17 40 Come si frange il sonno ove di butto  
51 17 41 nova luce percuote il viso chiuso,  
51 17 42 che fratto guizza pria che muoia tutto;  
51 17 43 così l'imaginar mio cadde giuso  
51 17 44 tosto che lume il volto mi percosse,  
51 17 45 maggior assai che quel ch'è in nostro uso.  
51 17 46 I' mi volgea per veder ov'io fosse,  
51 17 47 quando una voce disse «Qui si monta», Angelo della pace
51 17 48 che da ogne altro intento mi rimosse;  
51 17 49 e fece la mia voglia tanto pronta  
51 17 50 di riguardar chi era che parlava,  
51 17 51 che mai non posa, se non si raffronta.  
51 17 52 Ma come al sol che nostra vista grava  
51 17 53 e per soverchio sua figura vela,  
51 17 54 così la mia virtù quivi mancava.  
51 17 55 «Questo è divino spirito, che ne la Virgilio (maestro)
51 17 56 via da ir sù ne drizza sanza prego, Virgilio (maestro)
51 17 57 e col suo lume sé medesmo cela. Virgilio (maestro)
51 17 58 Sì fa con noi, come l'uom si fa sego; Virgilio (maestro)
51 17 59 ché quale aspetta prego e l'uopo vede, Virgilio (maestro)
51 17 60 malignamente già si mette al nego. Virgilio (maestro)
51 17 61 Or accordiamo a tanto invito il piede; Virgilio (maestro)
51 17 62 procacciam di salir pria che s'abbui, Virgilio (maestro)
51 17 63 ché poi non si poria, se 'l dì non riede». Virgilio (maestro)
51 17 64 Così disse il mio duca, e io con lui  
51 17 65 volgemmo i nostri passi ad una scala;  
51 17 66 e tosto ch'io al primo grado fui,  
51 17 67 senti'mi presso quasi un muover d'ala  
51 17 68 e ventarmi nel viso e dir: 'Beati  
51 17 69 pacifici, che son sanz'ira mala!'.  
51 17 70 Già eran sovra noi tanto levati  
51 17 71 li ultimi raggi che la notte segue,  
51 17 72 che le stelle apparivan da più lati.  
51 17 73 'O virtù mia, perché sì ti dilegue?',  
51 17 74 fra me stesso dicea, ché mi sentiva  
51 17 75 la possa de le gambe posta in triegue.  
51 17 76 Noi eravam dove più non saliva  
51 17 77 la scala sù, ed eravamo affissi,  
51 17 78 pur come nave ch'a la piaggia arriva.  
51 17 79 E io attesi un poco, s'io udissi  
51 17 80 alcuna cosa nel novo girone;  
51 17 81 poi mi volsi al maestro mio, e dissi:  
51 17 82 «Dolce mio padre, dì , quale offensione Dante Alighieri
51 17 83 si purga qui nel giro dove semo? Dante Alighieri
51 17 84 Se i pié si stanno, non stea tuo sermone». Dante Alighieri
51 17 85 Ed elli a me: «L'amor del bene, scemo Virgilio (maestro)
51 17 86 del suo dover, quiritta si ristora; Virgilio (maestro)
51 17 87 qui si ribatte il mal tardato remo. Virgilio (maestro)
51 17 88 Ma perché più aperto intendi ancora, Virgilio (maestro)
51 17 89 volgi la mente a me, e prenderai Virgilio (maestro)
51 17 90 alcun buon frutto di nostra dimora». Virgilio (maestro)
51 17 91 «Né creator né creatura mai», Virgilio (maestro)
51 17 92 cominciò el, «figliuol, fu sanza amore, Virgilio (maestro)
51 17 93 o naturale o d'animo; e tu 'l sai. Virgilio (maestro)
51 17 94 Lo naturale è sempre sanza errore, Virgilio (maestro)
51 17 95 ma l'altro puote errar per malo obietto Virgilio (maestro)
51 17 96 o per troppo o per poco di vigore. Virgilio (maestro)
51 17 97 Mentre ch'elli è nel primo ben diretto, Virgilio (maestro)
51 17 98 e ne' secondi sé stesso misura, Virgilio (maestro)
51 17 99 esser non può cagion di mal diletto; Virgilio (maestro)
51 17 100 ma quando al mal si torce, o con più cura Virgilio (maestro)
51 17 101 o con men che non dee corre nel bene, Virgilio (maestro)
51 17 102 contra 'l fattore adovra sua fattura. Virgilio (maestro)
51 17 103 Quinci comprender puoi ch'esser convene Virgilio (maestro)
51 17 104 amor sementa in voi d'ogne virtute Virgilio (maestro)
51 17 105 e d'ogne operazion che merta pene. Virgilio (maestro)
51 17 106 Or, perché mai non può da la salute Virgilio (maestro)
51 17 107 amor del suo subietto volger viso, Virgilio (maestro)
51 17 108 da l'odio proprio son le cose tute; Virgilio (maestro)
51 17 109 e perché intender non si può diviso, Virgilio (maestro)
51 17 110 e per sé stante, alcuno esser dal primo, Virgilio (maestro)
51 17 111 da quello odiare ogne effetto è deciso. Virgilio (maestro)
51 17 112 Resta, se dividendo bene stimo, Virgilio (maestro)
51 17 113 che 'l mal che s'ama è del prossimo; ed esso Virgilio (maestro)
51 17 114 amor nasce in tre modi in vostro limo. Virgilio (maestro)
51 17 115 è chi, per esser suo vicin soppresso, Virgilio (maestro)
51 17 116 spera eccellenza, e sol per questo brama Virgilio (maestro)
51 17 117 ch'el sia di sua grandezza in basso messo; Virgilio (maestro)
51 17 118 è chi podere, grazia, onore e fama Virgilio (maestro)
51 17 119 teme di perder perch'altri sormonti, Virgilio (maestro)
51 17 120 onde s'attrista sì che 'l contrario ama; Virgilio (maestro)
51 17 121 ed è chi per ingiuria par ch'aonti, Virgilio (maestro)
51 17 122 sì che si fa de la vendetta ghiotto, Virgilio (maestro)
51 17 123 e tal convien che 'l male altrui impronti. Virgilio (maestro)
51 17 124 Questo triforme amor qua giù di sotto Virgilio (maestro)
51 17 125 si piange; or vo' che tu de l'altro intende, Virgilio (maestro)
51 17 126 che corre al ben con ordine corrotto. Virgilio (maestro)
51 17 127 Ciascun confusamente un bene apprende Virgilio (maestro)
51 17 128 nel qual si queti l'animo, e disira; Virgilio (maestro)
51 17 129 per che di giugner lui ciascun contende. Virgilio (maestro)
51 17 130 Se lento amore a lui veder vi tira Virgilio (maestro)
51 17 131 o a lui acquistar, questa cornice, Virgilio (maestro)
51 17 132 dopo giusto penter, ve ne martira. Virgilio (maestro)
51 17 133 Altro ben è che non fa l'uom felice; Virgilio (maestro)
51 17 134 non è felicità, non è la buona Virgilio (maestro)
51 17 135 essenza, d'ogne ben frutto e radice. Virgilio (maestro)
51 17 136 L'amor ch'ad esso troppo s'abbandona, Virgilio (maestro)
51 17 137 di sovr'a noi si piange per tre cerchi; Virgilio (maestro)
51 17 138 ma come tripartito si ragiona, Virgilio (maestro)
51 17 139 tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi». Virgilio (maestro)
52 18 1 Posto avea fine al suo ragionamento  
52 18 2 l'alto dottore, e attento guardava  
52 18 3 ne la mia vista s'io parea contento;  
52 18 4 e io, cui nova sete ancor frugava,  
52 18 5 di fuor tacea, e dentro dicea: 'Forse  
52 18 6 lo troppo dimandar ch'io fo li grava'.  
52 18 7 Ma quel padre verace, che s'accorse  
52 18 8 del timido voler che non s'apriva,  
52 18 9 parlando, di parlare ardir mi porse.  
52 18 10 Ond'io: «Maestro, il mio veder s'avviva Dante Alighieri
52 18 11 sì nel tuo lume, ch'io discerno chiaro Dante Alighieri
52 18 12 quanto la tua ragion parta o descriva. Dante Alighieri
52 18 13 Però ti prego, dolce padre caro, Dante Alighieri
52 18 14 che mi dimostri amore, a cui reduci Dante Alighieri
52 18 15 ogne buono operare e 'l suo contraro». Dante Alighieri
52 18 16 «Drizza», disse, «ver' me l'agute luci Virgilio (maestro)
52 18 17 de lo 'ntelletto, e fieti manifesto Virgilio (maestro)
52 18 18 l'error de' ciechi che si fanno duci. Virgilio (maestro)
52 18 19 L'animo, ch'è creato ad amar presto, Virgilio (maestro)
52 18 20 ad ogne cosa è mobile che piace, Virgilio (maestro)
52 18 21 tosto che dal piacere in atto è desto. Virgilio (maestro)
52 18 22 Vostra apprensiva da esser verace Virgilio (maestro)
52 18 23 tragge intenzione, e dentro a voi la spiega, Virgilio (maestro)
52 18 24 sì che l'animo ad essa volger face; Virgilio (maestro)
52 18 25 e se, rivolto, inver' di lei si piega, Virgilio (maestro)
52 18 26 quel piegare è amor, quell'è natura Virgilio (maestro)
52 18 27 che per piacer di novo in voi si lega. Virgilio (maestro)
52 18 28 Poi, come 'l foco movesi in altura Virgilio (maestro)
52 18 29 per la sua forma ch'è nata a salire Virgilio (maestro)
52 18 30 là dove più in sua matera dura, Virgilio (maestro)
52 18 31 così l'animo preso entra in disire, Virgilio (maestro)
52 18 32 ch'è moto spiritale, e mai non posa Virgilio (maestro)
52 18 33 fin che la cosa amata il fa gioire. Virgilio (maestro)
52 18 34 Or ti puote apparer quant'è nascosa Virgilio (maestro)
52 18 35 la veritate a la gente ch'avvera Virgilio (maestro)
52 18 36 ciascun amore in sé laudabil cosa; Virgilio (maestro)
52 18 37 però che forse appar la sua matera Virgilio (maestro)
52 18 38 sempre esser buona, ma non ciascun segno Virgilio (maestro)
52 18 39 é buono, ancor che buona sia la cera». Virgilio (maestro)
52 18 40 «Le tue parole e 'l mio seguace ingegno», Dante Alighieri
52 18 41 rispuos'io lui, «m'hanno amor discoverto, Dante Alighieri
52 18 42 ma ciò m'ha fatto di dubbiar più pregno; Dante Alighieri
52 18 43 ché, s'amore è di fuori a noi offerto, Dante Alighieri
52 18 44 e l'anima non va con altro piede, Dante Alighieri
52 18 45 se dritta o torta va, non è suo merto». Dante Alighieri
52 18 46 Ed elli a me: «Quanto ragion qui vede, Virgilio (maestro)
52 18 47 dir ti poss'io; da indi in là t'aspetta Virgilio (maestro)
52 18 48 pur a Beatrice, ch'è opra di fede. Virgilio (maestro)
52 18 49 Ogne forma sustanzial, che setta Virgilio (maestro)
52 18 50 é da matera ed è con lei unita, Virgilio (maestro)
52 18 51 specifica vertute ha in sé colletta, Virgilio (maestro)
52 18 52 la qual sanza operar non è sentita, Virgilio (maestro)
52 18 53 né si dimostra mai che per effetto, Virgilio (maestro)
52 18 54 come per verdi fronde in pianta vita. Virgilio (maestro)
52 18 55 Però, là onde vegna lo 'ntelletto Virgilio (maestro)
52 18 56 de le prime notizie, omo non sape, Virgilio (maestro)
52 18 57 e de' primi appetibili l'affetto, Virgilio (maestro)
52 18 58 che sono in voi sì come studio in ape Virgilio (maestro)
52 18 59 di far lo mele; e questa prima voglia Virgilio (maestro)
52 18 60 merto di lode o di biasmo non cape. Virgilio (maestro)
52 18 61 Or perché a questa ogn'altra si raccoglia, Virgilio (maestro)
52 18 62 innata v'è la virtù che consiglia, Virgilio (maestro)
52 18 63 e de l'assenso de' tener la soglia. Virgilio (maestro)
52 18 64 Quest'è 'l principio là onde si piglia Virgilio (maestro)
52 18 65 ragion di meritare in voi, secondo Virgilio (maestro)
52 18 66 che buoni e rei amori accoglie e viglia. Virgilio (maestro)
52 18 67 Color che ragionando andaro al fondo, Virgilio (maestro)
52 18 68 s'accorser d'esta innata libertate; Virgilio (maestro)
52 18 69 però moralità lasciaro al mondo. Virgilio (maestro)
52 18 70 Onde, poniam che di necessitate Virgilio (maestro)
52 18 71 surga ogne amor che dentro a voi s'accende, Virgilio (maestro)
52 18 72 di ritenerlo è in voi la podestate. Virgilio (maestro)
52 18 73 La nobile virtù Beatrice intende Virgilio (maestro)
52 18 74 per lo libero arbitrio, e però guarda Virgilio (maestro)
52 18 75 che l'abbi a mente, s'a parlar ten prende». Virgilio (maestro)
52 18 76 La luna, quasi a mezza notte tarda,  
52 18 77 facea le stelle a noi parer più rade,  
52 18 78 fatta com'un secchion che tuttor arda;  
52 18 79 e correa contro 'l ciel per quelle strade  
52 18 80 che 'l sole infiamma allor che quel da Roma  
52 18 81 tra Sardi e ' Corsi il vede quando cade.  
52 18 82 E quell'ombra gentil per cui si noma  
52 18 83 Pietola più che villa mantoana,  
52 18 84 del mio carcar diposta avea la soma;  
52 18 85 per ch'io, che la ragione aperta e piana  
52 18 86 sovra le mie quistioni avea ricolta,  
52 18 87 stava com'om che sonnolento vana.  
52 18 88 Ma questa sonnolenza mi fu tolta  
52 18 89 subitamente da gente che dopo  
52 18 90 le nostre spalle a noi era già volta.  
52 18 91 E quale Ismeno già vide e Asopo  
52 18 92 lungo di sé di notte furia e calca,  
52 18 93 pur che i Teban di Bacco avesser uopo,  
52 18 94 cotal per quel giron suo passo falca,  
52 18 95 per quel ch'io vidi di color, venendo,  
52 18 96 cui buon volere e giusto amor cavalca.  
52 18 97 Tosto fur sovr'a noi, perché correndo  
52 18 98 si movea tutta quella turba magna;  
52 18 99 e due dinanzi gridavan piangendo:  
52 18 100 «Maria corse con fretta a la montagna; Anime Purganti
52 18 101 e Cesare, per soggiogare Ilerda, Anime Purganti
52 18 102 punse Marsilia e poi corse in Ispagna». Anime Purganti
52 18 103 «Ratto, ratto, che 'l tempo non si perda Anime Purganti
52 18 104 per poco amor», gridavan li altri appresso, Anime Purganti
52 18 105 «che studio di ben far grazia rinverda». Anime Purganti
52 18 106 «O gente in cui fervore aguto adesso Virgilio (maestro)
52 18 107 ricompie forse negligenza e indugio Virgilio (maestro)
52 18 108 da voi per tepidezza in ben far messo, Virgilio (maestro)
52 18 109 questi che vive, e certo i' non vi bugio, Virgilio (maestro)
52 18 110 vuole andar sù, pur che 'l sol ne riluca; Virgilio (maestro)
52 18 111 però ne dite ond'è presso il pertugio». Virgilio (maestro)
52 18 112 Parole furon queste del mio duca;  
52 18 113 e un di quelli spirti disse: «Vieni Abate di San Zeno
52 18 114 di retro a noi, e troverai la buca. Abate di San Zeno
52 18 115 Noi siam di voglia a muoverci sì pieni, Abate di San Zeno
52 18 116 che restar non potem; però perdona, Abate di San Zeno
52 18 117 se villania nostra giustizia tieni. Abate di San Zeno
52 18 118 Io fui abate in San Zeno a Verona Abate di San Zeno
52 18 119 sotto lo 'mperio del buon Barbarossa, Abate di San Zeno
52 18 120 di cui dolente ancor Milan ragiona. Abate di San Zeno
52 18 121 E tale ha già l'un pié dentro la fossa, Abate di San Zeno
52 18 122 che tosto piangerà quel monastero, Abate di San Zeno
52 18 123 e tristo fia d'avere avuta possa; Abate di San Zeno
52 18 124 perché suo figlio, mal del corpo intero, Abate di San Zeno
52 18 125 e de la mente peggio, e che mal nacque, Abate di San Zeno
52 18 126 ha posto in loco di suo pastor vero». Abate di San Zeno
52 18 127 Io non so se più disse o s'ei si tacque,  
52 18 128 tant'era già di là da noi trascorso;  
52 18 129 ma questo intesi, e ritener mi piacque.  
52 18 130 E quei che m'era ad ogne uopo soccorso  
52 18 131 disse: «Volgiti qua: vedine due Anime Purganti
52 18 132 venir dando a l'accidia di morso». Anime Purganti
52 18 133 Di retro a tutti dicean: «Prima fue Anime Purganti
52 18 134 morta la gente a cui il mar s'aperse, Anime Purganti
52 18 135 che vedesse Iordan le rede sue. Anime Purganti
52 18 136 E quella che l'affanno non sofferse Anime Purganti
52 18 137 fino a la fine col figlio d'Anchise, Anime Purganti
52 18 138 sé stessa a vita sanza gloria offerse». Anime Purganti
52 18 139 Poi quando fuor da noi tanto divise  
52 18 140 quell'ombre, che veder più non potiersi,  
52 18 141 novo pensiero dentro a me si mise,  
52 18 142 del qual più altri nacquero e diversi;  
52 18 143 e tanto d'uno in altro vaneggiai,  
52 18 144 che li occhi per vaghezza ricopersi,  
52 18 145 e 'l pensamento in sogno trasmutai.  
53 19 1 Ne l'ora che non può 'l calor diurno  
53 19 2 intepidar più 'l freddo de la luna,  
53 19 3 vinto da terra, e talor da Saturno  
53 19 4 quando i geomanti lor Maggior Fortuna  
53 19 5 veggiono in orïente, innanzi a l'alba,  
53 19 6 surger per via che poco le sta bruna -,  
53 19 7 mi venne in sogno una femmina balba,  
53 19 8 ne li occhi guercia, e sovra i pié distorta,  
53 19 9 con le man monche, e di colore scialba.  
53 19 10 Io la mirava; e come 'l sol conforta  
53 19 11 le fredde membra che la notte aggrava,  
53 19 12 così lo sguardo mio le facea scorta  
53 19 13 la lingua, e poscia tutta la drizzava  
53 19 14 in poco d'ora, e lo smarrito volto,  
53 19 15 com' amor vuol, così le colorava.  
53 19 16 Poi ch'ell' avea 'l parlar così disciolto,  
53 19 17 cominciava a cantar sì, che con pena  
53 19 18 da lei avrei mio intento rivolto.  
53 19 19 «Io son», cantava, «io son dolce serena, Femina balba
53 19 20 che' marinari in mezzo mar dismago; Femina balba
53 19 21 tanto son di piacere a sentir piena! Femina balba
53 19 22 Io volsi Ulisse del suo cammin vago Femina balba
53 19 23 al canto mio; e qual meco s'ausa, Femina balba
53 19 24 rado sen parte; sì tutto l'appago!». Femina balba
53 19 25 Ancor non era sua bocca richiusa,  
53 19 26 quand' una donna apparve santa e presta  
53 19 27 lunghesso me per far colei confusa.  
53 19 28 «O Virgilio, Virgilio, chi è questa?», Angelo
53 19 29 fieramente dicea; ed el venìa  
53 19 30 con li occhi fitti pur in quella onesta.  
53 19 31 L'altra prendea, e dinanzi l'apria  
53 19 32 fendendo i drappi, e mostravami 'l ventre;  
53 19 33 quel mi svegliò col puzzo che n'uscia.  
53 19 34 Io mossi li occhi, e 'l buon maestro: «Almen tre Virgilio (maestro)
53 19 35 voci t'ho messe!», dicea, «Surgi e vieni; Virgilio (maestro)
53 19 36 troviam l'aperta per la qual tu entre». Virgilio (maestro)
53 19 37 Sù mi levai, e tutti eran già pieni  
53 19 38 de l'alto dì i giron del sacro monte,  
53 19 39 e andavam col sol novo a le reni.  
53 19 40 Seguendo lui, portava la mia fronte  
53 19 41 come colui che l'ha di pensier carca,  
53 19 42 che fa di sé un mezzo arco di ponte;  
53 19 43 quand' io udi' «Venite; qui si varca» Angelo guardiano
53 19 44 parlare in modo soave e benigno,  
53 19 45 qual non si sente in questa mortal marca.  
53 19 46 Con l'ali aperte, che parean di cigno,  
53 19 47 volseci in sù colui che sì parlonne  
53 19 48 tra due pareti del duro macigno.  
53 19 49 Mosse le penne poi e ventilonne,  
53 19 50 'Qui lugent' affermando esser beati,  
53 19 51 ch'avran di consolar l'anime donne.  
53 19 52 «Che hai che pur inver' la terra guati?», Virgilio (maestro)
53 19 53 la guida mia incominciò a dirmi,  
53 19 54 poco amendue da l'angel sormontati.  
53 19 55 E io: «Con tanta sospeccion fa irmi Dante Alighieri
53 19 56 novella visÔon ch'a sé mi piega, Dante Alighieri
53 19 57 sì ch'io non posso dal pensar partirmi». Dante Alighieri
53 19 58 «Vedesti», disse, «quell'antica strega Virgilio (maestro)
53 19 59 che sola sovr' a noi omai si piagne; Virgilio (maestro)
53 19 60 vedesti come l'uom da lei si slega. Virgilio (maestro)
53 19 61 Bastiti, e batti a terra le calcagne; Virgilio (maestro)
53 19 62 li occhi rivolgi al logoro che gira Virgilio (maestro)
53 19 63 lo rege etterno con le rote magne». Virgilio (maestro)
53 19 64 Quale 'l falcon, che prima a' pié si mira,  
53 19 65 indi si volge al grido e si protende  
53 19 66 per lo disio del pasto che là il tira,  
53 19 67 tal mi fec' io; e tal, quanto si fende  
53 19 68 la roccia per dar via a chi va suso,  
53 19 69 n'andai infin dove 'l cerchiar si prende.  
53 19 70 Com'io nel quinto giro fui dischiuso,  
53 19 71 vidi gente per esso che piangea,  
53 19 72 giacendo a terra tutta volta in giuso.  
53 19 73 'Adhaesit pavimento anima mea'  
53 19 74 sentia dir lor con sì alti sospiri,  
53 19 75 che la parola a pena s'intendea.  
53 19 76 «O eletti di Dio, li cui soffriri Virgilio (maestro)
53 19 77 e giustizia e speranza fa men duri, Virgilio (maestro)
53 19 78 drizzate noi verso li alti saliri». Virgilio (maestro)
53 19 79 «Se voi venite dal giacer sicuri, Papa Adriano V
53 19 80 e volete trovar la via più tosto, Papa Adriano V
53 19 81 le vostre destre sien sempre di fori». Papa Adriano V
53 19 82 Così pregò 'l poeta, e sì risposto  
53 19 83 poco dinanzi a noi ne fu; per ch'io  
53 19 84 nel parlare avvisai l'altro nascosto,  
53 19 85 e volsi li occhi a li occhi al segnor mio:  
53 19 86 ond' elli m'assentì con lieto cenno  
53 19 87 ciò che chiedea la vista del disio.  
53 19 88 Poi ch'io potei di me fare a mio senno,  
53 19 89 trassimi sovra quella creatura  
53 19 90 le cui parole pria notar mi fenno,  
53 19 91 dicendo: «Spirto in cui pianger matura Dante Alighieri
53 19 92 quel sanza 'l quale a Dio tornar non pòssi, Dante Alighieri
53 19 93 sosta un poco per me tua maggior cura. Dante Alighieri
53 19 94 Chi fosti e perché vòlti avete i dossi Dante Alighieri
53 19 95 al sù, mi dì, e se vuo' ch'io t'impetri Dante Alighieri
53 19 96 cosa di là ond' io vivendo mossi». Dante Alighieri
53 19 97 Ed elli a me: «Perché i nostri diretri Papa Adriano V
53 19 98 rivolga il cielo a sé, saprai; ma prima Papa Adriano V
53 19 99 scias quod ego fui successor Petri. Papa Adriano V
53 19 100 Intra Sïestri e Chiaveri s'adima Papa Adriano V
53 19 101 una fiumana bella, e del suo nome Papa Adriano V
53 19 102 lo titol del mio sangue fa sua cima. Papa Adriano V
53 19 103 Un mese è poco più prova' io come Papa Adriano V
53 19 104 pesa il gran manto a chi dal fango il guarda, Papa Adriano V
53 19 105 che piuma sembran tutte l'altre some. Papa Adriano V
53 19 106 La mia conversÔone, omé!, fu tarda; Papa Adriano V
53 19 107 ma, come fatto fui roman pastore, Papa Adriano V
53 19 108 così scopersi la vita bugiarda. Papa Adriano V
53 19 109 Vidi che lì non s'acquetava il core, Papa Adriano V
53 19 110 né più salir potiesi in quella vita; Papa Adriano V
53 19 111 er che di questa in me s'accese amore. Papa Adriano V
53 19 112 Fino a quel punto misera e partita Papa Adriano V
53 19 113 da Dio anima fui, del tutto avara; Papa Adriano V
53 19 114 or, come vedi, qui ne son punita. Papa Adriano V
53 19 115 Quel ch'avarizia fa, qui si dichiara Papa Adriano V
53 19 116 in purgazion de l'anime converse; Papa Adriano V
53 19 117 e nulla pena il monte ha più amara. Papa Adriano V
53 19 118 Sì come l'occhio nostro non s'aderse Papa Adriano V
53 19 119 in alto, fisso a le cose terrene, Papa Adriano V
53 19 120 così giustizia qui a terra il merse. Papa Adriano V
53 19 121 Come avarizia spense a ciascun bene Papa Adriano V
53 19 122 lo nostro amore, onde operar perdési, Papa Adriano V
53 19 123 così giustizia qui stretti ne tene, Papa Adriano V
53 19 124 ne' piedi e ne le man legati e presi; Papa Adriano V
53 19 125 e quanto fia piacer del giusto Sire, Papa Adriano V
53 19 126 tanto staremo immobili e distesi». Papa Adriano V
53 19 127 Io m'era inginocchiato e volea dire;  
53 19 128 ma com' io cominciai ed el s'accorse,  
53 19 129 solo ascoltando, del mio reverire,  
53 19 130 «Qual cagion», disse, «in giù così ti torse?». Papa Adriano V
53 19 131 E io a lui: «Per vostra dignitate Dante Alighieri
53 19 132 mia coscïenza dritto mi rimorse». Dante Alighieri
53 19 133 «Drizza le gambe, lévati sù, frate!», Papa Adriano V
53 19 134 rispuose; «non errar: conservo sono Papa Adriano V
53 19 135 teco e con li altri ad una podestate. Papa Adriano V
53 19 136 Se mai quel santo evangelico suono Papa Adriano V
53 19 137 che dice 'Neque nubent' intendesti, Papa Adriano V
53 19 138 ben puoi veder perch'io così ragiono. Papa Adriano V
53 19 139 Vattene omai: non vo' che più t'arresti; Papa Adriano V
53 19 140 ché la tua stanza mio pianger disagia, Papa Adriano V
53 19 141 col qual maturo ciò che tu dicesti. Papa Adriano V
53 19 142 Nepote ho io di là c'ha nome Alagia, Papa Adriano V
53 19 143 buona da sé, pur che la nostra casa Papa Adriano V
53 19 144 non faccia lei per essempro malvagia; Papa Adriano V
53 19 145 e questa sola di là m'è rimasa». Papa Adriano V
54 20 1 Contra miglior voler voler mal pugna;  
54 20 2 onde contra 'l piacer mio, per piacerli,  
54 20 3 trassi de l'acqua non sazia la spugna.  
54 20 4 Mossimi; e 'l duca mio si mosse per li  
54 20 5 luoghi spediti pur lungo la roccia,  
54 20 6 come si va per muro stretto a' merli;  
54 20 7 ché la gente che fonde a goccia a goccia  
54 20 8 per li occhi il mal che tutto 'l mondo occupa,  
54 20 9 da l'altra parte in fuor troppo s'approccia.  
54 20 10 Maladetta sie tu, antica lupa,  
54 20 11 che più che tutte l'altre bestie hai preda  
54 20 12 per la tua fame sanza fine cupa!  
54 20 13 O ciel, nel cui girar par che si creda  
54 20 14 le condizion di qua giù trasmutarsi,  
54 20 15 quando verrà per cui questa disceda?  
54 20 16 Noi andavam con passi lenti e scarsi,  
54 20 17 e io attento a l'ombre, ch'i' sentia  
54 20 18 pietosamente piangere e lagnarsi;  
54 20 19 e per ventura udi' «Dolce Maria!» Anime Purganti
54 20 20 dinanzi a noi chiamar così nel pianto  
54 20 21 come fa donna che in parturir sia;  
54 20 22 e seguitar: «Povera fosti tanto, Ugo Ciappetta
54 20 23 quanto veder si può per quello ospizio Ugo Ciappetta
54 20 24 dove sponesti il tuo portato santo». Ugo Ciappetta
54 20 25 Seguentemente intesi: «O buon Fabrizio, Ugo Ciappetta
54 20 26 con povertà volesti anzi virtute Ugo Ciappetta
54 20 27 che gran ricchezza posseder con vizio». Ugo Ciappetta
54 20 28 Queste parole m'eran sì piaciute,  
54 20 29 ch'io mi trassi oltre per aver contezza  
54 20 30 di quello spirto onde parean venute.  
54 20 31 Esso parlava ancor de la larghezza  
54 20 32 che fece Niccolò a le pulcelle,  
54 20 33 per condurre ad onor lor giovinezza.  
54 20 34 «O anima che tanto ben favelle, Dante Alighieri
54 20 35 dimmi chi fosti», dissi, «e perché sola Dante Alighieri
54 20 36 tu queste degne lode rinovelle. Dante Alighieri
54 20 37 Non fia sanza mercé la tua parola, Dante Alighieri
54 20 38 s'io ritorno a compiér lo cammin corto Dante Alighieri
54 20 39 di quella vita ch'al termine vola». Dante Alighieri
54 20 40 Ed elli: «Io ti dirò, non per conforto Ugo Ciappetta
54 20 41 ch'io attenda di là, ma perché tanta Ugo Ciappetta
54 20 42 grazia in te luce prima che sie morto. Ugo Ciappetta
54 20 43 Io fui radice de la mala pianta Ugo Ciappetta
54 20 44 che la terra cristiana tutta aduggia, Ugo Ciappetta
54 20 45 sì che buon frutto rado se ne schianta. Ugo Ciappetta
54 20 46 Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia Ugo Ciappetta
54 20 47 potesser, tosto ne saria vendetta; Ugo Ciappetta
54 20 48 e io la cheggio a lui che tutto giuggia. Ugo Ciappetta
54 20 49 Chiamato fui di là Ugo Ciappetta; Ugo Ciappetta
54 20 50 di me son nati i Filippi e i Luigi Ugo Ciappetta
54 20 51 per cui novellamente è Francia retta. Ugo Ciappetta
54 20 52 Figliuol fu' io d'un beccaio di Parigi: Ugo Ciappetta
54 20 53 quando li regi antichi venner meno Ugo Ciappetta
54 20 54 tutti, fuor ch'un renduto in panni bigi, Ugo Ciappetta
54 20 55 trova'mi stretto ne le mani il freno Ugo Ciappetta
54 20 56 del governo del regno, e tanta possa Ugo Ciappetta
54 20 57 di nuovo acquisto, e sì d'amici pieno, Ugo Ciappetta
54 20 58 ch'a la corona vedova promossa Ugo Ciappetta
54 20 59 la testa di mio figlio fu, dal quale Ugo Ciappetta
54 20 60 cominciar di costor le sacrate ossa. Ugo Ciappetta
54 20 61 Mentre che la gran dota provenzale Ugo Ciappetta
54 20 62 al sangue mio non tolse la vergogna, Ugo Ciappetta
54 20 63 poco valea, ma pur non facea male. Ugo Ciappetta
54 20 64 Lì cominciò con forza e con menzogna Ugo Ciappetta
54 20 65 la sua rapina; e poscia, per ammenda, Ugo Ciappetta
54 20 66 Pontì e Normandia prese e Guascogna. Ugo Ciappetta
54 20 67 Carlo venne in Italia e, per ammenda, Ugo Ciappetta
54 20 68 vittima fé di Curradino; e poi Ugo Ciappetta
54 20 69 ripinse al ciel Tommaso, per ammenda. Ugo Ciappetta
54 20 70 Tempo vegg'io, non molto dopo ancoi, Ugo Ciappetta
54 20 71 che tragge un altro Carlo fuor di Francia, Ugo Ciappetta
54 20 72 per far conoscer meglio e sé e ' suoi. Ugo Ciappetta
54 20 73 Sanz'arme n'esce e solo con la lancia Ugo Ciappetta
54 20 74 con la qual giostrò Giuda, e quella ponta Ugo Ciappetta
54 20 75 sì ch'a Fiorenza fa scoppiar la pancia. Ugo Ciappetta
54 20 76 Quindi non terra, ma peccato e onta Ugo Ciappetta
54 20 77 guadagnerà, per sé tanto più grave, Ugo Ciappetta
54 20 78 quanto più lieve simil danno conta. Ugo Ciappetta
54 20 79 L'altro, che già uscì preso di nave, Ugo Ciappetta
54 20 80 veggio vender sua figlia e patteggiarne Ugo Ciappetta
54 20 81 come fanno i corsar de l'altre schiave. Ugo Ciappetta
54 20 82 O avarizia, che puoi tu più farne, Ugo Ciappetta
54 20 83 poscia c'ha' il mio sangue a te sì tratto, Ugo Ciappetta
54 20 84 che non si cura de la propria carne? Ugo Ciappetta
54 20 85 Perché men paia il mal futuro e 'l fatto, Ugo Ciappetta
54 20 86 veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, Ugo Ciappetta
54 20 87 e nel vicario suo Cristo esser catto. Ugo Ciappetta
54 20 88 Veggiolo un'altra volta esser deriso; Ugo Ciappetta
54 20 89 veggio rinovellar l'aceto e 'l fiele, Ugo Ciappetta
54 20 90 e tra vivi ladroni esser anciso. Ugo Ciappetta
54 20 91 Veggio il novo Pilato sì crudele, Ugo Ciappetta
54 20 92 che ciò nol sazia, ma sanza decreto Ugo Ciappetta
54 20 93 portar nel Tempio le cupide vele. Ugo Ciappetta
54 20 94 O Segnor mio, quando sarò io lieto Ugo Ciappetta
54 20 95 a veder la vendetta che, nascosa, Ugo Ciappetta
54 20 96 fa dolce l'ira tua nel tuo secreto? Ugo Ciappetta
54 20 97 Ciò ch'io dicea di quell'unica sposa Ugo Ciappetta
54 20 98 de lo Spirito Santo e che ti fece Ugo Ciappetta
54 20 99 verso me volger per alcuna chiosa, Ugo Ciappetta
54 20 100 tanto è risposto a tutte nostre prece Ugo Ciappetta
54 20 101 quanto 'l dì dura; ma com'el s'annotta, Ugo Ciappetta
54 20 102 contrario suon prendemo in quella vece. Ugo Ciappetta
54 20 103 Noi repetiam Pigmalion allotta, Ugo Ciappetta
54 20 104 cui traditore e ladro e paricida Ugo Ciappetta
54 20 105 fece la voglia sua de l'oro ghiotta; Ugo Ciappetta
54 20 106 e la miseria de l'avaro Mida, Ugo Ciappetta
54 20 107 che seguì a la sua dimanda gorda, Ugo Ciappetta
54 20 108 per la qual sempre convien che si rida. Ugo Ciappetta
54 20 109 Del folle Acàn ciascun poi si ricorda, Ugo Ciappetta
54 20 110 come furò le spoglie, sì che l'ira Ugo Ciappetta
54 20 111 di Iosué qui par ch'ancor lo morda. Ugo Ciappetta
54 20 112 Indi accusiam col marito Saffira; Ugo Ciappetta
54 20 113 lodiam i calci ch'ebbe Eliodoro; Ugo Ciappetta
54 20 114 e in infamia tutto 'l monte gira Ugo Ciappetta
54 20 115 Polinestòr ch'ancise Polidoro; Ugo Ciappetta
54 20 116 ultimamente ci si grida: "Crasso, Ugo Ciappetta
54 20 117 dilci, che 'l sai: di che sapore è l'oro?". Ugo Ciappetta
54 20 118 Talor parla l'uno alto e l'altro basso, Ugo Ciappetta
54 20 119 secondo l'affezion ch'ad ir ci sprona Ugo Ciappetta
54 20 120 ora a maggiore e ora a minor passo: Ugo Ciappetta
54 20 121 però al ben che 'l dì ci si ragiona, Ugo Ciappetta
54 20 122 dianzi non era io sol; ma qui da presso Ugo Ciappetta
54 20 123 non alzava la voce altra persona». Ugo Ciappetta
54 20 124 Noi eravam partiti già da esso,  
54 20 125 e brigavam di soverchiar la strada  
54 20 126 tanto quanto al poder n'era permesso,  
54 20 127 quand'io senti', come cosa che cada,  
54 20 128 tremar lo monte; onde mi prese un gelo  
54 20 129 qual prender suol colui ch'a morte vada.  
54 20 130 Certo non si scoteo sì forte Delo,  
54 20 131 pria che Latona in lei facesse 'l nido  
54 20 132 a parturir li due occhi del cielo.  
54 20 133 Poi cominciò da tutte parti un grido  
54 20 134 tal, che 'l maestro inverso me si feo,  
54 20 135 dicendo: «Non dubbiar, mentr'io ti guido». Virgilio (maestro)
54 20 136 'Gloria in excelsis' tutti 'Deo'  
54 20 137 dicean, per quel ch'io da' vicin compresi,  
54 20 138 onde intender lo grido si poteo.  
54 20 139 No' istavamo immobili e sospesi  
54 20 140 come i pastor che prima udir quel canto,  
54 20 141 fin che 'l tremar cessò ed el compiési.  
54 20 142 Poi ripigliammo nostro cammin santo,  
54 20 143 guardando l'ombre che giacean per terra,  
54 20 144 tornate già in su l'usato pianto.  
54 20 145 Nulla ignoranza mai con tanta guerra  
54 20 146 mi fé desideroso di sapere,  
54 20 147 se la memoria mia in ciò non erra,  
54 20 148 quanta pareami allor, pensando, avere;  
54 20 149 né per la fretta dimandare er'oso,  
54 20 150 né per me lì potea cosa vedere:  
54 20 151 così m'andava timido e pensoso.  
55 21 1 La sete natural che mai non sazia  
55 21 2 se non con l'acqua onde la femminetta  
55 21 3 samaritana domandò la grazia,  
55 21 4 mi travagliava, e pungeami la fretta  
55 21 5 per la 'mpacciata via dietro al mio duca,  
55 21 6 e condoleami a la giusta vendetta.  
55 21 7 Ed ecco, sì come ne scrive Luca  
55 21 8 che Cristo apparve a' due ch'erano in via,  
55 21 9 già surto fuor de la sepulcral buca,  
55 21 10 ci apparve un'ombra, e dietro a noi venìa,  
55 21 11 dal pié guardando la turba che giace;  
55 21 12 né ci addemmo di lei, sì parlò pria,  
55 21 13 dicendo; «O frati miei, Dio vi dea pace». Publio Papinio Stazio
55 21 14 Noi ci volgemmo sùbiti, e Virgilio  
55 21 15 rendéli 'l cenno ch'a ciò si conface.  
55 21 16 Poi cominciò: «Nel beato concilio Virgilio (maestro)
55 21 17 ti ponga in pace la verace corte Virgilio (maestro)
55 21 18 che me rilega ne l'etterno essilio». Virgilio (maestro)
55 21 19 «Come!», diss'elli, e parte andavam forte: Publio Papinio Stazio
55 21 20 «se voi siete ombre che Dio sù non degni, Publio Papinio Stazio
55 21 21 chi v'ha per la sua scala tanto scorte?». Publio Papinio Stazio
55 21 22 E 'l dottor mio: «Se tu riguardi a' segni Virgilio (maestro)
55 21 23 che questi porta e che l'angel profila, Virgilio (maestro)
55 21 24 ben vedrai che coi buon convien ch'e' regni. Virgilio (maestro)
55 21 25 Ma perché lei che dì e notte fila Virgilio (maestro)
55 21 26 non li avea tratta ancora la conocchia Virgilio (maestro)
55 21 27 che Cloto impone a ciascuno e compila, Virgilio (maestro)
55 21 28 l'anima sua, ch'è tua e mia serocchia, Virgilio (maestro)
55 21 29 venendo sù, non potea venir sola, Virgilio (maestro)
55 21 30 però ch'al nostro modo non adocchia. Virgilio (maestro)
55 21 31 Ond'io fui tratto fuor de l'ampia gola Virgilio (maestro)
55 21 32 d'inferno per mostrarli, e mosterrolli Virgilio (maestro)
55 21 33 oltre, quanto 'l potrà menar mia scola. Virgilio (maestro)
55 21 34 Ma dimmi, se tu sai, perché tai crolli Virgilio (maestro)
55 21 35 dié dianzi 'l monte, e perché tutto ad una Virgilio (maestro)
55 21 36 parve gridare infino a' suoi pié molli». Virgilio (maestro)
55 21 37 Sì mi dié, dimandando, per la cruna  
55 21 38 del mio disio, che pur con la speranza  
55 21 39 si fece la mia sete men digiuna.  
55 21 40 Quei cominciò: «Cosa non è che sanza Publio Papinio Stazio
55 21 41 ordine senta la religione Publio Papinio Stazio
55 21 42 de la montagna, o che sia fuor d'usanza. Publio Papinio Stazio
55 21 43 Libero è qui da ogne alterazione: Publio Papinio Stazio
55 21 44 di quel che 'l ciel da sé in sé riceve Publio Papinio Stazio
55 21 45 esser ci puote, e non d'altro, cagione. Publio Papinio Stazio
55 21 46 Per che non pioggia, non grando, non neve, Publio Papinio Stazio
55 21 47 non rugiada, non brina più sù cade Publio Papinio Stazio
55 21 48 che la scaletta di tre gradi breve; Publio Papinio Stazio
55 21 49 nuvole spesse non paion né rade, Publio Papinio Stazio
55 21 50 né coruscar, né figlia di Taumante, Publio Papinio Stazio
55 21 51 che di là cangia sovente contrade; Publio Papinio Stazio
55 21 52 secco vapor non surge più avante Publio Papinio Stazio
55 21 53 ch'al sommo d'i tre gradi ch'io parlai, Publio Papinio Stazio
55 21 54 dov'ha 'l vicario di Pietro le piante. Publio Papinio Stazio
55 21 55 Trema forse più giù poco o assai; Publio Papinio Stazio
55 21 56 ma per vento che 'n terra si nasconda, Publio Papinio Stazio
55 21 57 non so come, qua sù non tremò mai. Publio Papinio Stazio
55 21 58 Tremaci quando alcuna anima monda Publio Papinio Stazio
55 21 59 sentesi, sì che surga o che si mova Publio Papinio Stazio
55 21 60 per salir sù; e tal grido seconda. Publio Papinio Stazio
55 21 61 De la mondizia sol voler fa prova, Publio Papinio Stazio
55 21 62 che, tutto libero a mutar convento, Publio Papinio Stazio
55 21 63 l'alma sorprende, e di voler le giova. Publio Papinio Stazio
55 21 64 Prima vuol ben, ma non lascia il talento Publio Papinio Stazio
55 21 65 che divina giustizia, contra voglia, Publio Papinio Stazio
55 21 66 come fu al peccar, pone al tormento. Publio Papinio Stazio
55 21 67 E io, che son giaciuto a questa doglia Publio Papinio Stazio
55 21 68 cinquecent'anni e più, pur mo sentii Publio Papinio Stazio
55 21 69 libera volontà di miglior soglia: Publio Papinio Stazio
55 21 70 però sentisti il tremoto e li pii Publio Papinio Stazio
55 21 71 spiriti per lo monte render lode Publio Papinio Stazio
55 21 72 a quel Segnor, che tosto sù li 'nvii». Publio Papinio Stazio
55 21 73 Così ne disse; e però ch'el si gode  
55 21 74 tanto del ber quant'è grande la sete.  
55 21 75 non saprei dir quant'el mi fece prode.  
55 21 76 E 'l savio duca: «Omai veggio la rete Virgilio (maestro)
55 21 77 che qui v'impiglia e come si scalappia, Virgilio (maestro)
55 21 78 perché ci trema e di che congaudete. Virgilio (maestro)
55 21 79 Ora chi fosti, piacciati ch'io sappia, Virgilio (maestro)
55 21 80 e perché tanti secoli giaciuto Virgilio (maestro)
55 21 81 qui se', ne le parole tue mi cappia». Virgilio (maestro)
55 21 82 «Nel tempo che 'l buon Tito, con l'aiuto Publio Papinio Stazio
55 21 83 del sommo rege, vendicò le fóra Publio Papinio Stazio
55 21 84 ond'uscì 'l sangue per Giuda venduto, Publio Papinio Stazio
55 21 85 col nome che più dura e più onora Publio Papinio Stazio
55 21 86 era io di là», rispuose quello spirto, Publio Papinio Stazio
55 21 87 «famoso assai, ma non con fede ancora. Publio Papinio Stazio
55 21 88 Tanto fu dolce mio vocale spirto, Publio Papinio Stazio
55 21 89 che, tolosano, a sé mi trasse Roma, Publio Papinio Stazio
55 21 90 dove mertai le tempie ornar di mirto. Publio Papinio Stazio
55 21 91 Stazio la gente ancor di là mi noma: Publio Papinio Stazio
55 21 92 cantai di Tebe, e poi del grande Achille; Publio Papinio Stazio
55 21 93 ma caddi in via con la seconda soma. Publio Papinio Stazio
55 21 94 Al mio ardor fuor seme le faville, Publio Papinio Stazio
55 21 95 che mi scaldar, de la divina fiamma Publio Papinio Stazio
55 21 96 onde sono allumati più di mille; Publio Papinio Stazio
55 21 97 de l'Eneida dico, la qual mamma Publio Papinio Stazio
55 21 98 fummi e fummi nutrice poetando: Publio Papinio Stazio
55 21 99 sanz'essa non fermai peso di dramma. Publio Papinio Stazio
55 21 100 E per esser vivuto di là quando Publio Papinio Stazio
55 21 101 visse Virgilio, assentirei un sole Publio Papinio Stazio
55 21 102 più che non deggio al mio uscir di bando». Publio Papinio Stazio
55 21 103 Volser Virgilio a me queste parole  
55 21 104 con viso che, tacendo, disse 'Taci';  
55 21 105 ma non può tutto la virtù che vuole;  
55 21 106 ché riso e pianto son tanto seguaci  
55 21 107 a la passion di che ciascun si spicca,  
55 21 108 che men seguon voler ne' più veraci.  
55 21 109 Io pur sorrisi come l'uom ch'ammicca;  
55 21 110 per che l'ombra si tacque, e riguardommi  
55 21 111 ne li occhi ove 'l sembiante più si ficca;  
55 21 112 e «Se tanto labore in bene assommi», Publio Papinio Stazio
55 21 113 disse, «perché la tua faccia testeso Publio Papinio Stazio
55 21 114 un lampeggiar di riso dimostrommi?». Publio Papinio Stazio
55 21 115 Or son io d'una parte e d'altra preso:  
55 21 116 l'una mi fa tacer, l'altra scongiura  
55 21 117 ch'io dica; ond'io sospiro, e sono inteso  
55 21 118 dal mio maestro, e «Non aver paura», Virgilio (maestro)
55 21 119 mi dice, «di parlar; ma parla e digli Virgilio (maestro)
55 21 120 quel ch'e' dimanda con cotanta cura». Virgilio (maestro)
55 21 121 Ond'io: «Forse che tu ti maravigli, Dante Alighieri
55 21 122 antico spirto, del rider ch'io fei; Dante Alighieri
55 21 123 ma più d'ammirazion vo' che ti pigli. Dante Alighieri
55 21 124 Questi che guida in alto li occhi miei, Dante Alighieri
55 21 125 é quel Virgilio dal qual tu togliesti Dante Alighieri
55 21 126 forza a cantar de li uomini e d'i déi. Dante Alighieri
55 21 127 Se cagion altra al mio rider credesti, Dante Alighieri
55 21 128 lasciala per non vera, ed esser credi Dante Alighieri
55 21 129 quelle parole che di lui dicesti». Dante Alighieri
55 21 130 Già s'inchinava ad abbracciar li piedi  
55 21 131 al mio dottor, ma el li disse: «Frate, Virgilio (maestro)
55 21 132 non far, ché tu se' ombra e ombra vedi». Virgilio (maestro)
55 21 133 Ed ei surgendo: «Or puoi la quantitate Virgilio (maestro)
55 21 134 comprender de l'amor ch'a te mi scalda, Virgilio (maestro)
55 21 135 quand'io dismento nostra vanitate, Virgilio (maestro)
55 21 136 trattando l'ombre come cosa salda». Virgilio (maestro)
56 22 1 Già era l'angel dietro a noi rimaso,  
56 22 2 l'angel che n'avea vòlti al sesto giro,  
56 22 3 avendomi dal viso un colpo raso;  
56 22 4 e quei c'hanno a giustizia lor disiro  
56 22 5 detto n'avea beati, e le sue voci  
56 22 6 con 'sitiunt', sanz'altro, ciò forniro.  
56 22 7 E io più lieve che per l'altre foci  
56 22 8 m'andava, sì che sanz'alcun labore  
56 22 9 seguiva in sù li spiriti veloci;  
56 22 10 quando Virgilio incominciò: «Amore, Virgilio (maestro)
56 22 11 acceso di virtù, sempre altro accese, Virgilio (maestro)
56 22 12 pur che la fiamma sua paresse fore; Virgilio (maestro)
56 22 13 onde da l'ora che tra noi discese Virgilio (maestro)
56 22 14 nel limbo de lo 'nferno Giovenale, Virgilio (maestro)
56 22 15 che la tua affezion mi fé palese, Virgilio (maestro)
56 22 16 mia benvoglienza inverso te fu quale Virgilio (maestro)
56 22 17 più strinse mai di non vista persona, Virgilio (maestro)
56 22 18 sì ch'or mi parran corte queste scale. Virgilio (maestro)
56 22 19 Ma dimmi, e come amico mi perdona Virgilio (maestro)
56 22 20 se troppa sicurtà m'allarga il freno, Virgilio (maestro)
56 22 21 e come amico omai meco ragiona: Virgilio (maestro)
56 22 22 come poté trovar dentro al tuo seno Virgilio (maestro)
56 22 23 loco avarizia, tra cotanto senno Virgilio (maestro)
56 22 24 di quanto per tua cura fosti pieno?». Virgilio (maestro)
56 22 25 Queste parole Stazio mover fenno  
56 22 26 un poco a riso pria; poscia rispuose:  
56 22 27 «Ogne tuo dir d'amor m'è caro cenno. Publio Papinio Stazio
56 22 28 Veramente più volte appaion cose Publio Papinio Stazio
56 22 29 che danno a dubitar falsa matera Publio Papinio Stazio
56 22 30 per le vere ragion che son nascose. Publio Papinio Stazio
56 22 31 La tua dimanda tuo creder m'avvera Publio Papinio Stazio
56 22 32 esser ch'i' fossi avaro in l'altra vita, Publio Papinio Stazio
56 22 33 forse per quella cerchia dov'io era. Publio Papinio Stazio
56 22 34 Or sappi ch'avarizia fu partita Publio Papinio Stazio
56 22 35 troppo da me, e questa dismisura Publio Papinio Stazio
56 22 36 migliaia di lunari hanno punita. Publio Papinio Stazio
56 22 37 E se non fosse ch'io drizzai mia cura, Publio Papinio Stazio
56 22 38 quand'io intesi là dove tu chiame, Publio Papinio Stazio
56 22 39 crucciato quasi a l'umana natura: Publio Papinio Stazio
56 22 40 'Per che non reggi tu, o sacra fame Publio Papinio Stazio
56 22 41 de l'oro, l'appetito de' mortali?', Publio Papinio Stazio
56 22 42 voltando sentirei le giostre grame. Publio Papinio Stazio
56 22 43 Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali Publio Papinio Stazio
56 22 44 potean le mani a spendere, e pente'mi Publio Papinio Stazio
56 22 45 così di quel come de li altri mali. Publio Papinio Stazio
56 22 46 Quanti risurgeran coi crini scemi Publio Papinio Stazio
56 22 47 per ignoranza, che di questa pecca Publio Papinio Stazio
56 22 48 toglie 'l penter vivendo e ne li stremi! Publio Papinio Stazio
56 22 49 E sappie che la colpa che rimbecca Publio Papinio Stazio
56 22 50 per dritta opposizione alcun peccato, Publio Papinio Stazio
56 22 51 con esso insieme qui suo verde secca; Publio Papinio Stazio
56 22 52 però, s'io son tra quella gente stato Publio Papinio Stazio
56 22 53 che piange l'avarizia, per purgarmi, Publio Papinio Stazio
56 22 54 per lo contrario suo m'è incontrato». Publio Papinio Stazio
56 22 55 «Or quando tu cantasti le crude armi Virgilio (maestro)
56 22 56 de la doppia trestizia di Giocasta», Virgilio (maestro)
56 22 57 disse 'l cantor de' buccolici carmi, Virgilio (maestro)
56 22 58 «per quello che Cliò teco lì tasta, Virgilio (maestro)
56 22 59 non par che ti facesse ancor fedele Virgilio (maestro)
56 22 60 la fede, sanza qual ben far non basta. Virgilio (maestro)
56 22 61 Se così é, qual sole o quai candele Virgilio (maestro)
56 22 62 ti stenebraron sì, che tu drizzasti Virgilio (maestro)
56 22 63 poscia di retro al pescator le vele?». Virgilio (maestro)
56 22 64 Ed elli a lui: «Tu prima m'inviasti Publio Papinio Stazio
56 22 65 verso Parnaso a ber ne le sue grotte, Publio Papinio Stazio
56 22 66 e prima appresso Dio m'alluminasti. Publio Papinio Stazio
56 22 67 Facesti come quei che va di notte, Publio Papinio Stazio
56 22 68 che porta il lume dietro e sé non giova, Publio Papinio Stazio
56 22 69 ma dopo sé fa le persone dotte, Publio Papinio Stazio
56 22 70 quando dicesti: 'Secol si rinova; Publio Papinio Stazio
56 22 71 torna giustizia e primo tempo umano, Publio Papinio Stazio
56 22 72 e progenie scende da ciel nova'. Publio Papinio Stazio
56 22 73 Per te poeta fui, per te cristiano: Publio Papinio Stazio
56 22 74 ma perché veggi mei ciò ch'io disegno, Publio Papinio Stazio
56 22 75 a colorare stenderò la mano: Publio Papinio Stazio
56 22 76 Già era 'l mondo tutto quanto pregno Publio Papinio Stazio
56 22 77 de la vera credenza, seminata Publio Papinio Stazio
56 22 78 per li messaggi de l'etterno regno; Publio Papinio Stazio
56 22 79 e la parola tua sopra toccata Publio Papinio Stazio
56 22 80 si consonava a' nuovi predicanti; Publio Papinio Stazio
56 22 81 ond'io a visitarli presi usata. Publio Papinio Stazio
56 22 82 Vennermi poi parendo tanto santi, Publio Papinio Stazio
56 22 83 che, quando Domizian li perseguette, Publio Papinio Stazio
56 22 84 sanza mio lagrimar non fur lor pianti; Publio Papinio Stazio
56 22 85 e mentre che di là per me si stette, Publio Papinio Stazio
56 22 86 io li sovvenni, e i lor dritti costumi Publio Papinio Stazio
56 22 87 fer dispregiare a me tutte altre sette. Publio Papinio Stazio
56 22 88 E pria ch'io conducessi i Greci a' fiumi Publio Papinio Stazio
56 22 89 di Tebe poetando, ebb'io battesmo; Publio Papinio Stazio
56 22 90 ma per paura chiuso cristian fu'mi, Publio Papinio Stazio
56 22 91 lungamente mostrando paganesmo; Publio Papinio Stazio
56 22 92 e questa tepidezza il quarto cerchio Publio Papinio Stazio
56 22 93 cerchiar mi fé più che 'l quarto centesmo. Publio Papinio Stazio
56 22 94 Tu dunque, che levato hai il coperchio Publio Papinio Stazio
56 22 95 che m'ascondeva quanto bene io dico, Publio Papinio Stazio
56 22 96 mentre che del salire avem soverchio, Publio Papinio Stazio
56 22 97 dimmi dov'è Terrenzio nostro antico, Publio Papinio Stazio
56 22 98 Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai: Publio Papinio Stazio
56 22 99 dimmi se son dannati, e in qual vico». Publio Papinio Stazio
56 22 100 «Costoro e Persio e io e altri assai», Virgilio (maestro)
56 22 101 rispuose il duca mio, «siam con quel Greco Virgilio (maestro)
56 22 102 che le Muse lattar più ch'altri mai, Virgilio (maestro)
56 22 103 nel primo cinghio del carcere cieco: Virgilio (maestro)
56 22 104 spesse fiate ragioniam del monte Virgilio (maestro)
56 22 105 che sempre ha le nutrice nostre seco. Virgilio (maestro)
56 22 106 Euripide v'è nosco e Antifonte, Virgilio (maestro)
56 22 107 Simonide, Agatone e altri più Virgilio (maestro)
56 22 108 Greci che già di lauro ornar la fronte. Virgilio (maestro)
56 22 109 Quivi si veggion de le genti tue Virgilio (maestro)
56 22 110 Antigone, Deifile e Argia, Virgilio (maestro)
56 22 111 e Ismene sì trista come fue. Virgilio (maestro)
56 22 112 Védeisi quella che mostrò Langia; Virgilio (maestro)
56 22 113 évvi la figlia di Tiresia, e Teti Virgilio (maestro)
56 22 114 e con le suore sue Deidamia». Virgilio (maestro)
56 22 115 Tacevansi ambedue già li poeti,  
56 22 116 di novo attenti a riguardar dintorno,  
56 22 117 liberi da saliri e da pareti;  
56 22 118 e già le quattro ancelle eran del giorno  
56 22 119 rimase a dietro, e la quinta era al temo,  
56 22 120 drizzando pur in sù l'ardente corno,  
56 22 121 quando il mio duca: «Io credo ch'a lo stremo Virgilio (maestro)
56 22 122 le destre spalle volger ne convegna, Virgilio (maestro)
56 22 123 girando il monte come far solemo». Virgilio (maestro)
56 22 124 Così l'usanza fu lì nostra insegna,  
56 22 125 e prendemmo la via con men sospetto  
56 22 126 per l'assentir di quell'anima degna.  
56 22 127 Elli givan dinanzi, e io soletto  
56 22 128 di retro, e ascoltava i lor sermoni,  
56 22 129 ch'a poetar mi davano intelletto.  
56 22 130 Ma tosto ruppe le dolci ragioni  
56 22 131 un alber che trovammo in mezza strada,  
56 22 132 con pomi a odorar soavi e buoni;  
56 22 133 e come abete in alto si digrada  
56 22 134 di ramo in ramo, così quello in giuso,  
56 22 135 cred'io, perché persona sù non vada.  
56 22 136 Dal lato onde 'l cammin nostro era chiuso,  
56 22 137 cadea de l'alta roccia un liquor chiaro  
56 22 138 e si spandeva per le foglie suso.  
56 22 139 Li due poeti a l'alber s'appressaro;  
56 22 140 e una voce per entro le fronde  
56 22 141 gridò: «Di questo cibo avrete caro». Voce
56 22 142 Poi disse: «Più pensava Maria onde Voce
56 22 143 fosser le nozze orrevoli e intere, Voce
56 22 144 ch'a la sua bocca, ch'or per voi risponde. Voce
56 22 145 E le Romane antiche, per lor bere, Voce
56 22 146 contente furon d'acqua; e Daniello Voce
56 22 147 dispregiò cibo e acquistò savere. Voce
56 22 148 Lo secol primo, quant'oro fu bello, Voce
56 22 149 fé savorose con fame le ghiande, Voce
56 22 150 e nettare con sete ogne ruscello. Voce
56 22 151 Mele e locuste furon le vivande Voce
56 22 152 che nodriro il Batista nel diserto; Voce
56 22 153 per ch'elli è glorioso e tanto grande Voce
56 22 154 quanto per lo Vangelio v'è aperto». Voce
57 23 1 Mentre che li occhi per la fronda verde  
57 23 2 ficcava io sì come far suole  
57 23 3 chi dietro a li uccellin sua vita perde,  
57 23 4 lo più che padre mi dicea: «Figliuole, Virgilio (maestro)
57 23 5 vienne oramai, ché 'l tempo che n'è imposto Virgilio (maestro)
57 23 6 più utilmente compartir si vuole». Virgilio (maestro)
57 23 7 Io volsi 'l viso, e 'l passo non men tosto,  
57 23 8 appresso i savi, che parlavan sìe,  
57 23 9 che l'andar mi facean di nullo costo.  
57 23 10 Ed ecco piangere e cantar s'udìe  
57 23 11 'Labia mea, Domine' per modo  
57 23 12 tal, che diletto e doglia parturìe.  
57 23 13 «O dolce padre, che è quel ch'i' odo?», Dante Alighieri
57 23 14 comincia' io; ed elli: «Ombre che vanno Virgilio (maestro)
57 23 15 forse di lor dover solvendo il nodo». Virgilio (maestro)
57 23 16 Sì come i peregrin pensosi fanno,  
57 23 17 giugnendo per cammin gente non nota,  
57 23 18 che si volgono ad essa e non restanno,  
57 23 19 così di retro a noi, più tosto mota,  
57 23 20 venendo e trapassando ci ammirava  
57 23 21 d'anime turba tacita e devota.  
57 23 22 Ne li occhi era ciascuna oscura e cava,  
57 23 23 palida ne la faccia, e tanto scema,  
57 23 24 che da l'ossa la pelle s'informava.  
57 23 25 Non credo che così a buccia strema  
57 23 26 Erisittone fosse fatto secco,  
57 23 27 per digiunar, quando più n'ebbe tema.  
57 23 28 Io dicea fra me stesso pensando: 'Ecco  
57 23 29 la gente che perdé Ierusalemme,  
57 23 30 quando Maria nel figlio dié di becco!'  
57 23 31 Parean l'occhiaie anella sanza gemme:  
57 23 32 chi nel viso de li uomini legge 'omo'  
57 23 33 ben avria quivi conosciuta l'emme.  
57 23 34 Chi crederebbe che l'odor d'un pomo  
57 23 35 sì governasse, generando brama,  
57 23 36 e quel d'un'acqua, non sappiendo como?  
57 23 37 Già era in ammirar che sì li affama,  
57 23 38 per la cagione ancor non manifesta  
57 23 39 di lor magrezza e di lor trista squama,  
57 23 40 ed ecco del profondo de la testa  
57 23 41 volse a me li occhi un'ombra e guardò fiso;  
57 23 42 poi gridò forte: «Qual grazia m'è questa?». Forese Donati
57 23 43 Mai non l'avrei riconosciuto al viso;  
57 23 44 ma ne la voce sua mi fu palese  
57 23 45 ciò che l'aspetto in sé avea conquiso.  
57 23 46 Questa favilla tutta mi raccese  
57 23 47 mia conoscenza a la cangiata labbia,  
57 23 48 e ravvisai la faccia di Forese.  
57 23 49 «Deh, non contendere a l'asciutta scabbia Forese Donati
57 23 50 che mi scolora», pregava, «la pelle, Forese Donati
57 23 51 né a difetto di carne ch'io abbia; Forese Donati
57 23 52 ma dimmi il ver di te, di' chi son quelle Forese Donati
57 23 53 due anime che là ti fanno scorta; Forese Donati
57 23 54 non rimaner che tu non mi favelle!». Forese Donati
57 23 55 «La faccia tua, ch'io lagrimai già morta, Dante Alighieri
57 23 56 mi dà di pianger mo non minor doglia», Dante Alighieri
57 23 57 rispuos'io lui, «veggendola sì torta. Dante Alighieri
57 23 58 Però mi dì, per Dio, che sì vi sfoglia; Dante Alighieri
57 23 59 non mi far dir mentr'io mi maraviglio, Dante Alighieri
57 23 60 ché mal può dir chi è pien d'altra voglia». Dante Alighieri
57 23 61 Ed elli a me: «De l'etterno consiglio Forese Donati
57 23 62 cade vertù ne l'acqua e ne la pianta Forese Donati
57 23 63 rimasa dietro ond'io sì m'assottiglio. Forese Donati
57 23 64 Tutta esta gente che piangendo canta Forese Donati
57 23 65 per seguitar la gola oltra misura, Forese Donati
57 23 66 in fame e 'n sete qui si rifà santa. Forese Donati
57 23 67 Di bere e di mangiar n'accende cura Forese Donati
57 23 68 l'odor ch'esce del pomo e de lo sprazzo Forese Donati
57 23 69 che si distende su per sua verdura. Forese Donati
57 23 70 E non pur una volta, questo spazzo Forese Donati
57 23 71 girando, si rinfresca nostra pena: Forese Donati
57 23 72 io dico pena, e dovrìa dir sollazzo, Forese Donati
57 23 73 ché quella voglia a li alberi ci mena Forese Donati
57 23 74 che menò Cristo lieto a dire 'Elì', Forese Donati
57 23 75 quando ne liberò con la sua vena». Forese Donati
57 23 76 E io a lui: «Forese, da quel dì Dante Alighieri
57 23 77 nel qual mutasti mondo a miglior vita, Dante Alighieri
57 23 78 cinq'anni non son vòlti infino a qui. Dante Alighieri
57 23 79 Se prima fu la possa in te finita Dante Alighieri
57 23 80 di peccar più, che sovvenisse l'ora Dante Alighieri
57 23 81 del buon dolor ch'a Dio ne rimarita, Dante Alighieri
57 23 82 come se' tu qua sù venuto ancora? Dante Alighieri
57 23 83 Io ti credea trovar là giù di sotto Dante Alighieri
57 23 84 dove tempo per tempo si ristora». Dante Alighieri
57 23 85 Ond'elli a me: «Sì tosto m'ha condotto Forese Donati
57 23 86 a ber lo dolce assenzo d'i martìri Forese Donati
57 23 87 la Nella mia con suo pianger dirotto. Forese Donati
57 23 88 Con suoi prieghi devoti e con sospiri Forese Donati
57 23 89 tratto m'ha de la costa ove s'aspetta, Forese Donati
57 23 90 e liberato m'ha de li altri giri. Forese Donati
57 23 91 Tanto è a Dio più cara e più diletta Forese Donati
57 23 92 la vedovella mia, che molto amai, Forese Donati
57 23 93 quanto in bene operare è più soletta; Forese Donati
57 23 94 ché la Barbagia di Sardigna assai Forese Donati
57 23 95 ne le femmine sue più è pudica Forese Donati
57 23 96 che la Barbagia dov'io la lasciai. Forese Donati
57 23 97 O dolce frate, che vuo' tu ch'io dica? Forese Donati
57 23 98 Tempo futuro m'è già nel cospetto, Forese Donati
57 23 99 cui non sarà quest'ora molto antica, Forese Donati
57 23 100 nel qual sarà in pergamo interdetto Forese Donati
57 23 101 a le sfacciate donne fiorentine Forese Donati
57 23 102 l'andar mostrando con le poppe il petto. Forese Donati
57 23 103 Quai barbare fuor mai, quai saracine, Forese Donati
57 23 104 cui bisognasse, per farle ir coperte, Forese Donati
57 23 105 o spiritali o altre discipline? Forese Donati
57 23 106 Ma se le svergognate fosser certe Forese Donati
57 23 107 di quel che 'l ciel veloce loro ammanna, Forese Donati
57 23 108 già per urlare avrian le bocche aperte; Forese Donati
57 23 109 ché se l'antiveder qui non m'inganna, Forese Donati
57 23 110 prima fien triste che le guance impeli Forese Donati
57 23 111 colui che mo si consola con nanna. Forese Donati
57 23 112 Deh, frate, or fa che più non mi ti celi! Forese Donati
57 23 113 vedi che non pur io, ma questa gente Forese Donati
57 23 114 tutta rimira là dove 'l sol veli». Forese Donati
57 23 115 Per ch'io a lui: «Se tu riduci a mente Dante Alighieri
57 23 116 qual fosti meco, e qual io teco fui, Dante Alighieri
57 23 117 ancor fia grave il memorar presente. Dante Alighieri
57 23 118 Di quella vita mi volse costui Dante Alighieri
57 23 119 che mi va innanzi, l'altr'ier, quando tonda Dante Alighieri
57 23 120 vi si mostrò la suora di colui», Dante Alighieri
57 23 121 e 'l sol mostrai; «costui per la profonda Dante Alighieri
57 23 122 notte menato m'ha d'i veri morti Dante Alighieri
57 23 123 con questa vera carne che 'l seconda. Dante Alighieri
57 23 124 Indi m'han tratto sù li suoi conforti, Dante Alighieri
57 23 125 salendo e rigirando la montagna Dante Alighieri
57 23 126 che drizza voi che 'l mondo fece torti. Dante Alighieri
57 23 127 Tanto dice di farmi sua compagna, Dante Alighieri
57 23 128 che io sarò là dove fia Beatrice; Dante Alighieri
57 23 129 quivi convien che sanza lui rimagna. Dante Alighieri
57 23 130 Virgilio è questi che così mi dice», Dante Alighieri
57 23 131 e addita'lo; «e quest'altro è quell'ombra Dante Alighieri
57 23 132 per cui scosse dianzi ogne pendice Dante Alighieri
57 23 133 lo vostro regno, che da sé lo sgombra». Dante Alighieri
58 24 1 Né 'l dir l'andar, né l'andar lui più lento  
58 24 2 facea, ma ragionando andavam forte,  
58 24 3 sì come nave pinta da buon vento;  
58 24 4 e l'ombre, che parean cose rimorte,  
58 24 5 per le fosse de li occhi ammirazione  
58 24 6 traean di me, di mio vivere accorte.  
58 24 7 E io, continuando al mio sermone,  
58 24 8 dissi: «Ella sen va sù forse più tarda Dante Alighieri
58 24 9 che non farebbe, per altrui cagione. Dante Alighieri
58 24 10 Ma dimmi, se tu sai, dov'è Piccarda; Dante Alighieri
58 24 11 dimmi s'io veggio da notar persona Dante Alighieri
58 24 12 tra questa gente che sì mi riguarda». Dante Alighieri
58 24 13 «La mia sorella, che tra bella e buona Forese Donati
58 24 14 non so qual fosse più, triunfa lieta Forese Donati
58 24 15 ne l'alto Olimpo già di sua corona». Forese Donati
58 24 16 Sì disse prima; e poi: «Qui non si vieta Forese Donati
58 24 17 di nominar ciascun, da ch'è sì munta Forese Donati
58 24 18 nostra sembianza via per la dieta. Forese Donati
58 24 19 Questi», e mostrò col dito, «é Bonagiunta, Forese Donati
58 24 20 Bonagiunta da Lucca; e quella faccia Forese Donati
58 24 21 di là da lui più che l'altre trapunta Forese Donati
58 24 22 ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia: Forese Donati
58 24 23 dal Torso fu, e purga per digiuno Forese Donati
58 24 24 l'anguille di Bolsena e la vernaccia». Forese Donati
58 24 25 Molti altri mi nomò ad uno ad uno; Forese Donati
58 24 26 e del nomar parean tutti contenti, Forese Donati
58 24 27 sì ch'io però non vidi un atto bruno. Forese Donati
58 24 28 Vidi per fame a vòto usar li denti Forese Donati
58 24 29 Ubaldin da la Pila e Bonifazio Forese Donati
58 24 30 che pasturò col rocco molte genti. Forese Donati
58 24 31 Vidi messer Marchese, ch'ebbe spazio  
58 24 32 già di bere a Forlì con men secchezza,  
58 24 33 e sì fu tal, che non si sentì sazio.  
58 24 34 Ma come fa chi guarda e poi s'apprezza  
58 24 35 più d'un che d'altro, fei a quel da Lucca,  
58 24 36 che più parea di me aver contezza.  
58 24 37 El mormorava; e non so che «Gentucca» Bonagiunta Orbicciani
58 24 38 sentiv'io là, ov'el sentia la piaga  
58 24 39 de la giustizia che sì li pilucca.  
58 24 40 «O anima», diss'io, «che par sì vaga Dante Alighieri
58 24 41 di parlar meco, fa sì ch'io t'intenda,  
58 24 42 e te e me col tuo parlare appaga».  
58 24 43 «Femmina è nata, e non porta ancor benda», Bonagiunta Orbicciani
58 24 44 cominciò el, «che ti farà piacere Bonagiunta Orbicciani
58 24 45 la mia città, come ch'om la riprenda. Bonagiunta Orbicciani
58 24 46 Tu te n'andrai con questo antivedere: Bonagiunta Orbicciani
58 24 47 se nel mio mormorar prendesti errore, Bonagiunta Orbicciani
58 24 48 dichiareranti ancor le cose vere. Bonagiunta Orbicciani
58 24 49 Ma dì s'i' veggio qui colui che fore Bonagiunta Orbicciani
58 24 50 trasse le nove rime, cominciando Bonagiunta Orbicciani
58 24 51 'Donne ch'avete intelletto d'amore'». Bonagiunta Orbicciani
58 24 52 E io a lui: «I' mi son un che, quando Dante Alighieri
58 24 53 Amor mi spira, noto, e a quel modo  
58 24 54 ch'e' ditta dentro vo significando». Dante Alighieri
58 24 55 «O frate, issa vegg'io», diss'elli, «il nodo Bonagiunta Orbicciani
58 24 56 che 'l Notaro e Guittone e me ritenne Bonagiunta Orbicciani
58 24 57 di qua dal dolce stil novo ch'i' odo! Bonagiunta Orbicciani
58 24 58 Io veggio ben come le vostre penne Bonagiunta Orbicciani
58 24 59 di retro al dittator sen vanno strette, Bonagiunta Orbicciani
58 24 60 che de le nostre certo non avvenne; Bonagiunta Orbicciani
58 24 61 e qual più a gradire oltre si mette, Bonagiunta Orbicciani
58 24 62 non vede più da l'uno a l'altro stilo»; Bonagiunta Orbicciani
58 24 63 e, quasi contentato, si tacette.  
58 24 64 Come li augei che vernan lungo 'l Nilo,  
58 24 65 alcuna volta in aere fanno schiera,  
58 24 66 poi volan più a fretta e vanno in filo,  
58 24 67 così tutta la gente che lì era,  
58 24 68 volgendo 'l viso, raffrettò suo passo,  
58 24 69 e per magrezza e per voler leggera.  
58 24 70 E come l'uom che di trottare è lasso,  
58 24 71 lascia andar li compagni, e sì passeggia  
58 24 72 fin che si sfoghi l'affollar del casso,  
58 24 73 sì lasciò trapassar la santa greggia  
58 24 74 Forese, e dietro meco sen veniva,  
58 24 75 dicendo: «Quando fia ch'io ti riveggia?». Forese Donati
58 24 76 «Non so», rispuos'io lui, «quant'io mi viva; Dante Alighieri
58 24 77 ma già non fia il tornar mio tantosto, Dante Alighieri
58 24 78 ch'io non sia col voler prima a la riva; Dante Alighieri
58 24 79 però che 'l loco u' fui a viver posto, Dante Alighieri
58 24 80 di giorno in giorno più di ben si spolpa, Dante Alighieri
58 24 81 e a trista ruina par disposto». Dante Alighieri
58 24 82 «Or va», diss'el; «che quei che più n'ha colpa, Forese Donati
58 24 83 vegg'io a coda d'una bestia tratto Forese Donati
58 24 84 inver' la valle ove mai non si scolpa. Forese Donati
58 24 85 La bestia ad ogne passo va più ratto, Forese Donati
58 24 86 crescendo sempre, fin ch'ella il percuote, Forese Donati
58 24 87 e lascia il corpo vilmente disfatto. Forese Donati
58 24 88 Non hanno molto a volger quelle ruote», Forese Donati
58 24 89 e drizzò li ochi al ciel, «che ti fia chiaro Forese Donati
58 24 90 ciò che 'l mio dir più dichiarar non puote. Forese Donati
58 24 91 Tu ti rimani omai; ché 'l tempo è caro Forese Donati
58 24 92 in questo regno, sì ch'io perdo troppo Forese Donati
58 24 93 venendo teco sì a paro a paro». Forese Donati
58 24 94 Qual esce alcuna volta di gualoppo  
58 24 95 lo cavalier di schiera che cavalchi,  
58 24 96 e va per farsi onor del primo intoppo,  
58 24 97 tal si partì da noi con maggior valchi;  
58 24 98 e io rimasi in via con esso i due  
58 24 99 che fuor del mondo sì gran marescalchi.  
58 24 100 E quando innanzi a noi intrato fue,  
58 24 101 che li occhi miei si fero a lui seguaci,  
58 24 102 come la mente a le parole sue,  
58 24 103 parvermi i rami gravidi e vivaci  
58 24 104 d'un altro pomo, e non molto lontani  
58 24 105 per esser pur allora vòlto in laci.  
58 24 106 Vidi gente sott'esso alzar le mani  
58 24 107 e gridar non so che verso le fronde,  
58 24 108 quasi bramosi fantolini e vani,  
58 24 109 che pregano, e 'l pregato non risponde,  
58 24 110 ma, per fare esser ben la voglia acuta,  
58 24 111 tien alto lor disio e nol nasconde.  
58 24 112 Poi si partì sì come ricreduta;  
58 24 113 e noi venimmo al grande arbore adesso,  
58 24 114 che tanti prieghi e lagrime rifiuta.  
58 24 115 «Trapassate oltre sanza farvi presso: Voce
58 24 116 legno è più sù che fu morso da Eva, Voce
58 24 117 e questa pianta si levò da esso». Voce
58 24 118 Sì tra le frasche non so chi diceva;  
58 24 119 per che Virgilio e Stazio e io, ristretti,  
58 24 120 oltre andavam dal lato che si leva.  
58 24 121 «Ricordivi», dicea, «d'i maladetti Voce
58 24 122 nei nuvoli formati, che, satolli, Voce
58 24 123 Teseo combatter co' doppi petti; Voce
58 24 124 e de li Ebrei ch'al ber si mostrar molli, Voce
58 24 125 per che no i volle Gedeon compagni, Voce
58 24 126 quando inver' Madian discese i colli». Voce
58 24 127 Sì accostati a l'un d'i due vivagni  
58 24 128 passammo, udendo colpe de la gola  
58 24 129 seguite già da miseri guadagni.  
58 24 130 Poi, rallargati per la strada sola,  
58 24 131 ben mille passi e più ci portar oltre,  
58 24 132 contemplando ciascun sanza parola.  
58 24 133 «Che andate pensando sì voi sol tre?». Angello della temperanza
58 24 134 sùbita voce disse; ond'io mi scossi  
58 24 135 come fan bestie spaventate e poltre.  
58 24 136 Drizzai la testa per veder chi fossi;  
58 24 137 e già mai non si videro in fornace  
58 24 138 vetri o metalli sì lucenti e rossi,  
58 24 139 com'io vidi un che dicea: «S'a voi piace Angello della temperanza
58 24 140 montare in sù, qui si convien dar volta; Angello della temperanza
58 24 141 quinci si va chi vuole andar per pace». Angello della temperanza
58 24 142 L'aspetto suo m'avea la vista tolta;  
58 24 143 per ch'io mi volsi dietro a' miei dottori,  
58 24 144 com'om che va secondo ch'elli ascolta.  
58 24 145 E quale, annunziatrice de li albori,  
58 24 146 l'aura di maggio movesi e olezza,  
58 24 147 tutta impregnata da l'erba e da' fiori;  
58 24 148 tal mi senti' un vento dar per mezza  
58 24 149 la fronte, e ben senti' mover la piuma,  
58 24 150 che fé sentir d'ambrosia l'orezza.  
58 24 151 E senti' dir: «Beati cui alluma Voce
58 24 152 tanto di grazia, che l'amor del gusto Voce
58 24 153 nel petto lor troppo disir non fuma, Voce
58 24 154 esuriendo sempre quanto è giusto!». Voce
59 25 1 Ora era onde 'l salir non volea storpio;  
59 25 2 ché 'l sole avea il cerchio di merigge  
59 25 3 lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio:  
59 25 4 per che, come fa l'uom che non s'affigge  
59 25 5 ma vassi a la via sua, che che li appaia,  
59 25 6 se di bisogno stimolo il trafigge,  
59 25 7 così intrammo noi per la callaia,  
59 25 8 uno innanzi altro prendendo la scala  
59 25 9 che per artezza i salitor dispaia.  
59 25 10 E quale il cicognin che leva l'ala  
59 25 11 per voglia di volare, e non s'attenta  
59 25 12 d'abbandonar lo nido, e giù la cala;  
59 25 13 tal era io con voglia accesa e spenta  
59 25 14 di dimandar, venendo infino a l'atto  
59 25 15 che fa colui ch'a dicer s'argomenta.  
59 25 16 Non lasciò, per l'andar che fosse ratto,  
59 25 17 lo dolce padre mio, ma disse: «Scocca Virgilio (maestro)
59 25 18 l'arco del dir, che 'nfino al ferro hai tratto». Virgilio (maestro)
59 25 19 Allor sicuramente apri' la bocca  
59 25 20 e cominciai: «Come si può far magro Dante Alighieri
59 25 21 là dove l'uopo di nodrir non tocca?». Dante Alighieri
59 25 22 «Se t'ammentassi come Meleagro Virgilio (maestro)
59 25 23 si consumò al consumar d'un stizzo, Virgilio (maestro)
59 25 24 non fora», disse, «a te questo sì agro; Virgilio (maestro)
59 25 25 e se pensassi come, al vostro guizzo, Virgilio (maestro)
59 25 26 guizza dentro a lo specchio vostra image, Virgilio (maestro)
59 25 27 ciò che par duro ti parrebbe vizzo. Virgilio (maestro)
59 25 28 Ma perché dentro a tuo voler t'adage, Virgilio (maestro)
59 25 29 ecco qui Stazio; e io lui chiamo e prego Virgilio (maestro)
59 25 30 che sia or sanator de le tue piage». Virgilio (maestro)
59 25 31 «Se la veduta etterna li dislego», Publio Papinio Stazio
59 25 32 rispuose Stazio, «là dove tu sie, Publio Papinio Stazio
59 25 33 discolpi me non potert'io far nego». Publio Papinio Stazio
59 25 34 Poi cominciò: «Se le parole mie, Publio Papinio Stazio
59 25 35 figlio, la mente tua guarda e riceve, Publio Papinio Stazio
59 25 36 lume ti fiero al come che tu die. Publio Papinio Stazio
59 25 37 Sangue perfetto, che poi non si beve Publio Papinio Stazio
59 25 38 da l'assetate vene, e si rimane Publio Papinio Stazio
59 25 39 quasi alimento che di mensa leve, Publio Papinio Stazio
59 25 40 prende nel core a tutte membra umane Publio Papinio Stazio
59 25 41 virtute informativa, come quello Publio Papinio Stazio
59 25 42 ch'a farsi quelle per le vene vane. Publio Papinio Stazio
59 25 43 Ancor digesto, scende ov'è più bello Publio Papinio Stazio
59 25 44 tacer che dire; e quindi poscia geme Publio Papinio Stazio
59 25 45 sovr'altrui sangue in natural vasello. Publio Papinio Stazio
59 25 46 Ivi s'accoglie l'uno e l'altro insieme, Publio Papinio Stazio
59 25 47 l'un disposto a patire, e l'altro a fare Publio Papinio Stazio
59 25 48 per lo perfetto loco onde si preme; Publio Papinio Stazio
59 25 49 e, giunto lui, comincia ad operare Publio Papinio Stazio
59 25 50 coagulando prima, e poi avviva Publio Papinio Stazio
59 25 51 ciò che per sua matera fé constare. Publio Papinio Stazio
59 25 52 Anima fatta la virtute attiva Publio Papinio Stazio
59 25 53 qual d'una pianta, in tanto differente, Publio Papinio Stazio
59 25 54 che questa è in via e quella è già a riva, Publio Papinio Stazio
59 25 55 tanto ovra poi, che già si move e sente, Publio Papinio Stazio
59 25 56 come spungo marino; e indi imprende Publio Papinio Stazio
59 25 57 ad organar le posse ond'è semente. Publio Papinio Stazio
59 25 58 Or si spiega, figliuolo, or si distende Publio Papinio Stazio
59 25 59 la virtù ch'è dal cor del generante, Publio Papinio Stazio
59 25 60 dove natura a tutte membra intende. Publio Papinio Stazio
59 25 61 Ma come d'animal divegna fante, Publio Papinio Stazio
59 25 62 non vedi tu ancor: quest'è tal punto, Publio Papinio Stazio
59 25 63 che più savio di te fé già errante, Publio Papinio Stazio
59 25 64 sì che per sua dottrina fé disgiunto Publio Papinio Stazio
59 25 65 da l'anima il possibile intelletto, Publio Papinio Stazio
59 25 66 perché da lui non vide organo assunto. Publio Papinio Stazio
59 25 67 Apri a la verità che viene il petto; Publio Papinio Stazio
59 25 68 e sappi che, sì tosto come al feto Publio Papinio Stazio
59 25 69 l'articular del cerebro è perfetto, Publio Papinio Stazio
59 25 70 lo motor primo a lui si volge lieto Publio Papinio Stazio
59 25 71 sovra tant'arte di natura, e spira Publio Papinio Stazio
59 25 72 spirito novo, di vertù repleto, Publio Papinio Stazio
59 25 73 che ciò che trova attivo quivi, tira Publio Papinio Stazio
59 25 74 in sua sustanzia, e fassi un'alma sola, Publio Papinio Stazio
59 25 75 che vive e sente e sé in sé rigira. Publio Papinio Stazio
59 25 76 E perché meno ammiri la parola, Publio Papinio Stazio
59 25 77 guarda il calor del sole che si fa vino, Publio Papinio Stazio
59 25 78 giunto a l'omor che de la vite cola. Publio Papinio Stazio
59 25 79 Quando Lachesìs non ha più del lino, Publio Papinio Stazio
59 25 80 solvesi da la carne, e in virtute Publio Papinio Stazio
59 25 81 ne porta seco e l'umano e 'l divino: Publio Papinio Stazio
59 25 82 l'altre potenze tutte quante mute; Publio Papinio Stazio
59 25 83 memoria, intelligenza e volontade Publio Papinio Stazio
59 25 84 in atto molto più che prima agute. Publio Papinio Stazio
59 25 85 Sanza restarsi per sé stessa cade Publio Papinio Stazio
59 25 86 mirabilmente a l'una de le rive; Publio Papinio Stazio
59 25 87 quivi conosce prima le sue strade. Publio Papinio Stazio
59 25 88 Tosto che loco lì la circunscrive, Publio Papinio Stazio
59 25 89 la virtù formativa raggia intorno Publio Papinio Stazio
59 25 90 così e quanto ne le membra vive. Publio Papinio Stazio
59 25 91 E come l'aere, quand'è ben piorno, Publio Papinio Stazio
59 25 92 per l'altrui raggio che 'n sé si reflette, Publio Papinio Stazio
59 25 93 di diversi color diventa addorno; Publio Papinio Stazio
59 25 94 così l'aere vicin quivi si mette Publio Papinio Stazio
59 25 95 in quella forma ch'è in lui suggella Publio Papinio Stazio
59 25 96 virtualmente l'alma che ristette; Publio Papinio Stazio
59 25 97 e simigliante poi a la fiammella Publio Papinio Stazio
59 25 98 che segue il foco là 'vunque si muta, Publio Papinio Stazio
59 25 99 segue lo spirto sua forma novella. Publio Papinio Stazio
59 25 100 Però che quindi ha poscia sua paruta, Publio Papinio Stazio
59 25 101 è chiamata ombra; e quindi organa poi Publio Papinio Stazio
59 25 102 ciascun sentire infino a la veduta. Publio Papinio Stazio
59 25 103 Quindi parliamo e quindi ridiam noi; Publio Papinio Stazio
59 25 104 quindi facciam le lagrime e ' sospiri Publio Papinio Stazio
59 25 105 che per lo monte aver sentiti puoi. Publio Papinio Stazio
59 25 106 Secondo che ci affiggono i disiri Publio Papinio Stazio
59 25 107 e li altri affetti, l'ombra si figura; Publio Papinio Stazio
59 25 108 e quest'è la cagion di che tu miri». Publio Papinio Stazio
59 25 109 E già venuto a l'ultima tortura  
59 25 110 s'era per noi, e vòlto a la man destra,  
59 25 111 ed eravamo attenti ad altra cura.  
59 25 112 Quivi la ripa fiamma in fuor balestra,  
59 25 113 e la cornice spira fiato in suso  
59 25 114 che la reflette e via da lei sequestra;  
59 25 115 ond'ir ne convenia dal lato schiuso  
59 25 116 ad uno ad uno; e io temea 'l foco  
59 25 117 quinci, e quindi temeva cader giuso.  
59 25 118 Lo duca mio dicea: «Per questo loco Virgilio (maestro)
59 25 119 si vuol tenere a li occhi stretto il freno, Virgilio (maestro)
59 25 120 però ch'errar potrebbesi per poco». Virgilio (maestro)
59 25 121 'Summae Deus clementiae' nel seno  
59 25 122 al grande ardore allora udi' cantando,  
59 25 123 che di volger mi fé caler non meno;  
59 25 124 e vidi spirti per la fiamma andando;  
59 25 125 per ch'io guardava a loro e a' miei passi  
59 25 126 compartendo la vista a quando a quando.  
59 25 127 Appresso il fine ch'a quell'inno fassi,  
59 25 128 gridavano alto: 'Virum non cognosco';  
59 25 129 indi ricominciavan l'inno bassi.  
59 25 130 Finitolo, anco gridavano: «Al bosco Anime Purganti
59 25 131 si tenne Diana, ed Elice caccionne Anime Purganti
59 25 132 che di Venere avea sentito il tòsco». Anime Purganti
59 25 133 Indi al cantar tornavano; indi donne  
59 25 134 gridavano e mariti che fuor casti  
59 25 135 come virtute e matrimonio imponne.  
59 25 136 E questo modo credo che lor basti  
59 25 137 per tutto il tempo che 'l foco li abbruscia:  
59 25 138 con tal cura conviene e con tai pasti  
59 25 139 che la piaga da sezzo si ricuscia.  
60 26 1 Mentre che sì per l'orlo, uno innanzi altro,  
60 26 2 ce n'andavamo, e spesso il buon maestro  
60 26 3 diceami: «Guarda: giovi ch'io ti scaltro»; +++
60 26 4 feriami il sole in su l'omero destro,  
60 26 5 che già, raggiando, tutto l'occidente  
60 26 6 mutava in bianco aspetto di cilestro;  
60 26 7 e io facea con l'ombra più rovente  
60 26 8 parer la fiamma; e pur a tanto indizio  
60 26 9 vidi molt'ombre, andando, poner mente.  
60 26 10 Questa fu la cagion che diede inizio  
60 26 11 loro a parlar di me; e cominciarsi  
60 26 12 a dir: «Colui non par corpo fittizio»; Anime Purganti
60 26 13 poi verso me, quanto potean farsi,  
60 26 14 certi si fero, sempre con riguardo  
60 26 15 di non uscir dove non fosser arsi.  
60 26 16 «O tu che vai, non per esser più tardo, +++
60 26 17 ma forse reverente, a li altri dopo, +++
60 26 18 rispondi a me che 'n sete e 'n foco ardo. +++
60 26 19 Né solo a me la tua risposta è uopo; +++
60 26 20 ché tutti questi n'hanno maggior sete +++
60 26 21 che d'acqua fredda Indo o Etiopo. +++
60 26 22 Dinne com'è che fai di te parete +++
60 26 23 al sol, pur come tu non fossi ancora +++
60 26 24 di morte intrato dentro da la rete». +++
60 26 25 Sì mi parlava un d'essi; e io mi fora  
60 26 26 già manifesto, s'io non fossi atteso  
60 26 27 ad altra novità ch'apparve allora;  
60 26 28 ché per lo mezzo del cammino acceso  
60 26 29 venne gente col viso incontro a questa,  
60 26 30 la qual mi fece a rimirar sospeso.  
60 26 31 Lì veggio d'ogne parte farsi presta  
60 26 32 ciascun'ombra e basciarsi una con una  
60 26 33 sanza restar, contente a brieve festa;  
60 26 34 così per entro loro schiera bruna  
60 26 35 s'ammusa l'una con l'altra formica,  
60 26 36 forse a spiar lor via e lor fortuna.  
60 26 37 Tosto che parton l'accoglienza amica,  
60 26 38 prima che 'l primo passo lì trascorra,  
60 26 39 sopragridar ciascuna s'affatica:  
60 26 40 la nova gente: «Soddoma e Gomorra»; Sodomiti
60 26 41 e l'altra: «Ne la vacca entra Pasife, Lussuriosi
60 26 42 perché 'l torello a sua lussuria corra». Lussuriosi
60 26 43 Poi, come grue ch'a le montagne Rife  
60 26 44 volasser parte, e parte inver' l'arene,  
60 26 45 queste del gel, quelle del sole schife,  
60 26 46 l'una gente sen va, l'altra sen vene;  
60 26 47 e tornan, lagrimando, a' primi canti  
60 26 48 e al gridar che più lor si convene;  
60 26 49 e raccostansi a me, come davanti,  
60 26 50 essi medesmi che m'avean pregato,  
60 26 51 attenti ad ascoltar ne' lor sembianti.  
60 26 52 Io, che due volte avea visto lor grato,  
60 26 53 incominciai: «O anime sicure Dante Alighieri
60 26 54 d'aver, quando che sia, di pace stato, Dante Alighieri
60 26 55 non son rimase acerbe né mature Dante Alighieri
60 26 56 le membra mie di là, ma son qui meco Dante Alighieri
60 26 57 col sangue suo e con le sue giunture. Dante Alighieri
60 26 58 Quinci sù vo per non esser più cieco; Dante Alighieri
60 26 59 donna è di sopra che m'acquista grazia, Dante Alighieri
60 26 60 per che 'l mortal per vostro mondo reco. Dante Alighieri
60 26 61 Ma se la vostra maggior voglia sazia Dante Alighieri
60 26 62 tosto divegna, sì che 'l ciel v'alberghi Dante Alighieri
60 26 63 ch'è pien d'amore e più ampio si spazia, Dante Alighieri
60 26 64 ditemi, acciò ch'ancor carte ne verghi, Dante Alighieri
60 26 65 chi siete voi, e chi è quella turba Dante Alighieri
60 26 66 che se ne va di retro a' vostri terghi». Dante Alighieri
60 26 67 Non altrimenti stupido si turba  
60 26 68 lo montanaro, e rimirando ammuta,  
60 26 69 quando rozzo e salvatico s'inurba,  
60 26 70 che ciascun'ombra fece in sua paruta;  
60 26 71 ma poi che furon di stupore scarche,  
60 26 72 lo qual ne li alti cuor tosto s'attuta,  
60 26 73 «Beato te, che de le nostre marche», Guido Guinizelli
60 26 74 ricominciò colei che pria m'inchiese, Guido Guinizelli
60 26 75 «per morir meglio, esperienza imbarche! Guido Guinizelli
60 26 76 La gente che non vien con noi, offese Guido Guinizelli
60 26 77 di ciò per che già Cesar, triunfando, Guido Guinizelli
60 26 78 Regina contra sé chiamar s'intese: Guido Guinizelli
60 26 79 però si parton 'Soddoma' gridando, Guido Guinizelli
60 26 80 rimproverando a sé, com'hai udito, Guido Guinizelli
60 26 81 e aiutan l'arsura vergognando. Guido Guinizelli
60 26 82 Nostro peccato fu ermafrodito; Guido Guinizelli
60 26 83 ma perché non servammo umana legge, Guido Guinizelli
60 26 84 seguendo come bestie l'appetito, Guido Guinizelli
60 26 85 in obbrobrio di noi, per noi si legge, Guido Guinizelli
60 26 86 quando partinci, il nome di colei Guido Guinizelli
60 26 87 che s'imbestiò ne le 'mbestiate schegge. Guido Guinizelli
60 26 88 Or sai nostri atti e di che fummo rei: Guido Guinizelli
60 26 89 se forse a nome vuo' saper chi semo, Guido Guinizelli
60 26 90 tempo non è di dire, e non saprei. Guido Guinizelli
60 26 91 Farotti ben di me volere scemo: Guido Guinizelli
60 26 92 son Guido Guinizzelli; e già mi purgo Guido Guinizelli
60 26 93 per ben dolermi prima ch'a lo stremo». Guido Guinizelli
60 26 94 Quali ne la tristizia di Ligurgo  
60 26 95 si fer due figli a riveder la madre,  
60 26 96 tal mi fec'io, ma non a tanto insurgo,  
60 26 97 quand'io odo nomar sé stesso il padre  
60 26 98 mio e de li altri miei miglior che mai  
60 26 99 rime d'amore usar dolci e leggiadre;  
60 26 100 e sanza udire e dir pensoso andai  
60 26 101 lunga fiata rimirando lui,  
60 26 102 né, per lo foco, in là più m'appressai.  
60 26 103 Poi che di riguardar pasciuto fui,  
60 26 104 tutto m'offersi pronto al suo servigio  
60 26 105 con l'affermar che fa credere altrui.  
60 26 106 Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio, Guido Guinizelli
60 26 107 per quel ch'i' odo, in me, e tanto chiaro, Guido Guinizelli
60 26 108 che Leté nol può tòrre né far bigio. Guido Guinizelli
60 26 109 Ma se le tue parole or ver giuraro, Guido Guinizelli
60 26 110 dimmi che è cagion per che dimostri Guido Guinizelli
60 26 111 nel dire e nel guardar d'avermi caro». Guido Guinizelli
60 26 112 E io a lui: «Li dolci detti vostri, Dante Alighieri
60 26 113 che, quanto durerà l'uso moderno, Dante Alighieri
60 26 114 faranno cari ancora i loro incostri». Dante Alighieri
60 26 115 «O frate», disse, «questi ch'io ti cerno Guido Guinizelli
60 26 116 col dito», e additò un spirto innanzi, Guido Guinizelli
60 26 117 «fu miglior fabbro del parlar materno. Guido Guinizelli
60 26 118 Versi d'amore e prose di romanzi Guido Guinizelli
60 26 119 soverchiò tutti; e lascia dir li stolti Guido Guinizelli
60 26 120 che quel di Lemosì credon ch'avanzi. Guido Guinizelli
60 26 121 A voce più ch'al ver drizzan li volti, Guido Guinizelli
60 26 122 e così ferman sua oppinione Guido Guinizelli
60 26 123 prima ch'arte o ragion per lor s'ascolti. Guido Guinizelli
60 26 124 Così fer molti antichi di Guittone, Guido Guinizelli
60 26 125 di grido in grido pur lui dando pregio, Guido Guinizelli
60 26 126 fin che l'ha vinto il ver con più persone. Guido Guinizelli
60 26 127 Or se tu hai sì ampio privilegio, Guido Guinizelli
60 26 128 che licito ti sia l'andare al chiostro Guido Guinizelli
60 26 129 nel quale è Cristo abate del collegio, Guido Guinizelli
60 26 130 falli per me un dir d'un paternostro, Guido Guinizelli
60 26 131 quanto bisogna a noi di questo mondo, Guido Guinizelli
60 26 132 dove poter peccar non è più nostro». Guido Guinizelli
60 26 133 Poi, forse per dar luogo altrui secondo  
60 26 134 che presso avea, disparve per lo foco,  
60 26 135 come per l'acqua il pesce andando al fondo.  
60 26 136 Io mi fei al mostrato innanzi un poco,  
60 26 137 e dissi ch'al suo nome il mio disire  
60 26 138 apparecchiava grazioso loco.  
60 26 139 El cominciò liberamente a dire:  
60 26 140 «Tan m'abellis vostre cortes deman, Arnaut Daniel
60 26 141 qu'ieu no me puesc ni voill a vos cobrire. Arnaut Daniel
60 26 142 Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan; Arnaut Daniel
60 26 143 consiros vei la passada folor, Arnaut Daniel
60 26 144 e vei jausen lo joi qu'esper, denan. Arnaut Daniel
60 26 145 Ara vos prec, per aquella valor Arnaut Daniel
60 26 146 que vos guida al som de l'escalina, Arnaut Daniel
60 26 147 sovenha vos a temps de ma dolor!». Arnaut Daniel
60 26 148 Poi s'ascose nel foco che li affina.  
61 27 1 Sì come quando i primi raggi vibra  
61 27 2 là dove il suo fattor lo sangue sparse,  
61 27 3 cadendo Ibero sotto l'alta Libra,  
61 27 4 e l'onde in Gange da nona riarse,  
61 27 5 sì stava il sole; onde 'l giorno sen giva,  
61 27 6 come l'angel di Dio lieto ci apparse.  
61 27 7 Fuor de la fiamma stava in su la riva,  
61 27 8 e cantava 'Beati mundo corde!'.  
61 27 9 in voce assai più che la nostra viva.  
61 27 10 Poscia «Più non si va, se pria non morde, Angelo della castità
61 27 11 anime sante, il foco: intrate in esso, Angelo della castità
61 27 12 e al cantar di là non siate sorde», Angelo della castità
61 27 13 ci disse come noi li fummo presso;  
61 27 14 per ch'io divenni tal, quando lo 'ntesi,  
61 27 15 qual è colui che ne la fossa è messo.  
61 27 16 In su le man commesse mi protesi,  
61 27 17 guardando il foco e imaginando forte  
61 27 18 umani corpi già veduti accesi.  
61 27 19 Volsersi verso me le buone scorte;  
61 27 20 e Virgilio mi disse: «Figliuol mio, Virgilio (maestro)
61 27 21 qui può esser tormento, ma non morte. Virgilio (maestro)
61 27 22 Ricorditi, ricorditi! E se io Virgilio (maestro)
61 27 23 sovresso Gerion ti guidai salvo, Virgilio (maestro)
61 27 24 che farò ora presso più a Dio? Virgilio (maestro)
61 27 25 Credi per certo che se dentro a l'alvo Virgilio (maestro)
61 27 26 di questa fiamma stessi ben mille anni, Virgilio (maestro)
61 27 27 non ti potrebbe far d'un capel calvo. Virgilio (maestro)
61 27 28 E se tu forse credi ch'io t'inganni, Virgilio (maestro)
61 27 29 fatti ver lei, e fatti far credenza Virgilio (maestro)
61 27 30 con le tue mani al lembo d'i tuoi panni. Virgilio (maestro)
61 27 31 Pon giù omai, pon giù ogni temenza; Virgilio (maestro)
61 27 32 volgiti in qua e vieni: entra sicuro!». Virgilio (maestro)
61 27 33 E io pur fermo e contra coscienza.  
61 27 34 Quando mi vide star pur fermo e duro,  
61 27 35 turbato un poco disse: «Or vedi, figlio: Virgilio (maestro)
61 27 36 tra Beatrice e te è questo muro». Virgilio (maestro)
61 27 37 Come al nome di Tisbe aperse il ciglio  
61 27 38 Piramo in su la morte, e riguardolla,  
61 27 39 allor che 'l gelso diventò vermiglio;  
61 27 40 così, la mia durezza fatta solla,  
61 27 41 mi volsi al savio duca, udendo il nome  
61 27 42 che ne la mente sempre mi rampolla.  
61 27 43 Ond'ei crollò la fronte e disse: «Come! Virgilio (maestro)
61 27 44 volenci star di qua?»; indi sorrise Virgilio (maestro)
61 27 45 come al fanciul si fa ch'è vinto al pome.  
61 27 46 Poi dentro al foco innanzi mi si mise,  
61 27 47 pregando Stazio che venisse retro,  
61 27 48 che pria per lunga strada ci divise.  
61 27 49 Sì com'fui dentro, in un bogliente vetro  
61 27 50 gittato mi sarei per rinfrescarmi,  
61 27 51 tant'era ivi lo 'ncendio sanza metro.  
61 27 52 Lo dolce padre mio, per confortarmi,  
61 27 53 pur di Beatrice ragionando andava,  
61 27 54 dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi». Virgilio (maestro)
61 27 55 Guidavaci una voce che cantava  
61 27 56 di là; e noi, attenti pur a lei,  
61 27 57 venimmo fuor là ove si montava.  
61 27 58 'Venite, benedicti Patris mei',  
61 27 59 sonò dentro a un lume che lì era,  
61 27 60 tal che mi vinse e guardar nol potei.  
61 27 61 «Lo sol sen va», soggiunse, «e vien la sera; Virgilio (maestro)
61 27 62 non v'arrestate, ma studiate il passo, Virgilio (maestro)
61 27 63 mentre che l'occidente non si annera». Virgilio (maestro)
61 27 64 Dritta salia la via per entro 'l sasso  
61 27 65 verso tal parte ch'io toglieva i raggi  
61 27 66 dinanzi a me del sol ch'era già basso.  
61 27 67 E di pochi scaglion levammo i saggi,  
61 27 68 che 'l sol corcar, per l'ombra che si spense,  
61 27 69 sentimmo dietro e io e li miei saggi.  
61 27 70 E pria che 'n tutte le sue parti immense  
61 27 71 fosse orizzonte fatto d'uno aspetto,  
61 27 72 e notte avesse tutte sue dispense,  
61 27 73 ciascun di noi d'un grado fece letto;  
61 27 74 ché la natura del monte ci affranse  
61 27 75 la possa del salir più e 'l diletto.  
61 27 76 Quali si stanno ruminando manse  
61 27 77 le capre, state rapide e proterve  
61 27 78 sovra le cime avante che sien pranse,  
61 27 79 tacite a l'ombra, mentre che 'l sol ferve,  
61 27 80 guardate dal pastor, che 'n su la verga  
61 27 81 poggiato s'è e lor di posa serve;  
61 27 82 e quale il mandrian che fori alberga,  
61 27 83 lungo il pecuglio suo queto pernotta,  
61 27 84 guardando perché fiera non lo sperga;  
61 27 85 tali eravamo tutti e tre allotta,  
61 27 86 io come capra, ed ei come pastori,  
61 27 87 fasciati quinci e quindi d'alta grotta.  
61 27 88 Poco parer potea lì del di fori;  
61 27 89 ma, per quel poco, vedea io le stelle  
61 27 90 di lor solere e più chiare e maggiori.  
61 27 91 Sì ruminando e sì mirando in quelle,  
61 27 92 mi prese il sonno; il sonno che sovente,  
61 27 93 anzi che 'l fatto sia, sa le novelle.  
61 27 94 Ne l'ora, credo, che de l'oriente,  
61 27 95 prima raggiò nel monte Citerea,  
61 27 96 che di foco d'amor par sempre ardente,  
61 27 97 giovane e bella in sogno mi parea  
61 27 98 donna vedere andar per una landa  
61 27 99 cogliendo fiori; e cantando dicea:  
61 27 100 «Sappia qualunque il mio nome dimanda Lia
61 27 101 ch'i' mi son Lia, e vo movendo intorno Lia
61 27 102 le belle mani a farmi una ghirlanda. Lia
61 27 103 Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno; Lia
61 27 104 ma mia suora Rachel mai non si smaga Lia
61 27 105 dal suo miraglio, e siede tutto giorno. Lia
61 27 106 Ell'è d'i suoi belli occhi veder vaga Lia
61 27 107 com'io de l'addornarmi con le mani; Lia
61 27 108 lei lo vedere, e me l'ovrare appaga». Lia
61 27 109 E già per li splendori antelucani,  
61 27 110 che tanto a' pellegrin surgon più grati,  
61 27 111 quanto, tornando, albergan men lontani,  
61 27 112 le tenebre fuggian da tutti lati,  
61 27 113 e 'l sonno mio con esse; ond'io leva'mi,  
61 27 114 veggendo i gran maestri già levati.  
61 27 115 «Quel dolce pome che per tanti rami Virgilio (maestro)
61 27 116 cercando va la cura de' mortali, Virgilio (maestro)
61 27 117 oggi porrà in pace le tue fami». Virgilio (maestro)
61 27 118 Virgilio inverso me queste cotali  
61 27 119 parole usò; e mai non furo strenne  
61 27 120 che fosser di piacere a queste iguali.  
61 27 121 Tanto voler sopra voler mi venne  
61 27 122 de l'esser sù, ch'ad ogne passo poi  
61 27 123 al volo mi sentia crescer le penne.  
61 27 124 Come la scala tutta sotto noi  
61 27 125 fu corsa e fummo in su 'l grado superno,  
61 27 126 in me ficcò Virgilio li occhi suoi,  
61 27 127 e disse: «Il temporal foco e l'etterno Virgilio (maestro)
61 27 128 veduto hai, figlio; e se' venuto in parte Virgilio (maestro)
61 27 129 dov'io per me più oltre non discerno. Virgilio (maestro)
61 27 130 Tratto t'ho qui con ingegno e con arte; Virgilio (maestro)
61 27 131 lo tuo piacere omai prendi per duce; Virgilio (maestro)
61 27 132 fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte. Virgilio (maestro)
61 27 133 Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce; Virgilio (maestro)
61 27 134 vedi l'erbette, i fiori e li arbuscelli Virgilio (maestro)
61 27 135 che qui la terra sol da sé produce. Virgilio (maestro)
61 27 136 Mentre che vegnan lieti li occhi belli Virgilio (maestro)
61 27 137 che, lagrimando, a te venir mi fenno, Virgilio (maestro)
61 27 138 seder ti puoi e puoi andar tra elli. Virgilio (maestro)
61 27 139 Non aspettar mio dir più né mio cenno; Virgilio (maestro)
61 27 140 libero, dritto e sano è tuo arbitrio, Virgilio (maestro)
61 27 141 e fallo fora non fare a suo senno: Virgilio (maestro)
61 27 142 per ch'io te sovra te corono e mitrio». Virgilio (maestro)
62 28 1 Vago già di cercar dentro e dintorno  
62 28 2 la divina foresta spessa e viva,  
62 28 3 ch'a li occhi temperava il novo giorno,  
62 28 4 sanza più aspettar, lasciai la riva,  
62 28 5 prendendo la campagna lento lento  
62 28 6 su per lo suol che d'ogne parte auliva.  
62 28 7 Un'aura dolce, sanza mutamento  
62 28 8 avere in sé, mi feria per la fronte  
62 28 9 non di più colpo che soave vento;  
62 28 10 per cui le fronde, tremolando, pronte  
62 28 11 tutte quante piegavano a la parte  
62 28 12 u' la prim'ombra gitta il santo monte;  
62 28 13 non però dal loro esser dritto sparte  
62 28 14 tanto, che li augelletti per le cime  
62 28 15 lasciasser d'operare ogne lor arte;  
62 28 16 ma con piena letizia l'ore prime,  
62 28 17 cantando, ricevieno intra le foglie,  
62 28 18 che tenevan bordone a le sue rime,  
62 28 19 tal qual di ramo in ramo si raccoglie  
62 28 20 per la pineta in su 'l lito di Chiassi,  
62 28 21 quand'Eolo scilocco fuor discioglie.  
62 28 22 Già m'avean trasportato i lenti passi  
62 28 23 dentro a la selva antica tanto, ch'io  
62 28 24 non potea rivedere ond'io mi 'ntrassi;  
62 28 25 ed ecco più andar mi tolse un rio,  
62 28 26 che 'nver' sinistra con sue picciole onde  
62 28 27 piegava l'erba che 'n sua ripa uscìo.  
62 28 28 Tutte l'acque che son di qua più monde,  
62 28 29 parrieno avere in sé mistura alcuna,  
62 28 30 verso di quella, che nulla nasconde,  
62 28 31 avvegna che si mova bruna bruna  
62 28 32 sotto l'ombra perpetua, che mai  
62 28 33 raggiar non lascia sole ivi né luna.  
62 28 34 Coi pié ristretti e con li occhi passai  
62 28 35 di là dal fiumicello, per mirare  
62 28 36 la gran variazion d'i freschi mai;  
62 28 37 e là m'apparve, sì com'elli appare  
62 28 38 subitamente cosa che disvia  
62 28 39 per maraviglia tutto altro pensare,  
62 28 40 una donna soletta che si gia  
62 28 41 e cantando e scegliendo fior da fiore  
62 28 42 ond'era pinta tutta la sua via.  
62 28 43 «Deh, bella donna, che a' raggi d'amore Dante Alighieri
62 28 44 ti scaldi, s'i' vo' credere a' sembianti Dante Alighieri
62 28 45 che soglion esser testimon del core, Dante Alighieri
62 28 46 vegnati in voglia di trarreti avanti», Dante Alighieri
62 28 47 diss'io a lei, «verso questa rivera, Dante Alighieri
62 28 48 tanto ch'io possa intender che tu canti. Dante Alighieri
62 28 49 Tu mi fai rimembrar dove e qual era Dante Alighieri
62 28 50 Proserpina nel tempo che perdette Dante Alighieri
62 28 51 la madre lei, ed ella primavera». Dante Alighieri
62 28 52 Come si volge, con le piante strette  
62 28 53 a terra e intra sé, donna che balli,  
62 28 54 e piede innanzi piede a pena mette,  
62 28 55 volsesi in su i vermigli e in su i gialli  
62 28 56 fioretti verso me, non altrimenti  
62 28 57 che vergine che li occhi onesti avvalli;  
62 28 58 e fece i prieghi miei esser contenti,  
62 28 59 sì appressando sé, che 'l dolce suono  
62 28 60 veniva a me co' suoi intendimenti.  
62 28 61 Tosto che fu là dove l'erbe sono  
62 28 62 bagnate già da l'onde del bel fiume,  
62 28 63 di levar li occhi suoi mi fece dono.  
62 28 64 Non credo che splendesse tanto lume  
62 28 65 sotto le ciglia a Venere, trafitta  
62 28 66 dal figlio fuor di tutto suo costume.  
62 28 67 Ella ridea da l'altra riva dritta,  
62 28 68 trattando più color con le sue mani,  
62 28 69 che l'alta terra sanza seme gitta.  
62 28 70 Tre passi ci facea il fiume lontani;  
62 28 71 ma Elesponto, là 've passò Serse,  
62 28 72 ancora freno a tutti orgogli umani,  
62 28 73 più odio da Leandro non sofferse  
62 28 74 per mareggiare intra Sesto e Abido,  
62 28 75 che quel da me perch'allor non s'aperse.  
62 28 76 «Voi siete nuovi, e forse perch'io rido», Matelda
62 28 77 cominciò ella, «in questo luogo eletto Matelda
62 28 78 a l'umana natura per suo nido, Matelda
62 28 79 maravigliando tienvi alcun sospetto; Matelda
62 28 80 ma luce rende il salmo Delectasti, Matelda
62 28 81 che puote disnebbiar vostro intelletto. Matelda
62 28 82 E tu che se' dinanzi e mi pregasti, Matelda
62 28 83 dì s'altro vuoli udir; ch'i' venni presta Matelda
62 28 84 ad ogne tua question tanto che basti». Matelda
62 28 85 «L'acqua», diss'io, «e 'l suon de la foresta Dante Alighieri
62 28 86 impugnan dentro a me novella fede Dante Alighieri
62 28 87 di cosa ch'io udi' contraria a questa». Dante Alighieri
62 28 88 Ond'ella: «Io dicerò come procede Matelda
62 28 89 per sua cagion ciò ch'ammirar ti face, Matelda
62 28 90 e purgherò la nebbia che ti fiede. Matelda
62 28 91 Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace, Matelda
62 28 92 fé l'uom buono e a bene, e questo loco Matelda
62 28 93 diede per arr'a lui d'etterna pace. Matelda
62 28 94 Per sua difalta qui dimorò poco; Matelda
62 28 95 per sua difalta in pianto e in affanno Matelda
62 28 96 cambiò onesto riso e dolce gioco. Matelda
62 28 97 Perché 'l turbar che sotto da sé fanno Matelda
62 28 98 l'essalazion de l'acqua e de la terra, Matelda
62 28 99 che quanto posson dietro al calor vanno, Matelda
62 28 100 a l'uomo non facesse alcuna guerra, Matelda
62 28 101 questo monte salìo verso 'l ciel tanto, Matelda
62 28 102 e libero n'è d'indi ove si serra. Matelda
62 28 103 Or perché in circuito tutto quanto Matelda
62 28 104 l'aere si volge con la prima volta, Matelda
62 28 105 se non li è rotto il cerchio d'alcun canto, Matelda
62 28 106 in questa altezza ch'è tutta disciolta Matelda
62 28 107 ne l'aere vivo, tal moto percuote, Matelda
62 28 108 e fa sonar la selva perch'è folta; Matelda
62 28 109 e la percossa pianta tanto puote, Matelda
62 28 110 che de la sua virtute l'aura impregna, Matelda
62 28 111 e quella poi, girando, intorno scuote; Matelda
62 28 112 e l'altra terra, secondo ch'è degna Matelda
62 28 113 per sé e per suo ciel, concepe e figlia Matelda
62 28 114 di diverse virtù diverse legna. Matelda
62 28 115 Non parrebbe di là poi maraviglia, Matelda
62 28 116 udito questo, quando alcuna pianta Matelda
62 28 117 sanza seme palese vi s'appiglia. Matelda
62 28 118 E saper dei che la campagna santa Matelda
62 28 119 dove tu se', d'ogne semenza è piena, Matelda
62 28 120 e frutto ha in sé che di là non si schianta. Matelda
62 28 121 L'acqua che vedi non surge di vena Matelda
62 28 122 che ristori vapor che gel converta, Matelda
62 28 123 come fiume ch'acquista e perde lena; Matelda
62 28 124 ma esce di fontana salda e certa, Matelda
62 28 125 che tanto dal voler di Dio riprende, Matelda
62 28 126 quant'ella versa da due parti aperta. Matelda
62 28 127 Da questa parte con virtù discende Matelda
62 28 128 che toglie altrui memoria del peccato; Matelda
62 28 129 da l'altra d'ogne ben fatto la rende. Matelda
62 28 130 Quinci Leté; così da l'altro lato Matelda
62 28 131 Eunoé si chiama, e non adopra Matelda
62 28 132 se quinci e quindi pria non è gustato: Matelda
62 28 133 a tutti altri sapori esto è di sopra. Matelda
62 28 134 E avvegna ch'assai possa esser sazia Matelda
62 28 135 la sete tua perch'io più non ti scuopra, Matelda
62 28 136 darotti un corollario ancor per grazia; Matelda
62 28 137 né credo che 'l mio dir ti sia men caro, Matelda
62 28 138 se oltre promession teco si spazia. Matelda
62 28 139 Quelli ch'anticamente poetaro Matelda
62 28 140 l'età de l'oro e suo stato felice, Matelda
62 28 141 forse in Parnaso esto loco sognaro. Matelda
62 28 142 Qui fu innocente l'umana radice; Matelda
62 28 143 qui primavera sempre e ogne frutto; Matelda
62 28 144 nettare è questo di che ciascun dice». Matelda
62 28 145 Io mi rivolsi 'n dietro allora tutto  
62 28 146 a' miei poeti, e vidi che con riso  
62 28 147 udito avean l'ultimo costrutto;  
62 28 148 poi a la bella donna torna' il viso.  
63 29 1 Cantando come donna innamorata,  
63 29 2 continuò col fin di sue parole:  
63 29 3 'Beati quorum tecta sunt peccata!'.  
63 29 4 E come ninfe che si givan sole  
63 29 5 per le salvatiche ombre, disiando  
63 29 6 qual di veder, qual di fuggir lo sole,  
63 29 7 allor si mosse contra 'l fiume, andando  
63 29 8 su per la riva; e io pari di lei,  
63 29 9 picciol passo con picciol seguitando.  
63 29 10 Non eran cento tra ' suoi passi e ' miei,  
63 29 11 quando le ripe igualmente dier volta,  
63 29 12 per modo ch'a levante mi rendei.  
63 29 13 Né ancor fu così nostra via molta,  
63 29 14 quando la donna tutta a me si torse,  
63 29 15 dicendo: «Frate mio, guarda e ascolta». Matelda
63 29 16 Ed ecco un lustro sùbito trascorse  
63 29 17 da tutte parti per la gran foresta,  
63 29 18 tal che di balenar mi mise in forse.  
63 29 19 Ma perché 'l balenar, come vien, resta,  
63 29 20 e quel, durando, più e più splendeva,  
63 29 21 nel mio pensier dicea: 'Che cosa è questa?'.  
63 29 22 E una melodia dolce correva  
63 29 23 per l'aere luminoso; onde buon zelo  
63 29 24 mi fé riprender l'ardimento d'Eva,  
63 29 25 che là dove ubidia la terra e 'l cielo,  
63 29 26 femmina, sola e pur testé formata,  
63 29 27 non sofferse di star sotto alcun velo;  
63 29 28 sotto 'l qual se divota fosse stata,  
63 29 29 avrei quelle ineffabili delizie  
63 29 30 sentite prima e più lunga fiata.  
63 29 31 Mentr'io m'andava tra tante primizie  
63 29 32 de l'etterno piacer tutto sospeso,  
63 29 33 e disioso ancora a più letizie,  
63 29 34 dinanzi a noi, tal quale un foco acceso,  
63 29 35 ci si fé l'aere sotto i verdi rami;  
63 29 36 e 'l dolce suon per canti era già inteso.  
63 29 37 O sacrosante Vergini, se fami,  
63 29 38 freddi o vigilie mai per voi soffersi,  
63 29 39 cagion mi sprona ch'io mercé vi chiami.  
63 29 40 Or convien che Elicona per me versi,  
63 29 41 e Uranìe m'aiuti col suo coro  
63 29 42 forti cose a pensar mettere in versi.  
63 29 43 Poco più oltre, sette alberi d'oro  
63 29 44 falsava nel parere il lungo tratto  
63 29 45 del mezzo ch'era ancor tra noi e loro;  
63 29 46 ma quand'i' fui sì presso di lor fatto,  
63 29 47 che l'obietto comun, che 'l senso inganna,  
63 29 48 non perdea per distanza alcun suo atto,  
63 29 49 la virtù ch'a ragion discorso ammanna,  
63 29 50 sì com'elli eran candelabri apprese,  
63 29 51 e ne le voci del cantare 'Osanna'.  
63 29 52 Di sopra fiammeggiava il bello arnese  
63 29 53 più chiaro assai che luna per sereno  
63 29 54 di mezza notte nel suo mezzo mese.  
63 29 55 Io mi rivolsi d'ammirazion pieno  
63 29 56 al buon Virgilio, ed esso mi rispuose  
63 29 57 con vista carca di stupor non meno.  
63 29 58 Indi rendei l'aspetto a l'alte cose  
63 29 59 che si movieno incontr'a noi sì tardi,  
63 29 60 che foran vinte da novelle spose.  
63 29 61 La donna mi sgridò: «Perché pur ardi Matelda
63 29 62 sì ne l'affetto de le vive luci, Matelda
63 29 63 e ciò che vien di retro a lor non guardi?». Matelda
63 29 64 Genti vid'io allor, come a lor duci,  
63 29 65 venire appresso, vestite di bianco;  
63 29 66 e tal candor di qua già mai non fuci.  
63 29 67 L'acqua imprendea dal sinistro fianco,  
63 29 68 e rendea me la mia sinistra costa,  
63 29 69 s'io riguardava in lei, come specchio anco.  
63 29 70 Quand'io da la mia riva ebbi tal posta,  
63 29 71 che solo il fiume mi facea distante,  
63 29 72 per veder meglio ai passi diedi sosta,  
63 29 73 e vidi le fiammelle andar davante,  
63 29 74 lasciando dietro a sé l'aere dipinto,  
63 29 75 e di tratti pennelli avean sembiante;  
63 29 76 sì che lì sopra rimanea distinto  
63 29 77 di sette liste, tutte in quei colori  
63 29 78 onde fa l'arco il Sole e Delia il cinto.  
63 29 79 Questi ostendali in dietro eran maggiori  
63 29 80 che la mia vista; e, quanto a mio avviso,  
63 29 81 diece passi distavan quei di fori.  
63 29 82 Sotto così bel ciel com'io diviso,  
63 29 83 ventiquattro seniori, a due a due,  
63 29 84 coronati venien di fiordaliso.  
63 29 85 Tutti cantavan: «Benedicta tue 24 Segnori
63 29 86 ne le figlie d'Adamo, e benedette  
63 29 87 sieno in etterno le bellezze tue!».  
63 29 88 Poscia che i fiori e l'altre fresche erbette  
63 29 89 a rimpetto di me da l'altra sponda  
63 29 90 libere fuor da quelle genti elette,  
63 29 91 sì come luce luce in ciel seconda,  
63 29 92 vennero appresso lor quattro animali,  
63 29 93 coronati ciascun di verde fronda.  
63 29 94 Ognuno era pennuto di sei ali;  
63 29 95 le penne piene d'occhi; e li occhi d'Argo,  
63 29 96 se fosser vivi, sarebber cotali.  
63 29 97 A descriver lor forme più non spargo  
63 29 98 rime, lettor; ch'altra spesa mi strigne,  
63 29 99 tanto ch'a questa non posso esser largo;  
63 29 100 ma leggi Ezechiel, che li dipigne  
63 29 101 come li vide da la fredda parte  
63 29 102 venir con vento e con nube e con igne;  
63 29 103 e quali i troverai ne le sue carte,  
63 29 104 tali eran quivi, salvo ch'a le penne  
63 29 105 Giovanni è meco e da lui si diparte.  
63 29 106 Lo spazio dentro a lor quattro contenne  
63 29 107 un carro, in su due rote, triunfale,  
63 29 108 ch'al collo d'un grifon tirato venne.  
63 29 109 Esso tendeva in sù l'una e l'altra ale  
63 29 110 tra la mezzana e le tre e tre liste,  
63 29 111 sì ch'a nulla, fendendo, facea male.  
63 29 112 Tanto salivan che non eran viste;  
63 29 113 le membra d'oro avea quant'era uccello,  
63 29 114 e bianche l'altre, di vermiglio miste.  
63 29 115 Non che Roma di carro così bello  
63 29 116 rallegrasse Affricano, o vero Augusto,  
63 29 117 ma quel del Sol saria pover con ello;  
63 29 118 quel del Sol che, sviando, fu combusto  
63 29 119 per l'orazion de la Terra devota,  
63 29 120 quando fu Giove arcanamente giusto.  
63 29 121 Tre donne in giro da la destra rota  
63 29 122 venian danzando; l'una tanto rossa  
63 29 123 ch'a pena fora dentro al foco nota;  
63 29 124 l'altr'era come se le carni e l'ossa  
63 29 125 fossero state di smeraldo fatte;  
63 29 126 la terza parea neve testé mossa;  
63 29 127 e or parean da la bianca tratte,  
63 29 128 or da la rossa; e dal canto di questa  
63 29 129 l'altre toglien l'andare e tarde e ratte.  
63 29 130 Da la sinistra quattro facean festa,  
63 29 131 in porpore vestite, dietro al modo  
63 29 132 d'una di lor ch'avea tre occhi in testa.  
63 29 133 Appresso tutto il pertrattato nodo  
63 29 134 vidi due vecchi in abito dispari,  
63 29 135 ma pari in atto e onesto e sodo.  
63 29 136 L'un si mostrava alcun de' famigliari  
63 29 137 di quel sommo Ipocràte che natura  
63 29 138 a li animali fé ch'ell'ha più cari;  
63 29 139 mostrava l'altro la contraria cura  
63 29 140 con una spada lucida e aguta,  
63 29 141 tal che di qua dal rio mi fé paura.  
63 29 142 Poi vidi quattro in umile paruta;  
63 29 143 e di retro da tutti un vecchio solo  
63 29 144 venir, dormendo, con la faccia arguta.  
63 29 145 E questi sette col primaio stuolo  
63 29 146 erano abituati, ma di gigli  
63 29 147 dintorno al capo non facean brolo,  
63 29 148 anzi di rose e d'altri fior vermigli;  
63 29 149 giurato avria poco lontano aspetto  
63 29 150 che tutti ardesser di sopra da' cigli.  
63 29 151 E quando il carro a me fu a rimpetto,  
63 29 152 un tuon s'udì, e quelle genti degne  
63 29 153 parvero aver l'andar più interdetto,  
63 29 154 fermandosi ivi con le prime insegne.  
64 30 1 Quando il settentrion del primo cielo,  
64 30 2 che né occaso mai seppe né orto  
64 30 3 né d'altra nebbia che di colpa velo,  
64 30 4 e che faceva lì ciascun accorto  
64 30 5 di suo dover, come 'l più basso face  
64 30 6 qual temon gira per venire a porto,  
64 30 7 fermo s'affisse: la gente verace,  
64 30 8 venuta prima tra 'l grifone ed esso,  
64 30 9 al carro volse sé come a sua pace;  
64 30 10 e un di loro, quasi da ciel messo,  
64 30 11 'Veni, sponsa, de Libano' cantando  
64 30 12 gridò tre volte, e tutti li altri appresso.  
64 30 13 Quali i beati al novissimo bando  
64 30 14 surgeran presti ognun di sua caverna,  
64 30 15 la revestita voce alleluiando,  
64 30 16 cotali in su la divina basterna  
64 30 17 si levar cento, ad vocem tanti senis,  
64 30 18 ministri e messaggier di vita etterna.  
64 30 19 Tutti dicean: 'Benedictus qui venis!',  
64 30 20 e fior gittando e di sopra e dintorno,  
64 30 21 'Manibus, oh, date lilia plenis!'.  
64 30 22 Io vidi già nel cominciar del giorno  
64 30 23 la parte oriental tutta rosata,  
64 30 24 e l'altro ciel di bel sereno addorno;  
64 30 25 e la faccia del sol nascere ombrata,  
64 30 26 sì che per temperanza di vapori  
64 30 27 l'occhio la sostenea lunga fiata:  
64 30 28 così dentro una nuvola di fiori  
64 30 29 che da le mani angeliche saliva  
64 30 30 e ricadeva in giù dentro e di fori,  
64 30 31 sovra candido vel cinta d'uliva  
64 30 32 donna m'apparve, sotto verde manto  
64 30 33 vestita di color di fiamma viva.  
64 30 34 E lo spirito mio, che già cotanto  
64 30 35 tempo era stato ch'a la sua presenza  
64 30 36 non era di stupor, tremando, affranto,  
64 30 37 sanza de li occhi aver più conoscenza,  
64 30 38 per occulta virtù che da lei mosse,  
64 30 39 d'antico amor sentì la gran potenza.  
64 30 40 Tosto che ne la vista mi percosse  
64 30 41 l'alta virtù che già m'avea trafitto  
64 30 42 prima ch'io fuor di puerizia fosse,  
64 30 43 volsimi a la sinistra col respitto  
64 30 44 col quale il fantolin corre a la mamma  
64 30 45 quando ha paura o quando elli è afflitto,  
64 30 46 per dicere a Virgilio: 'Men che dramma  
64 30 47 di sangue m'è rimaso che non tremi:  
64 30 48 conosco i segni de l'antica fiamma'.  
64 30 49 Ma Virgilio n'avea lasciati scemi  
64 30 50 di sé, Virgilio dolcissimo patre,  
64 30 51 Virgilio a cui per mia salute die'mi;  
64 30 52 né quantunque perdeo l'antica matre,  
64 30 53 valse a le guance nette di rugiada,  
64 30 54 che, lagrimando, non tornasser atre.  
64 30 55 «Dante, perché Virgilio se ne vada, Beatrice (ammiraglio)
64 30 56 non pianger anco, non pianger ancora; Beatrice (ammiraglio)
64 30 57 ché pianger ti conven per altra spada». Beatrice (ammiraglio)
64 30 58 Quasi ammiraglio che in poppa e in prora  
64 30 59 viene a veder la gente che ministra  
64 30 60 per li altri legni, e a ben far l'incora;  
64 30 61 in su la sponda del carro sinistra,  
64 30 62 quando mi volsi al suon del nome mio,  
64 30 63 che di necessità qui si registra,  
64 30 64 vidi la donna che pria m'appario  
64 30 65 velata sotto l'angelica festa,  
64 30 66 drizzar li occhi ver' me di qua dal rio.  
64 30 67 Tutto che 'l vel che le scendea di testa,  
64 30 68 cerchiato de le fronde di Minerva,  
64 30 69 non la lasciasse parer manifesta,  
64 30 70 regalmente ne l'atto ancor proterva  
64 30 71 continuò come colui che dice  
64 30 72 e 'l più caldo parlar dietro reserva:  
64 30 73 «Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice. Beatrice (ammiraglio)
64 30 74 Come degnasti d'accedere al monte? Beatrice (ammiraglio)
64 30 75 non sapei tu che qui è l'uom felice?». Beatrice (ammiraglio)
64 30 76 Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;  
64 30 77 ma veggendomi in esso, i trassi a l'erba,  
64 30 78 tanta vergogna mi gravò la fronte.  
64 30 79 Così la madre al figlio par superba,  
64 30 80 com'ella parve a me; perché d'amaro  
64 30 81 sente il sapor de la pietade acerba.  
64 30 82 Ella si tacque; e li angeli cantaro  
64 30 83 di subito 'In te, Domine, speravi';  
64 30 84 ma oltre 'pedes meos' non passaro.  
64 30 85 Sì come neve tra le vive travi  
64 30 86 per lo dosso d'Italia si congela,  
64 30 87 soffiata e stretta da li venti schiavi,  
64 30 88 poi, liquefatta, in sé stessa trapela,  
64 30 89 pur che la terra che perde ombra spiri,  
64 30 90 sì che par foco fonder la candela;  
64 30 91 così fui sanza lagrime e sospiri  
64 30 92 anzi 'l cantar di quei che notan sempre  
64 30 93 dietro a le note de li etterni giri;  
64 30 94 ma poi che 'ntesi ne le dolci tempre  
64 30 95 lor compatire a me, par che se detto  
64 30 96 avesser: 'Donna, perché sì lo stempre?',  
64 30 97 lo gel che m'era intorno al cor ristretto,  
64 30 98 spirito e acqua fessi, e con angoscia  
64 30 99 de la bocca e de li occhi uscì del petto.  
64 30 100 Ella, pur ferma in su la detta coscia  
64 30 101 del carro stando, a le sustanze pie  
64 30 102 volse le sue parole così poscia:  
64 30 103 «Voi vigilate ne l'etterno die, Beatrice (ammiraglio)
64 30 104 sì che notte né sonno a voi non fura Beatrice (ammiraglio)
64 30 105 passo che faccia il secol per sue vie; Beatrice (ammiraglio)
64 30 106 onde la mia risposta è con più cura Beatrice (ammiraglio)
64 30 107 che m'intenda colui che di là piagne, Beatrice (ammiraglio)
64 30 108 perché sia colpa e duol d'una misura. Beatrice (ammiraglio)
64 30 109 Non pur per ovra de le rote magne, Beatrice (ammiraglio)
64 30 110 che drizzan ciascun seme ad alcun fine Beatrice (ammiraglio)
64 30 111 secondo che le stelle son compagne, Beatrice (ammiraglio)
64 30 112 ma per larghezza di grazie divine, Beatrice (ammiraglio)
64 30 113 che sì alti vapori hanno a lor piova, Beatrice (ammiraglio)
64 30 114 che nostre viste là non van vicine, Beatrice (ammiraglio)
64 30 115 questi fu tal ne la sua vita nova Beatrice (ammiraglio)
64 30 116 virtualmente, ch'ogne abito destro Beatrice (ammiraglio)
64 30 117 fatto averebbe in lui mirabil prova. Beatrice (ammiraglio)
64 30 118 Ma tanto più maligno e più silvestro Beatrice (ammiraglio)
64 30 119 si fa 'l terren col mal seme e non cólto, Beatrice (ammiraglio)
64 30 120 quant'elli ha più di buon vigor terrestro. Beatrice (ammiraglio)
64 30 121 Alcun tempo il sostenni col mio volto: Beatrice (ammiraglio)
64 30 122 mostrando li occhi giovanetti a lui, Beatrice (ammiraglio)
64 30 123 meco il menava in dritta parte vòlto. Beatrice (ammiraglio)
64 30 124 Sì tosto come in su la soglia fui Beatrice (ammiraglio)
64 30 125 di mia seconda etade e mutai vita, Beatrice (ammiraglio)
64 30 126 questi si tolse a me, e diessi altrui. Beatrice (ammiraglio)
64 30 127 Quando di carne a spirto era salita Beatrice (ammiraglio)
64 30 128 e bellezza e virtù cresciuta m'era, Beatrice (ammiraglio)
64 30 129 fu' io a lui men cara e men gradita; Beatrice (ammiraglio)
64 30 130 e volse i passi suoi per via non vera, Beatrice (ammiraglio)
64 30 131 imagini di ben seguendo false, Beatrice (ammiraglio)
64 30 132 che nulla promession rendono intera. Beatrice (ammiraglio)
64 30 133 Né l'impetrare ispirazion mi valse, Beatrice (ammiraglio)
64 30 134 con le quali e in sogno e altrimenti Beatrice (ammiraglio)
64 30 135 lo rivocai; sì poco a lui ne calse! Beatrice (ammiraglio)
64 30 136 Tanto giù cadde, che tutti argomenti Beatrice (ammiraglio)
64 30 137 a la salute sua eran già corti, Beatrice (ammiraglio)
64 30 138 fuor che mostrarli le perdute genti. Beatrice (ammiraglio)
64 30 139 Per questo visitai l'uscio d'i morti Beatrice (ammiraglio)
64 30 140 e a colui che l'ha qua sù condotto, Beatrice (ammiraglio)
64 30 141 li prieghi miei, piangendo, furon porti. Beatrice (ammiraglio)
64 30 142 Alto fato di Dio sarebbe rotto, Beatrice (ammiraglio)
64 30 143 se Leté si passasse e tal vivanda Beatrice (ammiraglio)
64 30 144 fosse gustata sanza alcuno scotto Beatrice (ammiraglio)
64 30 145 di pentimento che lagrime spanda». Beatrice (ammiraglio)
65 31 1 «O tu che se' di là dal fiume sacro», Beatrice (ammiraglio)
65 31 2 volgendo suo parlare a me per punta,  
65 31 3 che pur per taglio m'era paruto acro,  
65 31 4 ricominciò, seguendo sanza cunta,  
65 31 5 «dì, dì se questo è vero: a tanta accusa Beatrice (ammiraglio)
65 31 6 tua confession conviene esser congiunta». Beatrice (ammiraglio)
65 31 7 Era la mia virtù tanto confusa,  
65 31 8 che la voce si mosse, e pria si spense  
65 31 9 che da li organi suoi fosse dischiusa.  
65 31 10 Poco sofferse; poi disse: «Che pense? Beatrice (ammiraglio)
65 31 11 Rispondi a me; ché le memorie triste Beatrice (ammiraglio)
65 31 12 in te non sono ancor da l'acqua offense». Beatrice (ammiraglio)
65 31 13 Confusione e paura insieme miste  
65 31 14 mi pinsero un tal «sì» fuor de la bocca, Dante Alighieri
65 31 15 al quale intender fuor mestier le viste.  
65 31 16 Come balestro frange, quando scocca  
65 31 17 da troppa tesa la sua corda e l'arco,  
65 31 18 e con men foga l'asta il segno tocca,  
65 31 19 sì scoppia' io sottesso grave carco,  
65 31 20 fuori sgorgando lagrime e sospiri,  
65 31 21 e la voce allentò per lo suo varco.  
65 31 22 Ond'ella a me: «Per entro i mie' disiri, Beatrice (ammiraglio)
65 31 23 che ti menavano ad amar lo bene Beatrice (ammiraglio)
65 31 24 di là dal qual non è a che s'aspiri, Beatrice (ammiraglio)
65 31 25 quai fossi attraversati o quai catene Beatrice (ammiraglio)
65 31 26 trovasti, per che del passare innanzi Beatrice (ammiraglio)
65 31 27 dovessiti così spogliar la spene? Beatrice (ammiraglio)
65 31 28 E quali agevolezze o quali avanzi Beatrice (ammiraglio)
65 31 29 ne la fronte de li altri si mostraro, Beatrice (ammiraglio)
65 31 30 per che dovessi lor passeggiare anzi?». Beatrice (ammiraglio)
65 31 31 Dopo la tratta d'un sospiro amaro,  
65 31 32 a pena ebbi la voce che rispuose,  
65 31 33 e le labbra a fatica la formaro.  
65 31 34 Piangendo dissi: «Le presenti cose Dante Alighieri
65 31 35 col falso lor piacer volser miei passi, Dante Alighieri
65 31 36 tosto che 'l vostro viso si nascose». Dante Alighieri
65 31 37 Ed ella: «Se tacessi o se negassi Beatrice (ammiraglio)
65 31 38 ciò che confessi, non fora men nota Beatrice (ammiraglio)
65 31 39 la colpa tua: da tal giudice sassi! Beatrice (ammiraglio)
65 31 40 Ma quando scoppia de la propria gota Beatrice (ammiraglio)
65 31 41 l'accusa del peccato, in nostra corte Beatrice (ammiraglio)
65 31 42 rivolge sé contra 'l taglio la rota. Beatrice (ammiraglio)
65 31 43 Tuttavia, perché mo vergogna porte Beatrice (ammiraglio)
65 31 44 del tuo errore, e perché altra volta, Beatrice (ammiraglio)
65 31 45 udendo le serene, sie più forte, Beatrice (ammiraglio)
65 31 46 pon giù il seme del piangere e ascolta: Beatrice (ammiraglio)
65 31 47 sì udirai come in contraria parte Beatrice (ammiraglio)
65 31 48 mover dovieti mia carne sepolta. Beatrice (ammiraglio)
65 31 49 Mai non t'appresentò natura o arte Beatrice (ammiraglio)
65 31 50 piacer, quanto le belle membra in ch'io Beatrice (ammiraglio)
65 31 51 rinchiusa fui, e che so' 'n terra sparte; Beatrice (ammiraglio)
65 31 52 e se 'l sommo piacer sì ti fallio Beatrice (ammiraglio)
65 31 53 per la mia morte, qual cosa mortale Beatrice (ammiraglio)
65 31 54 dovea poi trarre te nel suo disio? Beatrice (ammiraglio)
65 31 55 Ben ti dovevi, per lo primo strale Beatrice (ammiraglio)
65 31 56 de le cose fallaci, levar suso Beatrice (ammiraglio)
65 31 57 di retro a me che non era più tale. Beatrice (ammiraglio)
65 31 58 Non ti dovea gravar le penne in giuso, Beatrice (ammiraglio)
65 31 59 ad aspettar più colpo, o pargoletta Beatrice (ammiraglio)
65 31 60 o altra vanità con sì breve uso. Beatrice (ammiraglio)
65 31 61 Novo augelletto due o tre aspetta; Beatrice (ammiraglio)
65 31 62 ma dinanzi da li occhi d'i pennuti Beatrice (ammiraglio)
65 31 63 rete si spiega indarno o si saetta». Beatrice (ammiraglio)
65 31 64 Quali fanciulli, vergognando, muti  
65 31 65 con li occhi a terra stannosi, ascoltando  
65 31 66 e sé riconoscendo e ripentuti,  
65 31 67 tal mi stav'io; ed ella disse: «Quando Beatrice (ammiraglio)
65 31 68 per udir se' dolente, alza la barba, Beatrice (ammiraglio)
65 31 69 e prenderai più doglia riguardando». Beatrice (ammiraglio)
65 31 70 Con men di resistenza si dibarba  
65 31 71 robusto cerro, o vero al nostral vento  
65 31 72 o vero a quel de la terra di Iarba,  
65 31 73 ch'io non levai al suo comando il mento;  
65 31 74 e quando per la barba il viso chiese,  
65 31 75 ben conobbi il velen de l'argomento.  
65 31 76 E come la mia faccia si distese,  
65 31 77 posarsi quelle prime creature  
65 31 78 da loro aspersion l'occhio comprese;  
65 31 79 e le mie luci, ancor poco sicure,  
65 31 80 vider Beatrice volta in su la fiera  
65 31 81 ch'è sola una persona in due nature.  
65 31 82 Sotto 'l suo velo e oltre la rivera  
65 31 83 vincer pariemi più sé stessa antica,  
65 31 84 vincer che l'altre qui, quand'ella c'era.  
65 31 85 Di penter sì mi punse ivi l'ortica  
65 31 86 che di tutte altre cose qual mi torse  
65 31 87 più nel suo amor, più mi si fé nemica.  
65 31 88 Tanta riconoscenza il cor mi morse,  
65 31 89 ch'io caddi vinto; e quale allora femmi,  
65 31 90 salsi colei che la cagion mi porse.  
65 31 91 Poi, quando il cor virtù di fuor rendemmi,  
65 31 92 la donna ch'io avea trovata sola  
65 31 93 sopra me vidi, e dicea: «Tiemmi, tiemmi!». Matelda
65 31 94 Tratto m'avea nel fiume infin la gola,  
65 31 95 e tirandosi me dietro sen giva  
65 31 96 sovresso l'acqua lieve come scola.  
65 31 97 Quando fui presso a la beata riva,  
65 31 98 'Asperges me' sì dolcemente udissi,  
65 31 99 che nol so rimembrar, non ch'io lo scriva.  
65 31 100 La bella donna ne le braccia aprissi;  
65 31 101 abbracciommi la testa e mi sommerse  
65 31 102 ove convenne ch'io l'acqua inghiottissi.  
65 31 103 Indi mi tolse, e bagnato m'offerse  
65 31 104 dentro a la danza de le quattro belle;  
65 31 105 e ciascuna del braccio mi coperse.  
65 31 106 «Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle: 4 Virtù
65 31 107 pria che Beatrice discendesse al mondo, 4 Virtù
65 31 108 fummo ordinate a lei per sue ancelle. 4 Virtù
65 31 109 Merrenti a li occhi suoi; ma nel giocondo 4 Virtù
65 31 110 lume ch'è dentro aguzzeranno i tuoi 4 Virtù
65 31 111 le tre di là, che miran più profondo». 4 Virtù
65 31 112 Così cantando cominciaro; e poi  
65 31 113 al petto del grifon seco menarmi,  
65 31 114 ove Beatrice stava volta a noi.  
65 31 115 Disser: «Fa che le viste non risparmi; 4 Virtù
65 31 116 posto t'avem dinanzi a li smeraldi 4 Virtù
65 31 117 ond'Amor già ti trasse le sue armi». 4 Virtù
65 31 118 Mille disiri più che fiamma caldi  
65 31 119 strinsermi li occhi a li occhi rilucenti,  
65 31 120 che pur sopra 'l grifone stavan saldi.  
65 31 121 Come in lo specchio il sol, non altrimenti  
65 31 122 la doppia fiera dentro vi raggiava,  
65 31 123 or con altri, or con altri reggimenti.  
65 31 124 Pensa, lettor, s'io mi maravigliava,  
65 31 125 quando vedea la cosa in sé star queta,  
65 31 126 e ne l'idolo suo si trasmutava.  
65 31 127 Mentre che piena di stupore e lieta  
65 31 128 l'anima mia gustava di quel cibo  
65 31 129 che, saziando di sé, di sé asseta,  
65 31 130 sé dimostrando di più alto tribo  
65 31 131 ne li atti, l'altre tre si fero avanti,  
65 31 132 danzando al loro angelico caribo.  
65 31 133 «Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi», 4 Virtù
65 31 134 era la sua canzone, «al tuo fedele 4 Virtù
65 31 135 che, per vederti, ha mossi passi tanti! 4 Virtù
65 31 136 Per grazia fa noi grazia che disvele 4 Virtù
65 31 137 a lui la bocca tua, sì che discerna 4 Virtù
65 31 138 la seconda bellezza che tu cele». 4 Virtù
65 31 139 O isplendor di viva luce etterna,  
65 31 140 chi palido si fece sotto l'ombra  
65 31 141 sì di Parnaso, o bevve in sua cisterna,  
65 31 142 che non paresse aver la mente ingombra,  
65 31 143 tentando a render te qual tu paresti  
65 31 144 là dove armonizzando il ciel t'adombra,  
65 31 145 quando ne l'aere aperto ti solvesti?  
66 32 1 Tant'eran li occhi miei fissi e attenti  
66 32 2 a disbramarsi la decenne sete,  
66 32 3 che li altri sensi m'eran tutti spenti.  
66 32 4 Ed essi quinci e quindi avien parete  
66 32 5 di non caler - così lo santo riso  
66 32 6 a sé traéli con l'antica rete! -;  
66 32 7 quando per forza mi fu vòlto il viso  
66 32 8 ver' la sinistra mia da quelle dee,  
66 32 9 perch'io udi' da loro un «Troppo fiso!»; +++
66 32 10 e la disposizion ch'a veder ée  
66 32 11 ne li occhi pur testé dal sol percossi,  
66 32 12 sanza la vista alquanto esser mi fée.  
66 32 13 Ma poi ch'al poco il viso riformossi  
66 32 14 (e dico 'al poco' per rispetto al molto  
66 32 15 sensibile onde a forza mi rimossi),  
66 32 16 vidi 'n sul braccio destro esser rivolto  
66 32 17 lo glorioso essercito, e tornarsi  
66 32 18 col sole e con le sette fiamme al volto.  
66 32 19 Come sotto li scudi per salvarsi  
66 32 20 volgesi schiera, e sé gira col segno,  
66 32 21 prima che possa tutta in sé mutarsi;  
66 32 22 quella milizia del celeste regno  
66 32 23 che procedeva, tutta trapassonne  
66 32 24 pria che piegasse il carro il primo legno.  
66 32 25 Indi a le rote si tornar le donne,  
66 32 26 e 'l grifon mosse il benedetto carco  
66 32 27 sì, che però nulla penna crollonne.  
66 32 28 La bella donna che mi trasse al varco  
66 32 29 e Stazio e io seguitavam la rota  
66 32 30 che fé l'orbita sua con minore arco.  
66 32 31 Sì passeggiando l'alta selva vòta,  
66 32 32 colpa di quella ch'al serpente crese,  
66 32 33 temprava i passi un'angelica nota.  
66 32 34 Forse in tre voli tanto spazio prese  
66 32 35 disfrenata saetta, quanto eramo  
66 32 36 rimossi, quando Beatrice scese.  
66 32 37 Io senti' mormorare a tutti «Adamo»; +++
66 32 38 poi cerchiaro una pianta dispogliata  
66 32 39 di foglie e d'altra fronda in ciascun ramo.  
66 32 40 La coma sua, che tanto si dilata  
66 32 41 più quanto più è sù, fora da l'Indi  
66 32 42 ne' boschi lor per altezza ammirata.  
66 32 43 «Beato se', grifon, che non discindi +++
66 32 44 col becco d'esto legno dolce al gusto, +++
66 32 45 poscia che mal si torce il ventre quindi». +++
66 32 46 Così dintorno a l'albero robusto  
66 32 47 gridaron li altri; e l'animal binato:  
66 32 48 «Sì si conserva il seme d'ogne giusto». +++
66 32 49 E vòlto al temo ch'elli avea tirato,  
66 32 50 trasselo al pié de la vedova frasca,  
66 32 51 e quel di lei a lei lasciò legato.  
66 32 52 Come le nostre piante, quando casca  
66 32 53 giù la gran luce mischiata con quella  
66 32 54 che raggia dietro a la celeste lasca,  
66 32 55 turgide fansi, e poi si rinovella  
66 32 56 di suo color ciascuna, pria che 'l sole  
66 32 57 giunga li suoi corsier sotto altra stella;  
66 32 58 men che di rose e più che di viole  
66 32 59 colore aprendo, s'innovò la pianta,  
66 32 60 che prima avea le ramora sì sole.  
66 32 61 Io non lo 'ntesi, né qui non si canta  
66 32 62 l'inno che quella gente allor cantaro,  
66 32 63 né la nota soffersi tutta quanta.  
66 32 64 S'io potessi ritrar come assonnaro  
66 32 65 li occhi spietati udendo di Siringa,  
66 32 66 li occhi a cui pur vegghiar costò sì caro;  
66 32 67 come pintor che con essempro pinga,  
66 32 68 disegnerei com'io m'addormentai;  
66 32 69 ma qual vuol sia che l'assonnar ben finga.  
66 32 70 Però trascorro a quando mi svegliai,  
66 32 71 e dico ch'un splendor mi squarciò 'l velo  
66 32 72 del sonno e un chiamar: «Surgi: che fai?». Matelda
66 32 73 Quali a veder de' fioretti del melo  
66 32 74 che del suo pome li angeli fa ghiotti  
66 32 75 e perpetue nozze fa nel cielo,  
66 32 76 Pietro e Giovanni e Iacopo condotti  
66 32 77 e vinti, ritornaro a la parola  
66 32 78 da la qual furon maggior sonni rotti,  
66 32 79 e videro scemata loro scuola  
66 32 80 così di Moisé come d'Elia,  
66 32 81 e al maestro suo cangiata stola;  
66 32 82 tal torna' io, e vidi quella pia  
66 32 83 sovra me starsi che conducitrice  
66 32 84 fu de' miei passi lungo 'l fiume pria.  
66 32 85 E tutto in dubbio dissi: «Ov'è Beatrice?». Dante Alighieri
66 32 86 Ond'ella: «Vedi lei sotto la fronda Matelda
66 32 87 nova sedere in su la sua radice. Matelda
66 32 88 Vedi la compagnia che la circonda: Matelda
66 32 89 li altri dopo 'l grifon sen vanno suso Matelda
66 32 90 con più dolce canzone e più profonda». Matelda
66 32 91 E se più fu lo suo parlar diffuso,  
66 32 92 non so, però che già ne li occhi m'era  
66 32 93 quella ch'ad altro intender m'avea chiuso.  
66 32 94 Sola sedeasi in su la terra vera,  
66 32 95 come guardia lasciata lì del plaustro  
66 32 96 che legar vidi a la biforme fera.  
66 32 97 In cerchio le facean di sé claustro  
66 32 98 le sette ninfe, con quei lumi in mano  
66 32 99 che son sicuri d'Aquilone e d'Austro.  
66 32 100 «Qui sarai tu poco tempo silvano; Beatrice (ammiraglio)
66 32 101 e sarai meco sanza fine cive Beatrice (ammiraglio)
66 32 102 di quella Roma onde Cristo è romano. Beatrice (ammiraglio)
66 32 103 Però, in pro del mondo che mal vive, Beatrice (ammiraglio)
66 32 104 al carro tieni or li occhi, e quel che vedi, Beatrice (ammiraglio)
66 32 105 ritornato di là, fa che tu scrive». Beatrice (ammiraglio)
66 32 106 Così Beatrice; e io, che tutto ai piedi  
66 32 107 d'i suoi comandamenti era divoto,  
66 32 108 la mente e li occhi ov'ella volle diedi.  
66 32 109 Non scese mai con sì veloce moto  
66 32 110 foco di spessa nube, quando piove  
66 32 111 da quel confine che più va remoto,  
66 32 112 com'io vidi calar l'uccel di Giove  
66 32 113 per l'alber giù, rompendo de la scorza,  
66 32 114 non che d'i fiori e de le foglie nove;  
66 32 115 e ferì 'l carro di tutta sua forza;  
66 32 116 ond'el piegò come nave in fortuna,  
66 32 117 vinta da l'onda, or da poggia, or da orza.  
66 32 118 Poscia vidi avventarsi ne la cuna  
66 32 119 del triunfal veiculo una volpe  
66 32 120 che d'ogne pasto buon parea digiuna;  
66 32 121 ma, riprendendo lei di laide colpe,  
66 32 122 la donna mia la volse in tanta futa  
66 32 123 quanto sofferser l'ossa sanza polpe.  
66 32 124 Poscia per indi ond'era pria venuta,  
66 32 125 l'aguglia vidi scender giù ne l'arca  
66 32 126 del carro e lasciar lei di sé pennuta;  
66 32 127 e qual esce di cuor che si rammarca,  
66 32 128 tal voce uscì del cielo e cotal disse:  
66 32 129 «O navicella mia, com'mal se' carca!». +++
66 32 130 Poi parve a me che la terra s'aprisse  
66 32 131 tr'ambo le ruote, e vidi uscirne un drago  
66 32 132 che per lo carro sù la coda fisse;  
66 32 133 e come vespa che ritragge l'ago,  
66 32 134 a sé traendo la coda maligna,  
66 32 135 trasse del fondo, e gissen vago vago.  
66 32 136 Quel che rimase, come da gramigna  
66 32 137 vivace terra, da la piuma, offerta  
66 32 138 forse con intenzion sana e benigna,  
66 32 139 si ricoperse, e funne ricoperta  
66 32 140 e l'una e l'altra rota e 'l temo, in tanto  
66 32 141 che più tiene un sospir la bocca aperta.  
66 32 142 Trasformato così 'l dificio santo  
66 32 143 mise fuor teste per le parti sue,  
66 32 144 tre sovra 'l temo e una in ciascun canto.  
66 32 145 Le prime eran cornute come bue,  
66 32 146 ma le quattro un sol corno avean per fronte:  
66 32 147 simile mostro visto ancor non fue.  
66 32 148 Sicura, quasi rocca in alto monte,  
66 32 149 seder sovresso una puttana sciolta  
66 32 150 m'apparve con le ciglia intorno pronte;  
66 32 151 e come perché non li fosse tolta,  
66 32 152 vidi di costa a lei dritto un gigante;  
66 32 153 e baciavansi insieme alcuna volta.  
66 32 154 Ma perché l'occhio cupido e vagante  
66 32 155 a me rivolse, quel feroce drudo  
66 32 156 la flagellò dal capo infin le piante;  
66 32 157 poi, di sospetto pieno e d'ira crudo,  
66 32 158 disciolse il mostro, e trassel per la selva,  
66 32 159 tanto che sol di lei mi fece scudo  
66 32 160 a la puttana e a la nova belva.  
67 33 1 'Deus, venerunt gentes', alternando  
67 33 2 or tre or quattro dolce salmodia,  
67 33 3 le donne incominciaro, e lagrimando;  
67 33 4 e Beatrice sospirosa e pia,  
67 33 5 quelle ascoltava sì fatta, che poco  
67 33 6 più a la croce si cambiò Maria.  
67 33 7 Ma poi che l'altre vergini dier loco  
67 33 8 a lei di dir, levata dritta in pé,  
67 33 9 rispuose, colorata come foco:  
67 33 10 'Modicum, et non videbitis me;  
67 33 11 et iterum, sorelle mie dilette,  
67 33 12 modicum, et vos videbitis me'.  
67 33 13 Poi le si mise innanzi tutte e sette,  
67 33 14 e dopo sé, solo accennando, mosse  
67 33 15 me e la donna e 'l savio che ristette.  
67 33 16 Così sen giva; e non credo che fosse  
67 33 17 lo decimo suo passo in terra posto,  
67 33 18 quando con li occhi li occhi mi percosse;  
67 33 19 e con tranquillo aspetto «Vien più tosto», Beatrice (ammiraglio)
67 33 20 mi disse, «tanto che, s'io parlo teco, Beatrice (ammiraglio)
67 33 21 ad ascoltarmi tu sie ben disposto». Beatrice (ammiraglio)
67 33 22 Sì com'io fui, com'io dovea, seco,  
67 33 23 dissemi: «Frate, perché non t'attenti Beatrice (ammiraglio)
67 33 24 a domandarmi omai venendo meco?». Beatrice (ammiraglio)
67 33 25 Come a color che troppo reverenti  
67 33 26 dinanzi a suo maggior parlando sono,  
67 33 27 che non traggon la voce viva ai denti.  
67 33 28 avvenne a me, che sanza intero suono  
67 33 29 incominciai: «Madonna, mia bisogna Dante Alighieri
67 33 30 voi conoscete, e ciò ch'ad essa è buono». Dante Alighieri
67 33 31 Ed ella a me: «Da tema e da vergogna Beatrice (ammiraglio)
67 33 32 voglio che tu omai ti disviluppe, Beatrice (ammiraglio)
67 33 33 sì che non parli più com'om che sogna. Beatrice (ammiraglio)
67 33 34 Sappi che 'l vaso che 'l serpente ruppe Beatrice (ammiraglio)
67 33 35 fu e non é; ma chi n'ha colpa, creda Beatrice (ammiraglio)
67 33 36 che vendetta di Dio non teme suppe. Beatrice (ammiraglio)
67 33 37 Non sarà tutto tempo sanza reda Beatrice (ammiraglio)
67 33 38 l'aguglia che lasciò le penne al carro, Beatrice (ammiraglio)
67 33 39 per che divenne mostro e poscia preda; Beatrice (ammiraglio)
67 33 40 ch'io veggio certamente, e però il narro, Beatrice (ammiraglio)
67 33 41 a darne tempo già stelle propinque, Beatrice (ammiraglio)
67 33 42 secure d'ogn'intoppo e d'ogni sbarro, Beatrice (ammiraglio)
67 33 43 nel quale un cinquecento diece e cinque, Beatrice (ammiraglio)
67 33 44 messo di Dio, anciderà la fuia Beatrice (ammiraglio)
67 33 45 con quel gigante che con lei delinque. Beatrice (ammiraglio)
67 33 46 E forse che la mia narrazion buia, Beatrice (ammiraglio)
67 33 47 qual Temi e Sfinge, men ti persuade, Beatrice (ammiraglio)
67 33 48 perch'a lor modo lo 'ntelletto attuia; Beatrice (ammiraglio)
67 33 49 ma tosto fier li fatti le Naiade, Beatrice (ammiraglio)
67 33 50 che solveranno questo enigma forte Beatrice (ammiraglio)
67 33 51 sanza danno di pecore o di biade. Beatrice (ammiraglio)
67 33 52 Tu nota; e sì come da me son porte, Beatrice (ammiraglio)
67 33 53 così queste parole segna a' vivi Beatrice (ammiraglio)
67 33 54 del viver ch'è un correre a la morte. Beatrice (ammiraglio)
67 33 55 E aggi a mente, quando tu le scrivi, Beatrice (ammiraglio)
67 33 56 di non celar qual hai vista la pianta Beatrice (ammiraglio)
67 33 57 ch'è or due volte dirubata quivi. Beatrice (ammiraglio)
67 33 58 Qualunque ruba quella o quella schianta, Beatrice (ammiraglio)
67 33 59 con bestemmia di fatto offende a Dio, Beatrice (ammiraglio)
67 33 60 che solo a l'uso suo la creò santa. Beatrice (ammiraglio)
67 33 61 Per morder quella, in pena e in disio Beatrice (ammiraglio)
67 33 62 cinquemilia anni e più l'anima prima Beatrice (ammiraglio)
67 33 63 bramò colui che 'l morso in sé punio. Beatrice (ammiraglio)
67 33 64 Dorme lo 'ngegno tuo, se non estima Beatrice (ammiraglio)
67 33 65 per singular cagione esser eccelsa Beatrice (ammiraglio)
67 33 66 lei tanto e sì travolta ne la cima. Beatrice (ammiraglio)
67 33 67 E se stati non fossero acqua d'Elsa Beatrice (ammiraglio)
67 33 68 li pensier vani intorno a la tua mente, Beatrice (ammiraglio)
67 33 69 e 'l piacer loro un Piramo a la gelsa, Beatrice (ammiraglio)
67 33 70 per tante circostanze solamente Beatrice (ammiraglio)
67 33 71 la giustizia di Dio, ne l'interdetto, Beatrice (ammiraglio)
67 33 72 conosceresti a l'arbor moralmente. Beatrice (ammiraglio)
67 33 73 Ma perch'io veggio te ne lo 'ntelletto Beatrice (ammiraglio)
67 33 74 fatto di pietra e, impetrato, tinto, Beatrice (ammiraglio)
67 33 75 sì che t'abbaglia il lume del mio detto, Beatrice (ammiraglio)
67 33 76 voglio anco, e se non scritto, almen dipinto, Beatrice (ammiraglio)
67 33 77 che 'l te ne porti dentro a te per quello Beatrice (ammiraglio)
67 33 78 che si reca il bordon di palma cinto». Beatrice (ammiraglio)
67 33 79 E io: «Sì come cera da suggello, Dante Alighieri
67 33 80 che la figura impressa non trasmuta, Dante Alighieri
67 33 81 segnato è or da voi lo mio cervello. Dante Alighieri
67 33 82 Ma perché tanto sovra mia veduta Dante Alighieri
67 33 83 vostra parola disiata vola, Dante Alighieri
67 33 84 che più la perde quanto più s'aiuta?». Dante Alighieri
67 33 85 «Perché conoschi», disse, «quella scuola Beatrice (ammiraglio)
67 33 86 c'hai seguitata, e veggi sua dottrina Beatrice (ammiraglio)
67 33 87 come può seguitar la mia parola; Beatrice (ammiraglio)
67 33 88 e veggi vostra via da la divina Beatrice (ammiraglio)
67 33 89 distar cotanto, quanto si discorda Beatrice (ammiraglio)
67 33 90 da terra il ciel che più alto festina». Beatrice (ammiraglio)
67 33 91 Ond'io rispuosi lei: «Non mi ricorda Dante Alighieri
67 33 92 ch'i' straniasse me già mai da voi, Dante Alighieri
67 33 93 né honne coscienza che rimorda». Dante Alighieri
67 33 94 «E se tu ricordar non te ne puoi», Beatrice (ammiraglio)
67 33 95 sorridendo rispuose, «or ti rammenta Beatrice (ammiraglio)
67 33 96 come bevesti di Leté ancoi; Beatrice (ammiraglio)
67 33 97 e se dal fummo foco s'argomenta, Beatrice (ammiraglio)
67 33 98 cotesta oblivion chiaro conchiude Beatrice (ammiraglio)
67 33 99 colpa ne la tua voglia altrove attenta. Beatrice (ammiraglio)
67 33 100 Veramente oramai saranno nude Beatrice (ammiraglio)
67 33 101 le mie parole, quanto converrassi Beatrice (ammiraglio)
67 33 102 quelle scovrire a la tua vista rude». Beatrice (ammiraglio)
67 33 103 E più corusco e con più lenti passi  
67 33 104 teneva il sole il cerchio di merigge,  
67 33 105 che qua e là, come li aspetti, fassi  
67 33 106 quando s'affisser, sì come s'affigge  
67 33 107 chi va dinanzi a gente per iscorta  
67 33 108 se trova novitate o sue vestigge,  
67 33 109 le sette donne al fin d'un'ombra smorta,  
67 33 110 qual sotto foglie verdi e rami nigri  
67 33 111 sovra suoi freddi rivi l'Alpe porta.  
67 33 112 Dinanzi ad esse Eufratés e Tigri  
67 33 113 veder mi parve uscir d'una fontana,  
67 33 114 e, quasi amici, dipartirsi pigri.  
67 33 115 «O luce, o gloria de la gente umana, Dante Alighieri
67 33 116 che acqua è questa che qui si dispiega Dante Alighieri
67 33 117 da un principio e sé da sé lontana?». Dante Alighieri
67 33 118 Per cotal priego detto mi fu: «Priega Beatrice (ammiraglio)
67 33 119 Matelda che 'l ti dica». E qui rispuose, Beatrice (ammiraglio)
67 33 120 come fa chi da colpa si dislega,  
67 33 121 la bella donna: «Questo e altre cose Matelda
67 33 122 dette li son per me; e son sicura Matelda
67 33 123 che l'acqua di Leté non gliel nascose». Matelda
67 33 124 E Beatrice: «Forse maggior cura, Beatrice (ammiraglio)
67 33 125 che spesse volte la memoria priva, Beatrice (ammiraglio)
67 33 126 fatt'ha la mente sua ne li occhi oscura. Beatrice (ammiraglio)
67 33 127 Ma vedi Eunoé che là diriva: Beatrice (ammiraglio)
67 33 128 menalo ad esso, e come tu se' usa, Beatrice (ammiraglio)
67 33 129 la tramortita sua virtù ravviva». Beatrice (ammiraglio)
67 33 130 Come anima gentil, che non fa scusa,  
67 33 131 ma fa sua voglia de la voglia altrui  
67 33 132 tosto che è per segno fuor dischiusa;  
67 33 133 così, poi che da essa preso fui,  
67 33 134 la bella donna mossesi, e a Stazio  
67 33 135 donnescamente disse: «Vien con lui». Matelda
67 33 136 S'io avessi, lettor, più lungo spazio  
67 33 137 da scrivere, i' pur cantere' in parte  
67 33 138 lo dolce ber che mai non m'avrìa sazio;  
67 33 139 ma perché piene son tutte le carte  
67 33 140 ordite a questa cantica seconda,  
67 33 141 non mi lascia più ir lo fren de l'arte.  
67 33 142 Io ritornai da la santissima onda  
67 33 143 rifatto sì come piante novelle  
67 33 144 rinnovellate di novella fronda,  
67 33 145 puro e disposto a salire alle stelle.  
         
ID Canto Line PARADISO Voice
68 1 1 La gloria di colui che tutto move  
68 1 2 per l'universo penetra, e risplende  
68 1 3 in una parte più e meno altrove.  
68 1 4 Nel ciel che più de la sua luce prende  
68 1 5 fu' io, e vidi cose che ridire  
68 1 6 né sa né può chi di là sù discende;  
68 1 7 perché appressando sé al suo disire,  
68 1 8 nostro intelletto si profonda tanto,  
68 1 9 che dietro la memoria non può ire.  
68 1 10 Veramente quant'io del regno santo  
68 1 11 ne la mia mente potei far tesoro,  
68 1 12 sarà ora materia del mio canto.  
68 1 13 O buono Appollo, a l'ultimo lavoro  
68 1 14 fammi del tuo valor sì fatto vaso,  
68 1 15 come dimandi a dar l'amato alloro.  
68 1 16 Infino a qui l'un giogo di Parnaso  
68 1 17 assai mi fu; ma or con amendue  
68 1 18 m'è uopo intrar ne l'aringo rimaso.  
68 1 19 Entra nel petto mio, e spira tue  
68 1 20 sì come quando Marsia traesti  
68 1 21 de la vagina de le membra sue.  
68 1 22 O divina virtù, se mi ti presti  
68 1 23 tanto che l'ombra del beato regno  
68 1 24 segnata nel mio capo io manifesti,  
68 1 25 vedra'mi al pié del tuo diletto legno  
68 1 26 venire, e coronarmi de le foglie  
68 1 27 che la materia e tu mi farai degno.  
68 1 28 Sì rade volte, padre, se ne coglie  
68 1 29 per triunfare o cesare o poeta,  
68 1 30 colpa e vergogna de l'umane voglie,  
68 1 31 che parturir letizia in su la lieta  
68 1 32 delfica deità dovria la fronda  
68 1 33 peneia, quando alcun di sé asseta.  
68 1 34 Poca favilla gran fiamma seconda:  
68 1 35 forse di retro a me con miglior voci  
68 1 36 si pregherà perché Cirra risponda.  
68 1 37 Surge ai mortali per diverse foci  
68 1 38 la lucerna del mondo; ma da quella  
68 1 39 che quattro cerchi giugne con tre croci,  
68 1 40 con miglior corso e con migliore stella  
68 1 41 esce congiunta, e la mondana cera  
68 1 42 più a suo modo tempera e suggella.  
68 1 43 Fatto avea di là mane e di qua sera  
68 1 44 tal foce, e quasi tutto era là bianco  
68 1 45 quello emisperio, e l'altra parte nera,  
68 1 46 quando Beatrice in sul sinistro fianco  
68 1 47 vidi rivolta e riguardar nel sole:  
68 1 48 aquila sì non li s'affisse unquanco.  
68 1 49 E sì come secondo raggio suole  
68 1 50 uscir del primo e risalire in suso,  
68 1 51 pur come pelegrin che tornar vuole,  
68 1 52 così de l'atto suo, per li occhi infuso  
68 1 53 ne l'imagine mia, il mio si fece,  
68 1 54 e fissi li occhi al sole oltre nostr'uso.  
68 1 55 Molto è licito là, che qui non lece  
68 1 56 a le nostre virtù, mercé del loco  
68 1 57 fatto per proprio de l'umana spece.  
68 1 58 Io nol soffersi molto, né sì poco,  
68 1 59 ch'io nol vedessi sfavillar dintorno,  
68 1 60 com'ferro che bogliente esce del foco;  
68 1 61 e di sùbito parve giorno a giorno  
68 1 62 essere aggiunto, come quei che puote  
68 1 63 avesse il ciel d'un altro sole addorno.  
68 1 64 Beatrice tutta ne l'etterne rote  
68 1 65 fissa con li occhi stava; e io in lei  
68 1 66 le luci fissi, di là sù rimote.  
68 1 67 Nel suo aspetto tal dentro mi fei,  
68 1 68 qual si fé Glauco nel gustar de l'erba  
68 1 69 che 'l fé consorto in mar de li altri déi.  
68 1 70 Trasumanar significar per verba  
68 1 71 non si poria; però l'essemplo basti  
68 1 72 a cui esperienza grazia serba.  
68 1 73 S'i' era sol di me quel che creasti  
68 1 74 novellamente, amor che 'l ciel governi,  
68 1 75 tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti.  
68 1 76 Quando la rota che tu sempiterni  
68 1 77 desiderato, a sé mi fece atteso  
68 1 78 con l'armonia che temperi e discerni,  
68 1 79 parvemi tanto allor del cielo acceso  
68 1 80 de la fiamma del sol, che pioggia o fiume  
68 1 81 lago non fece alcun tanto disteso.  
68 1 82 La novità del suono e 'l grande lume  
68 1 83 di lor cagion m'accesero un disio  
68 1 84 mai non sentito di cotanto acume.  
68 1 85 Ond'ella, che vedea me sì com'io,  
68 1 86 a quietarmi l'animo commosso,  
68 1 87 pria ch'io a dimandar, la bocca aprio,  
68 1 88 e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso Beatrice (ammiraglio)
68 1 89 col falso imaginar, sì che non vedi Beatrice (ammiraglio)
68 1 90 ciò che vedresti se l'avessi scosso. Beatrice (ammiraglio)
68 1 91 Tu non se' in terra, sì come tu credi; Beatrice (ammiraglio)
68 1 92 ma folgore, fuggendo il proprio sito, Beatrice (ammiraglio)
68 1 93 non corse come tu ch'ad esso riedi». Beatrice (ammiraglio)
68 1 94 S'io fui del primo dubbio disvestito  
68 1 95 per le sorrise parolette brevi,  
68 1 96 dentro ad un nuovo più fu' inretito,  
68 1 97 e dissi: «Già contento requievi Dante Alighieri
68 1 98 di grande ammirazion; ma ora ammiro Dante Alighieri
68 1 99 com'io trascenda questi corpi levi». Dante Alighieri
68 1 100 Ond'ella, appresso d'un pio sospiro,  
68 1 101 li occhi drizzò ver' me con quel sembiante  
68 1 102 che madre fa sovra figlio deliro,  
68 1 103 e cominciò: «Le cose tutte quante Beatrice (ammiraglio)
68 1 104 hanno ordine tra loro, e questo è forma Beatrice (ammiraglio)
68 1 105 che l'universo a Dio fa simigliante. Beatrice (ammiraglio)
68 1 106 Qui veggion l'alte creature l'orma Beatrice (ammiraglio)
68 1 107 de l'etterno valore, il qual è fine Beatrice (ammiraglio)
68 1 108 al quale è fatta la toccata norma. Beatrice (ammiraglio)
68 1 109 Ne l'ordine ch'io dico sono accline Beatrice (ammiraglio)
68 1 110 tutte nature, per diverse sorti, Beatrice (ammiraglio)
68 1 111 più al principio loro e men vicine; Beatrice (ammiraglio)
68 1 112 onde si muovono a diversi porti Beatrice (ammiraglio)
68 1 113 per lo gran mar de l'essere, e ciascuna Beatrice (ammiraglio)
68 1 114 con istinto a lei dato che la porti. Beatrice (ammiraglio)
68 1 115 Questi ne porta il foco inver' la luna; Beatrice (ammiraglio)
68 1 116 questi ne' cor mortali è permotore; Beatrice (ammiraglio)
68 1 117 questi la terra in sé stringe e aduna; Beatrice (ammiraglio)
68 1 118 né pur le creature che son fore Beatrice (ammiraglio)
68 1 119 d'intelligenza quest'arco saetta Beatrice (ammiraglio)
68 1 120 ma quelle c'hanno intelletto e amore. Beatrice (ammiraglio)
68 1 121 La provedenza, che cotanto assetta, Beatrice (ammiraglio)
68 1 122 del suo lume fa 'l ciel sempre quieto Beatrice (ammiraglio)
68 1 123 nel qual si volge quel c'ha maggior fretta; Beatrice (ammiraglio)
68 1 124 e ora lì, come a sito decreto, Beatrice (ammiraglio)
68 1 125 cen porta la virtù di quella corda Beatrice (ammiraglio)
68 1 126 che ciò che scocca drizza in segno lieto. Beatrice (ammiraglio)
68 1 127 Vero è che, come forma non s'accorda Beatrice (ammiraglio)
68 1 128 molte fiate a l'intenzion de l'arte, Beatrice (ammiraglio)
68 1 129 perch'a risponder la materia è sorda, Beatrice (ammiraglio)
68 1 130 così da questo corso si diparte Beatrice (ammiraglio)
68 1 131 talor la creatura, c'ha podere Beatrice (ammiraglio)
68 1 132 di piegar, così pinta, in altra parte; Beatrice (ammiraglio)
68 1 133 e sì come veder si può cadere Beatrice (ammiraglio)
68 1 134 foco di nube, sì l'impeto primo Beatrice (ammiraglio)
68 1 135 l'atterra torto da falso piacere. Beatrice (ammiraglio)
68 1 136 Non dei più ammirar, se bene stimo, Beatrice (ammiraglio)
68 1 137 lo tuo salir, se non come d'un rivo Beatrice (ammiraglio)
68 1 138 se d'alto monte scende giuso ad imo. Beatrice (ammiraglio)
68 1 139 Maraviglia sarebbe in te se, privo Beatrice (ammiraglio)
68 1 140 d'impedimento, giù ti fossi assiso, Beatrice (ammiraglio)
68 1 141 com'a terra quiete in foco vivo». Beatrice (ammiraglio)
68 1 142 Quinci rivolse inver' lo cielo il viso.  
69 2 1 O voi che siete in piccioletta barca,  
69 2 2 desiderosi d'ascoltar, seguiti  
69 2 3 dietro al mio legno che cantando varca,  
69 2 4 tornate a riveder li vostri liti:  
69 2 5 non vi mettete in pelago, ché forse,  
69 2 6 perdendo me, rimarreste smarriti.  
69 2 7 L'acqua ch'io prendo già mai non si corse;  
69 2 8 Minerva spira, e conducemi Appollo,  
69 2 9 e nove Muse mi dimostran l'Orse.  
69 2 10 Voialtri pochi che drizzaste il collo  
69 2 11 per tempo al pan de li angeli, del quale  
69 2 12 vivesi qui ma non sen vien satollo,  
69 2 13 metter potete ben per l'alto sale  
69 2 14 vostro navigio, servando mio solco  
69 2 15 dinanzi a l'acqua che ritorna equale.  
69 2 16 Que' gloriosi che passaro al Colco  
69 2 17 non s'ammiraron come voi farete,  
69 2 18 quando Iasón vider fatto bifolco.  
69 2 19 La concreata e perpetua sete  
69 2 20 del deiforme regno cen portava  
69 2 21 veloci quasi come 'l ciel vedete.  
69 2 22 Beatrice in suso, e io in lei guardava;  
69 2 23 e forse in tanto in quanto un quadrel posa  
69 2 24 e vola e da la noce si dischiava,  
69 2 25 giunto mi vidi ove mirabil cosa  
69 2 26 mi torse il viso a sé; e però quella  
69 2 27 cui non potea mia cura essere ascosa,  
69 2 28 volta ver' me, sì lieta come bella,  
69 2 29 «Drizza la mente in Dio grata», mi disse, Beatrice (ammiraglio)
69 2 30 «che n'ha congiunti con la prima stella». Beatrice (ammiraglio)
69 2 31 Parev'a me che nube ne coprisse  
69 2 32 lucida, spessa, solida e pulita,  
69 2 33 quasi adamante che lo sol ferisse.  
69 2 34 Per entro sé l'etterna margarita  
69 2 35 ne ricevette, com'acqua recepe  
69 2 36 raggio di luce permanendo unita.  
69 2 37 S'io era corpo, e qui non si concepe  
69 2 38 com'una dimensione altra patio,  
69 2 39 ch'esser convien se corpo in corpo repe,  
69 2 40 accender ne dovrìa più il disio  
69 2 41 di veder quella essenza in che si vede  
69 2 42 come nostra natura e Dio s'unio.  
69 2 43 Lì si vedrà ciò che tenem per fede,  
69 2 44 non dimostrato, ma fia per sé noto  
69 2 45 a guisa del ver primo che l'uom crede.  
69 2 46 Io rispuosi: «Madonna, sì devoto Dante Alighieri
69 2 47 com'esser posso più, ringrazio lui Dante Alighieri
69 2 48 lo qual dal mortal mondo m'ha remoto. Dante Alighieri
69 2 49 Ma ditemi: che son li segni bui Dante Alighieri
69 2 50 di questo corpo, che là giuso in terra Dante Alighieri
69 2 51 fan di Cain favoleggiare altrui?». Dante Alighieri
69 2 52 Ella sorrise alquanto, e poi «S'elli erra Beatrice (ammiraglio)
69 2 53 l'oppinion», mi disse, «d'i mortali Beatrice (ammiraglio)
69 2 54 dove chiave di senso non diserra, Beatrice (ammiraglio)
69 2 55 certo non ti dovrien punger li strali Beatrice (ammiraglio)
69 2 56 d'ammirazione omai, poi dietro ai sensi Beatrice (ammiraglio)
69 2 57 vedi che la ragione ha corte l'ali. Beatrice (ammiraglio)
69 2 58 Ma dimmi quel che tu da te ne pensi». Beatrice (ammiraglio)
69 2 59 E io: «Ciò che n'appar qua sù diverso Dante Alighieri
69 2 60 credo che fanno i corpi rari e densi». Dante Alighieri
69 2 61 Ed ella: «Certo assai vedrai sommerso Beatrice (ammiraglio)
69 2 62 nel falso il creder tuo, se bene ascolti Beatrice (ammiraglio)
69 2 63 l'argomentar ch'io li farò avverso. Beatrice (ammiraglio)
69 2 64 La spera ottava vi dimostra molti Beatrice (ammiraglio)
69 2 65 lumi, li quali e nel quale e nel quanto Beatrice (ammiraglio)
69 2 66 notar si posson di diversi volti. Beatrice (ammiraglio)
69 2 67 Se raro e denso ciò facesser tanto, Beatrice (ammiraglio)
69 2 68 una sola virtù sarebbe in tutti, Beatrice (ammiraglio)
69 2 69 più e men distributa e altrettanto. Beatrice (ammiraglio)
69 2 70 Virtù diverse esser convegnon frutti Beatrice (ammiraglio)
69 2 71 di princìpi formali, e quei, for ch'uno, Beatrice (ammiraglio)
69 2 72 seguiterìeno a tua ragion distrutti. Beatrice (ammiraglio)
69 2 73 Ancor, se raro fosse di quel bruno Beatrice (ammiraglio)
69 2 74 cagion che tu dimandi, o d'oltre in parte Beatrice (ammiraglio)
69 2 75 fora di sua materia sì digiuno Beatrice (ammiraglio)
69 2 76 esto pianeto, o, sì come comparte Beatrice (ammiraglio)
69 2 77 lo grasso e 'l magro un corpo, così questo Beatrice (ammiraglio)
69 2 78 nel suo volume cangerebbe carte. Beatrice (ammiraglio)
69 2 79 Se 'l primo fosse, fora manifesto Beatrice (ammiraglio)
69 2 80 ne l'eclissi del sol per trasparere Beatrice (ammiraglio)
69 2 81 lo lume come in altro raro ingesto. Beatrice (ammiraglio)
69 2 82 Questo non é: però è da vedere Beatrice (ammiraglio)
69 2 83 de l'altro; e s'elli avvien ch'io l'altro cassi, Beatrice (ammiraglio)
69 2 84 falsificato fia lo tuo parere. Beatrice (ammiraglio)
69 2 85 S'elli è che questo raro non trapassi, Beatrice (ammiraglio)
69 2 86 esser conviene un termine da onde Beatrice (ammiraglio)
69 2 87 lo suo contrario più passar non lassi; Beatrice (ammiraglio)
69 2 88 e indi l'altrui raggio si rifonde Beatrice (ammiraglio)
69 2 89 così come color torna per vetro Beatrice (ammiraglio)
69 2 90 lo qual di retro a sé piombo nasconde. Beatrice (ammiraglio)
69 2 91 Or dirai tu ch'el si dimostra tetro Beatrice (ammiraglio)
69 2 92 ivi lo raggio più che in altre parti, Beatrice (ammiraglio)
69 2 93 per esser lì refratto più a retro. Beatrice (ammiraglio)
69 2 94 Da questa instanza può deliberarti Beatrice (ammiraglio)
69 2 95 esperienza, se già mai la provi, Beatrice (ammiraglio)
69 2 96 ch'esser suol fonte ai rivi di vostr'arti. Beatrice (ammiraglio)
69 2 97 Tre specchi prenderai; e i due rimovi Beatrice (ammiraglio)
69 2 98 da te d'un modo, e l'altro, più rimosso, Beatrice (ammiraglio)
69 2 99 tr'ambo li primi li occhi tuoi ritrovi. Beatrice (ammiraglio)
69 2 100 Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso Beatrice (ammiraglio)
69 2 101 ti stea un lume che i tre specchi accenda Beatrice (ammiraglio)
69 2 102 e torni a te da tutti ripercosso. Beatrice (ammiraglio)
69 2 103 Ben che nel quanto tanto non si stenda Beatrice (ammiraglio)
69 2 104 la vista più lontana, lì vedrai Beatrice (ammiraglio)
69 2 105 come convien ch'igualmente risplenda. Beatrice (ammiraglio)
69 2 106 Or, come ai colpi de li caldi rai Beatrice (ammiraglio)
69 2 107 de la neve riman nudo il suggetto Beatrice (ammiraglio)
69 2 108 e dal colore e dal freddo primai, Beatrice (ammiraglio)
69 2 109 così rimaso te ne l'intelletto Beatrice (ammiraglio)
69 2 110 voglio informar di luce sì vivace, Beatrice (ammiraglio)
69 2 111 che ti tremolerà nel suo aspetto. Beatrice (ammiraglio)
69 2 112 Dentro dal ciel de la divina pace Beatrice (ammiraglio)
69 2 113 si gira un corpo ne la cui virtute Beatrice (ammiraglio)
69 2 114 l'esser di tutto suo contento giace. Beatrice (ammiraglio)
69 2 115 Lo ciel seguente, c'ha tante vedute, Beatrice (ammiraglio)
69 2 116 quell'esser parte per diverse essenze, Beatrice (ammiraglio)
69 2 117 da lui distratte e da lui contenute. Beatrice (ammiraglio)
69 2 118 Li altri giron per varie differenze Beatrice (ammiraglio)
69 2 119 le distinzion che dentro da sé hanno Beatrice (ammiraglio)
69 2 120 dispongono a lor fini e lor semenze. Beatrice (ammiraglio)
69 2 121 Questi organi del mondo così vanno, Beatrice (ammiraglio)
69 2 122 come tu vedi omai, di grado in grado, Beatrice (ammiraglio)
69 2 123 che di sù prendono e di sotto fanno. Beatrice (ammiraglio)
69 2 124 Riguarda bene omai sì com'io vado Beatrice (ammiraglio)
69 2 125 per questo loco al vero che disiri, Beatrice (ammiraglio)
69 2 126 sì che poi sappi sol tener lo guado. Beatrice (ammiraglio)
69 2 127 Lo moto e la virtù d'i santi giri, Beatrice (ammiraglio)
69 2 128 come dal fabbro l'arte del martello, Beatrice (ammiraglio)
69 2 129 da' beati motor convien che spiri; Beatrice (ammiraglio)
69 2 130 e 'l ciel cui tanti lumi fanno bello, Beatrice (ammiraglio)
69 2 131 de la mente profonda che lui volve Beatrice (ammiraglio)
69 2 132 prende l'image e fassene suggello. Beatrice (ammiraglio)
69 2 133 E come l'alma dentro a vostra polve Beatrice (ammiraglio)
69 2 134 per differenti membra e conformate Beatrice (ammiraglio)
69 2 135 a diverse potenze si risolve, Beatrice (ammiraglio)
69 2 136 così l'intelligenza sua bontate Beatrice (ammiraglio)
69 2 137 multiplicata per le stelle spiega, Beatrice (ammiraglio)
69 2 138 girando sé sovra sua unitate. Beatrice (ammiraglio)
69 2 139 Virtù diversa fa diversa lega Beatrice (ammiraglio)
69 2 140 col prezioso corpo ch'ella avviva, Beatrice (ammiraglio)
69 2 141 nel qual, sì come vita in voi, si lega. Beatrice (ammiraglio)
69 2 142 Per la natura lieta onde deriva, Beatrice (ammiraglio)
69 2 143 la virtù mista per lo corpo luce Beatrice (ammiraglio)
69 2 144 come letizia per pupilla viva. Beatrice (ammiraglio)
69 2 145 Da essa vien ciò che da luce a luce Beatrice (ammiraglio)
69 2 146 par differente, non da denso e raro; Beatrice (ammiraglio)
69 2 147 essa è formal principio che produce, Beatrice (ammiraglio)
69 2 148 conforme a sua bontà, lo turbo e 'l chiaro». Beatrice (ammiraglio)
70 3 1 Quel sol che pria d'amor mi scaldò 'l petto,  
70 3 2 di bella verità m'avea scoverto,  
70 3 3 provando e riprovando, il dolce aspetto;  
70 3 4 e io, per confessar corretto e certo  
70 3 5 me stesso, tanto quanto si convenne  
70 3 6 leva' il capo a proferer più erto;  
70 3 7 ma visione apparve che ritenne  
70 3 8 a sé me tanto stretto, per vedersi,  
70 3 9 che di mia confession non mi sovvenne.  
70 3 10 Quali per vetri trasparenti e tersi,  
70 3 11 o ver per acque nitide e tranquille,  
70 3 12 non sì profonde che i fondi sien persi,  
70 3 13 tornan d'i nostri visi le postille  
70 3 14 debili sì, che perla in bianca fronte  
70 3 15 non vien men forte a le nostre pupille;  
70 3 16 tali vid'io più facce a parlar pronte;  
70 3 17 per ch'io dentro a l'error contrario corsi  
70 3 18 a quel ch'accese amor tra l'omo e 'l fonte.  
70 3 19 Sùbito sì com'io di lor m'accorsi,  
70 3 20 quelle stimando specchiati sembianti,  
70 3 21 per veder di cui fosser, li occhi torsi;  
70 3 22 e nulla vidi, e ritorsili avanti  
70 3 23 dritti nel lume de la dolce guida,  
70 3 24 che, sorridendo, ardea ne li occhi santi.  
70 3 25 «Non ti maravigliar perch'io sorrida», Beatrice (ammiraglio)
70 3 26 mi disse, «appresso il tuo pueril coto, Beatrice (ammiraglio)
70 3 27 poi sopra 'l vero ancor lo pié non fida, Beatrice (ammiraglio)
70 3 28 ma te rivolve, come suole, a vòto: Beatrice (ammiraglio)
70 3 29 vere sustanze son ciò che tu vedi, Beatrice (ammiraglio)
70 3 30 qui rilegate per manco di voto. Beatrice (ammiraglio)
70 3 31 Però parla con esse e odi e credi; Beatrice (ammiraglio)
70 3 32 ché la verace luce che li appaga Beatrice (ammiraglio)
70 3 33 da sé non lascia lor torcer li piedi». Beatrice (ammiraglio)
70 3 34 E io a l'ombra che parea più vaga  
70 3 35 di ragionar, drizza'mi, e cominciai,  
70 3 36 quasi com'uom cui troppa voglia smaga:  
70 3 37 «O ben creato spirito, che a' rai Dante Alighieri
70 3 38 di vita etterna la dolcezza senti Dante Alighieri
70 3 39 che, non gustata, non s'intende mai, Dante Alighieri
70 3 40 grazioso mi fia se mi contenti Dante Alighieri
70 3 41 del nome tuo e de la vostra sorte». Dante Alighieri
70 3 42 Ond'ella, pronta e con occhi ridenti:  
70 3 43 «La nostra carità non serra porte Piccarda Donati
70 3 44 a giusta voglia, se non come quella Piccarda Donati
70 3 45 che vuol simile a sé tutta sua corte. Piccarda Donati
70 3 46 I' fui nel mondo vergine sorella; Piccarda Donati
70 3 47 e se la mente tua ben sé riguarda, Piccarda Donati
70 3 48 non mi ti celerà l'esser più bella, Piccarda Donati
70 3 49 ma riconoscerai ch'i' son Piccarda, Piccarda Donati
70 3 50 che, posta qui con questi altri beati, Piccarda Donati
70 3 51 beata sono in la spera più tarda. Piccarda Donati
70 3 52 Li nostri affetti, che solo infiammati Piccarda Donati
70 3 53 son nel piacer de lo Spirito Santo, Piccarda Donati
70 3 54 letizian del suo ordine formati. Piccarda Donati
70 3 55 E questa sorte che par giù cotanto, Piccarda Donati
70 3 56 però n'è data, perché fuor negletti Piccarda Donati
70 3 57 li nostri voti, e vòti in alcun canto». Piccarda Donati
70 3 58 Ond'io a lei: «Ne' mirabili aspetti Dante Alighieri
70 3 59 vostri risplende non so che divino Dante Alighieri
70 3 60 che vi trasmuta da' primi concetti: Dante Alighieri
70 3 61 però non fui a rimembrar festino; Dante Alighieri
70 3 62 ma or m'aiuta ciò che tu mi dici, Dante Alighieri
70 3 63 sì che raffigurar m'è più latino. Dante Alighieri
70 3 64 Ma dimmi: voi che siete qui felici, Dante Alighieri
70 3 65 disiderate voi più alto loco Dante Alighieri
70 3 66 per più vedere e per più farvi amici?». Dante Alighieri
70 3 67 Con quelle altr'ombre pria sorrise un poco;  
70 3 68 da indi mi rispuose tanto lieta,  
70 3 69 ch'arder parea d'amor nel primo foco:  
70 3 70 «Frate, la nostra volontà quieta Piccarda Donati
70 3 71 virtù di carità, che fa volerne Piccarda Donati
70 3 72 sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta. Piccarda Donati
70 3 73 Se disiassimo esser più superne, Piccarda Donati
70 3 74 foran discordi li nostri disiri Piccarda Donati
70 3 75 dal voler di colui che qui ne cerne; Piccarda Donati
70 3 76 che vedrai non capere in questi giri, Piccarda Donati
70 3 77 s'essere in carità è qui necesse, Piccarda Donati
70 3 78 e se la sua natura ben rimiri. Piccarda Donati
70 3 79 Anzi è formale ad esto beato esse Piccarda Donati
70 3 80 tenersi dentro a la divina voglia, Piccarda Donati
70 3 81 per ch'una fansi nostre voglie stesse; Piccarda Donati
70 3 82 sì che, come noi sem di soglia in soglia Piccarda Donati
70 3 83 per questo regno, a tutto il regno piace Piccarda Donati
70 3 84 com'a lo re che 'n suo voler ne 'nvoglia. Piccarda Donati
70 3 85 E 'n la sua volontade è nostra pace: Piccarda Donati
70 3 86 ell'è quel mare al qual tutto si move Piccarda Donati
70 3 87 ciò ch'ella cria o che natura face». Piccarda Donati
70 3 88 Chiaro mi fu allor come ogne dove  
70 3 89 in cielo è paradiso, etsi la grazia  
70 3 90 del sommo ben d'un modo non vi piove.  
70 3 91 Ma sì com'elli avvien, s'un cibo sazia  
70 3 92 e d'un altro rimane ancor la gola,  
70 3 93 che quel si chere e di quel si ringrazia,  
70 3 94 così fec'io con atto e con parola,  
70 3 95 per apprender da lei qual fu la tela  
70 3 96 onde non trasse infino a co la spuola.  
70 3 97 «Perfetta vita e alto merto inciela Piccarda Donati
70 3 98 donna più sù», mi disse, «a la cui norma Piccarda Donati
70 3 99 nel vostro mondo giù si veste e vela, Piccarda Donati
70 3 100 perché fino al morir si vegghi e dorma Piccarda Donati
70 3 101 con quello sposo ch'ogne voto accetta Piccarda Donati
70 3 102 che caritate a suo piacer conforma. Piccarda Donati
70 3 103 Dal mondo, per seguirla, giovinetta Piccarda Donati
70 3 104 fuggi'mi, e nel suo abito mi chiusi Piccarda Donati
70 3 105 e promisi la via de la sua setta. Piccarda Donati
70 3 106 Uomini poi, a mal più ch'a bene usi, Piccarda Donati
70 3 107 fuor mi rapiron de la dolce chiostra: Piccarda Donati
70 3 108 Iddio si sa qual poi mia vita fusi. Piccarda Donati
70 3 109 E quest'altro splendor che ti si mostra Piccarda Donati
70 3 110 da la mia destra parte e che s'accende Piccarda Donati
70 3 111 di tutto il lume de la spera nostra, Piccarda Donati
70 3 112 ciò ch'io dico di me, di sé intende; Piccarda Donati
70 3 113 sorella fu, e così le fu tolta Piccarda Donati
70 3 114 di capo l'ombra de le sacre bende. Piccarda Donati
70 3 115 Ma poi che pur al mondo fu rivolta Piccarda Donati
70 3 116 contra suo grado e contra buona usanza, Piccarda Donati
70 3 117 non fu dal vel del cor già mai disciolta. Piccarda Donati
70 3 118 Quest'è la luce de la gran Costanza Piccarda Donati
70 3 119 che del secondo vento di Soave Piccarda Donati
70 3 120 generò 'l terzo e l'ultima possanza». Piccarda Donati
70 3 121 Così parlommi, e poi cominciò 'Ave,  
70 3 122 Maria' cantando, e cantando vanio  
70 3 123 come per acqua cupa cosa grave.  
70 3 124 La vista mia, che tanto lei seguio  
70 3 125 quanto possibil fu, poi che la perse,  
70 3 126 volsesi al segno di maggior disio,  
70 3 127 e a Beatrice tutta si converse;  
70 3 128 ma quella folgorò nel mio sguardo  
70 3 129 sì che da prima il viso non sofferse;  
70 3 130 e ciò mi fece a dimandar più tardo.  
71 4 1 Intra due cibi, distanti e moventi  
71 4 2 d'un modo, prima si morria di fame,  
71 4 3 che liber'omo l'un recasse ai denti;  
71 4 4 sì si starebbe un agno intra due brame  
71 4 5 di fieri lupi, igualmente temendo;  
71 4 6 sì si starebbe un cane intra due dame:  
71 4 7 per che, s'i' mi tacea, me non riprendo,  
71 4 8 da li miei dubbi d'un modo sospinto,  
71 4 9 poi ch'era necessario, né commendo.  
71 4 10 Io mi tacea, ma 'l mio disir dipinto  
71 4 11 m'era nel viso, e 'l dimandar con ello,  
71 4 12 più caldo assai che per parlar distinto.  
71 4 13 Fé sì Beatrice qual fé Daniello,  
71 4 14 Nabuccodonosor levando d'ira,  
71 4 15 che l'avea fatto ingiustamente fello;  
71 4 16 e disse: «Io veggio ben come ti tira Beatrice (ammiraglio)
71 4 17 uno e altro disio, sì che tua cura Beatrice (ammiraglio)
71 4 18 sé stessa lega sì che fuor non spira. Beatrice (ammiraglio)
71 4 19 Tu argomenti: "Se 'l buon voler dura, Beatrice (ammiraglio)
71 4 20 la violenza altrui per qual ragione Beatrice (ammiraglio)
71 4 21 di meritar mi scema la misura?". Beatrice (ammiraglio)
71 4 22 Ancor di dubitar ti dà cagione Beatrice (ammiraglio)
71 4 23 parer tornarsi l'anime a le stelle, Beatrice (ammiraglio)
71 4 24 secondo la sentenza di Platone. Beatrice (ammiraglio)
71 4 25 Queste son le question che nel tuo velle Beatrice (ammiraglio)
71 4 26 pontano igualmente; e però pria Beatrice (ammiraglio)
71 4 27 tratterò quella che più ha di felle. Beatrice (ammiraglio)
71 4 28 D'i Serafin colui che più s'india, Beatrice (ammiraglio)
71 4 29 Moisé, Samuel, e quel Giovanni Beatrice (ammiraglio)
71 4 30 che prender vuoli, io dico, non Maria, Beatrice (ammiraglio)
71 4 31 non hanno in altro cielo i loro scanni Beatrice (ammiraglio)
71 4 32 che questi spirti che mo t'appariro, Beatrice (ammiraglio)
71 4 33 né hanno a l'esser lor più o meno anni; Beatrice (ammiraglio)
71 4 34 ma tutti fanno bello il primo giro, Beatrice (ammiraglio)
71 4 35 e differentemente han dolce vita Beatrice (ammiraglio)
71 4 36 per sentir più e men l'etterno spiro. Beatrice (ammiraglio)
71 4 37 Qui si mostraro, non perché sortita Beatrice (ammiraglio)
71 4 38 sia questa spera lor, ma per far segno Beatrice (ammiraglio)
71 4 39 de la celestial c'ha men salita. Beatrice (ammiraglio)
71 4 40 Così parlar conviensi al vostro ingegno, Beatrice (ammiraglio)
71 4 41 però che solo da sensato apprende Beatrice (ammiraglio)
71 4 42 ciò che fa poscia d'intelletto degno. Beatrice (ammiraglio)
71 4 43 Per questo la Scrittura condescende Beatrice (ammiraglio)
71 4 44 a vostra facultate, e piedi e mano Beatrice (ammiraglio)
71 4 45 attribuisce a Dio, e altro intende; Beatrice (ammiraglio)
71 4 46 e Santa Chiesa con aspetto umano Beatrice (ammiraglio)
71 4 47 Gabriel e Michel vi rappresenta, Beatrice (ammiraglio)
71 4 48 e l'altro che Tobia rifece sano. Beatrice (ammiraglio)
71 4 49 Quel che Timeo de l'anime argomenta Beatrice (ammiraglio)
71 4 50 non è simile a ciò che qui si vede, Beatrice (ammiraglio)
71 4 51 però che, come dice, par che senta. Beatrice (ammiraglio)
71 4 52 Dice che l'alma a la sua stella riede, Beatrice (ammiraglio)
71 4 53 credendo quella quindi esser decisa Beatrice (ammiraglio)
71 4 54 quando natura per forma la diede; Beatrice (ammiraglio)
71 4 55 e forse sua sentenza è d'altra guisa Beatrice (ammiraglio)
71 4 56 che la voce non suona, ed esser puote Beatrice (ammiraglio)
71 4 57 con intenzion da non esser derisa. Beatrice (ammiraglio)
71 4 58 S'elli intende tornare a queste ruote Beatrice (ammiraglio)
71 4 59 l'onor de la influenza e 'l biasmo, forse Beatrice (ammiraglio)
71 4 60 in alcun vero suo arco percuote. Beatrice (ammiraglio)
71 4 61 Questo principio, male inteso, torse Beatrice (ammiraglio)
71 4 62 già tutto il mondo quasi, sì che Giove, Beatrice (ammiraglio)
71 4 63 Mercurio e Marte a nominar trascorse. Beatrice (ammiraglio)
71 4 64 L'altra dubitazion che ti commove Beatrice (ammiraglio)
71 4 65 ha men velen, però che sua malizia Beatrice (ammiraglio)
71 4 66 non ti poria menar da me altrove. Beatrice (ammiraglio)
71 4 67 Parere ingiusta la nostra giustizia Beatrice (ammiraglio)
71 4 68 ne li occhi d'i mortali, è argomento Beatrice (ammiraglio)
71 4 69 di fede e non d'eretica nequizia. Beatrice (ammiraglio)
71 4 70 Ma perché puote vostro accorgimento Beatrice (ammiraglio)
71 4 71 ben penetrare a questa veritate, Beatrice (ammiraglio)
71 4 72 come disiri, ti farò contento. Beatrice (ammiraglio)
71 4 73 Se violenza è quando quel che pate Beatrice (ammiraglio)
71 4 74 niente conferisce a quel che sforza, Beatrice (ammiraglio)
71 4 75 non fuor quest'alme per essa scusate; Beatrice (ammiraglio)
71 4 76 ché volontà, se non vuol, non s'ammorza, Beatrice (ammiraglio)
71 4 77 ma fa come natura face in foco, Beatrice (ammiraglio)
71 4 78 se mille volte violenza il torza. Beatrice (ammiraglio)
71 4 79 Per che, s'ella si piega assai o poco, Beatrice (ammiraglio)
71 4 80 segue la forza; e così queste fero Beatrice (ammiraglio)
71 4 81 possendo rifuggir nel santo loco. Beatrice (ammiraglio)
71 4 82 Se fosse stato lor volere intero, Beatrice (ammiraglio)
71 4 83 come tenne Lorenzo in su la grada, Beatrice (ammiraglio)
71 4 84 e fece Muzio a la sua man severo, Beatrice (ammiraglio)
71 4 85 così l'avria ripinte per la strada Beatrice (ammiraglio)
71 4 86 ond'eran tratte, come fuoro sciolte; Beatrice (ammiraglio)
71 4 87 ma così salda voglia è troppo rada. Beatrice (ammiraglio)
71 4 88 E per queste parole, se ricolte Beatrice (ammiraglio)
71 4 89 l'hai come dei, è l'argomento casso Beatrice (ammiraglio)
71 4 90 che t'avria fatto noia ancor più volte. Beatrice (ammiraglio)
71 4 91 Ma or ti s'attraversa un altro passo Beatrice (ammiraglio)
71 4 92 dinanzi a li occhi, tal che per te stesso Beatrice (ammiraglio)
71 4 93 non usciresti: pria saresti lasso. Beatrice (ammiraglio)
71 4 94 Io t'ho per certo ne la mente messo Beatrice (ammiraglio)
71 4 95 ch'alma beata non poria mentire, Beatrice (ammiraglio)
71 4 96 però ch'è sempre al primo vero appresso; Beatrice (ammiraglio)
71 4 97 e poi potesti da Piccarda udire Beatrice (ammiraglio)
71 4 98 che l'affezion del vel Costanza tenne; Beatrice (ammiraglio)
71 4 99 sì ch'ella par qui meco contradire. Beatrice (ammiraglio)
71 4 100 Molte fiate già, frate, addivenne Beatrice (ammiraglio)
71 4 101 che, per fuggir periglio, contra grato Beatrice (ammiraglio)
71 4 102 si fé di quel che far non si convenne; Beatrice (ammiraglio)
71 4 103 come Almeone, che, di ciò pregato Beatrice (ammiraglio)
71 4 104 dal padre suo, la propria madre spense, Beatrice (ammiraglio)
71 4 105 per non perder pietà, si fé spietato. Beatrice (ammiraglio)
71 4 106 A questo punto voglio che tu pense Beatrice (ammiraglio)
71 4 107 che la forza al voler si mischia, e fanno Beatrice (ammiraglio)
71 4 108 sì che scusar non si posson l'offense. Beatrice (ammiraglio)
71 4 109 Voglia assoluta non consente al danno; Beatrice (ammiraglio)
71 4 110 ma consentevi in tanto in quanto teme, Beatrice (ammiraglio)
71 4 111 se si ritrae, cadere in più affanno. Beatrice (ammiraglio)
71 4 112 Però, quando Piccarda quello spreme, Beatrice (ammiraglio)
71 4 113 de la voglia assoluta intende, e io Beatrice (ammiraglio)
71 4 114 de l'altra; sì che ver diciamo insieme». Beatrice (ammiraglio)
71 4 115 Cotal fu l'ondeggiar del santo rio  
71 4 116 ch'uscì del fonte ond'ogne ver deriva;  
71 4 117 tal puose in pace uno e altro disio.  
71 4 118 «O amanza del primo amante, o diva», Dante Alighieri
71 4 119 diss'io appresso, «il cui parlar m'inonda Dante Alighieri
71 4 120 e scalda sì, che più e più m'avviva, Dante Alighieri
71 4 121 non è l'affezion mia tanto profonda, Dante Alighieri
71 4 122 che basti a render voi grazia per grazia; Dante Alighieri
71 4 123 ma quei che vede e puote a ciò risponda. Dante Alighieri
71 4 124 Io veggio ben che già mai non si sazia Dante Alighieri
71 4 125 nostro intelletto, se 'l ver non lo illustra Dante Alighieri
71 4 126 di fuor dal qual nessun vero si spazia. Dante Alighieri
71 4 127 Posasi in esso, come fera in lustra, Dante Alighieri
71 4 128 tosto che giunto l'ha; e giugner puollo: Dante Alighieri
71 4 129 se non, ciascun disio sarebbe frustra. Dante Alighieri
71 4 130 Nasce per quello, a guisa di rampollo, Dante Alighieri
71 4 131 a pié del vero il dubbio; ed è natura Dante Alighieri
71 4 132 ch'al sommo pinge noi di collo in collo. Dante Alighieri
71 4 133 Questo m'invita, questo m'assicura Dante Alighieri
71 4 134 con reverenza, donna, a dimandarvi Dante Alighieri
71 4 135 d'un'altra verità che m'è oscura. Dante Alighieri
71 4 136 Io vo' saper se l'uom può sodisfarvi Dante Alighieri
71 4 137 ai voti manchi sì con altri beni, Dante Alighieri
71 4 138 ch'a la vostra statera non sien parvi». Dante Alighieri
71 4 139 Beatrice mi guardò con li occhi pieni  
71 4 140 di faville d'amor così divini,  
71 4 141 che, vinta, mia virtute dié le reni,  
71 4 142 e quasi mi perdei con li occhi chini.  
72 5 1 «S'io ti fiammeggio nel caldo d'amore Beatrice (ammiraglio)
72 5 2 di là dal modo che 'n terra si vede, Beatrice (ammiraglio)
72 5 3 sì che del viso tuo vinco il valore, Beatrice (ammiraglio)
72 5 4 non ti maravigliar; ché ciò procede Beatrice (ammiraglio)
72 5 5 da perfetto veder, che, come apprende, Beatrice (ammiraglio)
72 5 6 così nel bene appreso move il piede. Beatrice (ammiraglio)
72 5 7 Io veggio ben sì come già resplende Beatrice (ammiraglio)
72 5 8 ne l'intelletto tuo l'etterna luce, Beatrice (ammiraglio)
72 5 9 che, vista, sola e sempre amore accende; Beatrice (ammiraglio)
72 5 10 e s'altra cosa vostro amor seduce, Beatrice (ammiraglio)
72 5 11 non è se non di quella alcun vestigio, Beatrice (ammiraglio)
72 5 12 mal conosciuto, che quivi traluce. Beatrice (ammiraglio)
72 5 13 Tu vuo' saper se con altro servigio, Beatrice (ammiraglio)
72 5 14 per manco voto, si può render tanto Beatrice (ammiraglio)
72 5 15 che l'anima sicuri di letigio». Beatrice (ammiraglio)
72 5 16 Sì cominciò Beatrice questo canto;  
72 5 17 e sì com'uom che suo parlar non spezza,  
72 5 18 continuò così 'l processo santo:  
72 5 19 «Lo maggior don che Dio per sua larghezza Beatrice (ammiraglio)
72 5 20 fesse creando, e a la sua bontate Beatrice (ammiraglio)
72 5 21 più conformato, e quel ch'e' più apprezza, Beatrice (ammiraglio)
72 5 22 fu de la volontà la libertate; Beatrice (ammiraglio)
72 5 23 di che le creature intelligenti, Beatrice (ammiraglio)
72 5 24 e tutte e sole, fuoro e son dotate. Beatrice (ammiraglio)
72 5 25 Or ti parrà, se tu quinci argomenti, Beatrice (ammiraglio)
72 5 26 l'alto valor del voto, s'è sì fatto Beatrice (ammiraglio)
72 5 27 che Dio consenta quando tu consenti; Beatrice (ammiraglio)
72 5 28 ché, nel fermar tra Dio e l'uomo il patto, Beatrice (ammiraglio)
72 5 29 vittima fassi di questo tesoro, Beatrice (ammiraglio)
72 5 30 tal quale io dico; e fassi col suo atto. Beatrice (ammiraglio)
72 5 31 Dunque che render puossi per ristoro? Beatrice (ammiraglio)
72 5 32 Se credi bene usar quel c'hai offerto, Beatrice (ammiraglio)
72 5 33 di maltolletto vuo' far buon lavoro. Beatrice (ammiraglio)
72 5 34 Tu se' omai del maggior punto certo; Beatrice (ammiraglio)
72 5 35 ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa, Beatrice (ammiraglio)
72 5 36 che par contra lo ver ch'i' t'ho scoverto, Beatrice (ammiraglio)
72 5 37 convienti ancor sedere un poco a mensa, Beatrice (ammiraglio)
72 5 38 però che 'l cibo rigido c'hai preso, Beatrice (ammiraglio)
72 5 39 richiede ancora aiuto a tua dispensa. Beatrice (ammiraglio)
72 5 40 Apri la mente a quel ch'io ti paleso Beatrice (ammiraglio)
72 5 41 e fermalvi entro; ché non fa scienza, Beatrice (ammiraglio)
72 5 42 sanza lo ritenere, avere inteso. Beatrice (ammiraglio)
72 5 43 Due cose si convegnono a l'essenza Beatrice (ammiraglio)
72 5 44 di questo sacrificio: l'una è quella Beatrice (ammiraglio)
72 5 45 di che si fa; l'altr'è la convenenza. Beatrice (ammiraglio)
72 5 46 Quest'ultima già mai non si cancella Beatrice (ammiraglio)
72 5 47 se non servata; e intorno di lei Beatrice (ammiraglio)
72 5 48 sì preciso di sopra si favella: Beatrice (ammiraglio)
72 5 49 però necessitato fu a li Ebrei Beatrice (ammiraglio)
72 5 50 pur l'offerere, ancor ch'alcuna offerta Beatrice (ammiraglio)
72 5 51 sì permutasse, come saver dei. Beatrice (ammiraglio)
72 5 52 L'altra, che per materia t'è aperta, Beatrice (ammiraglio)
72 5 53 puote ben esser tal, che non si falla Beatrice (ammiraglio)
72 5 54 se con altra materia si converta. Beatrice (ammiraglio)
72 5 55 Ma non trasmuti carco a la sua spalla Beatrice (ammiraglio)
72 5 56 per suo arbitrio alcun, sanza la volta Beatrice (ammiraglio)
72 5 57 e de la chiave bianca e de la gialla; Beatrice (ammiraglio)
72 5 58 e ogne permutanza credi stolta, Beatrice (ammiraglio)
72 5 59 se la cosa dimessa in la sorpresa Beatrice (ammiraglio)
72 5 60 come 'l quattro nel sei non è raccolta. Beatrice (ammiraglio)
72 5 61 Però qualunque cosa tanto pesa Beatrice (ammiraglio)
72 5 62 per suo valor che tragga ogne bilancia, Beatrice (ammiraglio)
72 5 63 sodisfar non si può con altra spesa. Beatrice (ammiraglio)
72 5 64 Non prendan li mortali il voto a ciancia; Beatrice (ammiraglio)
72 5 65 siate fedeli, e a ciò far non bieci, Beatrice (ammiraglio)
72 5 66 come Iepté a la sua prima mancia; Beatrice (ammiraglio)
72 5 67 cui più si convenia dicer 'Mal feci', Beatrice (ammiraglio)
72 5 68 che, servando, far peggio; e così stolto Beatrice (ammiraglio)
72 5 69 ritrovar puoi il gran duca de' Greci, Beatrice (ammiraglio)
72 5 70 onde pianse Efigénia il suo bel volto, Beatrice (ammiraglio)
72 5 71 e fé pianger di sé i folli e i savi Beatrice (ammiraglio)
72 5 72 ch'udir parlar di così fatto cólto. Beatrice (ammiraglio)
72 5 73 Siate, Cristiani, a muovervi più gravi: Beatrice (ammiraglio)
72 5 74 non siate come penna ad ogne vento, Beatrice (ammiraglio)
72 5 75 e non crediate ch'ogne acqua vi lavi. Beatrice (ammiraglio)
72 5 76 Avete il novo e 'l vecchio Testamento, Beatrice (ammiraglio)
72 5 77 e 'l pastor de la Chiesa che vi guida; Beatrice (ammiraglio)
72 5 78 questo vi basti a vostro salvamento. Beatrice (ammiraglio)
72 5 79 Se mala cupidigia altro vi grida, Beatrice (ammiraglio)
72 5 80 uomini siate, e non pecore matte, Beatrice (ammiraglio)
72 5 81 sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida! Beatrice (ammiraglio)
72 5 82 Non fate com'agnel che lascia il latte Beatrice (ammiraglio)
72 5 83 de la sua madre, e semplice e lascivo Beatrice (ammiraglio)
72 5 84 seco medesmo a suo piacer combatte!». Beatrice (ammiraglio)
72 5 85 Così Beatrice a me com'io scrivo;  
72 5 86 poi si rivolse tutta disiante  
72 5 87 a quella parte ove 'l mondo è più vivo.  
72 5 88 Lo suo tacere e 'l trasmutar sembiante  
72 5 89 puoser silenzio al mio cupido ingegno,  
72 5 90 che già nuove questioni avea davante;  
72 5 91 e sì come saetta che nel segno  
72 5 92 percuote pria che sia la corda queta,  
72 5 93 così corremmo nel secondo regno.  
72 5 94 Quivi la donna mia vid'io sì lieta,  
72 5 95 come nel lume di quel ciel si mise,  
72 5 96 che più lucente se ne fé 'l pianeta.  
72 5 97 E se la stella si cambiò e rise,  
72 5 98 qual mi fec'io che pur da mia natura  
72 5 99 trasmutabile son per tutte guise!  
72 5 100 Come 'n peschiera ch'è tranquilla e pura  
72 5 101 traggonsi i pesci a ciò che vien di fori  
72 5 102 per modo che lo stimin lor pastura,  
72 5 103 sì vid'io ben più di mille splendori  
72 5 104 trarsi ver' noi, e in ciascun s'udìa:  
72 5 105 «Ecco chi crescerà li nostri amori». Anime Beate
72 5 106 E sì come ciascuno a noi venìa,  
72 5 107 vedeasi l'ombra piena di letizia  
72 5 108 nel folgór chiaro che di lei uscia.  
72 5 109 Pensa, lettor, se quel che qui s'inizia  
72 5 110 non procedesse, come tu avresti  
72 5 111 di più savere angosciosa carizia;  
72 5 112 e per te vederai come da questi  
72 5 113 m'era in disio d'udir lor condizioni,  
72 5 114 sì come a li occhi mi fur manifesti.  
72 5 115 «O bene nato a cui veder li troni Anime Beate
72 5 116 del triunfo etternal concede grazia Anime Beate
72 5 117 prima che la milizia s'abbandoni, Anime Beate
72 5 118 del lume che per tutto il ciel si spazia Anime Beate
72 5 119 noi semo accesi; e però, se disii Anime Beate
72 5 120 di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia». Anime Beate
72 5 121 Così da un di quelli spirti pii  
72 5 122 detto mi fu; e da Beatrice: «Dì, dì Beatrice (ammiraglio)
72 5 123 sicuramente, e credi come a dii». Beatrice (ammiraglio)
72 5 124 «Io veggio ben sì come tu t'annidi Dante Alighieri
72 5 125 nel proprio lume, e che de li occhi il traggi, Dante Alighieri
72 5 126 perch'e' corusca sì come tu ridi; Dante Alighieri
72 5 127 ma non so chi tu se', né perché aggi, Dante Alighieri
72 5 128 anima degna, il grado de la spera Dante Alighieri
72 5 129 che si vela a' mortai con altrui raggi». Dante Alighieri
72 5 130 Questo diss'io diritto alla lumera  
72 5 131 che pria m'avea parlato; ond'ella fessi  
72 5 132 lucente più assai di quel ch'ell'era.  
72 5 133 Sì come il sol che si cela elli stessi  
72 5 134 per troppa luce, come 'l caldo ha róse  
72 5 135 le temperanze d'i vapori spessi,  
72 5 136 per più letizia sì mi si nascose  
72 5 137 dentro al suo raggio la figura santa;  
72 5 138 e così chiusa chiusa mi rispuose  
72 5 139 nel modo che 'l seguente canto canta.  
73 6 1 «Poscia che Costantin l'aquila volse Giustiniano I di Bisanzio
73 6 2 contr'al corso del ciel, ch'ella seguio Giustiniano I di Bisanzio
73 6 3 dietro a l'antico che Lavina tolse, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 4 cento e cent'anni e più l'uccel di Dio Giustiniano I di Bisanzio
73 6 5 ne lo stremo d'Europa si ritenne, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 6 vicino a' monti de' quai prima uscìo; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 7 e sotto l'ombra de le sacre penne Giustiniano I di Bisanzio
73 6 8 governò 'l mondo lì di mano in mano, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 9 e, sì cangiando, in su la mia pervenne. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 10 Cesare fui e son Iustiniano, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 11 che, per voler del primo amor ch'i' sento, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 12 d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 13 E prima ch'io a l'ovra fossi attento, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 14 una natura in Cristo esser, non più, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 15 credea, e di tal fede era contento; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 16 ma 'l benedetto Agapito, che fue Giustiniano I di Bisanzio
73 6 17 sommo pastore, a la fede sincera Giustiniano I di Bisanzio
73 6 18 mi dirizzò con le parole sue. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 19 Io li credetti; e ciò che 'n sua fede era, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 20 vegg'io or chiaro sì, come tu vedi Giustiniano I di Bisanzio
73 6 21 ogni contradizione e falsa e vera. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 22 Tosto che con la Chiesa mossi i piedi, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 23 a Dio per grazia piacque di spirarmi Giustiniano I di Bisanzio
73 6 24 l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 25 e al mio Belisar commendai l'armi, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 26 cui la destra del ciel fu sì congiunta, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 27 che segno fu ch'i' dovessi posarmi. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 28 Or qui a la question prima s'appunta Giustiniano I di Bisanzio
73 6 29 la mia risposta; ma sua condizione Giustiniano I di Bisanzio
73 6 30 mi stringe a seguitare alcuna giunta, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 31 perché tu veggi con quanta ragione Giustiniano I di Bisanzio
73 6 32 si move contr'al sacrosanto segno Giustiniano I di Bisanzio
73 6 33 e chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 34 Vedi quanta virtù l'ha fatto degno Giustiniano I di Bisanzio
73 6 35 di reverenza; e cominciò da l'ora Giustiniano I di Bisanzio
73 6 36 che Pallante morì per darli regno. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 37 Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora Giustiniano I di Bisanzio
73 6 38 per trecento anni e oltre, infino al fine Giustiniano I di Bisanzio
73 6 39 che i tre a' tre pugnar per lui ancora. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 40 E sai ch'el fé dal mal de le Sabine Giustiniano I di Bisanzio
73 6 41 al dolor di Lucrezia in sette regi, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 42 vincendo intorno le genti vicine. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 43 Sai quel ch'el fé portato da li egregi Giustiniano I di Bisanzio
73 6 44 Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 45 incontro a li altri principi e collegi; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 46 onde Torquato e Quinzio, che dal cirro Giustiniano I di Bisanzio
73 6 47 negletto fu nomato, i Deci e ' Fabi Giustiniano I di Bisanzio
73 6 48 ebber la fama che volontier mirro. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 49 Esso atterrò l'orgoglio de li Aràbi Giustiniano I di Bisanzio
73 6 50 che di retro ad Annibale passaro Giustiniano I di Bisanzio
73 6 51 l'alpestre rocce, Po, di che tu labi. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 52 Sott'esso giovanetti triunfaro Giustiniano I di Bisanzio
73 6 53 Scipione e Pompeo; e a quel colle Giustiniano I di Bisanzio
73 6 54 sotto 'l qual tu nascesti parve amaro. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 55 Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle Giustiniano I di Bisanzio
73 6 56 redur lo mondo a suo modo sereno, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 57 Cesare per voler di Roma il tolle. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 58 E quel che fé da Varo infino a Reno, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 59 Isara vide ed Era e vide Senna Giustiniano I di Bisanzio
73 6 60 e ogne valle onde Rodano è pieno. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 61 Quel che fé poi ch'elli uscì di Ravenna Giustiniano I di Bisanzio
73 6 62 e saltò Rubicon, fu di tal volo, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 63 che nol seguiteria lingua né penna. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 64 Inver' la Spagna rivolse lo stuolo, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 65 poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse Giustiniano I di Bisanzio
73 6 66 sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 67 Antandro e Simeonta, onde si mosse, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 68 rivide e là dov'Ettore si cuba; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 69 e mal per Tolomeo poscia si scosse. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 70 Da indi scese folgorando a Iuba; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 71 onde si volse nel vostro occidente, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 72 ove sentia la pompeana tuba. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 73 Di quel che fé col baiulo seguente, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 74 Bruto con Cassio ne l'inferno latra, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 75 e Modena e Perugia fu dolente. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 76 Piangene ancor la trista Cleopatra, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 77 che, fuggendoli innanzi, dal colubro Giustiniano I di Bisanzio
73 6 78 la morte prese subitana e atra. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 79 Con costui corse infino al lito rubro; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 80 con costui puose il mondo in tanta pace, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 81 che fu serrato a Giano il suo delubro. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 82 Ma ciò che 'l segno che parlar mi face Giustiniano I di Bisanzio
73 6 83 fatto avea prima e poi era fatturo Giustiniano I di Bisanzio
73 6 84 per lo regno mortal ch'a lui soggiace, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 85 diventa in apparenza poco e scuro, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 86 se in mano al terzo Cesare si mira Giustiniano I di Bisanzio
73 6 87 con occhio chiaro e con affetto puro; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 88 ché la viva giustizia che mi spira, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 89 li concedette, in mano a quel ch'i' dico, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 90 gloria di far vendetta a la sua ira. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 91 Or qui t'ammira in ciò ch'io ti replìco: Giustiniano I di Bisanzio
73 6 92 poscia con Tito a far vendetta corse Giustiniano I di Bisanzio
73 6 93 de la vendetta del peccato antico. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 94 E quando il dente longobardo morse Giustiniano I di Bisanzio
73 6 95 la Santa Chiesa, sotto le sue ali Giustiniano I di Bisanzio
73 6 96 Carlo Magno, vincendo, la soccorse. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 97 Omai puoi giudicar di quei cotali Giustiniano I di Bisanzio
73 6 98 ch'io accusai di sopra e di lor falli, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 99 che son cagion di tutti vostri mali. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 100 L'uno al pubblico segno i gigli gialli Giustiniano I di Bisanzio
73 6 101 oppone, e l'altro appropria quello a parte, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 102 sì ch'è forte a veder chi più si falli. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 103 Faccian li Ghibellin, faccian lor arte Giustiniano I di Bisanzio
73 6 104 sott'altro segno; ché mal segue quello Giustiniano I di Bisanzio
73 6 105 sempre chi la giustizia e lui diparte; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 106 e non l'abbatta esto Carlo novello Giustiniano I di Bisanzio
73 6 107 coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli Giustiniano I di Bisanzio
73 6 108 ch'a più alto leon trasser lo vello. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 109 Molte fiate già pianser li figli Giustiniano I di Bisanzio
73 6 110 per la colpa del padre, e non si creda Giustiniano I di Bisanzio
73 6 111 che Dio trasmuti l'arme per suoi gigli! Giustiniano I di Bisanzio
73 6 112 Questa picciola stella si correda Giustiniano I di Bisanzio
73 6 113 di buoni spirti che son stati attivi Giustiniano I di Bisanzio
73 6 114 perché onore e fama li succeda: Giustiniano I di Bisanzio
73 6 115 e quando li disiri poggian quivi, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 116 sì disviando, pur convien che i raggi Giustiniano I di Bisanzio
73 6 117 del vero amore in sù poggin men vivi. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 118 Ma nel commensurar d'i nostri gaggi Giustiniano I di Bisanzio
73 6 119 col merto è parte di nostra letizia, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 120 perché non li vedem minor né maggi. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 121 Quindi addolcisce la viva giustizia Giustiniano I di Bisanzio
73 6 122 in noi l'affetto sì, che non si puote Giustiniano I di Bisanzio
73 6 123 torcer già mai ad alcuna nequizia. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 124 Diverse voci fanno dolci note; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 125 così diversi scanni in nostra vita Giustiniano I di Bisanzio
73 6 126 rendon dolce armonia tra queste rote. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 127 E dentro a la presente margarita Giustiniano I di Bisanzio
73 6 128 luce la luce di Romeo, di cui Giustiniano I di Bisanzio
73 6 129 fu l'ovra grande e bella mal gradita. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 130 Ma i Provenzai che fecer contra lui Giustiniano I di Bisanzio
73 6 131 non hanno riso; e però mal cammina Giustiniano I di Bisanzio
73 6 132 qual si fa danno del ben fare altrui. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 133 Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 134 Ramondo Beringhiere, e ciò li fece Giustiniano I di Bisanzio
73 6 135 Romeo, persona umìle e peregrina. Giustiniano I di Bisanzio
73 6 136 E poi il mosser le parole biece Giustiniano I di Bisanzio
73 6 137 a dimandar ragione a questo giusto, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 138 che li assegnò sette e cinque per diece, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 139 indi partissi povero e vetusto; Giustiniano I di Bisanzio
73 6 140 e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe Giustiniano I di Bisanzio
73 6 141 mendicando sua vita a frusto a frusto, Giustiniano I di Bisanzio
73 6 142 assai lo loda, e più lo loderebbe». Giustiniano I di Bisanzio
74 7 1 «Osanna, sanctus Deus sabaòth, Anime Beate
74 7 2 superillustrans claritate tua Anime Beate
74 7 3 felices ignes horum malacòth!». Anime Beate
74 7 4 Così, volgendosi a la nota sua,  
74 7 5 fu viso a me cantare essa sustanza,  
74 7 6 sopra la qual doppio lume s'addua:  
74 7 7 ed essa e l'altre mossero a sua danza,  
74 7 8 e quasi velocissime faville,  
74 7 9 mi si velar di sùbita distanza.  
74 7 10 Io dubitava e dicea 'Dille, dille!'  
74 7 11 fra me, 'dille', dicea, 'a la mia donna  
74 7 12 che mi diseta con le dolci stille'.  
74 7 13 Ma quella reverenza che s'indonna  
74 7 14 di tutto me, pur per Be e per ice,  
74 7 15 mi richinava come l'uom ch'assonna.  
74 7 16 Poco sofferse me cotal Beatrice  
74 7 17 e cominciò, raggiandomi d'un riso  
74 7 18 tal, che nel foco faria l'uom felice:  
74 7 19 «Secondo mio infallibile avviso, Beatrice (ammiraglio)
74 7 20 come giusta vendetta giustamente Beatrice (ammiraglio)
74 7 21 punita fosse, t'ha in pensier miso; Beatrice (ammiraglio)
74 7 22 ma io ti solverò tosto la mente; Beatrice (ammiraglio)
74 7 23 e tu ascolta, ché le mie parole Beatrice (ammiraglio)
74 7 24 di gran sentenza ti faran presente. Beatrice (ammiraglio)
74 7 25 Per non soffrire a la virtù che vole Beatrice (ammiraglio)
74 7 26 freno a suo prode, quell'uom che non nacque, Beatrice (ammiraglio)
74 7 27 dannando sé, dannò tutta sua prole; Beatrice (ammiraglio)
74 7 28 onde l'umana specie inferma giacque Beatrice (ammiraglio)
74 7 29 giù per secoli molti in grande errore, Beatrice (ammiraglio)
74 7 30 fin ch'al Verbo di Dio discender piacque Beatrice (ammiraglio)
74 7 31 u' la natura, che dal suo fattore Beatrice (ammiraglio)
74 7 32 s'era allungata, unì a sé in persona Beatrice (ammiraglio)
74 7 33 con l'atto sol del suo etterno amore. Beatrice (ammiraglio)
74 7 34 Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona: Beatrice (ammiraglio)
74 7 35 questa natura al suo fattore unita, Beatrice (ammiraglio)
74 7 36 qual fu creata, fu sincera e buona; Beatrice (ammiraglio)
74 7 37 ma per sé stessa pur fu ella sbandita Beatrice (ammiraglio)
74 7 38 di paradiso, però che si torse Beatrice (ammiraglio)
74 7 39 da via di verità e da sua vita. Beatrice (ammiraglio)
74 7 40 La pena dunque che la croce porse Beatrice (ammiraglio)
74 7 41 s'a la natura assunta si misura, Beatrice (ammiraglio)
74 7 42 nulla già mai sì giustamente morse; Beatrice (ammiraglio)
74 7 43 e così nulla fu di tanta ingiura, Beatrice (ammiraglio)
74 7 44 guardando a la persona che sofferse, Beatrice (ammiraglio)
74 7 45 in che era contratta tal natura. Beatrice (ammiraglio)
74 7 46 Però d'un atto uscir cose diverse: Beatrice (ammiraglio)
74 7 47 ch'a Dio e a' Giudei piacque una morte; Beatrice (ammiraglio)
74 7 48 per lei tremò la terra e 'l ciel s'aperse. Beatrice (ammiraglio)
74 7 49 Non ti dee oramai parer più forte, Beatrice (ammiraglio)
74 7 50 quando si dice che giusta vendetta Beatrice (ammiraglio)
74 7 51 poscia vengiata fu da giusta corte. Beatrice (ammiraglio)
74 7 52 Ma io veggi' or la tua mente ristretta Beatrice (ammiraglio)
74 7 53 di pensiero in pensier dentro ad un nodo, Beatrice (ammiraglio)
74 7 54 del qual con gran disio solver s'aspetta. Beatrice (ammiraglio)
74 7 55 Tu dici: "Ben discerno ciò ch'i' odo Dante Alighieri
74 7 56 ma perché Dio volesse, m'è occulto, Dante Alighieri
74 7 57 a nostra redenzion pur questo modo". Dante Alighieri
74 7 58 Questo decreto, frate, sta sepulto Beatrice (ammiraglio)
74 7 59 a li occhi di ciascuno il cui ingegno Beatrice (ammiraglio)
74 7 60 ne la fiamma d'amor non è adulto. Beatrice (ammiraglio)
74 7 61 Veramente, però ch'a questo segno Beatrice (ammiraglio)
74 7 62 molto si mira e poco si discerne, Beatrice (ammiraglio)
74 7 63 dirò perché tal modo fu più degno. Beatrice (ammiraglio)
74 7 64 La divina bontà, che da sé sperne Beatrice (ammiraglio)
74 7 65 ogne livore, ardendo in sé, sfavilla Beatrice (ammiraglio)
74 7 66 sì che dispiega le bellezze etterne. Beatrice (ammiraglio)
74 7 67 Ciò che da lei sanza mezzo distilla Beatrice (ammiraglio)
74 7 68 non ha poi fine, perché non si move Beatrice (ammiraglio)
74 7 69 la sua imprenta quand'ella sigilla. Beatrice (ammiraglio)
74 7 70 Ciò che da essa sanza mezzo piove Beatrice (ammiraglio)
74 7 71 libero è tutto, perché non soggiace Beatrice (ammiraglio)
74 7 72 a la virtute de le cose nove. Beatrice (ammiraglio)
74 7 73 Più l'è conforme, e però più le piace; Beatrice (ammiraglio)
74 7 74 ché l'ardor santo ch'ogne cosa raggia, Beatrice (ammiraglio)
74 7 75 ne la più somigliante è più vivace. Beatrice (ammiraglio)
74 7 76 Di tutte queste dote s'avvantaggia Beatrice (ammiraglio)
74 7 77 l'umana creatura; e s'una manca, Beatrice (ammiraglio)
74 7 78 di sua nobilità convien che caggia. Beatrice (ammiraglio)
74 7 79 Solo il peccato è quel che la disfranca Beatrice (ammiraglio)
74 7 80 e falla dissìmile al sommo bene, Beatrice (ammiraglio)
74 7 81 per che del lume suo poco s'imbianca; Beatrice (ammiraglio)
74 7 82 e in sua dignità mai non rivene, Beatrice (ammiraglio)
74 7 83 se non riempie, dove colpa vòta, Beatrice (ammiraglio)
74 7 84 contra mal dilettar con giuste pene. Beatrice (ammiraglio)
74 7 85 Vostra natura, quando peccò tota Beatrice (ammiraglio)
74 7 86 nel seme suo, da queste dignitadi, Beatrice (ammiraglio)
74 7 87 come di paradiso, fu remota; Beatrice (ammiraglio)
74 7 88 né ricovrar potiensi, se tu badi Beatrice (ammiraglio)
74 7 89 ben sottilmente, per alcuna via, Beatrice (ammiraglio)
74 7 90 sanza passar per un di questi guadi: Beatrice (ammiraglio)
74 7 91 o che Dio solo per sua cortesia Beatrice (ammiraglio)
74 7 92 dimesso avesse, o che l'uom per sé isso Beatrice (ammiraglio)
74 7 93 avesse sodisfatto a sua follia. Beatrice (ammiraglio)
74 7 94 Ficca mo l'occhio per entro l'abisso Beatrice (ammiraglio)
74 7 95 de l'etterno consiglio, quanto puoi Beatrice (ammiraglio)
74 7 96 al mio parlar distrettamente fisso. Beatrice (ammiraglio)
74 7 97 Non potea l'uomo ne' termini suoi Beatrice (ammiraglio)
74 7 98 mai sodisfar, per non potere ir giuso Beatrice (ammiraglio)
74 7 99 con umiltate obediendo poi, Beatrice (ammiraglio)
74 7 100 quanto disobediendo intese ir suso; Beatrice (ammiraglio)
74 7 101 e questa è la cagion per che l'uom fue Beatrice (ammiraglio)
74 7 102 da poter sodisfar per sé dischiuso. Beatrice (ammiraglio)
74 7 103 Dunque a Dio convenia con le vie sue Beatrice (ammiraglio)
74 7 104 riparar l'omo a sua intera vita, Beatrice (ammiraglio)
74 7 105 dico con l'una, o ver con amendue. Beatrice (ammiraglio)
74 7 106 Ma perché l'ovra tanto è più gradita Beatrice (ammiraglio)
74 7 107 da l'operante, quanto più appresenta Beatrice (ammiraglio)
74 7 108 de la bontà del core ond'ell'è uscita, Beatrice (ammiraglio)
74 7 109 la divina bontà che 'l mondo imprenta, Beatrice (ammiraglio)
74 7 110 di proceder per tutte le sue vie, Beatrice (ammiraglio)
74 7 111 a rilevarvi suso, fu contenta. Beatrice (ammiraglio)
74 7 112 Né tra l'ultima notte e 'l primo die Beatrice (ammiraglio)
74 7 113 sì alto o sì magnifico processo, Beatrice (ammiraglio)
74 7 114 o per l'una o per l'altra, fu o fie: Beatrice (ammiraglio)
74 7 115 ché più largo fu Dio a dar sé stesso Beatrice (ammiraglio)
74 7 116 per far l'uom sufficiente a rilevarsi, Beatrice (ammiraglio)
74 7 117 che s'elli avesse sol da sé dimesso; Beatrice (ammiraglio)
74 7 118 e tutti li altri modi erano scarsi Beatrice (ammiraglio)
74 7 119 a la giustizia, se 'l Figliuol di Dio Beatrice (ammiraglio)
74 7 120 non fosse umiliato ad incarnarsi. Beatrice (ammiraglio)
74 7 121 Or per empierti bene ogni disio, Beatrice (ammiraglio)
74 7 122 ritorno a dichiararti in alcun loco, Beatrice (ammiraglio)
74 7 123 perché tu veggi lì così com'io. Beatrice (ammiraglio)
74 7 124 Tu dici: "Io veggio l'acqua, io veggio il foco, Dante Alighieri
74 7 125 l'aere e la terra e tutte lor misture Dante Alighieri
74 7 126 venire a corruzione, e durar poco; Dante Alighieri
74 7 127 e queste cose pur furon creature; Dante Alighieri
74 7 128 per che, se ciò ch'è detto è stato vero, Dante Alighieri
74 7 129 esser dovrien da corruzion sicure". Dante Alighieri
74 7 130 Li angeli, frate, e 'l paese sincero Beatrice (ammiraglio)
74 7 131 nel qual tu se', dir si posson creati, Beatrice (ammiraglio)
74 7 132 sì come sono, in loro essere intero; Beatrice (ammiraglio)
74 7 133 ma li elementi che tu hai nomati Beatrice (ammiraglio)
74 7 134 e quelle cose che di lor si fanno Beatrice (ammiraglio)
74 7 135 da creata virtù sono informati. Beatrice (ammiraglio)
74 7 136 Creata fu la materia ch'elli hanno; Beatrice (ammiraglio)
74 7 137 creata fu la virtù informante Beatrice (ammiraglio)
74 7 138 in queste stelle che 'ntorno a lor vanno. Beatrice (ammiraglio)
74 7 139 L'anima d'ogne bruto e de le piante Beatrice (ammiraglio)
74 7 140 di complession potenziata tira Beatrice (ammiraglio)
74 7 141 lo raggio e 'l moto de le luci sante; Beatrice (ammiraglio)
74 7 142 ma vostra vita sanza mezzo spira Beatrice (ammiraglio)
74 7 143 la somma beninanza, e la innamora Beatrice (ammiraglio)
74 7 144 di sé sì che poi sempre la disira. Beatrice (ammiraglio)
74 7 145 E quinci puoi argomentare ancora Beatrice (ammiraglio)
74 7 146 vostra resurrezion, se tu ripensi Beatrice (ammiraglio)
74 7 147 come l'umana carne fessi allora Beatrice (ammiraglio)
74 7 148 che li primi parenti intrambo fensi». Beatrice (ammiraglio)
75 8 1 Solea creder lo mondo in suo periclo  
75 8 2 che la bella Ciprigna il folle amore  
75 8 3 raggiasse, volta nel terzo epiciclo;  
75 8 4 per che non pur a lei faceano onore  
75 8 5 di sacrificio e di votivo grido  
75 8 6 le genti antiche ne l'antico errore;  
75 8 7 ma Dione onoravano e Cupido,  
75 8 8 quella per madre sua, questo per figlio,  
75 8 9 e dicean ch'el sedette in grembo a Dido;  
75 8 10 e da costei ond'io principio piglio  
75 8 11 pigliavano il vocabol de la stella  
75 8 12 che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.  
75 8 13 Io non m'accorsi del salire in ella;  
75 8 14 ma d'esservi entro mi fé assai fede  
75 8 15 la donna mia ch'i' vidi far più bella.  
75 8 16 E come in fiamma favilla si vede,  
75 8 17 e come in voce voce si discerne,  
75 8 18 quand'una è ferma e altra va e riede,  
75 8 19 vid'io in essa luce altre lucerne  
75 8 20 muoversi in giro più e men correnti,  
75 8 21 al modo, credo, di lor viste interne.  
75 8 22 Di fredda nube non disceser venti,  
75 8 23 o visibili o no, tanto festini,  
75 8 24 che non paressero impediti e lenti  
75 8 25 a chi avesse quei lumi divini  
75 8 26 veduti a noi venir, lasciando il giro  
75 8 27 pria cominciato in li alti Serafini;  
75 8 28 e dentro a quei che più innanzi appariro  
75 8 29 sonava 'Osanna' sì, che unque poi  
75 8 30 di riudir non fui sanza disiro.  
75 8 31 Indi si fece l'un più presso a noi  
75 8 32 e solo incominciò: «Tutti sem presti Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 33 al tuo piacer, perché di noi ti gioi. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 34 Noi ci volgiam coi principi celesti Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 35 d'un giro e d'un girare e d'una sete, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 36 ai quali tu del mondo già dicesti: Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 37 'Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete'; Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 38 e sem sì pien d'amor, che, per piacerti, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 39 non fia men dolce un poco di quiete». Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 40 Poscia che li occhi miei si fuoro offerti  
75 8 41 a la mia donna reverenti, ed essa  
75 8 42 fatti li avea di sé contenti e certi,  
75 8 43 rivolsersi a la luce che promessa  
75 8 44 tanto s'avea, e «Deh, chi siete?» fue Dante Alighieri
75 8 45 la voce mia di grande affetto impressa.  
75 8 46 E quanta e quale vid'io lei far più  
75 8 47 per allegrezza nova che s'accrebbe,  
75 8 48 quando parlai, a l'allegrezze sue!  
75 8 49 Così fatta, mi disse: «Il mondo m'ebbe Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 50 giù poco tempo; e se più fosse stato, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 51 molto sarà di mal, che non sarebbe. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 52 La mia letizia mi ti tien celato Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 53 che mi raggia dintorno e mi nasconde Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 54 quasi animal di sua seta fasciato. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 55 Assai m'amasti, e avesti ben onde; Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 56 che s'io fossi giù stato, io ti mostrava Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 57 di mio amor più oltre che le fronde. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 58 Quella sinistra riva che si lava Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 59 di Rodano poi ch'è misto con Sorga, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 60 per suo segnore a tempo m'aspettava, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 61 e quel corno d'Ausonia che s'imborga Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 62 di Bari e di Gaeta e di Catona Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 63 da ove Tronto e Verde in mare sgorga. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 64 Fulgeami già in fronte la corona Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 65 di quella terra che 'l Danubio riga Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 66 poi che le ripe tedesche abbandona. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 67 E la bella Trinacria, che caliga Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 68 tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 69 che riceve da Euro maggior briga, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 70 non per Tifeo ma per nascente solfo, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 71 attesi avrebbe li suoi regi ancora, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 72 nati per me di Carlo e di Ridolfo, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 73 se mala segnoria, che sempre accora Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 74 li popoli suggetti, non avesse Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 75 mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!". Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 76 E se mio frate questo antivedesse, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 77 l'avara povertà di Catalogna Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 78 già fuggeria, perché non li offendesse; Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 79 ché veramente proveder bisogna Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 80 per lui, o per altrui, sì ch'a sua barca Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 81 carcata più d'incarco non si pogna. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 82 La sua natura, che di larga parca Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 83 discese, avria mestier di tal milizia Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 84 che non curasse di mettere in arca». Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 85 «Però ch'i' credo che l'alta letizia Dante Alighieri
75 8 86 che 'l tuo parlar m'infonde, segnor mio, Dante Alighieri
75 8 87 là 've ogne ben si termina e s'inizia, Dante Alighieri
75 8 88 per te si veggia come la vegg'io, Dante Alighieri
75 8 89 grata m'è più; e anco quest'ho caro Dante Alighieri
75 8 90 perché 'l discerni rimirando in Dio. Dante Alighieri
75 8 91 Fatto m'hai lieto, e così mi fa chiaro, Dante Alighieri
75 8 92 poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso Dante Alighieri
75 8 93 com'esser può, di dolce seme, amaro». Dante Alighieri
75 8 94 Questo io a lui; ed elli a me: «S'io posso Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 95 mostrarti un vero, a quel che tu dimandi Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 96 terrai lo viso come tien lo dosso. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 97 Lo ben che tutto il regno che tu scandi Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 98 volge e contenta, fa esser virtute Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 99 sua provedenza in questi corpi grandi. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 100 E non pur le nature provedute Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 101 sono in la mente ch'è da sé perfetta, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 102 ma esse insieme con la lor salute: Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 103 per che quantunque quest'arco saetta Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 104 disposto cade a proveduto fine, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 105 sì come cosa in suo segno diretta. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 106 Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 107 producerebbe sì li suoi effetti, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 108 che non sarebbero arti, ma ruine; Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 109 e ciò esser non può, se li 'ntelletti Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 110 che muovon queste stelle non son manchi, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 111 e manco il primo, che non li ha perfetti. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 112 Vuo' tu che questo ver più ti s'imbianchi?». Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 113 E io: «Non già; ché impossibil veggio Dante Alighieri
75 8 114 che la natura, in quel ch'è uopo, stanchi». Dante Alighieri
75 8 115 Ond'elli ancora: «Or di': sarebbe il peggio Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 116 per l'omo in terra, se non fosse cive?». Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 117 «Sì», rispuos'io; «e qui ragion non cheggio». Dante Alighieri
75 8 118 «E puot'elli esser, se giù non si vive Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 119 diversamente per diversi offici? Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 120 Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive». Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 121 Sì venne deducendo infino a quici;  
75 8 122 poscia conchiuse: «Dunque esser diverse Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 123 convien di vostri effetti le radici: Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 124 per ch'un nasce Solone e altro Serse, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 125 altro Melchisedéch e altro quello Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 126 che, volando per l'aere, il figlio perse. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 127 La circular natura, ch'è suggello Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 128 a la cera mortal, fa ben sua arte, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 129 ma non distingue l'un da l'altro ostello. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 130 Quinci addivien ch'Esaù si diparte Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 131 per seme da Iacòb; e vien Quirino Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 132 da sì vil padre, che si rende a Marte. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 133 Natura generata il suo cammino Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 134 simil farebbe sempre a' generanti, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 135 se non vincesse il proveder divino. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 136 Or quel che t'era dietro t'è davanti: Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 137 ma perché sappi che di te mi giova, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 138 un corollario voglio che t'ammanti. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 139 Sempre natura, se fortuna trova Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 140 discorde a sé, com'ogne altra semente Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 141 fuor di sua region, fa mala prova. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 142 E se 'l mondo là giù ponesse mente Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 143 al fondamento che natura pone, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 144 seguendo lui, avria buona la gente. Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 145 Ma voi torcete a la religione Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 146 tal che fia nato a cignersi la spada, Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 147 e fate re di tal ch'è da sermone; Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
75 8 148 onde la traccia vostra è fuor di strada». Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
76 9 1 Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,  
76 9 2 m'ebbe chiarito, mi narrò li 'nganni  
76 9 3 che ricever dovea la sua semenza;  
76 9 4 ma disse: «Taci e lascia muover li anni»; Carlo Martello (dinastia dei Carolingi)
76 9 5 sì ch'io non posso dir se non che pianto  
76 9 6 giusto verrà di retro ai vostri danni.  
76 9 7 E già la vita di quel lume santo  
76 9 8 rivolta s'era al Sol che la riempie  
76 9 9 come quel ben ch'a ogne cosa è tanto.  
76 9 10 Ahi anime ingannate e fatture empie,  
76 9 11 che da sì fatto ben torcete i cuori,  
76 9 12 drizzando in vanità le vostre tempie!  
76 9 13 Ed ecco un altro di quelli splendori  
76 9 14 ver' me si fece, e 'l suo voler piacermi  
76 9 15 significava nel chiarir di fori.  
76 9 16 Li occhi di Beatrice, ch'eran fermi  
76 9 17 sovra me, come pria, di caro assenso  
76 9 18 al mio disio certificato fermi.  
76 9 19 «Deh, metti al mio voler tosto compenso, Dante Alighieri
76 9 20 beato spirto», dissi, «e fammi prova Dante Alighieri
76 9 21 ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!». Dante Alighieri
76 9 22 Onde la luce che m'era ancor nova,  
76 9 23 del suo profondo, ond'ella pria cantava,  
76 9 24 seguette come a cui di ben far giova:  
76 9 25 «In quella parte de la terra prava Cunizza da Romano
76 9 26 italica che siede tra Rialto Cunizza da Romano
76 9 27 e le fontane di Brenta e di Piava, Cunizza da Romano
76 9 28 si leva un colle, e non surge molt'alto, Cunizza da Romano
76 9 29 là onde scese già una facella Cunizza da Romano
76 9 30 che fece a la contrada un grande assalto. Cunizza da Romano
76 9 31 D'una radice nacqui e io ed ella: Cunizza da Romano
76 9 32 Cunizza fui chiamata, e qui refulgo Cunizza da Romano
76 9 33 perché mi vinse il lume d'esta stella; Cunizza da Romano
76 9 34 ma lietamente a me medesma indulgo Cunizza da Romano
76 9 35 la cagion di mia sorte, e non mi noia; Cunizza da Romano
76 9 36 che parria forse forte al vostro vulgo. Cunizza da Romano
76 9 37 Di questa luculenta e cara gioia Cunizza da Romano
76 9 38 del nostro cielo che più m'è propinqua, Cunizza da Romano
76 9 39 grande fama rimase; e pria che moia, Cunizza da Romano
76 9 40 questo centesimo anno ancor s'incinqua: Cunizza da Romano
76 9 41 vedi se far si dee l'omo eccellente, Cunizza da Romano
76 9 42 sì ch'altra vita la prima relinqua. Cunizza da Romano
76 9 43 E ciò non pensa la turba presente Cunizza da Romano
76 9 44 che Tagliamento e Adice richiude, Cunizza da Romano
76 9 45 né per esser battuta ancor si pente; Cunizza da Romano
76 9 46 ma tosto fia che Padova al palude Cunizza da Romano
76 9 47 cangerà l'acqua che Vincenza bagna, Cunizza da Romano
76 9 48 per essere al dover le genti crude; Cunizza da Romano
76 9 49 e dove Sile e Cagnan s'accompagna, Cunizza da Romano
76 9 50 tal signoreggia e va con la testa alta, Cunizza da Romano
76 9 51 che già per lui carpir si fa la ragna. Cunizza da Romano
76 9 52 Piangerà Feltro ancora la difalta Cunizza da Romano
76 9 53 de l'empio suo pastor, che sarà sconcia Cunizza da Romano
76 9 54 sì, che per simil non s'entrò in malta. Cunizza da Romano
76 9 55 Troppo sarebbe larga la bigoncia Cunizza da Romano
76 9 56 che ricevesse il sangue ferrarese, Cunizza da Romano
76 9 57 e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia, Cunizza da Romano
76 9 58 che donerà questo prete cortese Cunizza da Romano
76 9 59 per mostrarsi di parte; e cotai doni Cunizza da Romano
76 9 60 conformi fieno al viver del paese. Cunizza da Romano
76 9 61 Sù sono specchi, voi dicete Troni, Cunizza da Romano
76 9 62 onde refulge a noi Dio giudicante; Cunizza da Romano
76 9 63 sì che questi parlar ne paion buoni». Cunizza da Romano
76 9 64 Qui si tacette; e fecemi sembiante  
76 9 65 che fosse ad altro volta, per la rota  
76 9 66 in che si mise com'era davante.  
76 9 67 L'altra letizia, che m'era già nota  
76 9 68 per cara cosa, mi si fece in vista  
76 9 69 qual fin balasso in che lo sol percuota.  
76 9 70 Per letiziar là sù fulgor s'acquista,  
76 9 71 sì come riso qui; ma giù s'abbuia  
76 9 72 l'ombra di fuor, come la mente è trista.  
76 9 73 «Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia», Dante Alighieri
76 9 74 diss'io, «beato spirto, sì che nulla Dante Alighieri
76 9 75 voglia di sé a te puot'esser fuia. Dante Alighieri
76 9 76 Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla Dante Alighieri
76 9 77 sempre col canto di quei fuochi pii Dante Alighieri
76 9 78 che di sei ali facen la coculla, Dante Alighieri
76 9 79 perché non satisface a' miei disii? Dante Alighieri
76 9 80 Già non attendere' io tua dimanda, Dante Alighieri
76 9 81 s'io m'intuassi, come tu t'inmii». Dante Alighieri
76 9 82 «La maggior valle in che l'acqua si spanda», Folchetto da Marsiglia
76 9 83 incominciaro allor le sue parole,  
76 9 84 «fuor di quel mar che la terra inghirlanda, Folchetto da Marsiglia
76 9 85 tra ' discordanti liti contra 'l sole Folchetto da Marsiglia
76 9 86 tanto sen va, che fa meridiano Folchetto da Marsiglia
76 9 87 là dove l'orizzonte pria far suole. Folchetto da Marsiglia
76 9 88 Di quella valle fu' io litorano Folchetto da Marsiglia
76 9 89 tra Ebro e Macra, che per cammin corto Folchetto da Marsiglia
76 9 90 parte lo Genovese dal Toscano. Folchetto da Marsiglia
76 9 91 Ad un occaso quasi e ad un orto Folchetto da Marsiglia
76 9 92 Buggea siede e la terra ond'io fui, Folchetto da Marsiglia
76 9 93 che fé del sangue suo già caldo il porto. Folchetto da Marsiglia
76 9 94 Folco mi disse quella gente a cui Folcetto da Marsiglia
76 9 95 fu noto il nome mio; e questo cielo Folchetto da Marsiglia
76 9 96 di me s'imprenta, com'io fe' di lui; Folchetto da Marsiglia
76 9 97 ché più non arse la figlia di Belo, Folchetto da Marsiglia
76 9 98 noiando e a Sicheo e a Creusa, Folchetto da Marsiglia
76 9 99 di me, infin che si convenne al pelo; Folchetto da Marsiglia
76 9 100 né quella Rodopea che delusa Folchetto da Marsiglia
76 9 101 fu da Demofoonte, né Alcide Folchetto da Marsiglia
76 9 102 quando Iole nel core ebbe rinchiusa. Folchetto da Marsiglia
76 9 103 Non però qui si pente, ma si ride, Folchetto da Marsiglia
76 9 104 non de la colpa, ch'a mente non torna, Folchetto da Marsiglia
76 9 105 ma del valor ch'ordinò e provide. Folchetto da Marsiglia
76 9 106 Qui si rimira ne l'arte ch'addorna Folchetto da Marsiglia
76 9 107 cotanto affetto, e discernesi 'l bene Folchetto da Marsiglia
76 9 108 per che 'l mondo di sù quel di giù torna. Folchetto da Marsiglia
76 9 109 Ma perché tutte le tue voglie piene Folchetto da Marsiglia
76 9 110 ten porti che son nate in questa spera, Folchetto da Marsiglia
76 9 111 proceder ancor oltre mi convene. Folchetto da Marsiglia
76 9 112 Tu vuo' saper chi è in questa lumera Folchetto da Marsiglia
76 9 113 che qui appresso me così scintilla, Folchetto da Marsiglia
76 9 114 come raggio di sole in acqua mera. Folchetto da Marsiglia
76 9 115 Or sappi che là entro si tranquilla Folchetto da Marsiglia
76 9 116 Raab; e a nostr'ordine congiunta, Folchetto da Marsiglia
76 9 117 di lei nel sommo grado si sigilla. Folchetto da Marsiglia
76 9 118 Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta Folchetto da Marsiglia
76 9 119 che 'l vostro mondo face, pria ch'altr'alma Folchetto da Marsiglia
76 9 120 del triunfo di Cristo fu assunta. Folchetto da Marsiglia
76 9 121 Ben si convenne lei lasciar per palma Folchetto da Marsiglia
76 9 122 in alcun cielo de l'alta vittoria Folchetto da Marsiglia
76 9 123 che s'acquistò con l'una e l'altra palma, Folchetto da Marsiglia
76 9 124 perch'ella favorò la prima gloria Folchetto da Marsiglia
76 9 125 di Iosué in su la Terra Santa, Folchetto da Marsiglia
76 9 126 che poco tocca al papa la memoria. Folchetto da Marsiglia
76 9 127 La tua città, che di colui è pianta Folchetto da Marsiglia
76 9 128 che pria volse le spalle al suo fattore Folchetto da Marsiglia
76 9 129 e di cui è la 'nvidia tanto pianta, Folchetto da Marsiglia
76 9 130 produce e spande il maladetto fiore Folchetto da Marsiglia
76 9 131 c'ha disviate le pecore e li agni, Folchetto da Marsiglia
76 9 132 però che fatto ha lupo del pastore. Folchetto da Marsiglia
76 9 133 Per questo l'Evangelio e i dottor magni Folchetto da Marsiglia
76 9 134 son derelitti, e solo ai Decretali Folchetto da Marsiglia
76 9 135 si studia, sì che pare a' lor vivagni. Folchetto da Marsiglia
76 9 136 A questo intende il papa e ' cardinali; Folchetto da Marsiglia
76 9 137 non vanno i lor pensieri a Nazarette, Folchetto da Marsiglia
76 9 138 là dove Gabriello aperse l'ali. Folchetto da Marsiglia
76 9 139 Ma Vaticano e l'altre parti elette Folchetto da Marsiglia
76 9 140 di Roma che son state cimitero Folchetto da Marsiglia
76 9 141 a la milizia che Pietro seguette, Folchetto da Marsiglia
76 9 142 tosto libere fien de l'avoltero». Folchetto da Marsiglia
77 10 1 Guardando nel suo Figlio con l'Amore  
77 10 2 che l'uno e l'altro etternalmente spira,  
77 10 3 lo primo e ineffabile Valore  
77 10 4 quanto per mente e per loco si gira  
77 10 5 con tant'ordine fé, ch'esser non puote  
77 10 6 sanza gustar di lui chi ciò rimira.  
77 10 7 Leva dunque, lettore, a l'alte rote  
77 10 8 meco la vista, dritto a quella parte  
77 10 9 dove l'un moto e l'altro si percuote;  
77 10 10 e lì comincia a vagheggiar ne l'arte  
77 10 11 di quel maestro che dentro a sé l'ama,  
77 10 12 tanto che mai da lei l'occhio non parte.  
77 10 13 Vedi come da indi si dirama  
77 10 14 l'oblico cerchio che i pianeti porta,  
77 10 15 per sodisfare al mondo che li chiama.  
77 10 16 Che se la strada lor non fosse torta,  
77 10 17 molta virtù nel ciel sarebbe in vano,  
77 10 18 e quasi ogne potenza qua giù morta;  
77 10 19 e se dal dritto più o men lontano  
77 10 20 fosse 'l partire, assai sarebbe manco  
77 10 21 e giù e sù de l'ordine mondano.  
77 10 22 Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco,  
77 10 23 dietro pensando a ciò che si preliba,  
77 10 24 s'esser vuoi lieto assai prima che stanco.  
77 10 25 Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba;  
77 10 26 ché a sé torce tutta la mia cura  
77 10 27 quella materia ond'io son fatto scriba.  
77 10 28 Lo ministro maggior de la natura,  
77 10 29 che del valor del ciel lo mondo imprenta  
77 10 30 e col suo lume il tempo ne misura,  
77 10 31 con quella parte che sù si rammenta  
77 10 32 congiunto, si girava per le spire  
77 10 33 in che più tosto ognora s'appresenta;  
77 10 34 e io era con lui; ma del salire  
77 10 35 non m'accors'io, se non com'uom s'accorge,  
77 10 36 anzi 'l primo pensier, del suo venire.  
77 10 37 E' Beatrice quella che sì scorge  
77 10 38 di bene in meglio, sì subitamente  
77 10 39 che l'atto suo per tempo non si sporge.  
77 10 40 Quant'esser convenia da sé lucente  
77 10 41 quel ch'era dentro al sol dov'io entra'mi,  
77 10 42 non per color, ma per lume parvente!  
77 10 43 Perch'io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami,  
77 10 44 sì nol direi che mai s'imaginasse;  
77 10 45 ma creder puossi e di veder si brami.  
77 10 46 E se le fantasie nostre son basse  
77 10 47 a tanta altezza, non è maraviglia;  
77 10 48 ché sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.  
77 10 49 Tal era quivi la quarta famiglia  
77 10 50 de l'alto Padre, che sempre la sazia,  
77 10 51 mostrando come spira e come figlia.  
77 10 52 E Beatrice cominciò: «Ringrazia, Beatrice (ammiraglio)
77 10 53 ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo Beatrice (ammiraglio)
77 10 54 sensibil t'ha levato per sua grazia». Beatrice (ammiraglio)
77 10 55 Cor di mortal non fu mai sì digesto  
77 10 56 a divozione e a rendersi a Dio  
77 10 57 con tutto 'l suo gradir cotanto presto,  
77 10 58 come a quelle parole mi fec'io;  
77 10 59 e sì tutto 'l mio amore in lui si mise,  
77 10 60 che Beatrice eclissò ne l'oblio.  
77 10 61 Non le dispiacque; ma sì se ne rise,  
77 10 62 che lo splendor de li occhi suoi ridenti  
77 10 63 mia mente unita in più cose divise.  
77 10 64 Io vidi più folgór vivi e vincenti  
77 10 65 far di noi centro e di sé far corona,  
77 10 66 più dolci in voce che in vista lucenti:  
77 10 67 così cinger la figlia di Latona  
77 10 68 vedem talvolta, quando l'aere è pregno,  
77 10 69 sì che ritenga il fil che fa la zona.  
77 10 70 Ne la corte del cielo, ond'io rivegno,  
77 10 71 si trovan molte gioie care e belle  
77 10 72 tanto che non si posson trar del regno;  
77 10 73 e 'l canto di quei lumi era di quelle;  
77 10 74 chi non s'impenna sì che là sù voli,  
77 10 75 dal muto aspetti quindi le novelle.  
77 10 76 Poi, sì cantando, quelli ardenti soli  
77 10 77 si fuor girati intorno a noi tre volte,  
77 10 78 come stelle vicine a' fermi poli,  
77 10 79 donne mi parver, non da ballo sciolte,  
77 10 80 ma che s'arrestin tacite, ascoltando  
77 10 81 fin che le nove note hanno ricolte.  
77 10 82 E dentro a l'un senti' cominciar: «Quando Tommaso d'Aquino
77 10 83 lo raggio de la grazia, onde s'accende Tommaso d'Aquino
77 10 84 verace amore e che poi cresce amando, Tommaso d'Aquino
77 10 85 multiplicato in te tanto resplende, Tommaso d'Aquino
77 10 86 che ti conduce su per quella scala Tommaso d'Aquino
77 10 87 u' sanza risalir nessun discende; Tommaso d'Aquino
77 10 88 qual ti negasse il vin de la sua fiala Tommaso d'Aquino
77 10 89 per la tua sete, in libertà non fora Tommaso d'Aquino
77 10 90 se non com'acqua ch'al mar non si cala. Tommaso d'Aquino
77 10 91 Tu vuo' saper di quai piante s'infiora Tommaso d'Aquino
77 10 92 questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia Tommaso d'Aquino
77 10 93 la bella donna ch'al ciel t'avvalora. Tommaso d'Aquino
77 10 94 Io fui de li agni de la santa greggia Tommaso d'Aquino
77 10 95 che Domenico mena per cammino Tommaso d'Aquino
77 10 96 u' ben s'impingua se non si vaneggia. Tommaso d'Aquino
77 10 97 Questi che m'è a destra più vicino, Tommaso d'Aquino
77 10 98 frate e maestro fummi, ed esso Alberto Tommaso d'Aquino
77 10 99 é di Cologna, e io Thomas d'Aquino. Tommaso d'Aquino
77 10 100 Se sì di tutti li altri esser vuo' certo, Tommaso d'Aquino
77 10 101 di retro al mio parlar ten vien col viso Tommaso d'Aquino
77 10 102 girando su per lo beato serto. Tommaso d'Aquino
77 10 103 Quell'altro fiammeggiare esce del riso Tommaso d'Aquino
77 10 104 di Grazian, che l'uno e l'altro foro Tommaso d'Aquino
77 10 105 aiutò sì che piace in paradiso. Tommaso d'Aquino
77 10 106 L'altro ch'appresso addorna il nostro coro, Tommaso d'Aquino
77 10 107 quel Pietro fu che con la poverella Tommaso d'Aquino
77 10 108 offerse a Santa Chiesa suo tesoro. Tommaso d'Aquino
77 10 109 La quinta luce, ch'è tra noi più bella, Tommaso d'Aquino
77 10 110 spira di tal amor, che tutto 'l mondo Tommaso d'Aquino
77 10 111 là giù ne gola di saper novella: Tommaso d'Aquino
77 10 112 entro v'è l'alta mente u' sì profondo Tommaso d'Aquino
77 10 113 saver fu messo, che, se 'l vero è vero Tommaso d'Aquino
77 10 114 a veder tanto non surse il secondo. Tommaso d'Aquino
77 10 115 Appresso vedi il lume di quel cero Tommaso d'Aquino
77 10 116 che giù in carne più a dentro vide Tommaso d'Aquino
77 10 117 l'angelica natura e 'l ministero. Tommaso d'Aquino
77 10 118 Ne l'altra piccioletta luce ride Tommaso d'Aquino
77 10 119 quello avvocato de' tempi cristiani Tommaso d'Aquino
77 10 120 del cui latino Augustin si provide. Tommaso d'Aquino
77 10 121 Or se tu l'occhio de la mente trani Tommaso d'Aquino
77 10 122 di luce in luce dietro a le mie lode, Tommaso d'Aquino
77 10 123 già de l'ottava con sete rimani. Tommaso d'Aquino
77 10 124 Per vedere ogni ben dentro vi gode Tommaso d'Aquino
77 10 125 l'anima santa che 'l mondo fallace Tommaso d'Aquino
77 10 126 fa manifesto a chi di lei ben ode. Tommaso d'Aquino
77 10 127 Lo corpo ond'ella fu cacciata giace Tommaso d'Aquino
77 10 128 giuso in Cieldauro; ed essa da martiro Tommaso d'Aquino
77 10 129 e da essilio venne a questa pace. Tommaso d'Aquino
77 10 130 Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro Tommaso d'Aquino
77 10 131 d'Isidoro, di Beda e di Riccardo, Tommaso d'Aquino
77 10 132 che a considerar fu più che viro. Tommaso d'Aquino
77 10 133 Questi onde a me ritorna il tuo riguardo, Tommaso d'Aquino
77 10 134 é 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri Tommaso d'Aquino
77 10 135 gravi a morir li parve venir tardo: Tommaso d'Aquino
77 10 136 essa è la luce etterna di Sigieri, Tommaso d'Aquino
77 10 137 che, leggendo nel Vico de li Strami, Tommaso d'Aquino
77 10 138 silogizzò invidiosi veri». Tommaso d'Aquino
77 10 139 Indi, come orologio che ne chiami  
77 10 140 ne l'ora che la sposa di Dio surge  
77 10 141 a mattinar lo sposo perché l'ami,  
77 10 142 che l'una parte e l'altra tira e urge,  
77 10 143 tin tin sonando con sì dolce nota,  
77 10 144 che 'l ben disposto spirto d'amor turge;  
77 10 145 così vid'io la gloriosa rota  
77 10 146 muoversi e render voce a voce in tempra  
77 10 147 e in dolcezza ch'esser non pò nota  
77 10 148 se non colà dove gioir s'insempra.  
78 11 1 O insensata cura de' mortali,  
78 11 2 quanto son difettivi silogismi  
78 11 3 quei che ti fanno in basso batter l'ali!  
78 11 4 Chi dietro a iura, e chi ad amforismi  
78 11 5 sen giva, e chi seguendo sacerdozio,  
78 11 6 e chi regnar per forza o per sofismi,  
78 11 7 e chi rubare, e chi civil negozio,  
78 11 8 chi nel diletto de la carne involto  
78 11 9 s'affaticava e chi si dava a l'ozio,  
78 11 10 quando, da tutte queste cose sciolto,  
78 11 11 con Beatrice m'era suso in cielo  
78 11 12 cotanto gloriosamente accolto.  
78 11 13 Poi che ciascuno fu tornato ne lo  
78 11 14 punto del cerchio in che avanti s'era,  
78 11 15 fermossi, come a candellier candelo.  
78 11 16 E io senti' dentro a quella lumera  
78 11 17 che pria m'avea parlato, sorridendo  
78 11 18 incominciar, faccendosi più mera:  
78 11 19 «Così com'io del suo raggio resplendo, Tommaso d'Aquino
78 11 20 sì, riguardando ne la luce etterna, Tommaso d'Aquino
78 11 21 li tuoi pensieri onde cagioni apprendo. Tommaso d'Aquino
78 11 22 Tu dubbi, e hai voler che si ricerna Tommaso d'Aquino
78 11 23 in sì aperta e 'n sì distesa lingua Tommaso d'Aquino
78 11 24 lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna, Tommaso d'Aquino
78 11 25 ove dinanzi dissi "U' ben s'impingua", Tommaso d'Aquino
78 11 26 e là u' dissi "Non nacque il secondo" Tommaso d'Aquino
78 11 27 e qui è uopo che ben si distingua. Tommaso d'Aquino
78 11 28 La provedenza, che governa il mondo Tommaso d'Aquino
78 11 29 con quel consiglio nel quale ogne aspetto Tommaso d'Aquino
78 11 30 creato è vinto pria che vada al fondo, Tommaso d'Aquino
78 11 31 però che andasse ver' lo suo diletto Tommaso d'Aquino
78 11 32 la sposa di colui ch'ad alte grida Tommaso d'Aquino
78 11 33 disposò lei col sangue benedetto, Tommaso d'Aquino
78 11 34 in sé sicura e anche a lui più fida, Tommaso d'Aquino
78 11 35 due principi ordinò in suo favore, Tommaso d'Aquino
78 11 36 che quinci e quindi le fosser per guida. Tommaso d'Aquino
78 11 37 L'un fu tutto serafico in ardore; Tommaso d'Aquino
78 11 38 l'altro per sapienza in terra fue Tommaso d'Aquino
78 11 39 di cherubica luce uno splendore. Tommaso d'Aquino
78 11 40 De l'un dirò, però che d'amendue Tommaso d'Aquino
78 11 41 si dice l'un pregiando, qual ch'om prende, Tommaso d'Aquino
78 11 42 perch'ad un fine fur l'opere sue. Tommaso d'Aquino
78 11 43 Intra Tupino e l'acqua che discende Tommaso d'Aquino
78 11 44 del colle eletto dal beato Ubaldo, Tommaso d'Aquino
78 11 45 fertile costa d'alto monte pende, Tommaso d'Aquino
78 11 46 onde Perugia sente freddo e caldo Tommaso d'Aquino
78 11 47 da Porta Sole; e di rietro le piange Tommaso d'Aquino
78 11 48 per grave giogo Nocera con Gualdo. Tommaso d'Aquino
78 11 49 Di questa costa, là dov'ella frange Tommaso d'Aquino
78 11 50 più sua rattezza, nacque al mondo un sole, Tommaso d'Aquino
78 11 51 come fa questo tal volta di Gange. Tommaso d'Aquino
78 11 52 Però chi d'esso loco fa parole, Tommaso d'Aquino
78 11 53 non dica Ascesi, ché direbbe corto, Tommaso d'Aquino
78 11 54 ma Oriente, se proprio dir vuole. Tommaso d'Aquino
78 11 55 Non era ancor molto lontan da l'orto, Tommaso d'Aquino
78 11 56 ch'el cominciò a far sentir la terra Tommaso d'Aquino
78 11 57 de la sua gran virtute alcun conforto; Tommaso d'Aquino
78 11 58 ché per tal donna, giovinetto, in guerra Tommaso d'Aquino
78 11 59 del padre corse, a cui, come a la morte, Tommaso d'Aquino
78 11 60 la porta del piacer nessun diserra; Tommaso d'Aquino
78 11 61 e dinanzi a la sua spirital corte Tommaso d'Aquino
78 11 62 et coram patre le si fece unito; Tommaso d'Aquino
78 11 63 poscia di dì in dì l'amò più forte. Tommaso d'Aquino
78 11 64 Questa, privata del primo marito, Tommaso d'Aquino
78 11 65 millecent'anni e più dispetta e scura Tommaso d'Aquino
78 11 66 fino a costui si stette sanza invito; Tommaso d'Aquino
78 11 67 né valse udir che la trovò sicura Tommaso d'Aquino
78 11 68 con Amiclate, al suon de la sua voce, Tommaso d'Aquino
78 11 69 colui ch'a tutto 'l mondo fé paura; Tommaso d'Aquino
78 11 70 né valse esser costante né feroce, Tommaso d'Aquino
78 11 71 sì che, dove Maria rimase giuso, Tommaso d'Aquino
78 11 72 ella con Cristo pianse in su la croce. Tommaso d'Aquino
78 11 73 Ma perch'io non proceda troppo chiuso, Tommaso d'Aquino
78 11 74 Francesco e Povertà per questi amanti Tommaso d'Aquino
78 11 75 prendi oramai nel mio parlar diffuso. Tommaso d'Aquino
78 11 76 La lor concordia e i lor lieti sembianti, Tommaso d'Aquino
78 11 77 amore e maraviglia e dolce sguardo Tommaso d'Aquino
78 11 78 facieno esser cagion di pensier santi; Tommaso d'Aquino
78 11 79 tanto che 'l venerabile Bernardo Tommaso d'Aquino
78 11 80 si scalzò prima, e dietro a tanta pace Tommaso d'Aquino
78 11 81 corse e, correndo, li parve esser tardo. Tommaso d'Aquino
78 11 82 Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! Tommaso d'Aquino
78 11 83 Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro Tommaso d'Aquino
78 11 84 dietro a lo sposo, sì la sposa piace. Tommaso d'Aquino
78 11 85 Indi sen va quel padre e quel maestro Tommaso d'Aquino
78 11 86 con la sua donna e con quella famiglia Tommaso d'Aquino
78 11 87 che già legava l'umile capestro. Tommaso d'Aquino
78 11 88 Né li gravò viltà di cuor le ciglia Tommaso d'Aquino
78 11 89 per esser fi' di Pietro Bernardone, Tommaso d'Aquino
78 11 90 né per parer dispetto a maraviglia; Tommaso d'Aquino
78 11 91 ma regalmente sua dura intenzione Tommaso d'Aquino
78 11 92 ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe Tommaso d'Aquino
78 11 93 primo sigillo a sua religione. Tommaso d'Aquino
78 11 94 Poi che la gente poverella crebbe Tommaso d'Aquino
78 11 95 dietro a costui, la cui mirabil vita Tommaso d'Aquino
78 11 96 meglio in gloria del ciel si canterebbe, Tommaso d'Aquino
78 11 97 di seconda corona redimita Tommaso d'Aquino
78 11 98 fu per Onorio da l'Etterno Spiro Tommaso d'Aquino
78 11 99 la santa voglia d'esto archimandrita. Tommaso d'Aquino
78 11 100 E poi che, per la sete del martiro, Tommaso d'Aquino
78 11 101 ne la presenza del Soldan superba Tommaso d'Aquino
78 11 102 predicò Cristo e li altri che 'l seguiro, Tommaso d'Aquino
78 11 103 e per trovare a conversione acerba Tommaso d'Aquino
78 11 104 troppo la gente e per non stare indarno, Tommaso d'Aquino
78 11 105 redissi al frutto de l'italica erba, Tommaso d'Aquino
78 11 106 nel crudo sasso intra Tevero e Arno Tommaso d'Aquino
78 11 107 da Cristo prese l'ultimo sigillo, Tommaso d'Aquino
78 11 108 che le sue membra due anni portarno. Tommaso d'Aquino
78 11 109 Quando a colui ch'a tanto ben sortillo Tommaso d'Aquino
78 11 110 piacque di trarlo suso a la mercede Tommaso d'Aquino
78 11 111 ch'el meritò nel suo farsi pusillo, Tommaso d'Aquino
78 11 112 a' frati suoi, sì com'a giuste rede, Tommaso d'Aquino
78 11 113 raccomandò la donna sua più cara, Tommaso d'Aquino
78 11 114 e comandò che l'amassero a fede; Tommaso d'Aquino
78 11 115 e del suo grembo l'anima preclara Tommaso d'Aquino
78 11 116 mover si volle, tornando al suo regno, Tommaso d'Aquino
78 11 117 e al suo corpo non volle altra bara. Tommaso d'Aquino
78 11 118 Pensa oramai qual fu colui che degno Tommaso d'Aquino
78 11 119 collega fu a mantener la barca Tommaso d'Aquino
78 11 120 di Pietro in alto mar per dritto segno; Tommaso d'Aquino
78 11 121 e questo fu il nostro patriarca; Tommaso d'Aquino
78 11 122 per che qual segue lui, com'el comanda, Tommaso d'Aquino
78 11 123 discerner puoi che buone merce carca. Tommaso d'Aquino
78 11 124 Ma 'l suo pecuglio di nova vivanda Tommaso d'Aquino
78 11 125 é fatto ghiotto, sì ch'esser non puote Tommaso d'Aquino
78 11 126 che per diversi salti non si spanda; Tommaso d'Aquino
78 11 127 e quanto le sue pecore remote Tommaso d'Aquino
78 11 128 e vagabunde più da esso vanno, Tommaso d'Aquino
78 11 129 più tornano a l'ovil di latte vòte. Tommaso d'Aquino
78 11 130 Ben son di quelle che temono 'l danno Tommaso d'Aquino
78 11 131 e stringonsi al pastor; ma son sì poche, Tommaso d'Aquino
78 11 132 che le cappe fornisce poco panno. Tommaso d'Aquino
78 11 133 Or, se le mie parole non son fioche, Tommaso d'Aquino
78 11 134 se la tua audienza è stata attenta, Tommaso d'Aquino
78 11 135 se ciò ch'è detto a la mente revoche, Tommaso d'Aquino
78 11 136 in parte fia la tua voglia contenta, Tommaso d'Aquino
78 11 137 perché vedrai la pianta onde si scheggia, Tommaso d'Aquino
78 11 138 e vedra' il corrégger che argomenta Tommaso d'Aquino
78 11 139 "U' ben s'impingua, se non si vaneggia"». Tommaso d'Aquino
79 12 1 Sì tosto come l'ultima parola  
79 12 2 la benedetta fiamma per dir tolse,  
79 12 3 a rotar cominciò la santa mola;  
79 12 4 e nel suo giro tutta non si volse  
79 12 5 prima ch'un'altra di cerchio la chiuse,  
79 12 6 e moto a moto e canto a canto colse;  
79 12 7 canto che tanto vince nostre muse,  
79 12 8 nostre serene in quelle dolci tube,  
79 12 9 quanto primo splendor quel ch'e' refuse.  
79 12 10 Come si volgon per tenera nube  
79 12 11 due archi paralelli e concolori,  
79 12 12 quando Iunone a sua ancella iube,  
79 12 13 nascendo di quel d'entro quel di fori,  
79 12 14 a guisa del parlar di quella vaga  
79 12 15 ch'amor consunse come sol vapori;  
79 12 16 e fanno qui la gente esser presaga,  
79 12 17 per lo patto che Dio con Noé puose,  
79 12 18 del mondo che già mai più non s'allaga:  
79 12 19 così di quelle sempiterne rose  
79 12 20 volgiensi circa noi le due ghirlande,  
79 12 21 e sì l'estrema a l'intima rispuose.  
79 12 22 Poi che 'l tripudio e l'altra festa grande,  
79 12 23 sì del cantare e sì del fiammeggiarsi  
79 12 24 luce con luce gaudiose e blande,  
79 12 25 insieme a punto e a voler quetarsi,  
79 12 26 pur come li occhi ch'al piacer che i move  
79 12 27 conviene insieme chiudere e levarsi;  
79 12 28 del cor de l'una de le luci nove  
79 12 29 si mosse voce, che l'ago a la stella  
79 12 30 parer mi fece in volgermi al suo dove;  
79 12 31 e cominciò: «L'amor che mi fa bella Bonaventura da Bagnoregio
79 12 32 mi tragge a ragionar de l'altro duca Bonaventura da Bagnoregio
79 12 33 per cui del mio sì ben ci si favella. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 34 Degno è che, dov'è l'un, l'altro s'induca: Bonaventura da Bagnoregio
79 12 35 sì che, com'elli ad una militaro, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 36 così la gloria loro insieme luca. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 37 L'essercito di Cristo, che sì caro Bonaventura da Bagnoregio
79 12 38 costò a riarmar, dietro a la 'nsegna Bonaventura da Bagnoregio
79 12 39 si movea tardo, sospeccioso e raro, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 40 quando lo 'mperador che sempre regna Bonaventura da Bagnoregio
79 12 41 provide a la milizia, ch'era in forse, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 42 per sola grazia, non per esser degna; Bonaventura da Bagnoregio
79 12 43 e, come è detto, a sua sposa soccorse Bonaventura da Bagnoregio
79 12 44 con due campioni, al cui fare, al cui dire Bonaventura da Bagnoregio
79 12 45 lo popol disviato si raccorse. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 46 In quella parte ove surge ad aprire Bonaventura da Bagnoregio
79 12 47 Zefiro dolce le novelle fronde Bonaventura da Bagnoregio
79 12 48 di che si vede Europa rivestire, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 49 non molto lungi al percuoter de l'onde Bonaventura da Bagnoregio
79 12 50 dietro a le quali, per la lunga foga, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 51 lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 52 siede la fortunata Calaroga Bonaventura da Bagnoregio
79 12 53 sotto la protezion del grande scudo Bonaventura da Bagnoregio
79 12 54 in che soggiace il leone e soggioga: Bonaventura da Bagnoregio
79 12 55 dentro vi nacque l'amoroso drudo Bonaventura da Bagnoregio
79 12 56 de la fede cristiana, il santo atleta Bonaventura da Bagnoregio
79 12 57 benigno a' suoi e a' nemici crudo; Bonaventura da Bagnoregio
79 12 58 e come fu creata, fu repleta Bonaventura da Bagnoregio
79 12 59 sì la sua mente di viva vertute, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 60 che, ne la madre, lei fece profeta. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 61 Poi che le sponsalizie fuor compiute Bonaventura da Bagnoregio
79 12 62 al sacro fonte intra lui e la Fede, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 63 u' si dotar di mutua salute, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 64 la donna che per lui l'assenso diede, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 65 vide nel sonno il mirabile frutto Bonaventura da Bagnoregio
79 12 66 ch'uscir dovea di lui e de le rede; Bonaventura da Bagnoregio
79 12 67 e perché fosse qual era in costrutto, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 68 quinci si mosse spirito a nomarlo Bonaventura da Bagnoregio
79 12 69 del possessivo di cui era tutto. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 70 Domenico fu detto; e io ne parlo Bonaventura da Bagnoregio
79 12 71 sì come de l'agricola che Cristo Bonaventura da Bagnoregio
79 12 72 elesse a l'orto suo per aiutarlo. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 73 Ben parve messo e famigliar di Cristo: Bonaventura da Bagnoregio
79 12 74 che 'l primo amor che 'n lui fu manifesto, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 75 fu al primo consiglio che dié Cristo. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 76 Spesse fiate fu tacito e desto Bonaventura da Bagnoregio
79 12 77 trovato in terra da la sua nutrice, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 78 come dicesse: 'Io son venuto a questo'. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 79 Oh padre suo veramente Felice! Bonaventura da Bagnoregio
79 12 80 oh madre sua veramente Giovanna, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 81 se, interpretata, val come si dice! Bonaventura da Bagnoregio
79 12 82 Non per lo mondo, per cui mo s'affanna Bonaventura da Bagnoregio
79 12 83 di retro ad Ostiense e a Taddeo, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 84 ma per amor de la verace manna Bonaventura da Bagnoregio
79 12 85 in picciol tempo gran dottor si feo; Bonaventura da Bagnoregio
79 12 86 tal che si mise a circuir la vigna Bonaventura da Bagnoregio
79 12 87 che tosto imbianca, se 'l vignaio è reo. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 88 E a la sedia che fu già benigna Bonaventura da Bagnoregio
79 12 89 più a' poveri giusti, non per lei, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 90 ma per colui che siede, che traligna, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 91 non dispensare o due o tre per sei, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 92 non la fortuna di prima vacante, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 93 non decimas, quae sunt pauperum Dei, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 94 addimandò, ma contro al mondo errante Bonaventura da Bagnoregio
79 12 95 licenza di combatter per lo seme Bonaventura da Bagnoregio
79 12 96 del qual ti fascian ventiquattro piante. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 97 Poi, con dottrina e con volere insieme, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 98 con l'officio appostolico si mosse Bonaventura da Bagnoregio
79 12 99 quasi torrente ch'alta vena preme; Bonaventura da Bagnoregio
79 12 100 e ne li sterpi eretici percosse Bonaventura da Bagnoregio
79 12 101 l'impeto suo, più vivamente quivi Bonaventura da Bagnoregio
79 12 102 dove le resistenze eran più grosse. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 103 Di lui si fecer poi diversi rivi Bonaventura da Bagnoregio
79 12 104 onde l'orto catolico si riga, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 105 sì che i suoi arbuscelli stan più vivi. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 106 Se tal fu l'una rota de la biga Bonaventura da Bagnoregio
79 12 107 in che la Santa Chiesa si difese Bonaventura da Bagnoregio
79 12 108 e vinse in campo la sua civil briga, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 109 ben ti dovrebbe assai esser palese Bonaventura da Bagnoregio
79 12 110 l'eccellenza de l'altra, di cui Tomma Bonaventura da Bagnoregio
79 12 111 dinanzi al mio venir fu sì cortese. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 112 Ma l'orbita che fé la parte somma Bonaventura da Bagnoregio
79 12 113 di sua circunferenza, è derelitta, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 114 sì ch'è la muffa dov'era la gromma. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 115 La sua famiglia, che si mosse dritta Bonaventura da Bagnoregio
79 12 116 coi piedi a le sue orme, è tanto volta, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 117 che quel dinanzi a quel di retro gitta; Bonaventura da Bagnoregio
79 12 118 e tosto si vedrà de la ricolta Bonaventura da Bagnoregio
79 12 119 de la mala coltura, quando il loglio Bonaventura da Bagnoregio
79 12 120 si lagnerà che l'arca li sia tolta. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 121 Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio Bonaventura da Bagnoregio
79 12 122 nostro volume, ancor troveria carta Bonaventura da Bagnoregio
79 12 123 u' leggerebbe "I' mi son quel ch'i' soglio" Bonaventura da Bagnoregio
79 12 124 ma non fia da Casal né d'Acquasparta, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 125 là onde vegnon tali a la scrittura, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 126 ch'uno la fugge e altro la coarta. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 127 Io son la vita di Bonaventura Bonaventura da Bagnoregio
79 12 128 da Bagnoregio, che ne' grandi offici Bonaventura da Bagnoregio
79 12 129 sempre pospuosi la sinistra cura. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 130 Illuminato e Augustin son quici, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 131 che fuor de' primi scalzi poverelli Bonaventura da Bagnoregio
79 12 132 che nel capestro a Dio si fero amici. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 133 Ugo da San Vittore è qui con elli, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 134 e Pietro Mangiadore e Pietro Spano, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 135 lo qual giù luce in dodici libelli; Bonaventura da Bagnoregio
79 12 136 Natàn profeta e 'l metropolitano Bonaventura da Bagnoregio
79 12 137 Crisostomo e Anselmo e quel Donato Bonaventura da Bagnoregio
79 12 138 ch'a la prim'arte degnò porre mano. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 139 Rabano è qui, e lucemi dallato Bonaventura da Bagnoregio
79 12 140 il calavrese abate Giovacchino, Bonaventura da Bagnoregio
79 12 141 di spirito profetico dotato. Bonaventura da Bagnoregio
79 12 142 Ad inveggiar cotanto paladino Bonaventura da Bagnoregio
79 12 143 mi mosse l'infiammata cortesia Bonaventura da Bagnoregio
79 12 144 di fra Tommaso e 'l discreto latino; Bonaventura da Bagnoregio
79 12 145 e mosse meco questa compagnia». Bonaventura da Bagnoregio
80 13 1 Imagini, chi bene intender cupe  
80 13 2 quel ch'i' or vidi - e ritegna l'image,  
80 13 3 mentre ch'io dico, come ferma rupe -,  
80 13 4 quindici stelle che 'n diverse plage  
80 13 5 lo ciel avvivan di tanto sereno  
80 13 6 che soperchia de l'aere ogne compage;  
80 13 7 imagini quel carro a cu' il seno  
80 13 8 basta del nostro cielo e notte e giorno,  
80 13 9 sì ch'al volger del temo non vien meno;  
80 13 10 imagini la bocca di quel corno  
80 13 11 che si comincia in punta de lo stelo  
80 13 12 a cui la prima rota va dintorno,  
80 13 13 aver fatto di sé due segni in cielo,  
80 13 14 qual fece la figliuola di Minoi  
80 13 15 allora che sentì di morte il gelo;  
80 13 16 e l'un ne l'altro aver li raggi suoi,  
80 13 17 e amendue girarsi per maniera  
80 13 18 che l'uno andasse al primo e l'altro al poi;  
80 13 19 e avrà quasi l'ombra de la vera  
80 13 20 costellazione e de la doppia danza  
80 13 21 che circulava il punto dov'io era:  
80 13 22 poi ch'è tanto di là da nostra usanza,  
80 13 23 quanto di là dal mover de la Chiana  
80 13 24 si move il ciel che tutti li altri avanza.  
80 13 25 Lì si cantò non Bacco, non Peana,  
80 13 26 ma tre persone in divina natura,  
80 13 27 e in una persona essa e l'umana.  
80 13 28 Compié 'l cantare e 'l volger sua misura;  
80 13 29 e attesersi a noi quei santi lumi,  
80 13 30 felicitando sé di cura in cura.  
80 13 31 Ruppe il silenzio ne' concordi numi  
80 13 32 poscia la luce in che mirabil vita  
80 13 33 del poverel di Dio narrata fumi,  
80 13 34 e disse: «Quando l'una paglia è trita, Tommaso d'Aquino
80 13 35 quando la sua semenza è già riposta, Tommaso d'Aquino
80 13 36 a batter l'altra dolce amor m'invita. Tommaso d'Aquino
80 13 37 Tu credi che nel petto onde la costa Tommaso d'Aquino
80 13 38 si trasse per formar la bella guancia Tommaso d'Aquino
80 13 39 il cui palato a tutto 'l mondo costa, Tommaso d'Aquino
80 13 40 e in quel che, forato da la lancia, Tommaso d'Aquino
80 13 41 e prima e poscia tanto sodisfece, Tommaso d'Aquino
80 13 42 che d'ogne colpa vince la bilancia, Tommaso d'Aquino
80 13 43 quantunque a la natura umana lece Tommaso d'Aquino
80 13 44 aver di lume, tutto fosse infuso Tommaso d'Aquino
80 13 45 da quel valor che l'uno e l'altro fece; Tommaso d'Aquino
80 13 46 e però miri a ciò ch'io dissi suso, Tommaso d'Aquino
80 13 47 quando narrai che non ebbe 'l secondo Tommaso d'Aquino
80 13 48 lo ben che ne la quinta luce è chiuso. Tommaso d'Aquino
80 13 49 Or apri li occhi a quel ch'io ti rispondo, Tommaso d'Aquino
80 13 50 e vedrai il tuo credere e 'l mio dire Tommaso d'Aquino
80 13 51 nel vero farsi come centro in tondo. Tommaso d'Aquino
80 13 52 Ciò che non more e ciò che può morire Tommaso d'Aquino
80 13 53 non è se non splendor di quella idea Tommaso d'Aquino
80 13 54 che partorisce, amando, il nostro Sire; Tommaso d'Aquino
80 13 55 ché quella viva luce che sì mea Tommaso d'Aquino
80 13 56 dal suo lucente, che non si disuna Tommaso d'Aquino
80 13 57 da lui né da l'amor ch'a lor s'intrea, Tommaso d'Aquino
80 13 58 per sua bontate il suo raggiare aduna, Tommaso d'Aquino
80 13 59 quasi specchiato, in nove sussistenze, Tommaso d'Aquino
80 13 60 etternalmente rimanendosi una. Tommaso d'Aquino
80 13 61 Quindi discende a l'ultime potenze Tommaso d'Aquino
80 13 62 giù d'atto in atto, tanto divenendo, Tommaso d'Aquino
80 13 63 che più non fa che brevi contingenze; Tommaso d'Aquino
80 13 64 e queste contingenze essere intendo Tommaso d'Aquino
80 13 65 le cose generate, che produce Tommaso d'Aquino
80 13 66 con seme e sanza seme il ciel movendo. Tommaso d'Aquino
80 13 67 La cera di costoro e chi la duce Tommaso d'Aquino
80 13 68 non sta d'un modo; e però sotto 'l segno Tommaso d'Aquino
80 13 69 ideale poi più e men traluce. Tommaso d'Aquino
80 13 70 Ond'elli avvien ch'un medesimo legno, Tommaso d'Aquino
80 13 71 secondo specie, meglio e peggio frutta; Tommaso d'Aquino
80 13 72 e voi nascete con diverso ingegno. Tommaso d'Aquino
80 13 73 Se fosse a punto la cera dedutta Tommaso d'Aquino
80 13 74 e fosse il cielo in sua virtù supprema, Tommaso d'Aquino
80 13 75 la luce del suggel parrebbe tutta; Tommaso d'Aquino
80 13 76 ma la natura la dà sempre scema, Tommaso d'Aquino
80 13 77 similemente operando a l'artista Tommaso d'Aquino
80 13 78 ch'a l'abito de l'arte ha man che trema. Tommaso d'Aquino
80 13 79 Però se 'l caldo amor la chiara vista Tommaso d'Aquino
80 13 80 de la prima virtù dispone e segna, Tommaso d'Aquino
80 13 81 tutta la perfezion quivi s'acquista. Tommaso d'Aquino
80 13 82 Così fu fatta già la terra degna Tommaso d'Aquino
80 13 83 di tutta l'animal perfezione; Tommaso d'Aquino
80 13 84 così fu fatta la Vergine pregna; Tommaso d'Aquino
80 13 85 sì ch'io commendo tua oppinione, Tommaso d'Aquino
80 13 86 che l'umana natura mai non fue Tommaso d'Aquino
80 13 87 né fia qual fu in quelle due persone. Tommaso d'Aquino
80 13 88 Or s'i' non procedesse avanti più, Tommaso d'Aquino
80 13 89 'Dunque, come costui fu sanza pare?' Tommaso d'Aquino
80 13 90 comincerebber le parole tue. Tommaso d'Aquino
80 13 91 Ma perché paia ben ciò che non pare, Tommaso d'Aquino
80 13 92 pensa chi era, e la cagion che 'l mosse, Tommaso d'Aquino
80 13 93 quando fu detto "Chiedi", a dimandare. Tommaso d'Aquino
80 13 94 Non ho parlato sì, che tu non posse Tommaso d'Aquino
80 13 95 ben veder ch'el fu re, che chiese senno Tommaso d'Aquino
80 13 96 acciò che re sufficiente fosse; Tommaso d'Aquino
80 13 97 non per sapere il numero in che enno Tommaso d'Aquino
80 13 98 li motor di qua sù, o se necesse Tommaso d'Aquino
80 13 99 con contingente mai necesse fenno; Tommaso d'Aquino
80 13 100 non si est dare primum motum esse, Tommaso d'Aquino
80 13 101 o se del mezzo cerchio far si puote Tommaso d'Aquino
80 13 102 triangol sì ch'un retto non avesse. Tommaso d'Aquino
80 13 103 Onde, se ciò ch'io dissi e questo note, Tommaso d'Aquino
80 13 104 regal prudenza è quel vedere impari Tommaso d'Aquino
80 13 105 in che lo stral di mia intenzion percuote; Tommaso d'Aquino
80 13 106 e se al "surse" drizzi li occhi chiari, Tommaso d'Aquino
80 13 107 vedrai aver solamente respetto Tommaso d'Aquino
80 13 108 ai regi, che son molti, e ' buon son rari. Tommaso d'Aquino
80 13 109 Con questa distinzion prendi 'l mio detto; Tommaso d'Aquino
80 13 110 e così puote star con quel che credi Tommaso d'Aquino
80 13 111 del primo padre e del nostro Diletto. Tommaso d'Aquino
80 13 112 E questo ti sia sempre piombo a' piedi, Tommaso d'Aquino
80 13 113 per farti mover lento com'uom lasso Tommaso d'Aquino
80 13 114 e al sì e al no che tu non vedi: Tommaso d'Aquino
80 13 115 ché quelli è tra li stolti bene a basso, Tommaso d'Aquino
80 13 116 che sanza distinzione afferma e nega Tommaso d'Aquino
80 13 117 ne l'un così come ne l'altro passo; Tommaso d'Aquino
80 13 118 perch'elli 'ncontra che più volte piega Tommaso d'Aquino
80 13 119 l'oppinion corrente in falsa parte, Tommaso d'Aquino
80 13 120 e poi l'affetto l'intelletto lega. Tommaso d'Aquino
80 13 121 Vie più che 'ndarno da riva si parte, Tommaso d'Aquino
80 13 122 perché non torna tal qual e' si move, Tommaso d'Aquino
80 13 123 chi pesca per lo vero e non ha l'arte. Tommaso d'Aquino
80 13 124 E di ciò sono al mondo aperte prove Tommaso d'Aquino
80 13 125 Parmenide, Melisso e Brisso e molti, Tommaso d'Aquino
80 13 126 li quali andaro e non sapean dove; Tommaso d'Aquino
80 13 127 sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti Tommaso d'Aquino
80 13 128 che furon come spade a le Scritture Tommaso d'Aquino
80 13 129 in render torti li diritti volti. Tommaso d'Aquino
80 13 130 Non sien le genti, ancor, troppo sicure Tommaso d'Aquino
80 13 131 a giudicar, sì come quei che stima Tommaso d'Aquino
80 13 132 le biade in campo pria che sien mature; Tommaso d'Aquino
80 13 133 ch'i' ho veduto tutto 'l verno prima Tommaso d'Aquino
80 13 134 lo prun mostrarsi rigido e feroce; Tommaso d'Aquino
80 13 135 poscia portar la rosa in su la cima; Tommaso d'Aquino
80 13 136 e legno vidi già dritto e veloce Tommaso d'Aquino
80 13 137 correr lo mar per tutto suo cammino, Tommaso d'Aquino
80 13 138 perire al fine a l'intrar de la foce. Tommaso d'Aquino
80 13 139 Non creda donna Berta e ser Martino, Tommaso d'Aquino
80 13 140 per vedere un furare, altro offerere, Tommaso d'Aquino
80 13 141 vederli dentro al consiglio divino; Tommaso d'Aquino
80 13 142 ché quel può surgere, e quel può cadere». Tommaso d'Aquino
81 14 1 Dal centro al cerchio,e sì dal cerchio al centro  
81 14 2 movesi l'acqua in un ritondo vaso,  
81 14 3 secondo ch'è percosso fuori o dentro:  
81 14 4 ne la mia mente fé sùbito caso  
81 14 5 questo ch'io dico, sì come si tacque  
81 14 6 la gloriosa vita di Tommaso,  
81 14 7 per la similitudine che nacque  
81 14 8 del suo parlare e di quel di Beatrice,  
81 14 9 a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:  
81 14 10 «A costui fa mestieri, e nol vi dice Beatrice (ammiraglio)
81 14 11 né con la voce né pensando ancora, Beatrice (ammiraglio)
81 14 12 d'un altro vero andare a la radice. Beatrice (ammiraglio)
81 14 13 Diteli se la luce onde s'infiora Beatrice (ammiraglio)
81 14 14 vostra sustanza, rimarrà con voi Beatrice (ammiraglio)
81 14 15 etternalmente sì com'ell'è ora; Beatrice (ammiraglio)
81 14 16 e se rimane, dite come, poi Beatrice (ammiraglio)
81 14 17 che sarete visibili rifatti, Beatrice (ammiraglio)
81 14 18 esser porà ch'al veder non vi nòi». Beatrice (ammiraglio)
81 14 19 Come, da più letizia pinti e tratti,  
81 14 20 a la fiata quei che vanno a rota  
81 14 21 levan la voce e rallegrano li atti,  
81 14 22 così, a l'orazion pronta e divota,  
81 14 23 li santi cerchi mostrar nova gioia  
81 14 24 nel torneare e ne la mira nota.  
81 14 25 Qual si lamenta perché qui si moia  
81 14 26 per viver colà sù, non vide quive  
81 14 27 lo refrigerio de l'etterna ploia.  
81 14 28 Quell'uno e due e tre che sempre vive  
81 14 29 e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno,  
81 14 30 non circunscritto, e tutto circunscrive,  
81 14 31 tre volte era cantato da ciascuno  
81 14 32 di quelli spirti con tal melodia,  
81 14 33 ch'ad ogne merto saria giusto muno.  
81 14 34 E io udi' ne la luce più dia  
81 14 35 del minor cerchio una voce modesta,  
81 14 36 forse qual fu da l'angelo a Maria,  
81 14 37 risponder: «Quanto fia lunga la festa Salomone
81 14 38 di paradiso, tanto il nostro amore Salomone
81 14 39 si raggerà dintorno cotal vesta. Salomone
81 14 40 La sua chiarezza séguita l'ardore; Salomone
81 14 41 l'ardor la visione, e quella è tanta, Salomone
81 14 42 quant'ha di grazia sovra suo valore. Salomone
81 14 43 Come la carne gloriosa e santa Salomone
81 14 44 fia rivestita, la nostra persona Salomone
81 14 45 più grata fia per esser tutta quanta; Salomone
81 14 46 per che s'accrescerà ciò che ne dona Salomone
81 14 47 di gratuito lume il sommo bene, Salomone
81 14 48 lume ch'a lui veder ne condiziona; Salomone
81 14 49 onde la vision crescer convene, Salomone
81 14 50 crescer l'ardor che di quella s'accende, Salomone
81 14 51 crescer lo raggio che da esso vene. Salomone
81 14 52 Ma sì come carbon che fiamma rende, Salomone
81 14 53 e per vivo candor quella soverchia, Salomone
81 14 54 sì che la sua parvenza si difende; Salomone
81 14 55 così questo folgór che già ne cerchia Salomone
81 14 56 fia vinto in apparenza da la carne Salomone
81 14 57 che tutto dì la terra ricoperchia; Salomone
81 14 58 né potrà tanta luce affaticarne: Salomone
81 14 59 ché li organi del corpo saran forti Salomone
81 14 60 a tutto ciò che potrà dilettarne». Salomone
81 14 61 Tanto mi parver sùbiti e accorti  
81 14 62 e l'uno e l'altro coro a dicer «Amme!», Anime Beate
81 14 63 che ben mostrar disio d'i corpi morti:  
81 14 64 forse non pur per lor, ma per le mamme,  
81 14 65 per li padri e per li altri che fuor cari  
81 14 66 anzi che fosser sempiterne fiamme.  
81 14 67 Ed ecco intorno, di chiarezza pari,  
81 14 68 nascere un lustro sopra quel che v'era,  
81 14 69 per guisa d'orizzonte che rischiari.  
81 14 70 E sì come al salir di prima sera  
81 14 71 comincian per lo ciel nove parvenze,  
81 14 72 sì che la vista pare e non par vera,  
81 14 73 parvemi lì novelle sussistenze  
81 14 74 cominciare a vedere, e fare un giro  
81 14 75 di fuor da l'altre due circunferenze.  
81 14 76 Oh vero sfavillar del Santo Spiro!  
81 14 77 come si fece sùbito e candente  
81 14 78 a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!  
81 14 79 Ma Beatrice sì bella e ridente  
81 14 80 mi si mostrò, che tra quelle vedute  
81 14 81 si vuol lasciar che non seguir la mente.  
81 14 82 Quindi ripreser li occhi miei virtute  
81 14 83 a rilevarsi; e vidimi translato  
81 14 84 sol con mia donna in più alta salute.  
81 14 85 Ben m'accors'io ch'io era più levato,  
81 14 86 per l'affocato riso de la stella,  
81 14 87 che mi parea più roggio che l'usato.  
81 14 88 Con tutto 'l core e con quella favella  
81 14 89 ch'è una in tutti, a Dio feci olocausto,  
81 14 90 qual conveniesi a la grazia novella.  
81 14 91 E non er'anco del mio petto essausto  
81 14 92 l'ardor del sacrificio, ch'io conobbi  
81 14 93 esso litare stato accetto e fausto;  
81 14 94 ché con tanto lucore e tanto robbi  
81 14 95 m'apparvero splendor dentro a due raggi,  
81 14 96 ch'io dissi: «O Eliòs che sì li addobbi!». Dante Alighieri
81 14 97 Come distinta da minori e maggi  
81 14 98 lumi biancheggia tra ' poli del mondo  
81 14 99 Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;  
81 14 100 sì costellati facean nel profondo  
81 14 101 Marte quei raggi il venerabil segno  
81 14 102 che fan giunture di quadranti in tondo.  
81 14 103 Qui vince la memoria mia lo 'ngegno;  
81 14 104 ché quella croce lampeggiava Cristo,  
81 14 105 sì ch'io non so trovare essempro degno;  
81 14 106 ma chi prende sua croce e segue Cristo,  
81 14 107 ancor mi scuserà di quel ch'io lasso,  
81 14 108 vedendo in quell'albor balenar Cristo.  
81 14 109 Di corno in corno e tra la cima e 'l basso  
81 14 110 si movien lumi, scintillando forte  
81 14 111 nel congiugnersi insieme e nel trapasso:  
81 14 112 così si veggion qui diritte e torte,  
81 14 113 veloci e tarde, rinovando vista,  
81 14 114 le minuzie d'i corpi, lunghe e corte,  
81 14 115 moversi per lo raggio onde si lista  
81 14 116 talvolta l'ombra che, per sua difesa,  
81 14 117 la gente con ingegno e arte acquista.  
81 14 118 E come giga e arpa, in tempra tesa  
81 14 119 di molte corde, fa dolce tintinno  
81 14 120 a tal da cui la nota non è intesa,  
81 14 121 così da' lumi che lì m'apparinno  
81 14 122 s'accogliea per la croce una melode  
81 14 123 che mi rapiva, sanza intender l'inno.  
81 14 124 Ben m'accors'io ch'elli era d'alte lode,  
81 14 125 però ch'a me venìa «Resurgi» e «Vinci» Anime Beate
81 14 126 come a colui che non intende e ode.  
81 14 127 Io m'innamorava tanto quinci,  
81 14 128 che 'nfino a lì non fu alcuna cosa  
81 14 129 che mi legasse con sì dolci vinci.  
81 14 130 Forse la mia parola par troppo osa,  
81 14 131 posponendo il piacer de li occhi belli,  
81 14 132 ne' quai mirando mio disio ha posa;  
81 14 133 ma chi s'avvede che i vivi suggelli  
81 14 134 d'ogne bellezza più fanno più suso,  
81 14 135 e ch'io non m'era lì rivolto a quelli,  
81 14 136 escusar puommi di quel ch'io m'accuso  
81 14 137 per escusarmi, e vedermi dir vero:  
81 14 138 ché 'l piacer santo non è qui dischiuso,  
81 14 139 perché si fa, montando, più sincero.  
82 15 1 Benigna volontade in che si liqua  
82 15 2 sempre l'amor che drittamente spira,  
82 15 3 come cupidità fa ne la iniqua,  
82 15 4 silenzio puose a quella dolce lira,  
82 15 5 e fece quietar le sante corde  
82 15 6 che la destra del cielo allenta e tira.  
82 15 7 Come saranno a' giusti preghi sorde  
82 15 8 quelle sustanze che, per darmi voglia  
82 15 9 ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?  
82 15 10 Bene è che sanza termine si doglia  
82 15 11 chi, per amor di cosa che non duri,  
82 15 12 etternalmente quello amor si spoglia.  
82 15 13 Quale per li seren tranquilli e puri  
82 15 14 discorre ad ora ad or sùbito foco,  
82 15 15 movendo li occhi che stavan sicuri,  
82 15 16 e pare stella che tramuti loco,  
82 15 17 se non che da la parte ond'e' s'accende  
82 15 18 nulla sen perde, ed esso dura poco:  
82 15 19 tale dal corno che 'n destro si stende  
82 15 20 a pié di quella croce corse un astro  
82 15 21 de la costellazion che lì resplende;  
82 15 22 né si partì la gemma dal suo nastro,  
82 15 23 ma per la lista radial trascorse,  
82 15 24 che parve foco dietro ad alabastro.  
82 15 25 Sì pia l'ombra d'Anchise si porse,  
82 15 26 se fede merta nostra maggior musa,  
82 15 27 quando in Eliso del figlio s'accorse.  
82 15 28 «O sanguis meus, o superinfusa Cacciaguida
82 15 29 gratia Dei, sicut tibi cui Cacciaguida
82 15 30 bis unquam celi ianua reclusa?». Cacciaguida
82 15 31 Così quel lume: ond'io m'attesi a lui;  
82 15 32 poscia rivolsi a la mia donna il viso,  
82 15 33 e quinci e quindi stupefatto fui;  
82 15 34 ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso  
82 15 35 tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo  
82 15 36 de la mia gloria e del mio paradiso.  
82 15 37 Indi, a udire e a veder giocondo,  
82 15 38 giunse lo spirto al suo principio cose,  
82 15 39 ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo;  
82 15 40 né per elezion mi si nascose,  
82 15 41 ma per necessità, ché 'l suo concetto  
82 15 42 al segno d'i mortal si soprapuose.  
82 15 43 E quando l'arco de l'ardente affetto  
82 15 44 fu sì sfogato, che 'l parlar discese  
82 15 45 inver' lo segno del nostro intelletto,  
82 15 46 la prima cosa che per me s'intese,  
82 15 47 «Benedetto sia tu», fu, «trino e uno, Cacciaguida
82 15 48 che nel mio seme se' tanto cortese!». Cacciaguida
82 15 49 E seguì: «Grato e lontano digiuno, Cacciaguida
82 15 50 tratto leggendo del magno volume Cacciaguida
82 15 51 du' non si muta mai bianco né bruno, Cacciaguida
82 15 52 solvuto hai, figlio, dentro a questo lume Cacciaguida
82 15 53 in ch'io ti parlo, mercé di colei Cacciaguida
82 15 54 ch'a l'alto volo ti vestì le piume. Cacciaguida
82 15 55 Tu credi che a me tuo pensier mei Cacciaguida
82 15 56 da quel ch'è primo, così come raia Cacciaguida
82 15 57 da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei; Cacciaguida
82 15 58 e però ch'io mi sia e perch'io paia Cacciaguida
82 15 59 più gaudioso a te, non mi domandi, Cacciaguida
82 15 60 che alcun altro in questa turba gaia. Cacciaguida
82 15 61 Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi Cacciaguida
82 15 62 di questa vita miran ne lo speglio Cacciaguida
82 15 63 in che, prima che pensi, il pensier pandi; Cacciaguida
82 15 64 ma perché 'l sacro amore in che io veglio Cacciaguida
82 15 65 con perpetua vista e che m'asseta Cacciaguida
82 15 66 di dolce disiar, s'adempia meglio, Cacciaguida
82 15 67 la voce tua sicura, balda e lieta Cacciaguida
82 15 68 suoni la volontà, suoni 'l disio, Cacciaguida
82 15 69 a che la mia risposta è già decreta!». Cacciaguida
82 15 70 Io mi volsi a Beatrice, e quella udio  
82 15 71 pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno  
82 15 72 che fece crescer l'ali al voler mio.  
82 15 73 Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno, Dante Alighieri
82 15 74 come la prima equalità v'apparse, Dante Alighieri
82 15 75 d'un peso per ciascun di voi si fenno, Dante Alighieri
82 15 76 però che 'l sol che v'allumò e arse, Dante Alighieri
82 15 77 col caldo e con la luce è sì iguali, Dante Alighieri
82 15 78 che tutte simiglianze sono scarse. Dante Alighieri
82 15 79 Ma voglia e argomento ne' mortali, Dante Alighieri
82 15 80 per la cagion ch'a voi è manifesta, Dante Alighieri
82 15 81 diversamente son pennuti in ali; Dante Alighieri
82 15 82 ond'io, che son mortal, mi sento in questa Dante Alighieri
82 15 83 disagguaglianza, e però non ringrazio Dante Alighieri
82 15 84 se non col core a la paterna festa. Dante Alighieri
82 15 85 Ben supplico io a te, vivo topazio Dante Alighieri
82 15 86 che questa gioia preziosa ingemmi, Dante Alighieri
82 15 87 perché mi facci del tuo nome sazio». Dante Alighieri
82 15 88 «O fronda mia in che io compiacemmi Cacciaguida
82 15 89 pur aspettando, io fui la tua radice»: Cacciaguida
82 15 90 cotal principio, rispondendo, femmi.  
82 15 91 Poscia mi disse: «Quel da cui si dice Cacciaguida
82 15 92 tua cognazione e che cent'anni e più Cacciaguida
82 15 93 girato ha 'l monte in la prima cornice, Cacciaguida
82 15 94 mio figlio fu e tuo bisavol fue: Cacciaguida
82 15 95 ben si convien che la lunga fatica Cacciaguida
82 15 96 tu li raccorci con l'opere tue. Cacciaguida
82 15 97 Fiorenza dentro da la cerchia antica, Cacciaguida
82 15 98 ond'ella toglie ancora e terza e nona, Cacciaguida
82 15 99 si stava in pace, sobria e pudica. Cacciaguida
82 15 100 Non avea catenella, non corona, Cacciaguida
82 15 101 non gonne contigiate, non cintura Cacciaguida
82 15 102 che fosse a veder più che la persona. Cacciaguida
82 15 103 Non faceva, nascendo, ancor paura Cacciaguida
82 15 104 la figlia al padre, che 'l tempo e la dote Cacciaguida
82 15 105 non fuggien quinci e quindi la misura. Cacciaguida
82 15 106 Non avea case di famiglia vòte; Cacciaguida
82 15 107 non v'era giunto ancor Sardanapalo Cacciaguida
82 15 108 a mostrar ciò che 'n camera si puote. Cacciaguida
82 15 109 Non era vinto ancora Montemalo Cacciaguida
82 15 110 dal vostro Uccellatoio, che, com'è vinto Cacciaguida
82 15 111 nel montar sù, così sarà nel calo. Cacciaguida
82 15 112 Bellincion Berti vid'io andar cinto Cacciaguida
82 15 113 di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio Cacciaguida
82 15 114 la donna sua sanza 'l viso dipinto; Cacciaguida
82 15 115 e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio Cacciaguida
82 15 116 esser contenti a la pelle scoperta, Cacciaguida
82 15 117 e le sue donne al fuso e al pennecchio. Cacciaguida
82 15 118 Oh fortunate! ciascuna era certa Cacciaguida
82 15 119 de la sua sepultura, e ancor nulla Cacciaguida
82 15 120 era per Francia nel letto diserta. Cacciaguida
82 15 121 L'una vegghiava a studio de la culla, Cacciaguida
82 15 122 e, consolando, usava l'idioma Cacciaguida
82 15 123 che prima i padri e le madri trastulla; Cacciaguida
82 15 124 l'altra, traendo a la rocca la chioma, Cacciaguida
82 15 125 favoleggiava con la sua famiglia Cacciaguida
82 15 126 d'i Troiani, di Fiesole e di Roma. Cacciaguida
82 15 127 Saria tenuta allor tal maraviglia Cacciaguida
82 15 128 una Cianghella, un Lapo Salterello, Cacciaguida
82 15 129 qual or saria Cincinnato e Corniglia. Cacciaguida
82 15 130 A così riposato, a così bello Cacciaguida
82 15 131 viver di cittadini, a così fida Cacciaguida
82 15 132 cittadinanza, a così dolce ostello, Cacciaguida
82 15 133 Maria mi dié, chiamata in alte grida; Cacciaguida
82 15 134 e ne l'antico vostro Batisteo Cacciaguida
82 15 135 insieme fui cristiano e Cacciaguida. Cacciaguida
82 15 136 Moronto fu mio frate ed Eliseo; Cacciaguida
82 15 137 mia donna venne a me di val di Pado, Cacciaguida
82 15 138 e quindi il sopranome tuo si feo. Cacciaguida
82 15 139 Poi seguitai lo 'mperador Currado; Cacciaguida
82 15 140 ed el mi cinse de la sua milizia, Cacciaguida
82 15 141 tanto per bene ovrar li venni in grado. Cacciaguida
82 15 142 Dietro li andai incontro a la nequizia Cacciaguida
82 15 143 di quella legge il cui popolo usurpa, Cacciaguida
82 15 144 per colpa d'i pastor, vostra giustizia. Cacciaguida
82 15 145 Quivi fu' io da quella gente turpa Cacciaguida
82 15 146 disviluppato dal mondo fallace, Cacciaguida
82 15 147 lo cui amor molt'anime deturpa; Cacciaguida
82 15 148 e venni dal martiro a questa pace». Cacciaguida
83 16 1 O poca nostra nobiltà di sangue,  
83 16 2 se gloriar di te la gente fai  
83 16 3 qua giù dove l'affetto nostro langue,  
83 16 4 mirabil cosa non mi sarà mai:  
83 16 5 ché là dove appetito non si torce,  
83 16 6 dico nel cielo, io me ne gloriai.  
83 16 7 Ben se' tu manto che tosto raccorce:  
83 16 8 sì che, se non s'appon di dì in die,  
83 16 9 lo tempo va dintorno con le force.  
83 16 10 Dal 'voi' che prima a Roma s'offerie,  
83 16 11 in che la sua famiglia men persevra,  
83 16 12 ricominciaron le parole mie;  
83 16 13 onde Beatrice, ch'era un poco scevra,  
83 16 14 ridendo, parve quella che tossio  
83 16 15 al primo fallo scritto di Ginevra.  
83 16 16 Io cominciai: «Voi siete il padre mio; Dante Alighieri
83 16 17 voi mi date a parlar tutta baldezza; Dante Alighieri
83 16 18 voi mi levate sì, ch'i' son più ch'io. Dante Alighieri
83 16 19 Per tanti rivi s'empie d'allegrezza Dante Alighieri
83 16 20 la mente mia, che di sé fa letizia Dante Alighieri
83 16 21 perché può sostener che non si spezza. Dante Alighieri
83 16 22 Ditemi dunque, cara mia primizia, Dante Alighieri
83 16 23 quai fuor li vostri antichi e quai fuor li anni Dante Alighieri
83 16 24 che si segnaro in vostra puerizia; Dante Alighieri
83 16 25 ditemi de l'ovil di San Giovanni Dante Alighieri
83 16 26 quanto era allora, e chi eran le genti Dante Alighieri
83 16 27 tra esso degne di più alti scanni». Dante Alighieri
83 16 28 Come s'avviva a lo spirar d'i venti  
83 16 29 carbone in fiamma, così vid'io quella  
83 16 30 luce risplendere a' miei blandimenti;  
83 16 31 e come a li occhi miei si fé più bella,  
83 16 32 così con voce più dolce e soave,  
83 16 33 ma non con questa moderna favella,  
83 16 34 dissemi: «Da quel dì che fu detto 'Ave' Cacciaguida
83 16 35 al parto in che mia madre, ch'è or santa, Cacciaguida
83 16 36 s'alleviò di me ond'era grave, Cacciaguida
83 16 37 al suo Leon cinquecento cinquanta Cacciaguida
83 16 38 e trenta fiate venne questo foco Cacciaguida
83 16 39 a rinfiammarsi sotto la sua pianta. Cacciaguida
83 16 40 Li antichi miei e io nacqui nel loco Cacciaguida
83 16 41 dove si truova pria l'ultimo sesto Cacciaguida
83 16 42 da quei che corre il vostro annual gioco. Cacciaguida
83 16 43 Basti d'i miei maggiori udirne questo: Cacciaguida
83 16 44 chi ei si fosser e onde venner quivi, Cacciaguida
83 16 45 più è tacer che ragionare onesto. Cacciaguida
83 16 46 Tutti color ch'a quel tempo eran ivi Cacciaguida
83 16 47 da poter arme tra Marte e 'l Batista, Cacciaguida
83 16 48 eran il quinto di quei ch'or son vivi. Cacciaguida
83 16 49 Ma la cittadinanza, ch'è or mista Cacciaguida
83 16 50 di Campi, di Certaldo e di Fegghine, Cacciaguida
83 16 51 pura vediesi ne l'ultimo artista. Cacciaguida
83 16 52 Oh quanto fora meglio esser vicine Cacciaguida
83 16 53 quelle genti ch'io dico, e al Galluzzo Cacciaguida
83 16 54 e a Trespiano aver vostro confine, Cacciaguida
83 16 55 che averle dentro e sostener lo puzzo Cacciaguida
83 16 56 del villan d'Aguglion, di quel da Signa, Cacciaguida
83 16 57 che già per barattare ha l'occhio aguzzo! Cacciaguida
83 16 58 Se la gente ch'al mondo più traligna Cacciaguida
83 16 59 non fosse stata a Cesare noverca, Cacciaguida
83 16 60 ma come madre a suo figlio benigna, Cacciaguida
83 16 61 tal fatto è fiorentino e cambia e merca, Cacciaguida
83 16 62 che si sarebbe vòlto a Simifonti, Cacciaguida
83 16 63 là dove andava l'avolo a la cerca; Cacciaguida
83 16 64 sariesi Montemurlo ancor de' Conti; Cacciaguida
83 16 65 sarieno i Cerchi nel piovier d'Acone, Cacciaguida
83 16 66 e forse in Valdigrieve i Buondelmonti. Cacciaguida
83 16 67 Sempre la confusion de le persone Cacciaguida
83 16 68 principio fu del mal de la cittade, Cacciaguida
83 16 69 come del vostro il cibo che s'appone; Cacciaguida
83 16 70 e cieco toro più avaccio cade Cacciaguida
83 16 71 che cieco agnello; e molte volte taglia Cacciaguida
83 16 72 più e meglio una che le cinque spade. Cacciaguida
83 16 73 Se tu riguardi Luni e Orbisaglia Cacciaguida
83 16 74 come sono ite, e come se ne vanno Cacciaguida
83 16 75 di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia, Cacciaguida
83 16 76 udir come le schiatte si disfanno Cacciaguida
83 16 77 non ti parrà nova cosa né forte, Cacciaguida
83 16 78 poscia che le cittadi termine hanno. Cacciaguida
83 16 79 Le vostre cose tutte hanno lor morte, Cacciaguida
83 16 80 sì come voi; ma celasi in alcuna Cacciaguida
83 16 81 che dura molto, e le vite son corte. Cacciaguida
83 16 82 E come 'l volger del ciel de la luna Cacciaguida
83 16 83 cuopre e discuopre i liti sanza posa, Cacciaguida
83 16 84 così fa di Fiorenza la Fortuna: Cacciaguida
83 16 85 per che non dee parer mirabil cosa Cacciaguida
83 16 86 ciò ch'io dirò de li alti Fiorentini Cacciaguida
83 16 87 onde è la fama nel tempo nascosa. Cacciaguida
83 16 88 Io vidi li Ughi e vidi i Catellini, Cacciaguida
83 16 89 Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi, Cacciaguida
83 16 90 già nel calare, illustri cittadini; Cacciaguida
83 16 91 e vidi così grandi come antichi, Cacciaguida
83 16 92 con quel de la Sannella, quel de l'Arca, Cacciaguida
83 16 93 e Soldanieri e Ardinghi e Bostichi. Cacciaguida
83 16 94 Sovra la porta ch'al presente è carca Cacciaguida
83 16 95 di nova fellonia di tanto peso Cacciaguida
83 16 96 che tosto fia iattura de la barca, Cacciaguida
83 16 97 erano i Ravignani, ond'è disceso Cacciaguida
83 16 98 il conte Guido e qualunque del nome Cacciaguida
83 16 99 de l'alto Bellincione ha poscia preso. Cacciaguida
83 16 100 Quel de la Pressa sapeva già come Cacciaguida
83 16 101 regger si vuole, e avea Galigaio Cacciaguida
83 16 102 dorata in casa sua già l'elsa e 'l pome. Cacciaguida
83 16 103 Grand'era già la colonna del Vaio, Cacciaguida
83 16 104 Sacchetti, Giuochi, Fifanti e Barucci Cacciaguida
83 16 105 e Galli e quei ch'arrossan per lo staio. Cacciaguida
83 16 106 Lo ceppo di che nacquero i Calfucci Cacciaguida
83 16 107 era già grande, e già eran tratti Cacciaguida
83 16 108 a le curule Sizii e Arrigucci. Cacciaguida
83 16 109 Oh quali io vidi quei che son disfatti Cacciaguida
83 16 110 per lor superbia! e le palle de l'oro Cacciaguida
83 16 111 fiorian Fiorenza in tutt'i suoi gran fatti. Cacciaguida
83 16 112 Così facieno i padri di coloro Cacciaguida
83 16 113 che, sempre che la vostra chiesa vaca, Cacciaguida
83 16 114 si fanno grassi stando a consistoro. Cacciaguida
83 16 115 L'oltracotata schiatta che s'indraca Cacciaguida
83 16 116 dietro a chi fugge, e a chi mostra 'l dente Cacciaguida
83 16 117 o ver la borsa, com'agnel si placa, Cacciaguida
83 16 118 già venìa sù, ma di picciola gente; Cacciaguida
83 16 119 sì che non piacque ad Ubertin Donato Cacciaguida
83 16 120 che poi il suocero il fé lor parente. Cacciaguida
83 16 121 Già era 'l Caponsacco nel mercato Cacciaguida
83 16 122 disceso giù da Fiesole, e già era Cacciaguida
83 16 123 buon cittadino Giuda e Infangato. Cacciaguida
83 16 124 Io dirò cosa incredibile e vera: Cacciaguida
83 16 125 nel picciol cerchio s'entrava per porta Cacciaguida
83 16 126 che si nomava da quei de la Pera. Cacciaguida
83 16 127 Ciascun che de la bella insegna porta Cacciaguida
83 16 128 del gran barone il cui nome e 'l cui pregio Cacciaguida
83 16 129 la festa di Tommaso riconforta, Cacciaguida
83 16 130 da esso ebbe milizia e privilegio; Cacciaguida
83 16 131 avvegna che con popol si rauni Cacciaguida
83 16 132 oggi colui che la fascia col fregio. Cacciaguida
83 16 133 Già eran Gualterotti e Importuni; Cacciaguida
83 16 134 e ancor saria Borgo più quieto, Cacciaguida
83 16 135 se di novi vicin fosser digiuni. Cacciaguida
83 16 136 La casa di che nacque il vostro fleto, Cacciaguida
83 16 137 per lo giusto disdegno che v'ha morti, Cacciaguida
83 16 138 e puose fine al vostro viver lieto, Cacciaguida
83 16 139 era onorata, essa e suoi consorti: Cacciaguida
83 16 140 o Buondelmonte, quanto mal fuggisti Cacciaguida
83 16 141 le nozze sue per li altrui conforti! Cacciaguida
83 16 142 Molti sarebber lieti, che son tristi, Cacciaguida
83 16 143 se Dio t'avesse conceduto ad Ema Cacciaguida
83 16 144 la prima volta ch'a città venisti. Cacciaguida
83 16 145 Ma conveniesi a quella pietra scema Cacciaguida
83 16 146 che guarda 'l ponte, che Fiorenza fesse Cacciaguida
83 16 147 vittima ne la sua pace postrema. Cacciaguida
83 16 148 Con queste genti, e con altre con esse, Cacciaguida
83 16 149 vid'io Fiorenza in sì fatto riposo, Cacciaguida
83 16 150 che non avea cagione onde piangesse: Cacciaguida
83 16 151 con queste genti vid'io glorioso Cacciaguida
83 16 152 e giusto il popol suo, tanto che 'l giglio Cacciaguida
83 16 153 non era ad asta mai posto a ritroso, Cacciaguida
83 16 154 né per division fatto vermiglio». Cacciaguida
84 17 1 Qual venne a Climené, per accertarsi  
84 17 2 di ciò ch'avea incontro a sé udito,  
84 17 3 quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi;  
84 17 4 tal era io, e tal era sentito  
84 17 5 e da Beatrice e da la santa lampa  
84 17 6 che pria per me avea mutato sito.  
84 17 7 Per che mia donna «Manda fuor la vampa Beatrice (ammiraglio)
84 17 8 del tuo disio», mi disse, «sì ch'ella esca Beatrice (ammiraglio)
84 17 9 segnata bene de la interna stampa; Beatrice (ammiraglio)
84 17 10 non perché nostra conoscenza cresca Beatrice (ammiraglio)
84 17 11 per tuo parlare, ma perché t'ausi Beatrice (ammiraglio)
84 17 12 a dir la sete, sì che l'uom ti mesca». Beatrice (ammiraglio)
84 17 13 «O cara piota mia che sì t'insusi, Dante Alighieri
84 17 14 che, come veggion le terrene menti Dante Alighieri
84 17 15 non capere in triangol due ottusi, Dante Alighieri
84 17 16 così vedi le cose contingenti Dante Alighieri
84 17 17 anzi che sieno in sé, mirando il punto Dante Alighieri
84 17 18 a cui tutti li tempi son presenti; Dante Alighieri
84 17 19 mentre ch'io era a Virgilio congiunto Dante Alighieri
84 17 20 su per lo monte che l'anime cura Dante Alighieri
84 17 21 e discendendo nel mondo defunto, Dante Alighieri
84 17 22 dette mi fuor di mia vita futura Dante Alighieri
84 17 23 parole gravi, avvegna ch'io mi senta Dante Alighieri
84 17 24 ben tetragono ai colpi di ventura; Dante Alighieri
84 17 25 per che la voglia mia saria contenta Dante Alighieri
84 17 26 d'intender qual fortuna mi s'appressa; Dante Alighieri
84 17 27 ché saetta previsa vien più lenta». Dante Alighieri
84 17 28 Così diss'io a quella luce stessa  
84 17 29 che pria m'avea parlato; e come volle  
84 17 30 Beatrice, fu la mia voglia confessa.  
84 17 31 Né per ambage, in che la gente folle  
84 17 32 già s'inviscava pria che fosse anciso  
84 17 33 l'Agnel di Dio che le peccata tolle,  
84 17 34 ma per chiare parole e con preciso  
84 17 35 latin rispuose quello amor paterno,  
84 17 36 chiuso e parvente del suo proprio riso:  
84 17 37 «La contingenza, che fuor del quaderno Cacciaguida
84 17 38 de la vostra matera non si stende, Cacciaguida
84 17 39 tutta è dipinta nel cospetto etterno: Cacciaguida
84 17 40 necessità però quindi non prende Cacciaguida
84 17 41 se non come dal viso in che si specchia Cacciaguida
84 17 42 nave che per torrente giù discende. Cacciaguida
84 17 43 Da indi, sì come viene ad orecchia Cacciaguida
84 17 44 dolce armonia da organo, mi viene Cacciaguida
84 17 45 a vista il tempo che ti s'apparecchia. Cacciaguida
84 17 46 Qual si partio Ipolito d'Atene Cacciaguida
84 17 47 per la spietata e perfida noverca, Cacciaguida
84 17 48 tal di Fiorenza partir ti convene. Cacciaguida
84 17 49 Questo si vuole e questo già si cerca, Cacciaguida
84 17 50 e tosto verrà fatto a chi ciò pensa Cacciaguida
84 17 51 là dove Cristo tutto dì si merca. Cacciaguida
84 17 52 La colpa seguirà la parte offensa Cacciaguida
84 17 53 in grido, come suol; ma la vendetta Cacciaguida
84 17 54 fia testimonio al ver che la dispensa. Cacciaguida
84 17 55 Tu lascerai ogne cosa diletta Cacciaguida
84 17 56 più caramente; e questo è quello strale Cacciaguida
84 17 57 che l'arco de lo essilio pria saetta. Cacciaguida
84 17 58 Tu proverai sì come sa di sale Cacciaguida
84 17 59 lo pane altrui, e come è duro calle Cacciaguida
84 17 60 lo scendere e 'l salir per l'altrui scale. Cacciaguida
84 17 61 E quel che più ti graverà le spalle, Cacciaguida
84 17 62 sarà la compagnia malvagia e scempia Cacciaguida
84 17 63 con la qual tu cadrai in questa valle; Cacciaguida
84 17 64 che tutta ingrata, tutta matta ed empia Cacciaguida
84 17 65 si farà contr'a te; ma, poco appresso, Cacciaguida
84 17 66 ella, non tu, n'avrà rossa la tempia. Cacciaguida
84 17 67 Di sua bestialitate il suo processo Cacciaguida
84 17 68 farà la prova; sì ch'a te fia bello Cacciaguida
84 17 69 averti fatta parte per te stesso. Cacciaguida
84 17 70 Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello Cacciaguida
84 17 71 sarà la cortesia del gran Lombardo Cacciaguida
84 17 72 che 'n su la scala porta il santo uccello; Cacciaguida
84 17 73 ch'in te avrà sì benigno riguardo, Cacciaguida
84 17 74 che del fare e del chieder, tra voi due, Cacciaguida
84 17 75 fia primo quel che tra li altri è più tardo. Cacciaguida
84 17 76 Con lui vedrai colui che 'mpresso fue, Cacciaguida
84 17 77 nascendo, sì da questa stella forte, Cacciaguida
84 17 78 che notabili fier l'opere sue. Cacciaguida
84 17 79 Non se ne son le genti ancora accorte Cacciaguida
84 17 80 per la novella età, ché pur nove anni Cacciaguida
84 17 81 son queste rote intorno di lui torte; Cacciaguida
84 17 82 ma pria che 'l Guasco l'alto Arrigo inganni, Cacciaguida
84 17 83 parran faville de la sua virtute Cacciaguida
84 17 84 in non curar d'argento né d'affanni. Cacciaguida
84 17 85 Le sue magnificenze conosciute Cacciaguida
84 17 86 saranno ancora, sì che ' suoi nemici Cacciaguida
84 17 87 non ne potran tener le lingue mute. Cacciaguida
84 17 88 A lui t'aspetta e a' suoi benefici; Cacciaguida
84 17 89 per lui fia trasmutata molta gente, Cacciaguida
84 17 90 cambiando condizion ricchi e mendici; Cacciaguida
84 17 91 e portera'ne scritto ne la mente Cacciaguida
84 17 92 di lui, e nol dirai»; e disse cose Cacciaguida
84 17 93 incredibili a quei che fier presente.  
84 17 94 Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose Cacciaguida
84 17 95 di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie Cacciaguida
84 17 96 che dietro a pochi giri son nascose. Cacciaguida
84 17 97 Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie, Cacciaguida
84 17 98 poscia che s'infutura la tua vita Cacciaguida
84 17 99 vie più là che 'l punir di lor perfidie». Cacciaguida
84 17 100 Poi che, tacendo, si mostrò spedita  
84 17 101 l'anima santa di metter la trama  
84 17 102 in quella tela ch'io le porsi ordita,  
84 17 103 io cominciai, come colui che brama,  
84 17 104 dubitando, consiglio da persona  
84 17 105 che vede e vuol dirittamente e ama:  
84 17 106 «Ben veggio, padre mio, sì come sprona Dante Alighieri
84 17 107 lo tempo verso me, per colpo darmi Dante Alighieri
84 17 108 tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona; Dante Alighieri
84 17 109 per che di provedenza è buon ch'io m'armi, Dante Alighieri
84 17 110 sì che, se loco m'è tolto più caro, Dante Alighieri
84 17 111 io non perdessi li altri per miei carmi. Dante Alighieri
84 17 112 Giù per lo mondo sanza fine amaro, Dante Alighieri
84 17 113 e per lo monte del cui bel cacume Dante Alighieri
84 17 114 li occhi de la mia donna mi levaro, Dante Alighieri
84 17 115 e poscia per lo ciel, di lume in lume, Dante Alighieri
84 17 116 ho io appreso quel che s'io ridico, Dante Alighieri
84 17 117 a molti fia sapor di forte agrume; Dante Alighieri
84 17 118 e s'io al vero son timido amico, Dante Alighieri
84 17 119 temo di perder viver tra coloro Dante Alighieri
84 17 120 che questo tempo chiameranno antico». Dante Alighieri
84 17 121 La luce in che rideva il mio tesoro  
84 17 122 ch'io trovai lì, si fé prima corusca,  
84 17 123 quale a raggio di sole specchio d'oro;  
84 17 124 indi rispuose: «Coscienza fusca Cacciaguida
84 17 125 o de la propria o de l'altrui vergogna Cacciaguida
84 17 126 pur sentirà la tua parola brusca. Cacciaguida
84 17 127 Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, Cacciaguida
84 17 128 tutta tua vision fa manifesta; Cacciaguida
84 17 129 e lascia pur grattar dov'è la rogna. Cacciaguida
84 17 130 Ché se la voce tua sarà molesta Cacciaguida
84 17 131 nel primo gusto, vital nodrimento Cacciaguida
84 17 132 lascerà poi, quando sarà digesta. Cacciaguida
84 17 133 Questo tuo grido farà come vento, Cacciaguida
84 17 134 che le più alte cime più percuote; Cacciaguida
84 17 135 e ciò non fa d'onor poco argomento. Cacciaguida
84 17 136 Però ti son mostrate in queste rote, Cacciaguida
84 17 137 nel monte e ne la valle dolorosa Cacciaguida
84 17 138 pur l'anime che son di fama note, Cacciaguida
84 17 139 che l'animo di quel ch'ode, non posa Cacciaguida
84 17 140 né ferma fede per essempro ch'aia Cacciaguida
84 17 141 la sua radice incognita e ascosa, Cacciaguida
84 17 142 né per altro argomento che non paia». Cacciaguida
85 18 1 Già si godeva solo del suo verbo  
85 18 2 quello specchio beato, e io gustava  
85 18 3 lo mio, temprando col dolce l'acerbo;  
85 18 4 e quella donna ch'a Dio mi menava  
85 18 5 disse: «Muta pensier; pensa ch'i' sono +++
85 18 6 presso a colui ch'ogne torto disgrava».  
85 18 7 Io mi rivolsi a l'amoroso suono  
85 18 8 del mio conforto; e qual io allor vidi  
85 18 9 ne li occhi santi amor, qui l'abbandono:  
85 18 10 non perch'io pur del mio parlar diffidi,  
85 18 11 ma per la mente che non può redire  
85 18 12 sovra sé tanto, s'altri non la guidi.  
85 18 13 Tanto poss'io di quel punto ridire,  
85 18 14 che, rimirando lei, lo mio affetto  
85 18 15 libero fu da ogne altro disire,  
85 18 16 fin che 'l piacere etterno, che diretto  
85 18 17 raggiava in Beatrice, dal bel viso  
85 18 18 mi contentava col secondo aspetto.  
85 18 19 Vincendo me col lume d'un sorriso,  
85 18 20 ella mi disse: «Volgiti e ascolta; Beatrice (ammiraglio)
85 18 21 ché non pur ne' miei occhi è paradiso». Beatrice (ammiraglio)
85 18 22 Come si vede qui alcuna volta  
85 18 23 l'affetto ne la vista, s'elli è tanto,  
85 18 24 che da lui sia tutta l'anima tolta,  
85 18 25 così nel fiammeggiar del folgór santo,  
85 18 26 a ch'io mi volsi, conobbi la voglia  
85 18 27 in lui di ragionarmi ancora alquanto.  
85 18 28 El cominciò: «In questa quinta soglia Cacciaguida
85 18 29 de l'albero che vive de la cima Cacciaguida
85 18 30 e frutta sempre e mai non perde foglia, Cacciaguida
85 18 31 spiriti son beati, che giù, prima Cacciaguida
85 18 32 che venissero al ciel, fuor di gran voce, Cacciaguida
85 18 33 sì ch'ogne musa ne sarebbe opima. Cacciaguida
85 18 34 Però mira ne' corni de la croce: Cacciaguida
85 18 35 quello ch'io nomerò, lì farà l'atto Cacciaguida
85 18 36 che fa in nube il suo foco veloce». Cacciaguida
85 18 37 Io vidi per la croce un lume tratto  
85 18 38 dal nomar Iosué, com'el si feo;  
85 18 39 né mi fu noto il dir prima che 'l fatto.  
85 18 40 E al nome de l'alto Macabeo  
85 18 41 vidi moversi un altro roteando,  
85 18 42 e letizia era ferza del paleo.  
85 18 43 Così per Carlo Magno e per Orlando  
85 18 44 due ne seguì lo mio attento sguardo,  
85 18 45 com'occhio segue suo falcon volando.  
85 18 46 Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo  
85 18 47 e 'l duca Gottifredi la mia vista  
85 18 48 per quella croce, e Ruberto Guiscardo.  
85 18 49 Indi, tra l'altre luci mota e mista,  
85 18 50 mostrommi l'alma che m'avea parlato  
85 18 51 qual era tra i cantor del cielo artista.  
85 18 52 Io mi rivolsi dal mio destro lato  
85 18 53 per vedere in Beatrice il mio dovere,  
85 18 54 o per parlare o per atto, segnato;  
85 18 55 e vidi le sue luci tanto mere,  
85 18 56 tanto gioconde, che la sua sembianza  
85 18 57 vinceva li altri e l'ultimo solere.  
85 18 58 E come, per sentir più dilettanza  
85 18 59 bene operando, l'uom di giorno in giorno  
85 18 60 s'accorge che la sua virtute avanza,  
85 18 61 sì m'accors'io che 'l mio girare intorno  
85 18 62 col cielo insieme avea cresciuto l'arco,  
85 18 63 veggendo quel miracol più addorno.  
85 18 64 E qual è 'l trasmutare in picciol varco  
85 18 65 di tempo in bianca donna, quando 'l volto  
85 18 66 suo si discarchi di vergogna il carco,  
85 18 67 tal fu ne li occhi miei, quando fui vòlto,  
85 18 68 per lo candor de la temprata stella  
85 18 69 sesta, che dentro a sé m'avea ricolto.  
85 18 70 Io vidi in quella giovial facella  
85 18 71 lo sfavillar de l'amor che lì era,  
85 18 72 segnare a li occhi miei nostra favella.  
85 18 73 E come augelli surti di rivera,  
85 18 74 quasi congratulando a lor pasture,  
85 18 75 fanno di sé or tonda or altra schiera,  
85 18 76 sì dentro ai lumi sante creature  
85 18 77 volitando cantavano, e faciensi  
85 18 78 or D, or I, or L in sue figure.  
85 18 79 Prima, cantando, a sua nota moviensi;  
85 18 80 poi, diventando l'un di questi segni,  
85 18 81 un poco s'arrestavano e taciensi.  
85 18 82 O diva Pegasea che li 'ngegni  
85 18 83 fai gloriosi e rendili longevi,  
85 18 84 ed essi teco le cittadi e ' regni,  
85 18 85 illustrami di te, sì ch'io rilevi  
85 18 86 le lor figure com'io l'ho concette:  
85 18 87 paia tua possa in questi versi brevi!  
85 18 88 Mostrarsi dunque in cinque volte sette  
85 18 89 vocali e consonanti; e io notai  
85 18 90 le parti sì, come mi parver dette.  
85 18 91 'DILIGITE IUSTITIAM', primai  
85 18 92 fur verbo e nome di tutto 'l dipinto;  
85 18 93 'QUI IUDICATIS TERRAM', fur sezzai.  
85 18 94 Poscia ne l'emme del vocabol quinto  
85 18 95 rimasero ordinate; sì che Giove  
85 18 96 pareva argento lì d'oro distinto.  
85 18 97 E vidi scendere altre luci dove  
85 18 98 era il colmo de l'emme, e lì quetarsi  
85 18 99 cantando, credo, il ben ch'a sé le move.  
85 18 100 Poi, come nel percuoter d'i ciocchi arsi  
85 18 101 surgono innumerabili faville,  
85 18 102 onde li stolti sogliono agurarsi,  
85 18 103 resurger parver quindi più di mille  
85 18 104 luci e salir, qual assai e qual poco,  
85 18 105 sì come 'l sol che l'accende sortille;  
85 18 106 e quietata ciascuna in suo loco,  
85 18 107 la testa e 'l collo d'un'aguglia vidi  
85 18 108 rappresentare a quel distinto foco.  
85 18 109 Quei che dipinge lì, non ha chi 'l guidi;  
85 18 110 ma esso guida, e da lui si rammenta  
85 18 111 quella virtù ch'è forma per li nidi.  
85 18 112 L'altra beatitudo, che contenta  
85 18 113 pareva prima d'ingigliarsi a l'emme,  
85 18 114 con poco moto seguitò la 'mprenta.  
85 18 115 O dolce stella, quali e quante gemme  
85 18 116 mi dimostraro che nostra giustizia  
85 18 117 effetto sia del ciel che tu ingemme!  
85 18 118 Per ch'io prego la mente in che s'inizia  
85 18 119 tuo moto e tua virtute, che rimiri  
85 18 120 ond'esce il fummo che 'l tuo raggio vizia;  
85 18 121 sì ch'un'altra fiata omai s'adiri  
85 18 122 del comperare e vender dentro al templo  
85 18 123 che si murò di segni e di martìri.  
85 18 124 O milizia del ciel cu' io contemplo,  
85 18 125 adora per color che sono in terra  
85 18 126 tutti sviati dietro al malo essemplo!  
85 18 127 Già si solea con le spade far guerra;  
85 18 128 ma or si fa togliendo or qui or quivi  
85 18 129 lo pan che 'l pio Padre a nessun serra.  
85 18 130 Ma tu che sol per cancellare scrivi,  
85 18 131 pensa che Pietro e Paulo, che moriro  
85 18 132 per la vigna che guasti, ancor son vivi.  
85 18 133 Ben puoi tu dire: «I' ho fermo 'l disiro +++
85 18 134 sì a colui che volle viver solo  
85 18 135 e che per salti fu tratto al martiro,  
85 18 136 ch'io non conosco il pescator né Polo».  
86 19 1 Parea dinanzi a me con l'ali aperte  
86 19 2 la bella image che nel dolce frui  
86 19 3 liete facevan l'anime conserte;  
86 19 4 parea ciascuna rubinetto in cui  
86 19 5 raggio di sole ardesse sì acceso,  
86 19 6 che ne' miei occhi rifrangesse lui.  
86 19 7 E quel che mi convien ritrar testeso,  
86 19 8 non portò voce mai, né scrisse incostro,  
86 19 9 né fu per fantasia già mai compreso;  
86 19 10 ch'io vidi e anche udi' parlar lo rostro,  
86 19 11 e sonar ne la voce e «io» e «mio», Aquila
86 19 12 quand'era nel concetto e 'noi' e 'nostro'.  
86 19 13 E cominciò: «Per esser giusto e pio Aquila
86 19 14 son io qui essaltato a quella gloria Aquila
86 19 15 che non si lascia vincere a disio; Aquila
86 19 16 e in terra lasciai la mia memoria Aquila
86 19 17 sì fatta, che le genti lì malvage Aquila
86 19 18 commendan lei, ma non seguon la storia». Aquila
86 19 19 Così un sol calor di molte brage  
86 19 20 si fa sentir, come di molti amori  
86 19 21 usciva solo un suon di quella image.  
86 19 22 Ond'io appresso: «O perpetui fiori Dante Alighieri
86 19 23 de l'etterna letizia, che pur uno Dante Alighieri
86 19 24 parer mi fate tutti vostri odori, Dante Alighieri
86 19 25 solvetemi, spirando, il gran digiuno Dante Alighieri
86 19 26 che lungamente m'ha tenuto in fame, Dante Alighieri
86 19 27 non trovandoli in terra cibo alcuno. Dante Alighieri
86 19 28 Ben so io che, se 'n cielo altro reame Dante Alighieri
86 19 29 la divina giustizia fa suo specchio, Dante Alighieri
86 19 30 che 'l vostro non l'apprende con velame. Dante Alighieri
86 19 31 Sapete come attento io m'apparecchio Dante Alighieri
86 19 32 ad ascoltar; sapete qual è quello Dante Alighieri
86 19 33 dubbio che m'è digiun cotanto vecchio». Dante Alighieri
86 19 34 Quasi falcone ch'esce del cappello,  
86 19 35 move la testa e con l'ali si plaude,  
86 19 36 voglia mostrando e faccendosi bello,  
86 19 37 vid'io farsi quel segno, che di laude  
86 19 38 de la divina grazia era contesto,  
86 19 39 con canti quai si sa chi là sù gaude.  
86 19 40 Poi cominciò: «Colui che volse il sesto Aquila
86 19 41 a lo stremo del mondo, e dentro ad esso Aquila
86 19 42 distinse tanto occulto e manifesto, Aquila
86 19 43 non poté suo valor sì fare impresso Aquila
86 19 44 in tutto l'universo, che 'l suo verbo Aquila
86 19 45 non rimanesse in infinito eccesso. Aquila
86 19 46 E ciò fa certo che 'l primo superbo, Aquila
86 19 47 che fu la somma d'ogne creatura, Aquila
86 19 48 per non aspettar lume, cadde acerbo; Aquila
86 19 49 e quinci appar ch'ogne minor natura Aquila
86 19 50 é corto recettacolo a quel bene Aquila
86 19 51 che non ha fine e sé con sé misura. Aquila
86 19 52 Dunque vostra veduta, che convene Aquila
86 19 53 esser alcun de' raggi de la mente Aquila
86 19 54 di che tutte le cose son ripiene, Aquila
86 19 55 non pò da sua natura esser possente Aquila
86 19 56 tanto, che suo principio discerna Aquila
86 19 57 molto di là da quel che l'è parvente. Aquila
86 19 58 Però ne la giustizia sempiterna Aquila
86 19 59 la vista che riceve il vostro mondo, Aquila
86 19 60 com'occhio per lo mare, entro s'interna; Aquila
86 19 61 che, ben che da la proda veggia il fondo, Aquila
86 19 62 in pelago nol vede; e nondimeno Aquila
86 19 63 éli, ma cela lui l'esser profondo. Aquila
86 19 64 Lume non é, se non vien dal sereno Aquila
86 19 65 che non si turba mai; anzi è tenebra Aquila
86 19 66 od ombra de la carne o suo veleno. Aquila
86 19 67 Assai t'è mo aperta la latebra Aquila
86 19 68 che t'ascondeva la giustizia viva, Aquila
86 19 69 di che facei question cotanto crebra; Aquila
86 19 70 ché tu dicevi: "Un uom nasce a la riva Dante Alighieri
86 19 71 de l'Indo, e quivi non è chi ragioni Dante Alighieri
86 19 72 di Cristo né chi legga né chi scriva; Dante Alighieri
86 19 73 e tutti suoi voleri e atti buoni Dante Alighieri
86 19 74 sono, quanto ragione umana vede, Dante Alighieri
86 19 75 sanza peccato in vita o in sermoni. Dante Alighieri
86 19 76 Muore non battezzato e sanza fede: Dante Alighieri
86 19 77 ov'è questa giustizia che 'l condanna? Dante Alighieri
86 19 78 ov'è la colpa sua, se ei non crede?" Dante Alighieri
86 19 79 Or tu chi se', che vuo' sedere a scranna, Aquila
86 19 80 per giudicar di lungi mille miglia Aquila
86 19 81 con la veduta corta d'una spanna? Aquila
86 19 82 Certo a colui che meco s'assottiglia, Aquila
86 19 83 se la Scrittura sovra voi non fosse, Aquila
86 19 84 da dubitar sarebbe a maraviglia. Aquila
86 19 85 Oh terreni animali! oh menti grosse! Aquila
86 19 86 La prima volontà, ch'è da sé buona, Aquila
86 19 87 da sé, ch'è sommo ben, mai non si mosse. Aquila
86 19 88 Cotanto è giusto quanto a lei consuona: Aquila
86 19 89 nullo creato bene a sé la tira, Aquila
86 19 90 ma essa, radiando, lui cagiona». Aquila
86 19 91 Quale sovresso il nido si rigira  
86 19 92 poi c'ha pasciuti la cicogna i figli,  
86 19 93 e come quel ch'è pasto la rimira;  
86 19 94 cotal si fece, e sì levai i cigli,  
86 19 95 la benedetta imagine, che l'ali  
86 19 96 movea sospinte da tanti consigli.  
86 19 97 Roteando cantava, e dicea: «Quali Aquila
86 19 98 son le mie note a te, che non le 'ntendi, Aquila
86 19 99 tal è il giudicio etterno a voi mortali». Aquila
86 19 100 Poi si quetaro quei lucenti incendi  
86 19 101 de lo Spirito Santo ancor nel segno  
86 19 102 che fé i Romani al mondo reverendi,  
86 19 103 esso ricominciò: «A questo regno Aquila
86 19 104 non salì mai chi non credette 'n Cristo, Aquila
86 19 105 né pria né poi ch'el si chiavasse al legno. Aquila
86 19 106 Ma vedi: molti gridan "Cristo, Cristo!", Aquila
86 19 107 che saranno in giudicio assai men prope Aquila
86 19 108 a lui, che tal che non conosce Cristo; Aquila
86 19 109 e tai Cristian dannerà l'Etiòpe, Aquila
86 19 110 quando si partiranno i due collegi, Aquila
86 19 111 l'uno in etterno ricco e l'altro inòpe. Aquila
86 19 112 Che poran dir li Perse a' vostri regi, Aquila
86 19 113 come vedranno quel volume aperto Aquila
86 19 114 nel qual si scrivon tutti suoi dispregi? Aquila
86 19 115 Lì si vedrà, tra l'opere d'Alberto, Aquila
86 19 116 quella che tosto moverà la penna, Aquila
86 19 117 per che 'l regno di Praga fia diserto. Aquila
86 19 118 Lì si vedrà il duol che sovra Senna Aquila
86 19 119 induce, falseggiando la moneta, Aquila
86 19 120 quel che morrà di colpo di cotenna. Aquila
86 19 121 Lì si vedrà la superbia ch'asseta, Aquila
86 19 122 che fa lo Scotto e l'Inghilese folle, Aquila
86 19 123 sì che non può soffrir dentro a sua meta. Aquila
86 19 124 Vedrassi la lussuria e 'l viver molle Aquila
86 19 125 di quel di Spagna e di quel di Boemme, Aquila
86 19 126 che mai valor non conobbe né volle. Aquila
86 19 127 Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme Aquila
86 19 128 segnata con un i la sua bontate, Aquila
86 19 129 quando 'l contrario segnerà un emme. Aquila
86 19 130 Vedrassi l'avarizia e la viltate Aquila
86 19 131 di quei che guarda l'isola del foco, Aquila
86 19 132 ove Anchise finì la lunga etate; Aquila
86 19 133 e a dare ad intender quanto è poco, Aquila
86 19 134 la sua scrittura fian lettere mozze, Aquila
86 19 135 che noteranno molto in parvo loco. Aquila
86 19 136 E parranno a ciascun l'opere sozze Aquila
86 19 137 del barba e del fratel, che tanto egregia Aquila
86 19 138 nazione e due corone han fatte bozze. Aquila
86 19 139 E quel di Portogallo e di Norvegia  
86 19 140 lì si conosceranno, e quel di Rascia  
86 19 141 che male ha visto il conio di Vinegia.  
86 19 142 Oh beata Ungheria, se non si lascia  
86 19 143 più malmenare! e beata Navarra,  
86 19 144 se s'armasse del monte che la fascia!  
86 19 145 E creder de' ciascun che già, per arra  
86 19 146 di questo, Niccosia e Famagosta  
86 19 147 per la lor bestia si lamenti e garra,  
86 19 148 che dal fianco de l'altre non si scosta».  
87 20 1 Quando colui che tutto 'l mondo alluma  
87 20 2 de l'emisperio nostro sì discende,  
87 20 3 che 'l giorno d'ogne parte si consuma,  
87 20 4 lo ciel, che sol di lui prima s'accende,  
87 20 5 subitamente si rifà parvente  
87 20 6 per molte luci, in che una risplende;  
87 20 7 e questo atto del ciel mi venne a mente,  
87 20 8 come 'l segno del mondo e de' suoi duci  
87 20 9 nel benedetto rostro fu tacente;  
87 20 10 però che tutte quelle vive luci,  
87 20 11 vie più lucendo, cominciaron canti  
87 20 12 da mia memoria labili e caduci.  
87 20 13 O dolce amor che di riso t'ammanti,  
87 20 14 quanto parevi ardente in que' flailli,  
87 20 15 ch'avieno spirto sol di pensier santi!  
87 20 16 Poscia che i cari e lucidi lapilli  
87 20 17 ond'io vidi ingemmato il sesto lume  
87 20 18 puoser silenzio a li angelici squilli,  
87 20 19 udir mi parve un mormorar di fiume  
87 20 20 che scende chiaro giù di pietra in pietra,  
87 20 21 mostrando l'ubertà del suo cacume.  
87 20 22 E come suono al collo de la cetra  
87 20 23 prende sua forma, e sì com'al pertugio  
87 20 24 de la sampogna vento che penétra,  
87 20 25 così, rimosso d'aspettare indugio,  
87 20 26 quel mormorar de l'aguglia salissi  
87 20 27 su per lo collo, come fosse bugio.  
87 20 28 Fecesi voce quivi, e quindi uscissi  
87 20 29 per lo suo becco in forma di parole,  
87 20 30 quali aspettava il core ov'io le scrissi.  
87 20 31 «La parte in me che vede e pate il sole Aquila
87 20 32 ne l'aguglie mortali», incominciommi, Aquila
87 20 33 «or fisamente riguardar si vole, Aquila
87 20 34 perché d'i fuochi ond'io figura fommi, Aquila
87 20 35 quelli onde l'occhio in testa mi scintilla, Aquila
87 20 36 e' di tutti lor gradi son li sommi. Aquila
87 20 37 Colui che luce in mezzo per pupilla, Aquila
87 20 38 fu il cantor de lo Spirito Santo, Aquila
87 20 39 che l'arca traslatò di villa in villa: Aquila
87 20 40 ora conosce il merto del suo canto, Aquila
87 20 41 in quanto effetto fu del suo consiglio, Aquila
87 20 42 per lo remunerar ch'è altrettanto. Aquila
87 20 43 Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio, Aquila
87 20 44 colui che più al becco mi s'accosta, Aquila
87 20 45 la vedovella consolò del figlio: Aquila
87 20 46 ora conosce quanto caro costa Aquila
87 20 47 non seguir Cristo, per l'esperienza Aquila
87 20 48 di questa dolce vita e de l'opposta. Aquila
87 20 49 E quel che segue in la circunferenza Aquila
87 20 50 di che ragiono, per l'arco superno, Aquila
87 20 51 morte indugiò per vera penitenza: Aquila
87 20 52 ora conosce che 'l giudicio etterno Aquila
87 20 53 non si trasmuta, quando degno preco Aquila
87 20 54 fa crastino là giù de l'odierno. Aquila
87 20 55 L'altro che segue, con le leggi e meco, Aquila
87 20 56 sotto buona intenzion che fé mal frutto, Aquila
87 20 57 per cedere al pastor si fece greco: Aquila
87 20 58 ora conosce come il mal dedutto Aquila
87 20 59 dal suo bene operar non li è nocivo, Aquila
87 20 60 avvegna che sia 'l mondo indi distrutto. Aquila
87 20 61 E quel che vedi ne l'arco declivo, Aquila
87 20 62 Guiglielmo fu, cui quella terra plora Aquila
87 20 63 che piagne Carlo e Federigo vivo: Aquila
87 20 64 ora conosce come s'innamora Aquila
87 20 65 lo ciel del giusto rege, e al sembiante Aquila
87 20 66 del suo fulgore il fa vedere ancora. Aquila
87 20 67 Chi crederebbe giù nel mondo errante, Aquila
87 20 68 che Rifeo Troiano in questo tondo Aquila
87 20 69 fosse la quinta de le luci sante? Aquila
87 20 70 Ora conosce assai di quel che 'l mondo Aquila
87 20 71 veder non può de la divina grazia, Aquila
87 20 72 ben che sua vista non discerna il fondo». Aquila
87 20 73 Quale allodetta che 'n aere si spazia  
87 20 74 prima cantando, e poi tace contenta  
87 20 75 de l'ultima dolcezza che la sazia,  
87 20 76 tal mi sembiò l'imago de la 'mprenta  
87 20 77 de l'etterno piacere, al cui disio  
87 20 78 ciascuna cosa qual ell'è diventa.  
87 20 79 E avvegna ch'io fossi al dubbiar mio  
87 20 80 lì quasi vetro a lo color ch'el veste,  
87 20 81 tempo aspettar tacendo non patio,  
87 20 82 ma de la bocca, «Che cose son queste?», Dante Alighieri
87 20 83 mi pinse con la forza del suo peso:  
87 20 84 per ch'io di coruscar vidi gran feste.  
87 20 85 Poi appresso, con l'occhio più acceso,  
87 20 86 lo benedetto segno mi rispuose  
87 20 87 per non tenermi in ammirar sospeso:  
87 20 88 «Io veggio che tu credi queste cose Aquila
87 20 89 perch'io le dico, ma non vedi come; Aquila
87 20 90 sì che, se son credute, sono ascose. Aquila
87 20 91 Fai come quei che la cosa per nome Aquila
87 20 92 apprende ben, ma la sua quiditate Aquila
87 20 93 veder non può se altri non la prome. Aquila
87 20 94 Regnum celorum violenza pate Aquila
87 20 95 da caldo amore e da viva speranza, Aquila
87 20 96 che vince la divina volontate: Aquila
87 20 97 non a guisa che l'omo a l'om sobranza, Aquila
87 20 98 ma vince lei perché vuole esser vinta, Aquila
87 20 99 e, vinta, vince con sua beninanza. Aquila
87 20 100 La prima vita del ciglio e la quinta Aquila
87 20 101 ti fa maravigliar, perché ne vedi Aquila
87 20 102 la region de li angeli dipinta. Aquila
87 20 103 D'i corpi suoi non uscir, come credi, Aquila
87 20 104 Gentili, ma Cristiani, in ferma fede Aquila
87 20 105 quel d'i passuri e quel d'i passi piedi. Aquila
87 20 106 Ché l'una de lo 'nferno, u' non si riede Aquila
87 20 107 già mai a buon voler, tornò a l'ossa; Aquila
87 20 108 e ciò di viva spene fu mercede: Aquila
87 20 109 di viva spene, che mise la possa Aquila
87 20 110 ne' prieghi fatti a Dio per suscitarla, Aquila
87 20 111 sì che potesse sua voglia esser mossa. Aquila
87 20 112 L'anima gloriosa onde si parla, Aquila
87 20 113 tornata ne la carne, in che fu poco, Aquila
87 20 114 credette in lui che potea aiutarla; Aquila
87 20 115 e credendo s'accese in tanto foco Aquila
87 20 116 di vero amor, ch'a la morte seconda Aquila
87 20 117 fu degna di venire a questo gioco. Aquila
87 20 118 L'altra, per grazia che da sì profonda Aquila
87 20 119 fontana stilla, che mai creatura Aquila
87 20 120 non pinse l'occhio infino a la prima onda, Aquila
87 20 121 tutto suo amor là giù pose a drittura: Aquila
87 20 122 per che, di grazia in grazia, Dio li aperse Aquila
87 20 123 l'occhio a la nostra redenzion futura; Aquila
87 20 124 ond'ei credette in quella, e non sofferse Aquila
87 20 125 da indi il puzzo più del paganesmo; Aquila
87 20 126 e riprendiene le genti perverse. Aquila
87 20 127 Quelle tre donne li fur per battesmo Aquila
87 20 128 che tu vedesti da la destra rota, Aquila
87 20 129 dinanzi al battezzar più d'un millesmo. Aquila
87 20 130 O predestinazion, quanto remota Aquila
87 20 131 é la radice tua da quelli aspetti Aquila
87 20 132 che la prima cagion non veggion tota! Aquila
87 20 133 E voi, mortali, tenetevi stretti Aquila
87 20 134 a giudicar; ché noi, che Dio vedemo, Aquila
87 20 135 non conosciamo ancor tutti li eletti; Aquila
87 20 136 ed énne dolce così fatto scemo, Aquila
87 20 137 perché il ben nostro in questo ben s'affina, Aquila
87 20 138 che quel che vole Iddio, e noi volemo». Aquila
87 20 139 Così da quella imagine divina,  
87 20 140 per farmi chiara la mia corta vista,  
87 20 141 data mi fu soave medicina.  
87 20 142 E come a buon cantor buon citarista  
87 20 143 fa seguitar lo guizzo de la corda,  
87 20 144 in che più di piacer lo canto acquista,  
87 20 145 sì, mentre ch'e' parlò, sì mi ricorda  
87 20 146 ch'io vidi le due luci benedette,  
87 20 147 pur come batter d'occhi si concorda,  
87 20 148 con le parole mover le fiammette.  
88 21 1 Già eran li occhi miei rifissi al volto  
88 21 2 de la mia donna, e l'animo con essi,  
88 21 3 e da ogne altro intento s'era tolto.  
88 21 4 E quella non ridea; ma «S'io ridessi», Beatrice (ammiraglio)
88 21 5 mi cominciò, «tu ti faresti quale Beatrice (ammiraglio)
88 21 6 fu Semelé quando di cener fessi; Beatrice (ammiraglio)
88 21 7 ché la bellezza mia, che per le scale Beatrice (ammiraglio)
88 21 8 de l'etterno palazzo più s'accende, Beatrice (ammiraglio)
88 21 9 com'hai veduto, quanto più si sale, Beatrice (ammiraglio)
88 21 10 se non si temperasse, tanto splende, Beatrice (ammiraglio)
88 21 11 che 'l tuo mortal podere, al suo fulgore, Beatrice (ammiraglio)
88 21 12 sarebbe fronda che trono scoscende. Beatrice (ammiraglio)
88 21 13 Noi sem levati al settimo splendore, Beatrice (ammiraglio)
88 21 14 che sotto 'l petto del Leone ardente Beatrice (ammiraglio)
88 21 15 raggia mo misto giù del suo valore. Beatrice (ammiraglio)
88 21 16 Ficca di retro a li occhi tuoi la mente, Beatrice (ammiraglio)
88 21 17 e fa di quelli specchi a la figura Beatrice (ammiraglio)
88 21 18 che 'n questo specchio ti sarà parvente». Beatrice (ammiraglio)
88 21 19 Qual savesse qual era la pastura  
88 21 20 del viso mio ne l'aspetto beato  
88 21 21 quand'io mi trasmutai ad altra cura,  
88 21 22 conoscerebbe quanto m'era a grato  
88 21 23 ubidire a la mia celeste scorta,  
88 21 24 contrapesando l'un con l'altro lato.  
88 21 25 Dentro al cristallo che 'l vocabol porta,  
88 21 26 cerchiando il mondo, del suo caro duce  
88 21 27 sotto cui giacque ogne malizia morta,  
88 21 28 di color d'oro in che raggio traluce  
88 21 29 vid'io uno scaleo eretto in suso  
88 21 30 tanto, che nol seguiva la mia luce.  
88 21 31 Vidi anche per li gradi scender giuso  
88 21 32 tanti splendor, ch'io pensai ch'ogne lume  
88 21 33 che par nel ciel, quindi fosse diffuso.  
88 21 34 E come, per lo natural costume,  
88 21 35 le pole insieme, al cominciar del giorno,  
88 21 36 si movono a scaldar le fredde piume;  
88 21 37 poi altre vanno via sanza ritorno,  
88 21 38 altre rivolgon sé onde son mosse,  
88 21 39 e altre roteando fan soggiorno;  
88 21 40 tal modo parve me che quivi fosse  
88 21 41 in quello sfavillar che 'nsieme venne,  
88 21 42 sì come in certo grado si percosse.  
88 21 43 E quel che presso più ci si ritenne,  
88 21 44 si fé sì chiaro, ch'io dicea pensando:  
88 21 45 'Io veggio ben l'amor che tu m'accenne.  
88 21 46 Ma quella ond'io aspetto il come e 'l quando  
88 21 47 del dire e del tacer, si sta; ond'io,  
88 21 48 contra 'l disio, fo ben ch'io non dimando'.  
88 21 49 Per ch'ella, che vedea il tacer mio  
88 21 50 nel veder di colui che tutto vede,  
88 21 51 mi disse: «Solvi il tuo caldo disio». Beatrice (ammiraglio)
88 21 52 E io incominciai: «La mia mercede Dante Alighieri
88 21 53 non mi fa degno de la tua risposta; Dante Alighieri
88 21 54 ma per colei che 'l chieder mi concede, Dante Alighieri
88 21 55 vita beata che ti stai nascosta Dante Alighieri
88 21 56 dentro a la tua letizia, fammi nota Dante Alighieri
88 21 57 la cagion che sì presso mi t'ha posta; Dante Alighieri
88 21 58 e di' perché si tace in questa rota Dante Alighieri
88 21 59 la dolce sinfonia di paradiso, Dante Alighieri
88 21 60 che giù per l'altre suona sì divota». Dante Alighieri
88 21 61 «Tu hai l'udir mortal sì come il viso», San Pier Damiani
88 21 62 rispuose a me; «onde qui non si canta San Pier Damiani
88 21 63 per quel che Beatrice non ha riso. San Pier Damiani
88 21 64 Giù per li gradi de la scala santa San Pier Damiani
88 21 65 discesi tanto sol per farti festa San Pier Damiani
88 21 66 col dire e con la luce che mi ammanta; San Pier Damiani
88 21 67 né più amor mi fece esser più presta; San Pier Damiani
88 21 68 ché più e tanto amor quinci sù ferve, San Pier Damiani
88 21 69 sì come il fiammeggiar ti manifesta. San Pier Damiani
88 21 70 Ma l'alta carità, che ci fa serve San Pier Damiani
88 21 71 pronte al consiglio che 'l mondo governa, San Pier Damiani
88 21 72 sorteggia qui sì come tu osserve». San Pier Damiani
88 21 73 «Io veggio ben», diss'io, «sacra lucerna, Dante Alighieri
88 21 74 come libero amore in questa corte Dante Alighieri
88 21 75 basta a seguir la provedenza etterna; Dante Alighieri
88 21 76 ma questo è quel ch'a cerner mi par forte, Dante Alighieri
88 21 77 perché predestinata fosti sola Dante Alighieri
88 21 78 a questo officio tra le tue consorte». Dante Alighieri
88 21 79 Né venni prima a l'ultima parola,  
88 21 80 che del suo mezzo fece il lume centro,  
88 21 81 girando sé come veloce mola;  
88 21 82 poi rispuose l'amor che v'era dentro:  
88 21 83 «Luce divina sopra me s'appunta, San Pier Damiani
88 21 84 penetrando per questa in ch'io m'inventro, San Pier Damiani
88 21 85 la cui virtù, col mio veder congiunta, San Pier Damiani
88 21 86 mi leva sopra me tanto, ch'i' veggio San Pier Damiani
88 21 87 la somma essenza de la quale è munta. San Pier Damiani
88 21 88 Quinci vien l'allegrezza ond'io fiammeggio; San Pier Damiani
88 21 89 per ch'a la vista mia, quant'ella è chiara, San Pier Damiani
88 21 90 la chiarità de la fiamma pareggio. San Pier Damiani
88 21 91 Ma quell'alma nel ciel che più si schiara, San Pier Damiani
88 21 92 quel serafin che 'n Dio più l'occhio ha fisso, San Pier Damiani
88 21 93 a la dimanda tua non satisfara, San Pier Damiani
88 21 94 però che sì s'innoltra ne lo abisso San Pier Damiani
88 21 95 de l'etterno statuto quel che chiedi, San Pier Damiani
88 21 96 che da ogne creata vista è scisso. San Pier Damiani
88 21 97 E al mondo mortal, quando tu riedi, San Pier Damiani
88 21 98 questo rapporta, sì che non presumma San Pier Damiani
88 21 99 a tanto segno più mover li piedi. San Pier Damiani
88 21 100 La mente, che qui luce, in terra fumma; San Pier Damiani
88 21 101 onde riguarda come può là giù San Pier Damiani
88 21 102 quel che non pote perché 'l ciel l'assumma». San Pier Damiani
88 21 103 Sì mi prescrisser le parole sue,  
88 21 104 ch'io lasciai la quistione e mi ritrassi  
88 21 105 a dimandarla umilmente chi fue.  
88 21 106 «Tra ' due liti d'Italia surgon sassi, San Pier Damiani
88 21 107 e non molto distanti a la tua patria, San Pier Damiani
88 21 108 tanto che ' troni assai suonan più bassi, San Pier Damiani
88 21 109 e fanno un gibbo che si chiama Catria, San Pier Damiani
88 21 110 di sotto al quale è consecrato un ermo, San Pier Damiani
88 21 111 che suole esser disposto a sola latria». San Pier Damiani
88 21 112 Così ricominciommi il terzo sermo;  
88 21 113 e poi, continuando, disse: «Quivi San Pier Damiani
88 21 114 al servigio di Dio mi fe' sì fermo, San Pier Damiani
88 21 115 che pur con cibi di liquor d'ulivi San Pier Damiani
88 21 116 lievemente passava caldi e geli, San Pier Damiani
88 21 117 contento ne' pensier contemplativi. San Pier Damiani
88 21 118 Render solea quel chiostro a questi cieli San Pier Damiani
88 21 119 fertilemente; e ora è fatto vano, San Pier Damiani
88 21 120 sì che tosto convien che si riveli. San Pier Damiani
88 21 121 In quel loco fu' io Pietro Damiano, San Pier Damiani
88 21 122 e Pietro Peccator fu' ne la casa San Pier Damiani
88 21 123 di Nostra Donna in sul lito adriano. San Pier Damiani
88 21 124 Poca vita mortal m'era rimasa, San Pier Damiani
88 21 125 quando fui chiesto e tratto a quel cappello, San Pier Damiani
88 21 126 che pur di male in peggio si travasa. San Pier Damiani
88 21 127 Venne Cefàs e venne il gran vasello San Pier Damiani
88 21 128 de lo Spirito Santo, magri e scalzi, San Pier Damiani
88 21 129 prendendo il cibo da qualunque ostello. San Pier Damiani
88 21 130 Or voglion quinci e quindi chi rincalzi San Pier Damiani
88 21 131 li moderni pastori e chi li meni, San Pier Damiani
88 21 132 tanto son gravi, e chi di rietro li alzi. San Pier Damiani
88 21 133 Cuopron d'i manti loro i palafreni, San Pier Damiani
88 21 134 sì che due bestie van sott'una pelle: San Pier Damiani
88 21 135 oh pazienza che tanto sostieni!». San Pier Damiani
88 21 136 A questa voce vid'io più fiammelle  
88 21 137 di grado in grado scendere e girarsi,  
88 21 138 e ogne giro le facea più belle.  
88 21 139 Dintorno a questa vennero e fermarsi,  
88 21 140 e fero un grido di sì alto suono,  
88 21 141 che non potrebbe qui assomigliarsi;  
88 21 142 né io lo 'ntesi, sì mi vinse il tuono.  
89 22 1 Oppresso di stupore, a la mia guida  
89 22 2 mi volsi, come parvol che ricorre  
89 22 3 sempre colà dove più si confida;  
89 22 4 e quella, come madre che soccorre  
89 22 5 sùbito al figlio palido e anelo  
89 22 6 con la sua voce, che 'l suol ben disporre,  
89 22 7 mi disse: «Non sai tu che tu se' in cielo? Beatrice (ammiraglio)
89 22 8 e non sai tu che 'l cielo è tutto santo, Beatrice (ammiraglio)
89 22 9 e ciò che ci si fa vien da buon zelo? Beatrice (ammiraglio)
89 22 10 Come t'avrebbe trasmutato il canto, Beatrice (ammiraglio)
89 22 11 e io ridendo, mo pensar lo puoi, Beatrice (ammiraglio)
89 22 12 poscia che 'l grido t'ha mosso cotanto; Beatrice (ammiraglio)
89 22 13 nel qual, se 'nteso avessi i prieghi suoi, Beatrice (ammiraglio)
89 22 14 già ti sarebbe nota la vendetta Beatrice (ammiraglio)
89 22 15 che tu vedrai innanzi che tu muoi. Beatrice (ammiraglio)
89 22 16 La spada di qua sù non taglia in fretta Beatrice (ammiraglio)
89 22 17 né tardo, ma' ch'al parer di colui Beatrice (ammiraglio)
89 22 18 che disiando o temendo l'aspetta. Beatrice (ammiraglio)
89 22 19 Ma rivolgiti omai inverso altrui; Beatrice (ammiraglio)
89 22 20 ch'assai illustri spiriti vedrai, Beatrice (ammiraglio)
89 22 21 se com'io dico l'aspetto redui».  
89 22 22 Come a lei piacque, li occhi ritornai,  
89 22 23 e vidi cento sperule che 'nsieme  
89 22 24 più s'abbellivan con mutui rai.  
89 22 25 Io stava come quei che 'n sé repreme  
89 22 26 la punta del disio, e non s'attenta  
89 22 27 di domandar, sì del troppo si teme;  
89 22 28 e la maggiore e la più luculenta  
89 22 29 di quelle margherite innanzi fessi,  
89 22 30 per far di sé la mia voglia contenta.  
89 22 31 Poi dentro a lei udi' : «Se tu vedessi San Benedetto da Norcia
89 22 32 com'io la carità che tra noi arde, San Benedetto da Norcia
89 22 33 li tuoi concetti sarebbero espressi. San Benedetto da Norcia
89 22 34 Ma perché tu, aspettando, non tarde San Benedetto da Norcia
89 22 35 a l'alto fine, io ti farò risposta San Benedetto da Norcia
89 22 36 pur al pensier, da che sì ti riguarde. San Benedetto da Norcia
89 22 37 Quel monte a cui Cassino è ne la costa San Benedetto da Norcia
89 22 38 fu frequentato già in su la cima San Benedetto da Norcia
89 22 39 da la gente ingannata e mal disposta; San Benedetto da Norcia
89 22 40 e quel son io che sù vi portai prima San Benedetto da Norcia
89 22 41 lo nome di colui che 'n terra addusse San Benedetto da Norcia
89 22 42 la verità che tanto ci soblima; San Benedetto da Norcia
89 22 43 e tanta grazia sopra me relusse, San Benedetto da Norcia
89 22 44 ch'io ritrassi le ville circunstanti San Benedetto da Norcia
89 22 45 da l'empio cólto che 'l mondo sedusse. San Benedetto da Norcia
89 22 46 Questi altri fuochi tutti contemplanti San Benedetto da Norcia
89 22 47 uomini fuoro, accesi di quel caldo San Benedetto da Norcia
89 22 48 che fa nascere i fiori e ' frutti santi. San Benedetto da Norcia
89 22 49 Qui è Maccario, qui è Romoaldo, San Benedetto da Norcia
89 22 50 qui son li frati miei che dentro ai chiostri San Benedetto da Norcia
89 22 51 fermar li piedi e tennero il cor saldo». San Benedetto da Norcia
89 22 52 E io a lui: «L'affetto che dimostri Dante Alighieri
89 22 53 meco parlando, e la buona sembianza Dante Alighieri
89 22 54 ch'io veggio e noto in tutti li ardor vostri, Dante Alighieri
89 22 55 così m'ha dilatata mia fidanza, Dante Alighieri
89 22 56 come 'l sol fa la rosa quando aperta Dante Alighieri
89 22 57 tanto divien quant'ell'ha di possanza. Dante Alighieri
89 22 58 Però ti priego, e tu, padre, m'accerta Dante Alighieri
89 22 59 s'io posso prender tanta grazia, ch'io Dante Alighieri
89 22 60 ti veggia con imagine scoverta». Dante Alighieri
89 22 61 Ond'elli: «Frate, il tuo alto disio San Benedetto da Norcia
89 22 62 s'adempierà in su l'ultima spera, San Benedetto da Norcia
89 22 63 ove s'adempion tutti li altri e 'l mio. San Benedetto da Norcia
89 22 64 Ivi è perfetta, matura e intera San Benedetto da Norcia
89 22 65 ciascuna disianza; in quella sola San Benedetto da Norcia
89 22 66 é ogne parte là ove sempr'era, San Benedetto da Norcia
89 22 67 perché non è in loco e non s'impola; San Benedetto da Norcia
89 22 68 e nostra scala infino ad essa varca, San Benedetto da Norcia
89 22 69 onde così dal viso ti s'invola. San Benedetto da Norcia
89 22 70 Infin là sù la vide il patriarca San Benedetto da Norcia
89 22 71 Iacobbe porger la superna parte, San Benedetto da Norcia
89 22 72 quando li apparve d'angeli sì carca. San Benedetto da Norcia
89 22 73 Ma, per salirla, mo nessun diparte San Benedetto da Norcia
89 22 74 da terra i piedi, e la regola mia San Benedetto da Norcia
89 22 75 rimasa è per danno de le carte. San Benedetto da Norcia
89 22 76 Le mura che solieno esser badia San Benedetto da Norcia
89 22 77 fatte sono spelonche, e le cocolle San Benedetto da Norcia
89 22 78 sacca son piene di farina ria. San Benedetto da Norcia
89 22 79 Ma grave usura tanto non si tolle San Benedetto da Norcia
89 22 80 contra 'l piacer di Dio, quanto quel frutto San Benedetto da Norcia
89 22 81 che fa il cor de' monaci sì folle; San Benedetto da Norcia
89 22 82 ché quantunque la Chiesa guarda, tutto San Benedetto da Norcia
89 22 83 é de la gente che per Dio dimanda; San Benedetto da Norcia
89 22 84 non di parenti né d'altro più brutto. San Benedetto da Norcia
89 22 85 La carne d'i mortali è tanto blanda, San Benedetto da Norcia
89 22 86 che giù non basta buon cominciamento San Benedetto da Norcia
89 22 87 dal nascer de la quercia al far la ghianda. San Benedetto da Norcia
89 22 88 Pier cominciò sanz'oro e sanz'argento, San Benedetto da Norcia
89 22 89 e io con orazione e con digiuno, San Benedetto da Norcia
89 22 90 e Francesco umilmente il suo convento; San Benedetto da Norcia
89 22 91 e se guardi 'l principio di ciascuno, San Benedetto da Norcia
89 22 92 poscia riguardi là dov'è trascorso, San Benedetto da Norcia
89 22 93 tu vederai del bianco fatto bruno. San Benedetto da Norcia
89 22 94 Veramente Iordan vòlto retrorso San Benedetto da Norcia
89 22 95 più fu, e 'l mar fuggir, quando Dio volse, San Benedetto da Norcia
89 22 96 mirabile a veder che qui 'l soccorso». San Benedetto da Norcia
89 22 97 Così mi disse, e indi si raccolse  
89 22 98 al suo collegio, e 'l collegio si strinse;  
89 22 99 poi, come turbo, in sù tutto s'avvolse.  
89 22 100 La dolce donna dietro a lor mi pinse  
89 22 101 con un sol cenno su per quella scala,  
89 22 102 sì sua virtù la mia natura vinse;  
89 22 103 né mai qua giù dove si monta e cala  
89 22 104 naturalmente, fu sì ratto moto  
89 22 105 ch'agguagliar si potesse a la mia ala.  
89 22 106 S'io torni mai, lettore, a quel divoto  
89 22 107 triunfo per lo quale io piango spesso  
89 22 108 le mie peccata e 'l petto mi percuoto,  
89 22 109 tu non avresti in tanto tratto e messo  
89 22 110 nel foco il dito, in quant'io vidi 'l segno  
89 22 111 che segue il Tauro e fui dentro da esso.  
89 22 112 O gloriose stelle, o lume pregno  
89 22 113 di gran virtù, dal quale io riconosco  
89 22 114 tutto, qual che si sia, il mio ingegno,  
89 22 115 con voi nasceva e s'ascondeva vosco  
89 22 116 quelli ch'è padre d'ogne mortal vita,  
89 22 117 quand'io senti' di prima l'aere tosco;  
89 22 118 e poi, quando mi fu grazia largita  
89 22 119 d'entrar ne l'alta rota che vi gira,  
89 22 120 la vostra region mi fu sortita.  
89 22 121 A voi divotamente ora sospira  
89 22 122 l'anima mia, per acquistar virtute  
89 22 123 al passo forte che a sé la tira.  
89 22 124 «Tu se' sì presso a l'ultima salute», Beatrice (ammiraglio)
89 22 125 cominciò Beatrice, «che tu dei Beatrice (ammiraglio)
89 22 126 aver le luci tue chiare e acute;  
89 22 127 e però, prima che tu più t'inlei,  
89 22 128 rimira in giù, e vedi quanto mondo  
89 22 129 sotto li piedi già esser ti fei;  
89 22 130 sì che 'l tuo cor, quantunque può, giocondo  
89 22 131 s'appresenti a la turba triunfante  
89 22 132 che lieta vien per questo etera tondo».  
89 22 133 Col viso ritornai per tutte quante  
89 22 134 le sette spere, e vidi questo globo  
89 22 135 tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante;  
89 22 136 e quel consiglio per migliore approbo  
89 22 137 che l'ha per meno; e chi ad altro pensa  
89 22 138 chiamar si puote veramente probo.  
89 22 139 Vidi la figlia di Latona incensa  
89 22 140 sanza quell'ombra che mi fu cagione  
89 22 141 per che già la credetti rara e densa.  
89 22 142 L'aspetto del tuo nato, Iperione,  
89 22 143 quivi sostenni, e vidi com'si move  
89 22 144 circa e vicino a lui Maia e Dione.  
89 22 145 Quindi m'apparve il temperar di Giove  
89 22 146 tra 'l padre e 'l figlio: e quindi mi fu chiaro  
89 22 147 il variar che fanno di lor dove;  
89 22 148 e tutti e sette mi si dimostraro  
89 22 149 quanto son grandi e quanto son veloci  
89 22 150 e come sono in distante riparo.  
89 22 151 L'aiuola che ci fa tanto feroci,  
89 22 152 volgendom'io con li etterni Gemelli,  
89 22 153 tutta m'apparve da' colli a le foci;  
89 22 154 poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.  
90 23 1 Come l'augello, intra l'amate fronde,  
90 23 2 posato al nido de' suoi dolci nati  
90 23 3 la notte che le cose ci nasconde,  
90 23 4 che, per veder li aspetti disiati  
90 23 5 e per trovar lo cibo onde li pasca,  
90 23 6 in che gravi labor li sono aggrati,  
90 23 7 previene il tempo in su aperta frasca,  
90 23 8 e con ardente affetto il sole aspetta,  
90 23 9 fiso guardando pur che l'alba nasca;  
90 23 10 così la donna mia stava eretta  
90 23 11 e attenta, rivolta inver' la plaga  
90 23 12 sotto la quale il sol mostra men fretta:  
90 23 13 sì che, veggendola io sospesa e vaga,  
90 23 14 fecimi qual è quei che disiando  
90 23 15 altro vorria, e sperando s'appaga.  
90 23 16 Ma poco fu tra uno e altro quando,  
90 23 17 del mio attender, dico, e del vedere  
90 23 18 lo ciel venir più e più rischiarando;  
90 23 19 e Beatrice disse: «Ecco le schiere Beatrice (ammiraglio)
90 23 20 del triunfo di Cristo e tutto 'l frutto Beatrice (ammiraglio)
90 23 21 ricolto del girar di queste spere!». Beatrice (ammiraglio)
90 23 22 Pariemi che 'l suo viso ardesse tutto,  
90 23 23 e li occhi avea di letizia sì pieni,  
90 23 24 che passarmen convien sanza costrutto.  
90 23 25 Quale ne' plenilunii sereni  
90 23 26 Trivia ride tra le ninfe etterne  
90 23 27 che dipingon lo ciel per tutti i seni,  
90 23 28 vid'i' sopra migliaia di lucerne  
90 23 29 un sol che tutte quante l'accendea,  
90 23 30 come fa 'l nostro le viste superne;  
90 23 31 e per la viva luce trasparea  
90 23 32 la lucente sustanza tanto chiara  
90 23 33 nel viso mio, che non la sostenea.  
90 23 34 Oh Beatrice, dolce guida e cara!  
90 23 35 Ella mi disse: «Quel che ti sobranza Beatrice (ammiraglio)
90 23 36 é virtù da cui nulla si ripara.  
90 23 37 Quivi è la sapienza e la possanza  
90 23 38 ch'aprì le strade tra 'l cielo e la terra,  
90 23 39 onde fu già sì lunga disianza».  
90 23 40 Come foco di nube si diserra  
90 23 41 per dilatarsi sì che non vi cape,  
90 23 42 e fuor di sua natura in giù s'atterra,  
90 23 43 la mente mia così, tra quelle dape  
90 23 44 fatta più grande, di sé stessa uscìo,  
90 23 45 e che si fesse rimembrar non sape.  
90 23 46 «Apri li occhi e riguarda qual son io; Beatrice (ammiraglio)
90 23 47 tu hai vedute cose, che possente  
90 23 48 se' fatto a sostener lo riso mio».  
90 23 49 Io era come quei che si risente  
90 23 50 di visione oblita e che s'ingegna  
90 23 51 indarno di ridurlasi a la mente,  
90 23 52 quand'io udi' questa proferta, degna  
90 23 53 di tanto grato, che mai non si stingue  
90 23 54 del libro che 'l preterito rassegna.  
90 23 55 Se mo sonasser tutte quelle lingue  
90 23 56 che Polimnia con le suore fero  
90 23 57 del latte lor dolcissimo più pingue,  
90 23 58 per aiutarmi, al millesmo del vero  
90 23 59 non si verria, cantando il santo riso  
90 23 60 e quanto il santo aspetto facea mero;  
90 23 61 e così, figurando il paradiso,  
90 23 62 convien saltar lo sacrato poema,  
90 23 63 come chi trova suo cammin riciso.  
90 23 64 Ma chi pensasse il ponderoso tema  
90 23 65 e l'omero mortal che se ne carca,  
90 23 66 nol biasmerebbe se sott'esso trema:  
90 23 67 non è pareggio da picciola barca  
90 23 68 quel che fendendo va l'ardita prora,  
90 23 69 né da nocchier ch'a sé medesmo parca.  
90 23 70 «Perché la faccia mia sì t'innamora, Beatrice (ammiraglio)
90 23 71 che tu non ti rivolgi al bel giardino Beatrice (ammiraglio)
90 23 72 che sotto i raggi di Cristo s'infiora? Beatrice (ammiraglio)
90 23 73 Quivi è la rosa in che 'l verbo divino Beatrice (ammiraglio)
90 23 74 carne si fece; quivi son li gigli Beatrice (ammiraglio)
90 23 75 al cui odor si prese il buon cammino». Beatrice (ammiraglio)
90 23 76 Così Beatrice; e io, che a' suoi consigli  
90 23 77 tutto era pronto, ancora mi rendei  
90 23 78 a la battaglia de' debili cigli.  
90 23 79 Come a raggio di sol che puro mei  
90 23 80 per fratta nube, già prato di fiori  
90 23 81 vider, coverti d'ombra, li occhi miei;  
90 23 82 vid'io così più turbe di splendori,  
90 23 83 folgorate di sù da raggi ardenti,  
90 23 84 sanza veder principio di folgóri.  
90 23 85 O benigna vertù che sì li 'mprenti,  
90 23 86 sù t'essaltasti, per largirmi loco  
90 23 87 a li occhi lì che non t'eran possenti.  
90 23 88 Il nome del bel fior ch'io sempre invoco  
90 23 89 e mane e sera, tutto mi ristrinse  
90 23 90 l'animo ad avvisar lo maggior foco;  
90 23 91 e come ambo le luci mi dipinse  
90 23 92 il quale e il quanto de la viva stella  
90 23 93 che là sù vince come qua giù vinse,  
90 23 94 per entro il cielo scese una facella,  
90 23 95 formata in cerchio a guisa di corona,  
90 23 96 e cinsela e girossi intorno ad ella.  
90 23 97 Qualunque melodia più dolce suona  
90 23 98 qua giù e più a sé l'anima tira,  
90 23 99 parrebbe nube che squarciata tona,  
90 23 100 comparata al sonar di quella lira  
90 23 101 onde si coronava il bel zaffiro  
90 23 102 del quale il ciel più chiaro s'inzaffira.  
90 23 103 «Io sono amore angelico, che giro Anime Beate
90 23 104 l'alta letizia che spira del ventre Anime Beate
90 23 105 che fu albergo del nostro disiro; Anime Beate
90 23 106 e girerommi, donna del ciel, mentre Anime Beate
90 23 107 che seguirai tuo figlio, e farai dia Anime Beate
90 23 108 più la spera suprema perché lì entre». Anime Beate
90 23 109 Così la circulata melodia  
90 23 110 si sigillava, e tutti li altri lumi  
90 23 111 facean sonare il nome di Maria.  
90 23 112 Lo real manto di tutti i volumi  
90 23 113 del mondo, che più ferve e più s'avviva  
90 23 114 ne l'alito di Dio e nei costumi,  
90 23 115 avea sopra di noi l'interna riva  
90 23 116 tanto distante, che la sua parvenza,  
90 23 117 là dov'io era, ancor non appariva:  
90 23 118 però non ebber li occhi miei potenza  
90 23 119 di seguitar la coronata fiamma  
90 23 120 che si levò appresso sua semenza.  
90 23 121 E come fantolin che 'nver' la mamma  
90 23 122 tende le braccia, poi che 'l latte prese,  
90 23 123 per l'animo che 'nfin di fuor s'infiamma;  
90 23 124 ciascun di quei candori in sù si stese  
90 23 125 con la sua cima, sì che l'alto affetto  
90 23 126 ch'elli avieno a Maria mi fu palese.  
90 23 127 Indi rimaser lì nel mio cospetto,  
90 23 128 'Regina celi' cantando sì dolce,  
90 23 129 che mai da me non si partì 'l diletto.  
90 23 130 Oh quanta è l'ubertà che si soffolce  
90 23 131 in quelle arche ricchissime che fuoro  
90 23 132 a seminar qua giù buone bobolce!  
90 23 133 Quivi si vive e gode del tesoro  
90 23 134 che s'acquistò piangendo ne lo essilio  
90 23 135 di Babillòn, ove si lasciò l'oro.  
90 23 136 Quivi triunfa, sotto l'alto Filio  
90 23 137 di Dio e di Maria, di sua vittoria,  
90 23 138 e con l'antico e col novo concilio,  
90 23 139 colui che tien le chiavi di tal gloria.  
91 24 1 «O sodalizio eletto a la gran cena Beatrice (ammiraglio)
91 24 2 del benedetto Agnello, il qual vi ciba Beatrice (ammiraglio)
91 24 3 sì, che la vostra voglia è sempre piena, Beatrice (ammiraglio)
91 24 4 se per grazia di Dio questi preliba Beatrice (ammiraglio)
91 24 5 di quel che cade de la vostra mensa, Beatrice (ammiraglio)
91 24 6 prima che morte tempo li prescriba, Beatrice (ammiraglio)
91 24 7 ponete mente a l'affezione immensa Beatrice (ammiraglio)
91 24 8 e roratelo alquanto: voi bevete Beatrice (ammiraglio)
91 24 9 sempre del fonte onde vien quel ch'ei pensa». Beatrice (ammiraglio)
91 24 10 Così Beatrice; e quelle anime liete  
91 24 11 si fero spere sopra fissi poli,  
91 24 12 fiammando, a volte, a guisa di comete.  
91 24 13 E come cerchi in tempra d'oriuoli  
91 24 14 si giran sì, che 'l primo a chi pon mente  
91 24 15 quieto pare, e l'ultimo che voli;  
91 24 16 così quelle carole, differente-  
91 24 17 mente danzando, de la sua ricchezza  
91 24 18 mi facieno stimar, veloci e lente.  
91 24 19 Di quella ch'io notai di più carezza  
91 24 20 vid'io uscire un foco sì felice,  
91 24 21 che nullo vi lasciò di più chiarezza;  
91 24 22 e tre fiate intorno di Beatrice  
91 24 23 si volse con un canto tanto divo,  
91 24 24 che la mia fantasia nol mi ridice.  
91 24 25 Però salta la penna e non lo scrivo:  
91 24 26 ché l'imagine nostra a cotai pieghe,  
91 24 27 non che 'l parlare, è troppo color vivo.  
91 24 28 «O santa suora mia che sì ne prieghe Pietro apostolo
91 24 29 divota, per lo tuo ardente affetto Pietro apostolo
91 24 30 da quella bella spera mi disleghe». Pietro apostolo
91 24 31 Poscia fermato, il foco benedetto  
91 24 32 a la mia donna dirizzò lo spiro,  
91 24 33 che favellò così com'i' ho detto.  
91 24 34 Ed ella: «O luce etterna del gran viro Beatrice (ammiraglio)
91 24 35 a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi, Beatrice (ammiraglio)
91 24 36 ch'ei portò giù, di questo gaudio miro, Beatrice (ammiraglio)
91 24 37 tenta costui di punti lievi e gravi, Beatrice (ammiraglio)
91 24 38 come ti piace, intorno de la fede, Beatrice (ammiraglio)
91 24 39 per la qual tu su per lo mare andavi. Beatrice (ammiraglio)
91 24 40 S'elli ama bene e bene spera e crede, Beatrice (ammiraglio)
91 24 41 non t'è occulto, perché 'l viso hai quivi Beatrice (ammiraglio)
91 24 42 dov'ogne cosa dipinta si vede; Beatrice (ammiraglio)
91 24 43 ma perché questo regno ha fatto civi Beatrice (ammiraglio)
91 24 44 per la verace fede, a gloriarla, Beatrice (ammiraglio)
91 24 45 di lei parlare è ben ch'a lui arrivi». Beatrice (ammiraglio)
91 24 46 Sì come il baccialier s'arma e non parla  
91 24 47 fin che 'l maestro la question propone,  
91 24 48 per approvarla, non per terminarla,  
91 24 49 così m'armava io d'ogne ragione  
91 24 50 mentre ch'ella dicea, per esser presto  
91 24 51 a tal querente e a tal professione.  
91 24 52 «Di', buon Cristiano, fatti manifesto: Pietro apostolo
91 24 53 fede che é?». Ond'io levai la fronte Pietro apostolo
91 24 54 in quella luce onde spirava questo;  
91 24 55 poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte  
91 24 56 sembianze femmi perch'io spandessi  
91 24 57 l'acqua di fuor del mio interno fonte.  
91 24 58 «La Grazia che mi dà ch'io mi confessi», Dante Alighieri
91 24 59 comincia' io, «da l'alto primipilo, Dante Alighieri
91 24 60 faccia li miei concetti bene espressi». Dante Alighieri
91 24 61 E seguitai: «Come 'l verace stilo Dante Alighieri
91 24 62 ne scrisse, padre, del tuo caro frate Dante Alighieri
91 24 63 che mise teco Roma nel buon filo, Dante Alighieri
91 24 64 fede è sustanza di cose sperate Dante Alighieri
91 24 65 e argomento de le non parventi; Dante Alighieri
91 24 66 e questa pare a me sua quiditate». Dante Alighieri
91 24 67 Allora udi' : «Dirittamente senti, Pietro apostolo
91 24 68 se bene intendi perché la ripuose Pietro apostolo
91 24 69 tra le sustanze, e poi tra li argomenti». Pietro apostolo
91 24 70 E io appresso: «Le profonde cose Dante Alighieri
91 24 71 che mi largiscon qui la lor parvenza, Dante Alighieri
91 24 72 a li occhi di là giù son sì ascose, Dante Alighieri
91 24 73 che l'esser loro v'è in sola credenza, Dante Alighieri
91 24 74 sopra la qual si fonda l'alta spene; Dante Alighieri
91 24 75 e però di sustanza prende intenza. Dante Alighieri
91 24 76 E da questa credenza ci convene Dante Alighieri
91 24 77 silogizzar, sanz'avere altra vista: Dante Alighieri
91 24 78 però intenza d'argomento tene». Dante Alighieri
91 24 79 Allora udi' : «Se quantunque s'acquista Pietro apostolo
91 24 80 giù per dottrina, fosse così 'nteso, Pietro apostolo
91 24 81 non lì avria loco ingegno di sofista». Pietro apostolo
91 24 82 Così spirò di quello amore acceso;  
91 24 83 indi soggiunse: «Assai bene è trascorsa Pietro apostolo
91 24 84 d'esta moneta già la lega e 'l peso; Pietro apostolo
91 24 85 ma dimmi se tu l'hai ne la tua borsa». Pietro apostolo
91 24 86 Ond'io: «Sì ho, sì lucida e sì tonda, Dante Alighieri
91 24 87 che nel suo conio nulla mi s'inforsa». Dante Alighieri
91 24 88 Appresso uscì de la luce profonda  
91 24 89 che lì splendeva: «Questa cara gioia Pietro apostolo
91 24 90 sopra la quale ogne virtù si fonda, Pietro apostolo
91 24 91 onde ti venne?». E io: «La larga ploia Dante Alighieri
91 24 92 de lo Spirito Santo, ch'è diffusa Dante Alighieri
91 24 93 in su le vecchie e 'n su le nuove cuoia, Dante Alighieri
91 24 94 é silogismo che la m'ha conchiusa Dante Alighieri
91 24 95 acutamente sì, che 'nverso d'ella Dante Alighieri
91 24 96 ogne dimostrazion mi pare ottusa». Dante Alighieri
91 24 97 Io udi' poi: «L'antica e la novella Pietro apostolo
91 24 98 proposizion che così ti conchiude, Pietro apostolo
91 24 99 perché l'hai tu per divina favella?». Pietro apostolo
91 24 100 E io: «La prova che 'l ver mi dischiude, Dante Alighieri
91 24 101 son l'opere seguite, a che natura Dante Alighieri
91 24 102 non scalda ferro mai né batte incude». Dante Alighieri
91 24 103 Risposto fummi: «Di', chi t'assicura Pietro apostolo
91 24 104 che quell'opere fosser? Quel medesmo Pietro apostolo
91 24 105 che vuol provarsi, non altri, il ti giura». Pietro apostolo
91 24 106 «Se 'l mondo si rivolse al cristianesmo», Dante Alighieri
91 24 107 diss'io, «sanza miracoli, quest'uno Dante Alighieri
91 24 108 é tal, che li altri non sono il centesmo: Dante Alighieri
91 24 109 ché tu intrasti povero e digiuno Dante Alighieri
91 24 110 in campo, a seminar la buona pianta Dante Alighieri
91 24 111 che fu già vite e ora è fatta pruno». Dante Alighieri
91 24 112 Finito questo, l'alta corte santa  
91 24 113 risonò per le spere un 'Dio laudamo'  
91 24 114 ne la melode che là sù si canta.  
91 24 115 E quel baron che sì di ramo in ramo,  
91 24 116 essaminando, già tratto m'avea,  
91 24 117 che a l'ultime fronde appressavamo,  
91 24 118 ricominciò: «La Grazia, che donnea Pietro apostolo
91 24 119 con la tua mente, la bocca t'aperse Pietro apostolo
91 24 120 infino a qui come aprir si dovea, Pietro apostolo
91 24 121 sì ch'io approvo ciò che fuori emerse; Pietro apostolo
91 24 122 ma or conviene espremer quel che credi, Pietro apostolo
91 24 123 e onde a la credenza tua s'offerse». Pietro apostolo
91 24 124 «O santo padre, e spirito che vedi Dante Alighieri
91 24 125 ciò che credesti sì, che tu vincesti Dante Alighieri
91 24 126 ver' lo sepulcro più giovani piedi», Dante Alighieri
91 24 127 comincia' io, «tu vuo' ch'io manifesti Dante Alighieri
91 24 128 la forma qui del pronto creder mio, Dante Alighieri
91 24 129 e anche la cagion di lui chiedesti. Dante Alighieri
91 24 130 E io rispondo: Io credo in uno Dio Dante Alighieri
91 24 131 solo ed etterno, che tutto 'l ciel move, Dante Alighieri
91 24 132 non moto, con amore e con disio; Dante Alighieri
91 24 133 e a tal creder non ho io pur prove Dante Alighieri
91 24 134 fisice e metafisice, ma dalmi Dante Alighieri
91 24 135 anche la verità che quinci piove Dante Alighieri
91 24 136 per Moisé, per profeti e per salmi, Dante Alighieri
91 24 137 per l'Evangelio e per voi che scriveste Dante Alighieri
91 24 138 poi che l'ardente Spirto vi fé almi; Dante Alighieri
91 24 139 e credo in tre persone etterne, e queste Dante Alighieri
91 24 140 credo una essenza sì una e sì trina, Dante Alighieri
91 24 141 che soffera congiunto 'sono' ed 'este'. Dante Alighieri
91 24 142 De la profonda condizion divina Dante Alighieri
91 24 143 ch'io tocco mo, la mente mi sigilla Dante Alighieri
91 24 144 più volte l'evangelica dottrina. Dante Alighieri
91 24 145 Quest'è 'l principio, quest'è la favilla Dante Alighieri
91 24 146 che si dilata in fiamma poi vivace, Dante Alighieri
91 24 147 e come stella in cielo in me scintilla». Dante Alighieri
91 24 148 Come 'l segnor ch'ascolta quel che i piace,  
91 24 149 da indi abbraccia il servo, gratulando  
91 24 150 per la novella, tosto ch'el si tace;  
91 24 151 così, benedicendomi cantando,  
91 24 152 tre volte cinse me, sì com'io tacqui,  
91 24 153 l'appostolico lume al cui comando  
91 24 154 io avea detto: sì nel dir li piacqui!  
92 25 1 Se mai continga che 'l poema sacro  
92 25 2 al quale ha posto mano e cielo e terra,  
92 25 3 sì che m'ha fatto per molti anni macro,  
92 25 4 vinca la crudeltà che fuor mi serra  
92 25 5 del bello ovile ov'io dormi' agnello,  
92 25 6 nimico ai lupi che li danno guerra;  
92 25 7 con altra voce omai, con altro vello  
92 25 8 ritornerò poeta, e in sul fonte  
92 25 9 del mio battesmo prenderò 'l cappello;  
92 25 10 però che ne la fede, che fa conte  
92 25 11 l'anime a Dio, quivi intra' io, e poi  
92 25 12 Pietro per lei sì mi girò la fronte.  
92 25 13 Indi si mosse un lume verso noi  
92 25 14 di quella spera ond'uscì la primizia  
92 25 15 che lasciò Cristo d'i vicari suoi;  
92 25 16 e la mia donna, piena di letizia,  
92 25 17 mi disse: «Mira, mira: ecco il barone Beatrice (ammiraglio)
92 25 18 per cui là giù si vicita Galizia». Beatrice (ammiraglio)
92 25 19 Sì come quando il colombo si pone  
92 25 20 presso al compagno, l'uno a l'altro pande,  
92 25 21 girando e mormorando, l'affezione;  
92 25 22 così vid'io l'un da l'altro grande  
92 25 23 principe glorioso essere accolto,  
92 25 24 laudando il cibo che là sù li prande.  
92 25 25 Ma poi che 'l gratular si fu assolto,  
92 25 26 tacito coram me ciascun s'affisse,  
92 25 27 ignito sì che vincea 'l mio volto.  
92 25 28 Ridendo allora Beatrice disse:  
92 25 29 «Inclita vita per cui la larghezza Beatrice (ammiraglio)
92 25 30 de la nostra basilica si scrisse, Beatrice (ammiraglio)
92 25 31 fa risonar la spene in questa altezza: Beatrice (ammiraglio)
92 25 32 tu sai, che tante fiate la figuri, Beatrice (ammiraglio)
92 25 33 quante Iesù ai tre fé più carezza». Beatrice (ammiraglio)
92 25 34 «Leva la testa e fa che t'assicuri: Giacomo
92 25 35 che ciò che vien qua sù del mortal mondo, Giacomo
92 25 36 convien ch'ai nostri raggi si maturi». Giacomo
92 25 37 Questo conforto del foco secondo  
92 25 38 mi venne; ond'io levai li occhi a' monti  
92 25 39 che li 'ncurvaron pria col troppo pondo.  
92 25 40 «Poi che per grazia vuol che tu t'affronti Giacomo
92 25 41 lo nostro Imperadore, anzi la morte, Giacomo
92 25 42 ne l'aula più secreta co' suoi conti, Giacomo
92 25 43 sì che, veduto il ver di questa corte, Giacomo
92 25 44 la spene, che là giù bene innamora, Giacomo
92 25 45 in te e in altrui di ciò conforte, Giacomo
92 25 46 di' quel ch'ell'è, di' come se ne 'nfiora Giacomo
92 25 47 la mente tua, e dì onde a te venne». Giacomo
92 25 48 Così seguì 'l secondo lume ancora.  
92 25 49 E quella pia che guidò le penne  
92 25 50 de le mie ali a così alto volo,  
92 25 51 a la risposta così mi prevenne:  
92 25 52 «La Chiesa militante alcun figliuolo Giacomo
92 25 53 non ha con più speranza, com'è scritto Giacomo
92 25 54 nel Sol che raggia tutto nostro stuolo: Giacomo
92 25 55 però li è conceduto che d'Egitto Giacomo
92 25 56 vegna in Ierusalemme per vedere, Giacomo
92 25 57 anzi che 'l militar li sia prescritto. Giacomo
92 25 58 Li altri due punti, che non per sapere Giacomo
92 25 59 son dimandati, ma perch'ei rapporti Giacomo
92 25 60 quanto questa virtù t'è in piacere, Giacomo
92 25 61 a lui lasc'io, ché non li saran forti Giacomo
92 25 62 né di iattanza; ed elli a ciò risponda, Giacomo
92 25 63 e la grazia di Dio ciò li comporti». Giacomo
92 25 64 Come discente ch'a dottor seconda  
92 25 65 pronto e libente in quel ch'elli è esperto,  
92 25 66 perché la sua bontà si disasconda,  
92 25 67 «Spene», diss'io, «é uno attender certo Dante Alighieri
92 25 68 de la gloria futura, il qual produce Dante Alighieri
92 25 69 grazia divina e precedente merto. Dante Alighieri
92 25 70 Da molte stelle mi vien questa luce; Dante Alighieri
92 25 71 ma quei la distillò nel mio cor pria Dante Alighieri
92 25 72 che fu sommo cantor del sommo duce. Dante Alighieri
92 25 73 'Sperino in te', ne la sua teodìa Dante Alighieri
92 25 74 dice, 'color che sanno il nome tuo': Dante Alighieri
92 25 75 e chi nol sa, s'elli ha la fede mia? Dante Alighieri
92 25 76 Tu mi stillasti, con lo stillar suo, Dante Alighieri
92 25 77 ne la pistola poi; sì ch'io son pieno, Dante Alighieri
92 25 78 e in altrui vostra pioggia repluo». Dante Alighieri
92 25 79 Mentr' io diceva, dentro al vivo seno  
92 25 80 di quello incendio tremolava un lampo  
92 25 81 sùbito e spesso a guisa di baleno.  
92 25 82 Indi spirò: «L'amore ond'io avvampo Giacomo
92 25 83 ancor ver' la virtù che mi seguette Giacomo
92 25 84 infin la palma e a l'uscir del campo, Giacomo
92 25 85 vuol ch'io respiri a te che ti dilette Giacomo
92 25 86 di lei; ed emmi a grato che tu diche Giacomo
92 25 87 quello che la speranza ti 'mpromette». Giacomo
92 25 88 E io: «Le nove e le scritture antiche Dante Alighieri
92 25 89 pongon lo segno, ed esso lo mi addita, Dante Alighieri
92 25 90 de l'anime che Dio s'ha fatte amiche. Dante Alighieri
92 25 91 Dice Isaia che ciascuna vestita Dante Alighieri
92 25 92 ne la sua terra fia di doppia vesta: Dante Alighieri
92 25 93 e la sua terra è questa dolce vita; Dante Alighieri
92 25 94 e 'l tuo fratello assai vie più digesta, Dante Alighieri
92 25 95 là dove tratta de le bianche stole, Dante Alighieri
92 25 96 questa revelazion ci manifesta». Dante Alighieri
92 25 97 E prima, appresso al fin d'este parole,  
92 25 98 'Sperent in te' di sopr'a noi s'udì;  
92 25 99 a che rispuoser tutte le carole.  
92 25 100 Poscia tra esse un lume si schiarì  
92 25 101 sì che, se 'l Cancro avesse un tal cristallo,  
92 25 102 l'inverno avrebbe un mese d'un sol dì.  
92 25 103 E come surge e va ed entra in ballo  
92 25 104 vergine lieta, sol per fare onore  
92 25 105 a la novizia, non per alcun fallo,  
92 25 106 così vid'io lo schiarato splendore  
92 25 107 venire a' due che si volgieno a nota  
92 25 108 qual conveniesi al loro ardente amore.  
92 25 109 Misesi lì nel canto e ne la rota;  
92 25 110 e la mia donna in lor tenea l'aspetto,  
92 25 111 pur come sposa tacita e immota.  
92 25 112 «Questi è colui che giacque sopra 'l petto Beatrice (ammiraglio)
92 25 113 del nostro pellicano, e questi fue Beatrice (ammiraglio)
92 25 114 di su la croce al grande officio eletto». Beatrice (ammiraglio)
92 25 115 La donna mia così; né però più  
92 25 116 mosser la vista sua di stare attenta  
92 25 117 poscia che prima le parole sue.  
92 25 118 Qual è colui ch'adocchia e s'argomenta  
92 25 119 di vedere eclissar lo sole un poco,  
92 25 120 che, per veder, non vedente diventa;  
92 25 121 tal mi fec'io a quell'ultimo foco  
92 25 122 mentre che detto fu: «Perché t'abbagli San Giovanni Battista
92 25 123 per veder cosa che qui non ha loco? San Giovanni Battista
92 25 124 In terra è terra il mio corpo, e saragli San Giovanni Battista
92 25 125 tanto con li altri, che 'l numero nostro San Giovanni Battista
92 25 126 con l'etterno proposito s'agguagli. San Giovanni Battista
92 25 127 Con le due stole nel beato chiostro San Giovanni Battista
92 25 128 son le due luci sole che saliro; San Giovanni Battista
92 25 129 e questo apporterai nel mondo vostro». San Giovanni Battista
92 25 130 A questa voce l'infiammato giro  
92 25 131 si quietò con esso il dolce mischio  
92 25 132 che si facea nel suon del trino spiro,  
92 25 133 sì come, per cessar fatica o rischio,  
92 25 134 li remi, pria ne l'acqua ripercossi,  
92 25 135 tutti si posano al sonar d'un fischio.  
92 25 136 Ahi quanto ne la mente mi commossi,  
92 25 137 quando mi volsi per veder Beatrice,  
92 25 138 per non poter veder, benché io fossi  
92 25 139 presso di lei, e nel mondo felice!  
93 26 1 Mentr'io dubbiava per lo viso spento,  
93 26 2 de la fulgida fiamma che lo spense  
93 26 3 uscì un spiro che mi fece attento,  
93 26 4 dicendo: «Intanto che tu ti risense San Giovanni Battista
93 26 5 de la vista che hai in me consunta, San Giovanni Battista
93 26 6 ben è che ragionando la compense. San Giovanni Battista
93 26 7 Comincia dunque; e di' ove s'appunta San Giovanni Battista
93 26 8 l'anima tua, e fa' ragion che sia San Giovanni Battista
93 26 9 la vista in te smarrita e non defunta: San Giovanni Battista
93 26 10 perché la donna che per questa dia San Giovanni Battista
93 26 11 region ti conduce, ha ne lo sguardo San Giovanni Battista
93 26 12 la virtù ch'ebbe la man d'Anania». San Giovanni Battista
93 26 13 Io dissi: «Al suo piacere e tosto e tardo Dante Alighieri
93 26 14 vegna remedio a li occhi, che fuor porte Dante Alighieri
93 26 15 quand'ella entrò col foco ond'io sempr'ardo. Dante Alighieri
93 26 16 Lo ben che fa contenta questa corte, Dante Alighieri
93 26 17 Alfa e O è di quanta scrittura Dante Alighieri
93 26 18 mi legge Amore o lievemente o forte». Dante Alighieri
93 26 19 Quella medesma voce che paura  
93 26 20 tolta m'avea del sùbito abbarbaglio,  
93 26 21 di ragionare ancor mi mise in cura;  
93 26 22 e disse: «Certo a più angusto vaglio San Giovanni Battista
93 26 23 ti conviene schiarar: dicer convienti San Giovanni Battista
93 26 24 chi drizzò l'arco tuo a tal berzaglio». San Giovanni Battista
93 26 25 E io: «Per filosofici argomenti Dante Alighieri
93 26 26 e per autorità che quinci scende Dante Alighieri
93 26 27 cotale amor convien che in me si 'mprenti: Dante Alighieri
93 26 28 ché 'l bene, in quanto ben, come s'intende, Dante Alighieri
93 26 29 così accende amore, e tanto maggio Dante Alighieri
93 26 30 quanto più di bontate in sé comprende. Dante Alighieri
93 26 31 Dunque a l'essenza ov'è tanto avvantaggio, Dante Alighieri
93 26 32 che ciascun ben che fuor di lei si trova Dante Alighieri
93 26 33 altro non è ch'un lume di suo raggio, Dante Alighieri
93 26 34 più che in altra convien che si mova Dante Alighieri
93 26 35 la mente, amando, di ciascun che cerne Dante Alighieri
93 26 36 il vero in che si fonda questa prova. Dante Alighieri
93 26 37 Tal vero a l'intelletto mio sterne Dante Alighieri
93 26 38 colui che mi dimostra il primo amore Dante Alighieri
93 26 39 di tutte le sustanze sempiterne. Dante Alighieri
93 26 40 Sternel la voce del verace autore, Dante Alighieri
93 26 41 che dice a Moisé, di sé parlando: Dante Alighieri
93 26 42 'Io ti farò vedere ogne valore'. Dante Alighieri
93 26 43 Sternilmi tu ancora, incominciando Dante Alighieri
93 26 44 l'alto preconio che grida l'arcano Dante Alighieri
93 26 45 di qui là giù sovra ogne altro bando». Dante Alighieri
93 26 46 E io udi': «Per intelletto umano San Giovanni Battista
93 26 47 e per autoritadi a lui concorde San Giovanni Battista
93 26 48 d'i tuoi amori a Dio guarda il sovrano. San Giovanni Battista
93 26 49 Ma di' ancor se tu senti altre corde San Giovanni Battista
93 26 50 tirarti verso lui, sì che tu suone San Giovanni Battista
93 26 51 con quanti denti questo amor ti morde». San Giovanni Battista
93 26 52 Non fu latente la santa intenzione  
93 26 53 de l'aguglia di Cristo, anzi m'accorsi  
93 26 54 dove volea menar mia professione.  
93 26 55 Però ricominciai: «Tutti quei morsi Dante Alighieri
93 26 56 che posson far lo cor volgere a Dio, Dante Alighieri
93 26 57 a la mia caritate son concorsi: Dante Alighieri
93 26 58 ché l'essere del mondo e l'esser mio, Dante Alighieri
93 26 59 la morte ch'el sostenne perch'io viva, Dante Alighieri
93 26 60 e quel che spera ogne fedel com'io, Dante Alighieri
93 26 61 con la predetta conoscenza viva, Dante Alighieri
93 26 62 tratto m'hanno del mar de l'amor torto, Dante Alighieri
93 26 63 e del diritto m'han posto a la riva. Dante Alighieri
93 26 64 Le fronde onde s'infronda tutto l'orto Dante Alighieri
93 26 65 de l'ortolano etterno, am'io cotanto Dante Alighieri
93 26 66 quanto da lui a lor di bene è porto». Dante Alighieri
93 26 67 Sì com'io tacqui, un dolcissimo canto  
93 26 68 risonò per lo cielo, e la mia donna  
93 26 69 dicea con li altri: «Santo, santo, santo!». Anime Beate
93 26 70 E come a lume acuto si disonna  
93 26 71 per lo spirto visivo che ricorre  
93 26 72 a lo splendor che va di gonna in gonna,  
93 26 73 e lo svegliato ciò che vede aborre,  
93 26 74 sì nescia è la sùbita vigilia  
93 26 75 fin che la stimativa non soccorre;  
93 26 76 così de li occhi miei ogni quisquilia  
93 26 77 fugò Beatrice col raggio d'i suoi,  
93 26 78 che rifulgea da più di mille milia:  
93 26 79 onde mei che dinanzi vidi poi;  
93 26 80 e quasi stupefatto domandai  
93 26 81 d'un quarto lume ch'io vidi tra noi.  
93 26 82 E la mia donna: «Dentro da quei rai Beatrice (ammiraglio)
93 26 83 vagheggia il suo fattor l'anima prima  
93 26 84 che la prima virtù creasse mai».  
93 26 85 Come la fronda che flette la cima  
93 26 86 nel transito del vento, e poi si leva  
93 26 87 per la propria virtù che la soblima,  
93 26 88 fec'io in tanto in quant'ella diceva,  
93 26 89 stupendo, e poi mi rifece sicuro  
93 26 90 un disio di parlare ond'io ardeva.  
93 26 91 E cominciai: «O pomo che maturo Dante Alighieri
93 26 92 solo prodotto fosti, o padre antico Dante Alighieri
93 26 93 a cui ciascuna sposa è figlia e nuro, Dante Alighieri
93 26 94 divoto quanto posso a te supplìco Dante Alighieri
93 26 95 perché mi parli: tu vedi mia voglia, Dante Alighieri
93 26 96 e per udirti tosto non la dico». Dante Alighieri
93 26 97 Talvolta un animal coverto broglia,  
93 26 98 sì che l'affetto convien che si paia  
93 26 99 per lo seguir che face a lui la 'nvoglia;  
93 26 100 e similmente l'anima primaia  
93 26 101 mi facea trasparer per la coverta  
93 26 102 quant'ella a compiacermi venìa gaia.  
93 26 103 Indi spirò: «Sanz'essermi proferta Adamo
93 26 104 da te, la voglia tua discerno meglio Adamo
93 26 105 che tu qualunque cosa t'è più certa; Adamo
93 26 106 perch'io la veggio nel verace speglio Adamo
93 26 107 che fa di sé pareglio a l'altre cose, Adamo
93 26 108 e nulla face lui di sé pareglio. Adamo
93 26 109 Tu vuogli udir quant'è che Dio mi puose Adamo
93 26 110 ne l'eccelso giardino, ove costei Adamo
93 26 111 a così lunga scala ti dispuose, Adamo
93 26 112 e quanto fu diletto a li occhi miei, Adamo
93 26 113 e la propria cagion del gran disdegno, Adamo
93 26 114 e l'idioma ch'usai e che fei. Adamo
93 26 115 Or, figluol mio, non il gustar del legno Adamo
93 26 116 fu per sé la cagion di tanto essilio, Adamo
93 26 117 ma solamente il trapassar del segno. Adamo
93 26 118 Quindi onde mosse tua donna Virgilio, Adamo
93 26 119 quattromilia trecento e due volumi Adamo
93 26 120 di sol desiderai questo concilio; Adamo
93 26 121 e vidi lui tornare a tutt'i lumi Adamo
93 26 122 de la sua strada novecento trenta Adamo
93 26 123 fiate, mentre ch'io in terra fu' mi. Adamo
93 26 124 La lingua ch'io parlai fu tutta spenta Adamo
93 26 125 innanzi che a l'ovra inconsummabile Adamo
93 26 126 fosse la gente di Nembròt attenta: Adamo
93 26 127 ché nullo effetto mai razionabile, Adamo
93 26 128 per lo piacere uman che rinovella Adamo
93 26 129 seguendo il cielo, sempre fu durabile. Adamo
93 26 130 Opera naturale è ch'uom favella; Adamo
93 26 131 ma così o così, natura lascia Adamo
93 26 132 poi fare a voi secondo che v'abbella. Adamo
93 26 133 Pria ch'i' scendessi a l'infernale ambascia, Adamo
93 26 134 I s'appellava in terra il sommo bene Adamo
93 26 135 onde vien la letizia che mi fascia; Adamo
93 26 136 e El si chiamò poi: e ciò convene, Adamo
93 26 137 ché l'uso d'i mortali è come fronda Adamo
93 26 138 in ramo, che sen va e altra vene. Adamo
93 26 139 Nel monte che si leva più da l'onda, Adamo
93 26 140 fu' io, con vita pura e disonesta, Adamo
93 26 141 da la prim'ora a quella che seconda, Adamo
93 26 142 come 'l sol muta quadra, l'ora sesta». Adamo
94 27 1 'Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo',  
94 27 2 cominciò, 'gloria!', tutto 'l paradiso,  
94 27 3 sì che m'inebriava il dolce canto.  
94 27 4 Ciò ch'io vedeva mi sembiava un riso  
94 27 5 de l'universo; per che mia ebbrezza  
94 27 6 intrava per l'udire e per lo viso.  
94 27 7 Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!  
94 27 8 oh vita intégra d'amore e di pace!  
94 27 9 oh sanza brama sicura ricchezza!  
94 27 10 Dinanzi a li occhi miei le quattro face  
94 27 11 stavano accese, e quella che pria venne  
94 27 12 incominciò a farsi più vivace,  
94 27 13 e tal ne la sembianza sua divenne,  
94 27 14 qual diverrebbe Iove, s'elli e Marte  
94 27 15 fossero augelli e cambiassersi penne.  
94 27 16 La provedenza, che quivi comparte  
94 27 17 vice e officio, nel beato coro  
94 27 18 silenzio posto avea da ogne parte,  
94 27 19 quand'io udi': «Se io mi trascoloro, Pietro apostolo
94 27 20 non ti maravigliar, ché, dicend'io, Pietro apostolo
94 27 21 vedrai trascolorar tutti costoro. Pietro apostolo
94 27 22 Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio, Pietro apostolo
94 27 23 il luogo mio, il luogo mio, che vaca Pietro apostolo
94 27 24 ne la presenza del Figliuol di Dio, Pietro apostolo
94 27 25 fatt'ha del cimitero mio cloaca Pietro apostolo
94 27 26 del sangue e de la puzza; onde 'l perverso Pietro apostolo
94 27 27 che cadde di qua sù, là giù si placa». Pietro apostolo
94 27 28 Di quel color che per lo sole avverso  
94 27 29 nube dipigne da sera e da mane,  
94 27 30 vid'io allora tutto 'l ciel cosperso.  
94 27 31 E come donna onesta che permane  
94 27 32 di sé sicura, e per l'altrui fallanza,  
94 27 33 pur ascoltando, timida si fane,  
94 27 34 così Beatrice trasmutò sembianza;  
94 27 35 e tale eclissi credo che 'n ciel fue,  
94 27 36 quando patì la supprema possanza.  
94 27 37 Poi procedetter le parole sue  
94 27 38 con voce tanto da sé trasmutata,  
94 27 39 che la sembianza non si mutò più:  
94 27 40 «Non fu la sposa di Cristo allevata Pietro apostolo
94 27 41 del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto, Pietro apostolo
94 27 42 per essere ad acquisto d'oro usata; Pietro apostolo
94 27 43 ma per acquisto d'esto viver lieto Pietro apostolo
94 27 44 e Sisto e Pio e Calisto e Urbano Pietro apostolo
94 27 45 sparser lo sangue dopo molto fleto. Pietro apostolo
94 27 46 Non fu nostra intenzion ch'a destra mano Pietro apostolo
94 27 47 d'i nostri successor parte sedesse, Pietro apostolo
94 27 48 parte da l'altra del popol cristiano; Pietro apostolo
94 27 49 né che le chiavi che mi fuor concesse, Pietro apostolo
94 27 50 divenisser signaculo in vessillo Pietro apostolo
94 27 51 che contra battezzati combattesse; Pietro apostolo
94 27 52 né ch'io fossi figura di sigillo Pietro apostolo
94 27 53 a privilegi venduti e mendaci, Pietro apostolo
94 27 54 ond'io sovente arrosso e disfavillo. Pietro apostolo
94 27 55 In vesta di pastor lupi rapaci Pietro apostolo
94 27 56 si veggion di qua sù per tutti i paschi: Pietro apostolo
94 27 57 o difesa di Dio, perché pur giaci? Pietro apostolo
94 27 58 Del sangue nostro Caorsini e Guaschi Pietro apostolo
94 27 59 s'apparecchian di bere: o buon principio, Pietro apostolo
94 27 60 a che vil fine convien che tu caschi! Pietro apostolo
94 27 61 Ma l'alta provedenza, che con Scipio Pietro apostolo
94 27 62 difese a Roma la gloria del mondo, Pietro apostolo
94 27 63 soccorrà tosto, sì com'io concipio; Pietro apostolo
94 27 64 e tu, figliuol, che per lo mortal pondo Pietro apostolo
94 27 65 ancor giù tornerai, apri la bocca, Pietro apostolo
94 27 66 e non asconder quel ch'io non ascondo». Pietro apostolo
94 27 67 Sì come di vapor gelati fiocca  
94 27 68 in giuso l'aere nostro, quando 'l corno  
94 27 69 de la capra del ciel col sol si tocca,  
94 27 70 in sù vid'io così l'etera addorno  
94 27 71 farsi e fioccar di vapor triunfanti  
94 27 72 che fatto avien con noi quivi soggiorno.  
94 27 73 Lo viso mio seguiva i suoi sembianti,  
94 27 74 e seguì fin che 'l mezzo, per lo molto,  
94 27 75 li tolse il trapassar del più avanti.  
94 27 76 Onde la donna, che mi vide assolto  
94 27 77 de l'attendere in sù, mi disse: «Adima Beatrice (ammiraglio)
94 27 78 il viso e guarda come tu se' vòlto». Beatrice (ammiraglio)
94 27 79 Da l'ora ch'io avea guardato prima  
94 27 80 i' vidi mosso me per tutto l'arco  
94 27 81 che fa dal mezzo al fine il primo clima;  
94 27 82 sì ch'io vedea di là da Gade il varco  
94 27 83 folle d'Ulisse, e di qua presso il lito  
94 27 84 nel qual si fece Europa dolce carco.  
94 27 85 E più mi fora discoverto il sito  
94 27 86 di questa aiuola; ma 'l sol procedea  
94 27 87 sotto i mie' piedi un segno e più partito.  
94 27 88 La mente innamorata, che donnea  
94 27 89 con la mia donna sempre, di ridure  
94 27 90 ad essa li occhi più che mai ardea;  
94 27 91 e se natura o arte fé pasture  
94 27 92 da pigliare occhi, per aver la mente,  
94 27 93 in carne umana o ne le sue pitture,  
94 27 94 tutte adunate, parrebber niente  
94 27 95 ver' lo piacer divin che mi refulse,  
94 27 96 quando mi volsi al suo viso ridente.  
94 27 97 E la virtù che lo sguardo m'indulse,  
94 27 98 del bel nido di Leda mi divelse,  
94 27 99 e nel ciel velocissimo m'impulse.  
94 27 100 Le parti sue vivissime ed eccelse  
94 27 101 sì uniforme son, ch'i' non so dire  
94 27 102 qual Beatrice per loco mi scelse.  
94 27 103 Ma ella, che vedea 'l mio disire,  
94 27 104 incominciò, ridendo tanto lieta,  
94 27 105 che Dio parea nel suo volto gioire:  
94 27 106 «La natura del mondo, che quieta Beatrice (ammiraglio)
94 27 107 il mezzo e tutto l'altro intorno move, Beatrice (ammiraglio)
94 27 108 quinci comincia come da sua meta; Beatrice (ammiraglio)
94 27 109 e questo cielo non ha altro dove Beatrice (ammiraglio)
94 27 110 che la mente divina, in che s'accende Beatrice (ammiraglio)
94 27 111 l'amor che 'l volge e la virtù ch'ei piove. Beatrice (ammiraglio)
94 27 112 Luce e amor d'un cerchio lui comprende, Beatrice (ammiraglio)
94 27 113 sì come questo li altri; e quel precinto Beatrice (ammiraglio)
94 27 114 colui che 'l cinge solamente intende. Beatrice (ammiraglio)
94 27 115 Non è suo moto per altro distinto, Beatrice (ammiraglio)
94 27 116 ma li altri son mensurati da questo, Beatrice (ammiraglio)
94 27 117 sì come diece da mezzo e da quinto; Beatrice (ammiraglio)
94 27 118 e come il tempo tegna in cotal testo Beatrice (ammiraglio)
94 27 119 le sue radici e ne li altri le fronde, Beatrice (ammiraglio)
94 27 120 omai a te può esser manifesto. Beatrice (ammiraglio)
94 27 121 Oh cupidigia che i mortali affonde Beatrice (ammiraglio)
94 27 122 sì sotto te, che nessuno ha podere Beatrice (ammiraglio)
94 27 123 di trarre li occhi fuor de le tue onde! Beatrice (ammiraglio)
94 27 124 Ben fiorisce ne li uomini il volere; Beatrice (ammiraglio)
94 27 125 ma la pioggia continua converte Beatrice (ammiraglio)
94 27 126 in bozzacchioni le sosine vere. Beatrice (ammiraglio)
94 27 127 Fede e innocenza son reperte Beatrice (ammiraglio)
94 27 128 solo ne' parvoletti; poi ciascuna Beatrice (ammiraglio)
94 27 129 pria fugge che le guance sian coperte. Beatrice (ammiraglio)
94 27 130 Tale, balbuziendo ancor, digiuna, Beatrice (ammiraglio)
94 27 131 che poi divora, con la lingua sciolta, Beatrice (ammiraglio)
94 27 132 qualunque cibo per qualunque luna; Beatrice (ammiraglio)
94 27 133 e tal, balbuziendo, ama e ascolta Beatrice (ammiraglio)
94 27 134 la madre sua, che, con loquela intera,  
94 27 135 disia poi di vederla sepolta.  
94 27 136 Così si fa la pelle bianca nera  
94 27 137 nel primo aspetto de la bella figlia  
94 27 138 di quel ch'apporta mane e lascia sera.  
94 27 139 Tu, perché non ti facci maraviglia,  
94 27 140 pensa che 'n terra non è chi governi;  
94 27 141 onde sì svia l'umana famiglia.  
94 27 142 Ma prima che gennaio tutto si sverni  
94 27 143 per la centesma ch'è là giù negletta,  
94 27 144 raggeran sì questi cerchi superni,  
94 27 145 che la fortuna che tanto s'aspetta,  
94 27 146 le poppe volgerà u' son le prore, Beatrice (ammiraglio)
94 27 147 sì che la classe correrà diretta; Beatrice (ammiraglio)
94 27 148 e vero frutto verrà dopo 'l fiore». Beatrice (ammiraglio)
95 28 1 Poscia che 'ncontro a la vita presente  
95 28 2 d'i miseri mortali aperse 'l vero  
95 28 3 quella che 'mparadisa la mia mente,  
95 28 4 come in lo specchio fiamma di doppiero  
95 28 5 vede colui che se n'alluma retro,  
95 28 6 prima che l'abbia in vista o in pensiero,  
95 28 7 e sé rivolge per veder se 'l vetro  
95 28 8 li dice il vero, e vede ch'el s'accorda  
95 28 9 con esso come nota con suo metro;  
95 28 10 così la mia memoria si ricorda  
95 28 11 ch'io feci riguardando ne' belli occhi  
95 28 12 onde a pigliarmi fece Amor la corda.  
95 28 13 E com'io mi rivolsi e furon tocchi  
95 28 14 li miei da ciò che pare in quel volume,  
95 28 15 quandunque nel suo giro ben s'adocchi,  
95 28 16 un punto vidi che raggiava lume  
95 28 17 acuto sì, che 'l viso ch'elli affoca  
95 28 18 chiuder conviensi per lo forte acume;  
95 28 19 e quale stella par quinci più poca,  
95 28 20 parrebbe luna, locata con esso  
95 28 21 come stella con stella si collòca.  
95 28 22 Forse cotanto quanto pare appresso  
95 28 23 alo cigner la luce che 'l dipigne  
95 28 24 quando 'l vapor che 'l porta più è spesso,  
95 28 25 distante intorno al punto un cerchio d'igne  
95 28 26 si girava sì ratto, ch'avria vinto  
95 28 27 quel moto che più tosto il mondo cigne;  
95 28 28 e questo era d'un altro circumcinto,  
95 28 29 e quel dal terzo, e 'l terzo poi dal quarto,  
95 28 30 dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto.  
95 28 31 Sopra seguiva il settimo sì sparto  
95 28 32 già di larghezza, che 'l messo di Iuno  
95 28 33 intero a contenerlo sarebbe arto.  
95 28 34 Così l'ottavo e 'l nono; e chiascheduno  
95 28 35 più tardo si movea, secondo ch'era  
95 28 36 in numero distante più da l'uno;  
95 28 37 e quello avea la fiamma più sincera  
95 28 38 cui men distava la favilla pura,  
95 28 39 credo, però che più di lei s'invera.  
95 28 40 La donna mia, che mi vedea in cura  
95 28 41 forte sospeso, disse: «Da quel punto Beatrice (ammiraglio)
95 28 42 depende il cielo e tutta la natura. Beatrice (ammiraglio)
95 28 43 Mira quel cerchio che più li è congiunto; Beatrice (ammiraglio)
95 28 44 e sappi che 'l suo muovere è sì tosto Beatrice (ammiraglio)
95 28 45 per l'affocato amore ond'elli è punto». Beatrice (ammiraglio)
95 28 46 E io a lei: «Se 'l mondo fosse posto Dante Alighieri
95 28 47 con l'ordine ch'io veggio in quelle rote, Dante Alighieri
95 28 48 sazio m'avrebbe ciò che m'è proposto; Dante Alighieri
95 28 49 ma nel mondo sensibile si puote Dante Alighieri
95 28 50 veder le volte tanto più divine, Dante Alighieri
95 28 51 quant'elle son dal centro più remote. Dante Alighieri
95 28 52 Onde, se 'l mio disir dee aver fine Dante Alighieri
95 28 53 in questo miro e angelico templo Dante Alighieri
95 28 54 che solo amore e luce ha per confine, Dante Alighieri
95 28 55 udir convienmi ancor come l'essemplo Dante Alighieri
95 28 56 e l'essemplare non vanno d'un modo, Dante Alighieri
95 28 57 ché io per me indarno a ciò contemplo». Dante Alighieri
95 28 58 «Se li tuoi diti non sono a tal nodo Beatrice (ammiraglio)
95 28 59 sufficienti, non è maraviglia: Beatrice (ammiraglio)
95 28 60 tanto, per non tentare, è fatto sodo!». Beatrice (ammiraglio)
95 28 61 Così la donna mia; poi disse: «Piglia Beatrice (ammiraglio)
95 28 62 quel ch'io ti dicerò, se vuo' saziarti; Beatrice (ammiraglio)
95 28 63 e intorno da esso t'assottiglia. Beatrice (ammiraglio)
95 28 64 Li cerchi corporai sono ampi e arti Beatrice (ammiraglio)
95 28 65 secondo il più e 'l men de la virtute Beatrice (ammiraglio)
95 28 66 che si distende per tutte lor parti. Beatrice (ammiraglio)
95 28 67 Maggior bontà vuol far maggior salute; Beatrice (ammiraglio)
95 28 68 maggior salute maggior corpo cape, Beatrice (ammiraglio)
95 28 69 s'elli ha le parti igualmente compiute. Beatrice (ammiraglio)
95 28 70 Dunque costui che tutto quanto rape Beatrice (ammiraglio)
95 28 71 l'altro universo seco, corrisponde Beatrice (ammiraglio)
95 28 72 al cerchio che più ama e che più sape: Beatrice (ammiraglio)
95 28 73 per che, se tu a la virtù circonde Beatrice (ammiraglio)
95 28 74 la tua misura, non a la parvenza Beatrice (ammiraglio)
95 28 75 de le sustanze che t'appaion tonde, Beatrice (ammiraglio)
95 28 76 tu vederai mirabil consequenza Beatrice (ammiraglio)
95 28 77 di maggio a più e di minore a meno, Beatrice (ammiraglio)
95 28 78 in ciascun cielo, a sua intelligenza». Beatrice (ammiraglio)
95 28 79 Come rimane splendido e sereno  
95 28 80 l'emisperio de l'aere, quando soffia  
95 28 81 Borea da quella guancia ond'è più leno,  
95 28 82 per che si purga e risolve la roffia  
95 28 83 che pria turbava, sì che 'l ciel ne ride  
95 28 84 con le bellezze d'ogne sua paroffia;  
95 28 85 così fec'io, poi che mi provide  
95 28 86 la donna mia del suo risponder chiaro,  
95 28 87 e come stella in cielo il ver si vide.  
95 28 88 E poi che le parole sue restaro,  
95 28 89 non altrimenti ferro disfavilla  
95 28 90 che bolle, come i cerchi sfavillaro.  
95 28 91 L'incendio suo seguiva ogne scintilla;  
95 28 92 ed eran tante, che 'l numero loro  
95 28 93 più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla.  
95 28 94 Io sentiva osannar di coro in coro  
95 28 95 al punto fisso che li tiene a li ubi,  
95 28 96 e terrà sempre, ne' quai sempre fuoro.  
95 28 97 E quella che vedea i pensier dubi  
95 28 98 ne la mia mente, disse: «I cerchi primi Beatrice (ammiraglio)
95 28 99 t'hanno mostrato Serafi e Cherubi. Beatrice (ammiraglio)
95 28 100 Così veloci seguono i suoi vimi, Beatrice (ammiraglio)
95 28 101 per somigliarsi al punto quanto ponno; Beatrice (ammiraglio)
95 28 102 e posson quanto a veder son soblimi. Beatrice (ammiraglio)
95 28 103 Quelli altri amori che 'ntorno li vonno, Beatrice (ammiraglio)
95 28 104 si chiaman Troni del divino aspetto, Beatrice (ammiraglio)
95 28 105 per che 'l primo ternaro terminonno; Beatrice (ammiraglio)
95 28 106 e dei saper che tutti hanno diletto Beatrice (ammiraglio)
95 28 107 quanto la sua veduta si profonda Beatrice (ammiraglio)
95 28 108 nel vero in che si queta ogne intelletto. Beatrice (ammiraglio)
95 28 109 Quinci si può veder come si fonda Beatrice (ammiraglio)
95 28 110 l'essere beato ne l'atto che vede, Beatrice (ammiraglio)
95 28 111 non in quel ch'ama, che poscia seconda; Beatrice (ammiraglio)
95 28 112 e del vedere è misura mercede, Beatrice (ammiraglio)
95 28 113 che grazia partorisce e buona voglia: Beatrice (ammiraglio)
95 28 114 così di grado in grado si procede. Beatrice (ammiraglio)
95 28 115 L'altro ternaro, che così germoglia Beatrice (ammiraglio)
95 28 116 in questa primavera sempiterna Beatrice (ammiraglio)
95 28 117 che notturno Ariete non dispoglia, Beatrice (ammiraglio)
95 28 118 perpetualemente 'Osanna' sberna Beatrice (ammiraglio)
95 28 119 con tre melode, che suonano in tree Beatrice (ammiraglio)
95 28 120 ordini di letizia onde s'interna. Beatrice (ammiraglio)
95 28 121 In essa gerarcia son l'altre dee: Beatrice (ammiraglio)
95 28 122 prima Dominazioni, e poi Virtudi; Beatrice (ammiraglio)
95 28 123 l'ordine terzo di Podestadi ée. Beatrice (ammiraglio)
95 28 124 Poscia ne' due penultimi tripudi Beatrice (ammiraglio)
95 28 125 Principati e Arcangeli si girano; Beatrice (ammiraglio)
95 28 126 l'ultimo è tutto d'Angelici ludi. Beatrice (ammiraglio)
95 28 127 Questi ordini di sù tutti s'ammirano, Beatrice (ammiraglio)
95 28 128 e di giù vincon sì, che verso Dio Beatrice (ammiraglio)
95 28 129 tutti tirati sono e tutti tirano. Beatrice (ammiraglio)
95 28 130 E Dionisio con tanto disio Beatrice (ammiraglio)
95 28 131 a contemplar questi ordini si mise, Beatrice (ammiraglio)
95 28 132 che li nomò e distinse com'io. Beatrice (ammiraglio)
95 28 133 Ma Gregorio da lui poi si divise; Beatrice (ammiraglio)
95 28 134 onde, sì tosto come li occhi aperse Beatrice (ammiraglio)
95 28 135 in questo ciel, di sé medesmo rise. Beatrice (ammiraglio)
95 28 136 E se tanto secreto ver proferse Beatrice (ammiraglio)
95 28 137 mortale in terra, non voglio ch'ammiri; Beatrice (ammiraglio)
95 28 138 ché chi 'l vide qua sù gliel discoperse Beatrice (ammiraglio)
95 28 139 con altro assai del ver di questi giri». Beatrice (ammiraglio)
96 29 1 Quando ambedue li figli di Latona,  
96 29 2 coperti del Montone e de la Libra,  
96 29 3 fanno de l'orizzonte insieme zona,  
96 29 4 quant'è dal punto che 'l cenìt inlibra  
96 29 5 infin che l'uno e l'altro da quel cinto,  
96 29 6 cambiando l'emisperio, si dilibra,  
96 29 7 tanto, col volto di riso dipinto,  
96 29 8 si tacque Beatrice, riguardando  
96 29 9 fiso nel punto che m'avea vinto.  
96 29 10 Poi cominciò: «Io dico, e non dimando, Beatrice (ammiraglio)
96 29 11 quel che tu vuoli udir, perch'io l'ho visto Beatrice (ammiraglio)
96 29 12 là 've s'appunta ogne ubi e ogne quando. Beatrice (ammiraglio)
96 29 13 Non per aver a sé di bene acquisto, Beatrice (ammiraglio)
96 29 14 ch'esser non può, ma perché suo splendore Beatrice (ammiraglio)
96 29 15 potesse, risplendendo, dir "Subsisto", Beatrice (ammiraglio)
96 29 16 in sua etternità di tempo fore, Beatrice (ammiraglio)
96 29 17 fuor d'ogne altro comprender, come i piacque, Beatrice (ammiraglio)
96 29 18 s'aperse in nuovi amor l'etterno amore. Beatrice (ammiraglio)
96 29 19 Né prima quasi torpente si giacque; Beatrice (ammiraglio)
96 29 20 ché né prima né poscia procedette Beatrice (ammiraglio)
96 29 21 lo discorrer di Dio sovra quest'acque. Beatrice (ammiraglio)
96 29 22 Forma e materia, congiunte e purette, Beatrice (ammiraglio)
96 29 23 usciro ad esser che non avia fallo, Beatrice (ammiraglio)
96 29 24 come d'arco tricordo tre saette. Beatrice (ammiraglio)
96 29 25 E come in vetro, in ambra o in cristallo Beatrice (ammiraglio)
96 29 26 raggio resplende sì, che dal venire Beatrice (ammiraglio)
96 29 27 a l'esser tutto non è intervallo, Beatrice (ammiraglio)
96 29 28 così 'l triforme effetto del suo sire Beatrice (ammiraglio)
96 29 29 ne l'esser suo raggiò insieme tutto Beatrice (ammiraglio)
96 29 30 sanza distinzione in essordire. Beatrice (ammiraglio)
96 29 31 Concreato fu ordine e costrutto Beatrice (ammiraglio)
96 29 32 a le sustanze; e quelle furon cima Beatrice (ammiraglio)
96 29 33 nel mondo in che puro atto fu produtto; Beatrice (ammiraglio)
96 29 34 pura potenza tenne la parte ima; Beatrice (ammiraglio)
96 29 35 nel mezzo strinse potenza con atto Beatrice (ammiraglio)
96 29 36 tal vime, che già mai non si divima. Beatrice (ammiraglio)
96 29 37 Ieronimo vi scrisse lungo tratto Beatrice (ammiraglio)
96 29 38 di secoli de li angeli creati Beatrice (ammiraglio)
96 29 39 anzi che l'altro mondo fosse fatto; Beatrice (ammiraglio)
96 29 40 ma questo vero è scritto in molti lati Beatrice (ammiraglio)
96 29 41 da li scrittor de lo Spirito Santo, Beatrice (ammiraglio)
96 29 42 e tu te n'avvedrai se bene agguati; Beatrice (ammiraglio)
96 29 43 e anche la ragione il vede alquanto, Beatrice (ammiraglio)
96 29 44 che non concederebbe che ' motori Beatrice (ammiraglio)
96 29 45 sanza sua perfezion fosser cotanto. Beatrice (ammiraglio)
96 29 46 Or sai tu dove e quando questi amori Beatrice (ammiraglio)
96 29 47 furon creati e come: sì che spenti Beatrice (ammiraglio)
96 29 48 nel tuo disio già son tre ardori. Beatrice (ammiraglio)
96 29 49 Né giugneriesi, numerando, al venti Beatrice (ammiraglio)
96 29 50 sì tosto, come de li angeli parte Beatrice (ammiraglio)
96 29 51 turbò il suggetto d'i vostri alementi. Beatrice (ammiraglio)
96 29 52 L'altra rimase, e cominciò quest'arte Beatrice (ammiraglio)
96 29 53 che tu discerni, con tanto diletto, Beatrice (ammiraglio)
96 29 54 che mai da circuir non si diparte. Beatrice (ammiraglio)
96 29 55 Principio del cader fu il maladetto Beatrice (ammiraglio)
96 29 56 superbir di colui che tu vedesti Beatrice (ammiraglio)
96 29 57 da tutti i pesi del mondo costretto. Beatrice (ammiraglio)
96 29 58 Quelli che vedi qui furon modesti Beatrice (ammiraglio)
96 29 59 a riconoscer sé da la bontate Beatrice (ammiraglio)
96 29 60 che li avea fatti a tanto intender presti: Beatrice (ammiraglio)
96 29 61 per che le viste lor furo essaltate Beatrice (ammiraglio)
96 29 62 con grazia illuminante e con lor merto, Beatrice (ammiraglio)
96 29 63 si c'hanno ferma e piena volontate; Beatrice (ammiraglio)
96 29 64 e non voglio che dubbi, ma sia certo, Beatrice (ammiraglio)
96 29 65 che ricever la grazia è meritorio Beatrice (ammiraglio)
96 29 66 secondo che l'affetto l'è aperto. Beatrice (ammiraglio)
96 29 67 Omai dintorno a questo consistorio Beatrice (ammiraglio)
96 29 68 puoi contemplare assai, se le parole Beatrice (ammiraglio)
96 29 69 mie son ricolte, sanz'altro aiutorio. Beatrice (ammiraglio)
96 29 70 Ma perché 'n terra per le vostre scole Beatrice (ammiraglio)
96 29 71 si legge che l'angelica natura Beatrice (ammiraglio)
96 29 72 é tal, che 'ntende e si ricorda e vole, Beatrice (ammiraglio)
96 29 73 ancor dirò, perché tu veggi pura Beatrice (ammiraglio)
96 29 74 la verità che là giù si confonde, Beatrice (ammiraglio)
96 29 75 equivocando in sì fatta lettura. Beatrice (ammiraglio)
96 29 76 Queste sustanze, poi che fur gioconde Beatrice (ammiraglio)
96 29 77 de la faccia di Dio, non volser viso Beatrice (ammiraglio)
96 29 78 da essa, da cui nulla si nasconde: Beatrice (ammiraglio)
96 29 79 però non hanno vedere interciso Beatrice (ammiraglio)
96 29 80 da novo obietto, e però non bisogna Beatrice (ammiraglio)
96 29 81 rememorar per concetto diviso; Beatrice (ammiraglio)
96 29 82 sì che là giù, non dormendo, si sogna, Beatrice (ammiraglio)
96 29 83 credendo e non credendo dicer vero; Beatrice (ammiraglio)
96 29 84 ma ne l'uno è più colpa e più vergogna. Beatrice (ammiraglio)
96 29 85 Voi non andate giù per un sentiero Beatrice (ammiraglio)
96 29 86 filosofando: tanto vi trasporta Beatrice (ammiraglio)
96 29 87 l'amor de l'apparenza e 'l suo pensiero! Beatrice (ammiraglio)
96 29 88 E ancor questo qua sù si comporta Beatrice (ammiraglio)
96 29 89 con men disdegno che quando è posposta Beatrice (ammiraglio)
96 29 90 la divina Scrittura o quando è torta. Beatrice (ammiraglio)
96 29 91 Non vi si pensa quanto sangue costa Beatrice (ammiraglio)
96 29 92 seminarla nel mondo e quanto piace Beatrice (ammiraglio)
96 29 93 chi umilmente con essa s'accosta. Beatrice (ammiraglio)
96 29 94 Per apparer ciascun s'ingegna e face Beatrice (ammiraglio)
96 29 95 sue invenzioni; e quelle son trascorse Beatrice (ammiraglio)
96 29 96 da' predicanti e 'l Vangelio si tace. Beatrice (ammiraglio)
96 29 97 Un dice che la luna si ritorse Beatrice (ammiraglio)
96 29 98 ne la passion di Cristo e s'interpuose, Beatrice (ammiraglio)
96 29 99 per che 'l lume del sol giù non si porse; Beatrice (ammiraglio)
96 29 100 e mente, ché la luce si nascose Beatrice (ammiraglio)
96 29 101 da sé: però a li Spani e a l'Indi Beatrice (ammiraglio)
96 29 102 come a' Giudei tale eclissi rispuose. Beatrice (ammiraglio)
96 29 103 Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi Beatrice (ammiraglio)
96 29 104 quante sì fatte favole per anno Beatrice (ammiraglio)
96 29 105 in pergamo si gridan quinci e quindi; Beatrice (ammiraglio)
96 29 106 sì che le pecorelle, che non sanno, Beatrice (ammiraglio)
96 29 107 tornan del pasco pasciute di vento, Beatrice (ammiraglio)
96 29 108 e non le scusa non veder lo danno. Beatrice (ammiraglio)
96 29 109 Non disse Cristo al suo primo convento: Beatrice (ammiraglio)
96 29 110 'Andate, e predicate al mondo ciance'; Beatrice (ammiraglio)
96 29 111 ma diede lor verace fondamento; Beatrice (ammiraglio)
96 29 112 e quel tanto sonò ne le sue guance, Beatrice (ammiraglio)
96 29 113 sì ch'a pugnar per accender la fede Beatrice (ammiraglio)
96 29 114 de l'Evangelio fero scudo e lance. Beatrice (ammiraglio)
96 29 115 Ora si va con motti e con iscede Beatrice (ammiraglio)
96 29 116 a predicare, e pur che ben si rida, Beatrice (ammiraglio)
96 29 117 gonfia il cappuccio e più non si richiede. Beatrice (ammiraglio)
96 29 118 Ma tale uccel nel becchetto s'annida, Beatrice (ammiraglio)
96 29 119 che se 'l vulgo il vedesse, vederebbe Beatrice (ammiraglio)
96 29 120 la perdonanza di ch'el si confida; Beatrice (ammiraglio)
96 29 121 per cui tanta stoltezza in terra crebbe, Beatrice (ammiraglio)
96 29 122 che, sanza prova d'alcun testimonio, Beatrice (ammiraglio)
96 29 123 ad ogne promession si correrebbe. Beatrice (ammiraglio)
96 29 124 Di questo ingrassa il porco sant'Antonio, Beatrice (ammiraglio)
96 29 125 e altri assai che sono ancor più porci, Beatrice (ammiraglio)
96 29 126 pagando di moneta sanza conio. Beatrice (ammiraglio)
96 29 127 Ma perché siam digressi assai, ritorci Beatrice (ammiraglio)
96 29 128 li occhi oramai verso la dritta strada, Beatrice (ammiraglio)
96 29 129 sì che la via col tempo si raccorci. Beatrice (ammiraglio)
96 29 130 Questa natura sì oltre s'ingrada Beatrice (ammiraglio)
96 29 131 in numero, che mai non fu loquela Beatrice (ammiraglio)
96 29 132 né concetto mortal che tanto vada; Beatrice (ammiraglio)
96 29 133 e se tu guardi quel che si revela Beatrice (ammiraglio)
96 29 134 per Daniel, vedrai che 'n sue migliaia Beatrice (ammiraglio)
96 29 135 determinato numero si cela. Beatrice (ammiraglio)
96 29 136 La prima luce, che tutta la raia, Beatrice (ammiraglio)
96 29 137 per tanti modi in essa si recepe, Beatrice (ammiraglio)
96 29 138 quanti son li splendori a chi s'appaia. Beatrice (ammiraglio)
96 29 139 Onde, però che a l'atto che concepe  
96 29 140 segue l'affetto, d'amar la dolcezza  
96 29 141 diversamente in essa ferve e tepe.  
96 29 142 Vedi l'eccelso omai e la larghezza  
96 29 143 de l'etterno valor, poscia che tanti  
96 29 144 speculi fatti s'ha in che si spezza,  
96 29 145 uno manendo in sé come davanti».  
97 30 1 Forse semilia miglia di lontano  
97 30 2 ci ferve l'ora sesta, e questo mondo  
97 30 3 china già l'ombra quasi al letto piano,  
97 30 4 quando 'l mezzo del cielo, a noi profondo,  
97 30 5 comincia a farsi tal, ch'alcuna stella  
97 30 6 perde il parere infino a questo fondo;  
97 30 7 e come vien la chiarissima ancella  
97 30 8 del sol più oltre, così 'l ciel si chiude  
97 30 9 di vista in vista infino a la più bella.  
97 30 10 Non altrimenti il triunfo che lude  
97 30 11 sempre dintorno al punto che mi vinse,  
97 30 12 parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude,  
97 30 13 a poco a poco al mio veder si stinse:  
97 30 14 per che tornar con li occhi a Beatrice  
97 30 15 nulla vedere e amor mi costrinse.  
97 30 16 Se quanto infino a qui di lei si dice  
97 30 17 fosse conchiuso tutto in una loda,  
97 30 18 poca sarebbe a fornir questa vice.  
97 30 19 La bellezza ch'io vidi si trasmoda  
97 30 20 non pur di là da noi, ma certo io credo  
97 30 21 che solo il suo fattor tutta la goda.  
97 30 22 Da questo passo vinto mi concedo  
97 30 23 più che già mai da punto di suo tema  
97 30 24 soprato fosse comico o tragedo:  
97 30 25 ché, come sole in viso che più trema,  
97 30 26 così lo rimembrar del dolce riso  
97 30 27 la mente mia da me medesmo scema.  
97 30 28 Dal primo giorno ch'i' vidi il suo viso  
97 30 29 in questa vita, infino a questa vista,  
97 30 30 non m'è il seguire al mio cantar preciso;  
97 30 31 ma or convien che mio seguir desista  
97 30 32 più dietro a sua bellezza, poetando,  
97 30 33 come a l'ultimo suo ciascuno artista.  
97 30 34 Cotal qual io lascio a maggior bando  
97 30 35 che quel de la mia tuba, che deduce  
97 30 36 l'ardua sua matera terminando,  
97 30 37 con atto e voce di spedito duce  
97 30 38 ricominciò: «Noi siamo usciti fore Beatrice (ammiraglio)
97 30 39 del maggior corpo al ciel ch'è pura luce: Beatrice (ammiraglio)
97 30 40 luce intellettual, piena d'amore; Beatrice (ammiraglio)
97 30 41 amor di vero ben, pien di letizia; Beatrice (ammiraglio)
97 30 42 letizia che trascende ogne dolzore. Beatrice (ammiraglio)
97 30 43 Qui vederai l'una e l'altra milizia Beatrice (ammiraglio)
97 30 44 di paradiso, e l'una in quelli aspetti Beatrice (ammiraglio)
97 30 45 che tu vedrai a l'ultima giustizia». Beatrice (ammiraglio)
97 30 46 Come sùbito lampo che discetti  
97 30 47 li spiriti visivi, sì che priva  
97 30 48 da l'atto l'occhio di più forti obietti,  
97 30 49 così mi circunfulse luce viva,  
97 30 50 e lasciommi fasciato di tal velo  
97 30 51 del suo fulgor, che nulla m'appariva.  
97 30 52 «Sempre l'amor che queta questo cielo Beatrice (ammiraglio)
97 30 53 accoglie in sé con sì fatta salute, Beatrice (ammiraglio)
97 30 54 per far disposto a sua fiamma il candelo». Beatrice (ammiraglio)
97 30 55 Non fur più tosto dentro a me venute  
97 30 56 queste parole brievi, ch'io compresi  
97 30 57 me sormontar di sopr'a mia virtute;  
97 30 58 e di novella vista mi raccesi  
97 30 59 tale, che nulla luce è tanto mera,  
97 30 60 che li occhi miei non si fosser difesi;  
97 30 61 e vidi lume in forma di rivera  
97 30 62 fulvido di fulgore, intra due rive  
97 30 63 dipinte di mirabil primavera.  
97 30 64 Di tal fiumana uscian faville vive,  
97 30 65 e d'ogne parte si mettìen ne' fiori,  
97 30 66 quasi rubin che oro circunscrive;  
97 30 67 poi, come inebriate da li odori,  
97 30 68 riprofondavan sé nel miro gurge;  
97 30 69 e s'una intrava, un'altra n'uscia fori.  
97 30 70 «L'alto disio che mo t'infiamma e urge, Beatrice (ammiraglio)
97 30 71 d'aver notizia di ciò che tu vei, Beatrice (ammiraglio)
97 30 72 tanto mi piace più quanto più turge; Beatrice (ammiraglio)
97 30 73 ma di quest'acqua convien che tu bei Beatrice (ammiraglio)
97 30 74 prima che tanta sete in te si sazi»: Beatrice (ammiraglio)
97 30 75 così mi disse il sol de li occhi miei.  
97 30 76 Anche soggiunse: «Il fiume e li topazi Beatrice (ammiraglio)
97 30 77 ch'entrano ed escono e 'l rider de l'erbe Beatrice (ammiraglio)
97 30 78 son di lor vero umbriferi prefazi. Beatrice (ammiraglio)
97 30 79 Non che da sé sian queste cose acerbe; Beatrice (ammiraglio)
97 30 80 ma è difetto da la parte tua, Beatrice (ammiraglio)
97 30 81 che non hai viste ancor tanto superbe». Beatrice (ammiraglio)
97 30 82 Non è fantin che sì sùbito rua  
97 30 83 col volto verso il latte, se si svegli  
97 30 84 molto tardato da l'usanza sua,  
97 30 85 come fec'io, per far migliori spegli  
97 30 86 ancor de li occhi, chinandomi a l'onda  
97 30 87 che si deriva perché vi s'immegli;  
97 30 88 e sì come di lei bevve la gronda  
97 30 89 de le palpebre mie, così mi parve  
97 30 90 di sua lunghezza divenuta tonda.  
97 30 91 Poi, come gente stata sotto larve,  
97 30 92 che pare altro che prima, se si sveste  
97 30 93 la sembianza non sua in che disparve,  
97 30 94 così mi si cambiaro in maggior feste  
97 30 95 li fiori e le faville, sì ch'io vidi  
97 30 96 ambo le corti del ciel manifeste.  
97 30 97 O isplendor di Dio, per cu' io vidi  
97 30 98 l'alto triunfo del regno verace,  
97 30 99 dammi virtù a dir com'io il vidi!  
97 30 100 Lume è là sù che visibile face  
97 30 101 lo creatore a quella creatura  
97 30 102 che solo in lui vedere ha la sua pace.  
97 30 103 E' si distende in circular figura,  
97 30 104 in tanto che la sua circunferenza  
97 30 105 sarebbe al sol troppo larga cintura.  
97 30 106 Fassi di raggio tutta sua parvenza  
97 30 107 reflesso al sommo del mobile primo,  
97 30 108 che prende quindi vivere e potenza.  
97 30 109 E come clivo in acqua di suo imo  
97 30 110 si specchia, quasi per vedersi addorno,  
97 30 111 quando è nel verde e ne' fioretti opimo,  
97 30 112 sì, soprastando al lume intorno intorno,  
97 30 113 vidi specchiarsi in più di mille soglie  
97 30 114 quanto di noi là sù fatto ha ritorno.  
97 30 115 E se l'infimo grado in sé raccoglie  
97 30 116 sì grande lume, quanta è la larghezza  
97 30 117 di questa rosa ne l'estreme foglie!  
97 30 118 La vista mia ne l'ampio e ne l'altezza  
97 30 119 non si smarriva, ma tutto prendeva  
97 30 120 il quanto e 'l quale di quella allegrezza.  
97 30 121 Presso e lontano, lì, né pon né leva:  
97 30 122 ché dove Dio sanza mezzo governa,  
97 30 123 la legge natural nulla rileva.  
97 30 124 Nel giallo de la rosa sempiterna,  
97 30 125 che si digrada e dilata e redole  
97 30 126 odor di lode al sol che sempre verna,  
97 30 127 qual è colui che tace e dicer vole,  
97 30 128 mi trasse Beatrice, e disse: «Mira Beatrice (ammiraglio)
97 30 129 quanto è 'l convento de le bianche stole! Beatrice (ammiraglio)
97 30 130 Vedi nostra città quant'ella gira; Beatrice (ammiraglio)
97 30 131 vedi li nostri scanni sì ripieni, Beatrice (ammiraglio)
97 30 132 che poca gente più ci si disira. Beatrice (ammiraglio)
97 30 133 E 'n quel gran seggio a che tu li occhi tieni Beatrice (ammiraglio)
97 30 134 per la corona che già v'è sù posta, Beatrice (ammiraglio)
97 30 135 prima che tu a queste nozze ceni, Beatrice (ammiraglio)
97 30 136 sederà l'alma, che fia giù agosta, Beatrice (ammiraglio)
97 30 137 de l'alto Arrigo, ch'a drizzare Italia Beatrice (ammiraglio)
97 30 138 verrà in prima ch'ella sia disposta. Beatrice (ammiraglio)
97 30 139 La cieca cupidigia che v'ammalia Beatrice (ammiraglio)
97 30 140 simili fatti v'ha al fantolino Beatrice (ammiraglio)
97 30 141 che muor per fame e caccia via la balia. Beatrice (ammiraglio)
97 30 142 E fia prefetto nel foro divino Beatrice (ammiraglio)
97 30 143 allora tal, che palese e coverto Beatrice (ammiraglio)
97 30 144 non anderà con lui per un cammino. Beatrice (ammiraglio)
97 30 145 Ma poco poi sarà da Dio sofferto Beatrice (ammiraglio)
97 30 146 nel santo officio; ch'el sarà detruso Beatrice (ammiraglio)
97 30 147 là dove Simon mago è per suo merto, Beatrice (ammiraglio)
97 30 148 e farà quel d'Alagna intrar più giuso». Beatrice (ammiraglio)
98 31 1 In forma dunque di candida rosa  
98 31 2 mi si mostrava la milizia santa  
98 31 3 che nel suo sangue Cristo fece sposa;  
98 31 4 ma l'altra, che volando vede e canta  
98 31 5 la gloria di colui che la 'nnamora  
98 31 6 e la bontà che la fece cotanta,  
98 31 7 sì come schiera d'ape, che s'infiora  
98 31 8 una fiata e una si ritorna  
98 31 9 là dove suo laboro s'insapora,  
98 31 10 nel gran fior discendeva che s'addorna  
98 31 11 di tante foglie, e quindi risaliva  
98 31 12 là dove 'l suo amor sempre soggiorna.  
98 31 13 Le facce tutte avean di fiamma viva,  
98 31 14 e l'ali d'oro, e l'altro tanto bianco,  
98 31 15 che nulla neve a quel termine arriva.  
98 31 16 Quando scendean nel fior, di banco in banco  
98 31 17 porgevan de la pace e de l'ardore  
98 31 18 ch'elli acquistavan ventilando il fianco.  
98 31 19 Né l'interporsi tra 'l disopra e 'l fiore  
98 31 20 di tanta moltitudine volante  
98 31 21 impediva la vista e lo splendore:  
98 31 22 ché la luce divina è penetrante  
98 31 23 per l'universo secondo ch'è degno,  
98 31 24 sì che nulla le puote essere ostante.  
98 31 25 Questo sicuro e gaudioso regno,  
98 31 26 frequente in gente antica e in novella,  
98 31 27 viso e amore avea tutto ad un segno.  
98 31 28 O trina luce, che 'n unica stella  
98 31 29 scintillando a lor vista, sì li appaga!  
98 31 30 guarda qua giuso a la nostra procella!  
98 31 31 Se i barbari, venendo da tal plaga  
98 31 32 che ciascun giorno d'Elice si cuopra,  
98 31 33 rotante col suo figlio ond'ella è vaga,  
98 31 34 veggendo Roma e l'ardua sua opra,  
98 31 35 stupefaciensi, quando Laterano  
98 31 36 a le cose mortali andò di sopra;  
98 31 37 io, che al divino da l'umano,  
98 31 38 a l'etterno dal tempo era venuto,  
98 31 39 e di Fiorenza in popol giusto e sano  
98 31 40 di che stupor dovea esser compiuto!  
98 31 41 Certo tra esso e 'l gaudio mi facea  
98 31 42 libito non udire e starmi muto.  
98 31 43 E quasi peregrin che si ricrea  
98 31 44 nel tempio del suo voto riguardando,  
98 31 45 e spera già ridir com'ello stea,  
98 31 46 su per la viva luce passeggiando,  
98 31 47 menava io li occhi per li gradi,  
98 31 48 mo sù, mo giù e mo recirculando.  
98 31 49 Vedea visi a carità suadi,  
98 31 50 d'altrui lume fregiati e di suo riso,  
98 31 51 e atti ornati di tutte onestadi.  
98 31 52 La forma general di paradiso  
98 31 53 già tutta mio sguardo avea compresa,  
98 31 54 in nulla parte ancor fermato fiso;  
98 31 55 e volgeami con voglia riaccesa  
98 31 56 per domandar la mia donna di cose  
98 31 57 di che la mente mia era sospesa.  
98 31 58 Uno intendea, e altro mi rispuose:  
98 31 59 credea veder Beatrice e vidi un sene  
98 31 60 vestito con le genti gloriose.  
98 31 61 Diffuso era per li occhi e per le gene  
98 31 62 di benigna letizia, in atto pio  
98 31 63 quale a tenero padre si convene.  
98 31 64 E «Ov'è ella?», sùbito diss'io. Dante Alighieri
98 31 65 Ond'elli: «A terminar lo tuo disiro Bernardo di Chiaravalle
98 31 66 mosse Beatrice me del loco mio; Bernardo di Chiaravalle
98 31 67 e se riguardi sù nel terzo giro Bernardo di Chiaravalle
98 31 68 dal sommo grado, tu la rivedrai Bernardo di Chiaravalle
98 31 69 nel trono che suoi merti le sortiro». Bernardo di Chiaravalle
98 31 70 Sanza risponder, li occhi sù levai,  
98 31 71 e vidi lei che si facea corona  
98 31 72 reflettendo da sé li etterni rai.  
98 31 73 Da quella region che più sù tona  
98 31 74 occhio mortale alcun tanto non dista,  
98 31 75 qualunque in mare più giù s'abbandona,  
98 31 76 quanto lì da Beatrice la mia vista;  
98 31 77 ma nulla mi facea, ché sua effige  
98 31 78 non discendea a me per mezzo mista.  
98 31 79 «O donna in cui la mia speranza vige, Dante Alighieri
98 31 80 e che soffristi per la mia salute Dante Alighieri
98 31 81 in inferno lasciar le tue vestige, Dante Alighieri
98 31 82 di tante cose quant'i' ho vedute, Dante Alighieri
98 31 83 dal tuo podere e da la tua bontate Dante Alighieri
98 31 84 riconosco la grazia e la virtute. Dante Alighieri
98 31 85 Tu m'hai di servo tratto a libertate Dante Alighieri
98 31 86 per tutte quelle vie, per tutt'i modi Dante Alighieri
98 31 87 che di ciò fare avei la potestate. Dante Alighieri
98 31 88 La tua magnificenza in me custodi, Dante Alighieri
98 31 89 sì che l'anima mia, che fatt'hai sana, Dante Alighieri
98 31 90 piacente a te dal corpo si disnodi». Dante Alighieri
98 31 91 Così orai; e quella, sì lontana  
98 31 92 come parea, sorrise e riguardommi;  
98 31 93 poi si tornò a l'etterna fontana.  
98 31 94 E 'l santo sene: «Acciò che tu assommi Bernardo di Chiaravalle
98 31 95 perfettamente», disse, «il tuo cammino, Bernardo di Chiaravalle
98 31 96 a che priego e amor santo mandommi, Bernardo di Chiaravalle
98 31 97 vola con li occhi per questo giardino; Bernardo di Chiaravalle
98 31 98 ché veder lui t'acconcerà lo sguardo Bernardo di Chiaravalle
98 31 99 più al montar per lo raggio divino. Bernardo di Chiaravalle
98 31 100 E la regina del cielo, ond'io ardo Bernardo di Chiaravalle
98 31 101 tutto d'amor, ne farà ogne grazia, Bernardo di Chiaravalle
98 31 102 però ch'i' sono il suo fedel Bernardo». Bernardo di Chiaravalle
98 31 103 Qual è colui che forse di Croazia  
98 31 104 viene a veder la Veronica nostra,  
98 31 105 che per l'antica fame non sen sazia,  
98 31 106 ma dice nel pensier, fin che si mostra:  
98 31 107 'Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,  
98 31 108 or fu sì fatta la sembianza vostra?';  
98 31 109 tal era io mirando la vivace  
98 31 110 carità di colui che 'n questo mondo,  
98 31 111 contemplando, gustò di quella pace.  
98 31 112 «Figliuol di grazia, quest'esser giocondo», Bernardo di Chiaravalle
98 31 113 cominciò elli, «non ti sarà noto, Bernardo di Chiaravalle
98 31 114 tenendo li occhi pur qua giù al fondo; Bernardo di Chiaravalle
98 31 115 ma guarda i cerchi infino al più remoto, Bernardo di Chiaravalle
98 31 116 tanto che veggi seder la regina Bernardo di Chiaravalle
98 31 117 cui questo regno è suddito e devoto». Bernardo di Chiaravalle
98 31 118 Io levai li occhi; e come da mattina  
98 31 119 la parte oriental de l'orizzonte  
98 31 120 soverchia quella dove 'l sol declina,  
98 31 121 così, quasi di valle andando a monte  
98 31 122 con li occhi, vidi parte ne lo stremo  
98 31 123 vincer di lume tutta l'altra fronte.  
98 31 124 E come quivi ove s'aspetta il temo  
98 31 125 che mal guidò Fetonte, più s'infiamma,  
98 31 126 e quinci e quindi il lume si fa scemo,  
98 31 127 così quella pacifica oriafiamma  
98 31 128 nel mezzo s'avvivava, e d'ogne parte  
98 31 129 per igual modo allentava la fiamma;  
98 31 130 e a quel mezzo, con le penne sparte,  
98 31 131 vid'io più di mille angeli festanti,  
98 31 132 ciascun distinto di fulgore e d'arte.  
98 31 133 Vidi a lor giochi quivi e a lor canti  
98 31 134 ridere una bellezza, che letizia  
98 31 135 era ne li occhi a tutti li altri santi;  
98 31 136 e s'io avessi in dir tanta divizia  
98 31 137 quanta ad imaginar, non ardirei  
98 31 138 lo minimo tentar di sua delizia.  
98 31 139 Bernardo, come vide li occhi miei  
98 31 140 nel caldo suo caler fissi e attenti,  
98 31 141 li suoi con tanto affetto volse a lei,  
98 31 142 che ' miei di rimirar fé più ardenti.  
99 32 1 Affetto al suo piacer, quel contemplante  
99 32 2 libero officio di dottore assunse,  
99 32 3 e cominciò queste parole sante:  
99 32 4 «La piaga che Maria richiuse e unse, Bernardo di Chiaravalle
99 32 5 quella ch'è tanto bella da' suoi piedi Bernardo di Chiaravalle
99 32 6 é colei che l'aperse e che la punse. Bernardo di Chiaravalle
99 32 7 Ne l'ordine che fanno i terzi sedi, Bernardo di Chiaravalle
99 32 8 siede Rachel di sotto da costei Bernardo di Chiaravalle
99 32 9 con Beatrice, sì come tu vedi. Bernardo di Chiaravalle
99 32 10 Sarra e Rebecca, Iudìt e colei Bernardo di Chiaravalle
99 32 11 che fu bisava al cantor che per doglia Bernardo di Chiaravalle
99 32 12 del fallo disse 'Miserere mei', Bernardo di Chiaravalle
99 32 13 puoi tu veder così di soglia in soglia Bernardo di Chiaravalle
99 32 14 giù digradar, com'io ch'a proprio nome Bernardo di Chiaravalle
99 32 15 vo per la rosa giù di foglia in foglia. Bernardo di Chiaravalle
99 32 16 E dal settimo grado in giù, sì come Bernardo di Chiaravalle
99 32 17 infino ad esso, succedono Ebree, Bernardo di Chiaravalle
99 32 18 dirimendo del fior tutte le chiome; Bernardo di Chiaravalle
99 32 19 perché, secondo lo sguardo che fée Bernardo di Chiaravalle
99 32 20 la fede in Cristo, queste sono il muro Bernardo di Chiaravalle
99 32 21 a che si parton le sacre scalee. Bernardo di Chiaravalle
99 32 22 Da questa parte onde 'l fiore è maturo Bernardo di Chiaravalle
99 32 23 di tutte le sue foglie, sono assisi Bernardo di Chiaravalle
99 32 24 quei che credettero in Cristo venturo; Bernardo di Chiaravalle
99 32 25 da l'altra parte onde sono intercisi Bernardo di Chiaravalle
99 32 26 di vòti i semicirculi, si stanno Bernardo di Chiaravalle
99 32 27 quei ch'a Cristo venuto ebber li visi. Bernardo di Chiaravalle
99 32 28 E come quinci il glorioso scanno Bernardo di Chiaravalle
99 32 29 de la donna del cielo e li altri scanni Bernardo di Chiaravalle
99 32 30 di sotto lui cotanta cerna fanno, Bernardo di Chiaravalle
99 32 31 così di contra quel del gran Giovanni, Bernardo di Chiaravalle
99 32 32 che sempre santo 'l diserto e 'l martiro Bernardo di Chiaravalle
99 32 33 sofferse, e poi l'inferno da due anni; Bernardo di Chiaravalle
99 32 34 e sotto lui così cerner sortiro Bernardo di Chiaravalle
99 32 35 Francesco, Benedetto e Augustino Bernardo di Chiaravalle
99 32 36 e altri fin qua giù di giro in giro. Bernardo di Chiaravalle
99 32 37 Or mira l'alto proveder divino: Bernardo di Chiaravalle
99 32 38 ché l'uno e l'altro aspetto de la fede Bernardo di Chiaravalle
99 32 39 igualmente empierà questo giardino. Bernardo di Chiaravalle
99 32 40 E sappi che dal grado in giù che fiede Bernardo di Chiaravalle
99 32 41 a mezzo il tratto le due discrezioni, Bernardo di Chiaravalle
99 32 42 per nullo proprio merito si siede, Bernardo di Chiaravalle
99 32 43 ma per l'altrui, con certe condizioni: Bernardo di Chiaravalle
99 32 44 ché tutti questi son spiriti ascolti Bernardo di Chiaravalle
99 32 45 prima ch'avesser vere elezioni. Bernardo di Chiaravalle
99 32 46 Ben te ne puoi accorger per li volti Bernardo di Chiaravalle
99 32 47 e anche per le voci puerili, Bernardo di Chiaravalle
99 32 48 se tu li guardi bene e se li ascolti. Bernardo di Chiaravalle
99 32 49 Or dubbi tu e dubitando sili; Bernardo di Chiaravalle
99 32 50 ma io discioglierò 'l forte legame Bernardo di Chiaravalle
99 32 51 in che ti stringon li pensier sottili. Bernardo di Chiaravalle
99 32 52 Dentro a l'ampiezza di questo reame Bernardo di Chiaravalle
99 32 53 casual punto non puote aver sito, Bernardo di Chiaravalle
99 32 54 se non come tristizia o sete o fame: Bernardo di Chiaravalle
99 32 55 ché per etterna legge è stabilito Bernardo di Chiaravalle
99 32 56 quantunque vedi, sì che giustamente Bernardo di Chiaravalle
99 32 57 ci si risponde da l'anello al dito; Bernardo di Chiaravalle
99 32 58 e però questa festinata gente Bernardo di Chiaravalle
99 32 59 a vera vita non è sine causa Bernardo di Chiaravalle
99 32 60 intra sé qui più e meno eccellente. Bernardo di Chiaravalle
99 32 61 Lo rege per cui questo regno pausa Bernardo di Chiaravalle
99 32 62 in tanto amore e in tanto diletto, Bernardo di Chiaravalle
99 32 63 che nulla volontà è di più ausa, Bernardo di Chiaravalle
99 32 64 le menti tutte nel suo lieto aspetto Bernardo di Chiaravalle
99 32 65 creando, a suo piacer di grazia dota Bernardo di Chiaravalle
99 32 66 diversamente; e qui basti l'effetto. Bernardo di Chiaravalle
99 32 67 E ciò espresso e chiaro vi si nota Bernardo di Chiaravalle
99 32 68 ne la Scrittura santa in quei gemelli Bernardo di Chiaravalle
99 32 69 che ne la madre ebber l'ira commota. Bernardo di Chiaravalle
99 32 70 Però, secondo il color d'i capelli, Bernardo di Chiaravalle
99 32 71 di cotal grazia l'altissimo lume Bernardo di Chiaravalle
99 32 72 degnamente convien che s'incappelli. Bernardo di Chiaravalle
99 32 73 Dunque, sanza mercé di lor costume, Bernardo di Chiaravalle
99 32 74 locati son per gradi differenti, Bernardo di Chiaravalle
99 32 75 sol differendo nel primiero acume. Bernardo di Chiaravalle
99 32 76 Bastavasi ne' secoli recenti Bernardo di Chiaravalle
99 32 77 con l'innocenza, per aver salute, Bernardo di Chiaravalle
99 32 78 solamente la fede d'i parenti; Bernardo di Chiaravalle
99 32 79 poi che le prime etadi fuor compiute, Bernardo di Chiaravalle
99 32 80 convenne ai maschi a l'innocenti penne Bernardo di Chiaravalle
99 32 81 per circuncidere acquistar virtute; Bernardo di Chiaravalle
99 32 82 ma poi che 'l tempo de la grazia venne, Bernardo di Chiaravalle
99 32 83 sanza battesmo perfetto di Cristo Bernardo di Chiaravalle
99 32 84 tale innocenza là giù si ritenne. Bernardo di Chiaravalle
99 32 85 Riguarda omai ne la faccia che a Cristo Bernardo di Chiaravalle
99 32 86 più si somiglia, ché la sua chiarezza Bernardo di Chiaravalle
99 32 87 sola ti può disporre a veder Cristo». Bernardo di Chiaravalle
99 32 88 Io vidi sopra lei tanta allegrezza  
99 32 89 piover, portata ne le menti sante  
99 32 90 create a trasvolar per quella altezza,  
99 32 91 che quantunque io avea visto davante,  
99 32 92 di tanta ammirazion non mi sospese,  
99 32 93 né mi mostrò di Dio tanto sembiante;  
99 32 94 e quello amor che primo lì discese,  
99 32 95 cantando 'Ave, Maria, gratia plena',  
99 32 96 dinanzi a lei le sue ali distese.  
99 32 97 Rispuose a la divina cantilena  
99 32 98 da tutte parti la beata corte,  
99 32 99 sì ch'ogne vista sen fé più serena.  
99 32 100 «O santo padre, che per me comporte Dante Alighieri
99 32 101 l'esser qua giù, lasciando il dolce loco Dante Alighieri
99 32 102 nel qual tu siedi per etterna sorte, Dante Alighieri
99 32 103 qual è quell'angel che con tanto gioco Dante Alighieri
99 32 104 guarda ne li occhi la nostra regina, Dante Alighieri
99 32 105 innamorato sì che par di foco?». Dante Alighieri
99 32 106 Così ricorsi ancora a la dottrina  
99 32 107 di colui ch'abbelliva di Maria,  
99 32 108 come del sole stella mattutina.  
99 32 109 Ed elli a me: «Baldezza e leggiadria Bernardo di Chiaravalle
99 32 110 quant'esser puote in angelo e in alma, Bernardo di Chiaravalle
99 32 111 tutta è in lui; e sì volem che sia, Bernardo di Chiaravalle
99 32 112 perch'elli è quelli che portò la palma Bernardo di Chiaravalle
99 32 113 giuso a Maria, quando 'l Figliuol di Dio Bernardo di Chiaravalle
99 32 114 carcar si volse de la nostra salma. Bernardo di Chiaravalle
99 32 115 Ma vieni omai con li occhi sì com'io Bernardo di Chiaravalle
99 32 116 andrò parlando, e nota i gran patrici Bernardo di Chiaravalle
99 32 117 di questo imperio giustissimo e pio. Bernardo di Chiaravalle
99 32 118 Quei due che seggon là sù più felici Bernardo di Chiaravalle
99 32 119 per esser propinquissimi ad Augusta, Bernardo di Chiaravalle
99 32 120 son d'esta rosa quasi due radici: Bernardo di Chiaravalle
99 32 121 colui che da sinistra le s'aggiusta Bernardo di Chiaravalle
99 32 122 é il padre per lo cui ardito gusto Bernardo di Chiaravalle
99 32 123 l'umana specie tanto amaro gusta; Bernardo di Chiaravalle
99 32 124 dal destro vedi quel padre vetusto Bernardo di Chiaravalle
99 32 125 di Santa Chiesa a cui Cristo le clavi Bernardo di Chiaravalle
99 32 126 raccomandò di questo fior venusto. Bernardo di Chiaravalle
99 32 127 E quei che vide tutti i tempi gravi, Bernardo di Chiaravalle
99 32 128 pria che morisse, de la bella sposa Bernardo di Chiaravalle
99 32 129 che s'acquistò con la lancia e coi clavi, Bernardo di Chiaravalle
99 32 130 siede lungh'esso, e lungo l'altro posa Bernardo di Chiaravalle
99 32 131 quel duca sotto cui visse di manna Bernardo di Chiaravalle
99 32 132 la gente ingrata, mobile e retrosa. Bernardo di Chiaravalle
99 32 133 Di contr'a Pietro vedi sedere Anna, Bernardo di Chiaravalle
99 32 134 tanto contenta di mirar sua figlia, Bernardo di Chiaravalle
99 32 135 che non move occhio per cantare osanna; Bernardo di Chiaravalle
99 32 136 e contro al maggior padre di famiglia Bernardo di Chiaravalle
99 32 137 siede Lucia, che mosse la tua donna, Bernardo di Chiaravalle
99 32 138 quando chinavi, a rovinar, le ciglia. Bernardo di Chiaravalle
99 32 139 Ma perché 'l tempo fugge che t'assonna, Bernardo di Chiaravalle
99 32 140 qui farem punto, come buon sartore Bernardo di Chiaravalle
99 32 141 che com'elli ha del panno fa la gonna; Bernardo di Chiaravalle
99 32 142 e drizzeremo li occhi al primo amore, Bernardo di Chiaravalle
99 32 143 sì che, guardando verso lui, penétri Bernardo di Chiaravalle
99 32 144 quant'è possibil per lo suo fulgore. Bernardo di Chiaravalle
99 32 145 Veramente, ne forse tu t'arretri Bernardo di Chiaravalle
99 32 146 movendo l'ali tue, credendo oltrarti, Bernardo di Chiaravalle
99 32 147 orando grazia conven che s'impetri Bernardo di Chiaravalle
99 32 148 grazia da quella che puote aiutarti; Bernardo di Chiaravalle
99 32 149 e tu mi seguirai con l'affezione, Bernardo di Chiaravalle
99 32 150 sì che dal dicer mio lo cor non parti». Bernardo di Chiaravalle
99 32 151 E cominciò questa santa orazione:  
100 33 1 «Vergine Madre, figlia del tuo figlio, Bernardo di Chiaravalle
100 33 2 umile e alta più che creatura, Bernardo di Chiaravalle
100 33 3 termine fisso d'etterno consiglio, Bernardo di Chiaravalle
100 33 4 tu se' colei che l'umana natura Bernardo di Chiaravalle
100 33 5 nobilitasti sì, che 'l suo fattore Bernardo di Chiaravalle
100 33 6 non disdegnò di farsi sua fattura. Bernardo di Chiaravalle
100 33 7 Nel ventre tuo si raccese l'amore, Bernardo di Chiaravalle
100 33 8 per lo cui caldo ne l'etterna pace Bernardo di Chiaravalle
100 33 9 così è germinato questo fiore. Bernardo di Chiaravalle
100 33 10 Qui se' a noi meridiana face Bernardo di Chiaravalle
100 33 11 di caritate, e giuso, intra ' mortali, Bernardo di Chiaravalle
100 33 12 se' di speranza fontana vivace. Bernardo di Chiaravalle
100 33 13 Donna, se' tanto grande e tanto vali, Bernardo di Chiaravalle
100 33 14 che qual vuol grazia e a te non ricorre Bernardo di Chiaravalle
100 33 15 sua disianza vuol volar sanz'ali. Bernardo di Chiaravalle
100 33 16 La tua benignità non pur soccorre Bernardo di Chiaravalle
100 33 17 a chi domanda, ma molte fiate Bernardo di Chiaravalle
100 33 18 liberamente al dimandar precorre. Bernardo di Chiaravalle
100 33 19 In te misericordia, in te pietate, Bernardo di Chiaravalle
100 33 20 in te magnificenza, in te s'aduna Bernardo di Chiaravalle
100 33 21 quantunque in creatura è di bontate. Bernardo di Chiaravalle
100 33 22 Or questi, che da l'infima lacuna Bernardo di Chiaravalle
100 33 23 de l'universo infin qui ha vedute Bernardo di Chiaravalle
100 33 24 le vite spiritali ad una ad una, Bernardo di Chiaravalle
100 33 25 supplica a te, per grazia, di virtute Bernardo di Chiaravalle
100 33 26 tanto, che possa con li occhi levarsi Bernardo di Chiaravalle
100 33 27 più alto verso l'ultima salute. Bernardo di Chiaravalle
100 33 28 E io, che mai per mio veder non arsi Bernardo di Chiaravalle
100 33 29 più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi Bernardo di Chiaravalle
100 33 30 ti porgo, e priego che non sieno scarsi, Bernardo di Chiaravalle
100 33 31 perché tu ogne nube li disleghi Bernardo di Chiaravalle
100 33 32 di sua mortalità co' prieghi tuoi, Bernardo di Chiaravalle
100 33 33 sì che 'l sommo piacer li si dispieghi. Bernardo di Chiaravalle
100 33 34 Ancor ti priego, regina, che puoi Bernardo di Chiaravalle
100 33 35 ciò che tu vuoli, che conservi sani, Bernardo di Chiaravalle
100 33 36 dopo tanto veder, li affetti suoi. Bernardo di Chiaravalle
100 33 37 Vinca tua guardia i movimenti umani: Bernardo di Chiaravalle
100 33 38 vedi Beatrice con quanti beati Bernardo di Chiaravalle
100 33 39 per li miei prieghi ti chiudon le mani!». Bernardo di Chiaravalle
100 33 40 Li occhi da Dio diletti e venerati,  
100 33 41 fissi ne l'orator, ne dimostraro  
100 33 42 quanto i devoti prieghi le son grati;  
100 33 43 indi a l'etterno lume s'addrizzaro,  
100 33 44 nel qual non si dee creder che s'invii  
100 33 45 per creatura l'occhio tanto chiaro.  
100 33 46 E io ch'al fine di tutt'i disii  
100 33 47 appropinquava, sì com'io dovea,  
100 33 48 l'ardor del desiderio in me finii.  
100 33 49 Bernardo m'accennava, e sorridea,  
100 33 50 perch'io guardassi suso; ma io era  
100 33 51 già per me stesso tal qual ei volea:  
100 33 52 ché la mia vista, venendo sincera,  
100 33 53 e più e più intrava per lo raggio  
100 33 54 de l'alta luce che da sé è vera.  
100 33 55 Da quinci innanzi il mio veder fu maggio  
100 33 56 che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede,  
100 33 57 e cede la memoria a tanto oltraggio.  
100 33 58 Qual è colui che sognando vede,  
100 33 59 che dopo 'l sogno la passione impressa  
100 33 60 rimane, e l'altro a la mente non riede,  
100 33 61 cotal son io, ché quasi tutta cessa  
100 33 62 mia visione, e ancor mi distilla  
100 33 63 nel core il dolce che nacque da essa.  
100 33 64 Così la neve al sol si disigilla;  
100 33 65 così al vento ne le foglie levi  
100 33 66 si perdea la sentenza di Sibilla.  
100 33 67 O somma luce che tanto ti levi  
100 33 68 da' concetti mortali, a la mia mente  
100 33 69 ripresta un poco di quel che parevi,  
100 33 70 e fa la lingua mia tanto possente,  
100 33 71 ch'una favilla sol de la tua gloria  
100 33 72 possa lasciare a la futura gente;  
100 33 73 ché, per tornare alquanto a mia memoria  
100 33 74 e per sonare un poco in questi versi,  
100 33 75 più si conceperà di tua vittoria.  
100 33 76 Io credo, per l'acume ch'io soffersi  
100 33 77 del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito,  
100 33 78 se li occhi miei da lui fossero aversi.  
100 33 79 E' mi ricorda ch'io fui più ardito  
100 33 80 per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi  
100 33 81 l'aspetto mio col valore infinito.  
100 33 82 Oh abbondante grazia ond'io presunsi  
100 33 83 ficcar lo viso per la luce etterna,  
100 33 84 tanto che la veduta vi consunsi!  
100 33 85 Nel suo profondo vidi che s'interna  
100 33 86 legato con amore in un volume,  
100 33 87 ciò che per l'universo si squaderna:  
100 33 88 sustanze e accidenti e lor costume,  
100 33 89 quasi conflati insieme, per tal modo  
100 33 90 che ciò ch'i' dico è un semplice lume.  
100 33 91 La forma universal di questo nodo  
100 33 92 credo ch'i' vidi, perché più di largo,  
100 33 93 dicendo questo, mi sento ch'i' godo.  
100 33 94 Un punto solo m'è maggior letargo  
100 33 95 che venticinque secoli a la 'mpresa,  
100 33 96 che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.  
100 33 97 Così la mente mia, tutta sospesa,  
100 33 98 mirava fissa, immobile e attenta,  
100 33 99 e sempre di mirar faceasi accesa.  
100 33 100 A quella luce cotal si diventa,  
100 33 101 che volgersi da lei per altro aspetto  
100 33 102 é impossibil che mai si consenta;  
100 33 103 però che 'l ben, ch'è del volere obietto,  
100 33 104 tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella  
100 33 105 é defettivo ciò ch'è lì perfetto.  
100 33 106 Omai sarà più corta mia favella,  
100 33 107 pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante  
100 33 108 che bagni ancor la lingua a la mammella.  
100 33 109 Non perché più ch'un semplice sembiante  
100 33 110 fosse nel vivo lume ch'io mirava,  
100 33 111 che tal è sempre qual s'era davante;  
100 33 112 ma per la vista che s'avvalorava  
100 33 113 in me guardando, una sola parvenza,  
100 33 114 mutandom'io, a me si travagliava.  
100 33 115 Ne la profonda e chiara sussistenza  
100 33 116 de l'alto lume parvermi tre giri  
100 33 117 di tre colori e d'una contenenza;  
100 33 118 e l'un da l'altro come iri da iri  
100 33 119 parea reflesso, e 'l terzo parea foco  
100 33 120 che quinci e quindi igualmente si spiri.  
100 33 121 Oh quanto è corto il dire e come fioco  
100 33 122 al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,  
100 33 123 é tanto, che non basta a dicer 'poco'.  
100 33 124 O luce etterna che sola in te sidi,  
100 33 125 sola t'intendi, e da te intelletta  
100 33 126 e intendente te ami e arridi!  
100 33 127 Quella circulazion che sì concetta  
100 33 128 pareva in te come lume reflesso,  
100 33 129 da li occhi miei alquanto circunspetta,  
100 33 130 dentro da sé, del suo colore stesso,  
100 33 131 mi parve pinta de la nostra effige:  
100 33 132 per che 'l mio viso in lei tutto era messo.  
100 33 133 Qual è 'l geométra che tutto s'affige  
100 33 134 per misurar lo cerchio, e non ritrova,  
100 33 135 pensando, quel principio ond'elli indige,  
100 33 136 tal era io a quella vista nova:  
100 33 137 veder voleva come si convenne  
100 33 138 l'imago al cerchio e come vi s'indova;  
100 33 139 ma non eran da ciò le proprie penne:  
100 33 140 se non che la mia mente fu percossa  
100 33 141 da un fulgore in che sua voglia venne.  
100 33 142 A l'alta fantasia qui mancò possa;  
100 33 143 ma già volgeva il mio disio e 'l velle,  
100 33 144 sì come rota ch'igualmente è mossa,  
100 33 145 l'amor che move il sole e l'altre stelle.  
 
 
  © C. A. Adoyo